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L'oro di scozia: I Romanzi Storici
L'oro di scozia: I Romanzi Storici
L'oro di scozia: I Romanzi Storici
E-book295 pagine3 ore

L'oro di scozia: I Romanzi Storici

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Info su questo ebook

Scozia, 1407 - Per salvare i propri possedimenti dal perfido Hakon, Ross Sutherland si vede costretto a introdursi con l'inganno nella fortezza dei Boyd per carpire a Lady Catlyn la ricetta segreta con cui la sua famiglia fabbrica il miglior whiskey di Scozia. Come se la situazione non fosse già abbastanza complicata, tra lui e la bella castellana scatta un'attrazione fatale che presto si trasforma in amore. Catlyn ignora il vero motivo della presenza di Ross a Kennecraig e si fida ciecamente di lui, così per evitare di tradirla il giovane cerca disperatamente di trovare una scappatoia. Ma i giorni trascorrono inesorabili e il tempo che Hakon gli ha concesso sta per scadere...

LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2013
ISBN9788858909317
L'oro di scozia: I Romanzi Storici
Autore

Suzanne Barclay

Donna dai molteplici interessi, vive insieme al marito in una tenuta di campagna nello stato di New York, dove oltre a scrivere realizza mobili e tappeti in miniatura.

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    Anteprima del libro

    L'oro di scozia - Suzanne Barclay

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Taming the Lion

    Harlequin Historical

    © 1999 Carol Suzanne Backus

    Traduzione di Linda Rosaschino

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5890-931-7

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    Stirling, Scozia

    10 agosto 1407

    Hakon Fergusson spinse la porta dell’osteria chiamata Running Fox. Tenendo gli occhi socchiusi, osservò con attenzione la stanza.

    Il locale sembrava più accogliente degli altri che aveva visitato quella sera. Le panche e i tavoli erano disposti in file ordinate, segnati dall’uso ma puliti. Le ragazze che servivano ai tavoli erano graziose, e i loro abiti erano comodi senza essere sciatti.

    Infine Hakon osservò gli avventori. Sebbene fossero appena passate le nove di un sabato sera e tutti i tavoli fossero occupati, si trattava di una clientela decisamente tranquilla. Al tavolo più vicino, quattro uomini discutevano amabilmente dei vantaggi della cotta di maglia paragonati a quelli delle giubbe di cuoio bollito. Altri sei sedevano davanti a un caminetto, le teste chine su un tavolo da gioco. Un po’ più in là altri ancora bevevano, ridevano e conversavano in tono pacato. La luce delle torce strappava bagliori ai gioielli d’oro e scivolava su indumenti di seta e di velluto.

    Chiaramente erano persone che apprezzavano le cose di qualità. Ed erano disposte a pagare per averle.

    «Questo è il posto giusto» bisbigliò Hakon all’uomo che era dietro di lui.

    «Era ora.» Seamus si accomodò meglio sulla spalla il barilotto di whiskey. «Questo maledetto affare è pesante. Non capisco perché non l’abbiamo venduto alla prima osteria.»

    «Qui possiamo ricavare di più.» Hakon aveva bisogno di denaro per riuscire ad attuare i suoi piani.

    Quattro mesi prima aveva ricevuto la gradita notizia che suo zio e due cugini erano morti dopo aver mangiato carne guasta a un banchetto organizzato dalla chiesa in occasione di un giorno di tregua, lasciandolo erede di un possedimento nelle Highlands. Era una fine triste per un Fergusson. Tutti i componenti di sesso maschile del clan, e anche alcune delle donne, erano morti con una spada in mano oppure impiccati.

    L’idea di avere un castello gli era piaciuta, specialmente perché in quel periodo il governatore dei territori di confine gli stava dando la caccia. Così Hakon aveva radunato la sua banda di criminali incalliti, aveva fatto marameo a Lord Hunter Carmichael e si era diretto verso nord.

    Dire che l’eredità l’aveva deluso sarebbe stato un eufemismo. Dun-Dubh consisteva in una fortezza diroccata, in pochi acri di terreno pietroso e in duecento bocche affamate. Hakon aveva pensato di vendere tutto il vendibile e di riportare i suoi uomini nei territori di confine. Ma aveva cambiato idea quando aveva saputo che i Boyd, suoi nuovi vicini, possedevano una fiorente distilleria.

    Purtroppo Thomas Boyd si era dimostrato un osso duro.

    «Bene, vediamo cosa riusciamo a ricavare dal whiskey dei Boyd.» Hakon atteggiò il volto a un sorriso gioviale ed entrò nell’osteria. Moderando l’andatura spavalda che gli era consueta, camminò con il passo prudente del mercante che offre le proprie merci a un cliente nuovo.

    Si avvicinò al banco e salutò l’uomo che era dietro di esso. «Voi sareste Brann di Side?» Il suo tono era rispettoso ma non umile.

    «Sì. Chi lo vuole sapere?» Brann osservò Hakon aggrottando la fronte. Aveva un faccione carnoso, il torace sporgente, due braccia robuste e lo sguardo acuto del commerciante.

    «Robert Dunbar.» Hakon era abituato a mentire. «Ho sentito che avete la migliore osteria di Stirling.»

    «È vero.» Brann gonfiò il petto.

    Hakon si guardò intorno e si complimentò con l’oste, che si rilassò visibilmente.

    «È la vostra prima visita in città?» chiese Brann.

    Li aveva presi per campagnoli. Hakon sorrise. Prima di uscire si era vestito con cura, scegliendo una tunica azzurra e una calzamaglia nera che erano appartenute a suo zio proprio perché gli stavano un po’ strette ed erano rattoppate sulle ginocchia e sui gomiti. Sembravano gli abiti di un uomo povero che ci tenesse ad apparire ordinato, e gli davano un aspetto sobrio e onesto. Proprio il genere di persona che suscitava fiducia.

    «Sì, è la prima volta.»

    «Bene, scoprirete che le osterie come questa sono... un po’ più costose di quelle in fondo alla collina. Che cosa volete? Birra? Vino?»

    «A dire la verità, ho qui qualcosa da farvi assaggiare.» Hakon fece cenno a Seamus di avvicinarsi, prese il barilotto e lo posò sul banco.

    Brann lo guardò come se fosse stato un mucchio di letame. «Ho i miei fornitori di birra e di...»

    «Whiskey.»

    «Anche di quello» brontolò Brann. «I miei clienti sono esigenti.»

    Hakon aveva scelto quel locale proprio per quel motivo. «Lo sono anch’io. Quello che offro è della migliore qualità. Il whiskey più buono di tutta la Scozia.»

    «Dicono tutti così.» Però si leccò le labbra e lanciò un’altra occhiata al barilotto.

    «Vorreste assaggiarlo?»

    Brann scrollò le spalle. «Non so.»

    «Forse anche i vostri clienti vorrebbero provarlo.» Hakon sorrise affabilmente, nascondendo la propria irritazione e la propria impazienza.

    «Quanto mi costerà?» chiese l’oste.

    «L’assaggio non costa nulla. Se ai vostri clienti piacerà e ne vorranno ancora, ho altri dieci barilotti da vendervi.»

    «Dieci non è molto.»

    Era tutto ciò che Thomas Boyd aveva con sé quando era caduto nell’imboscata dei Fergusson. «Ne ho altri a casa.» O meglio, i Boyd ne avevano. Lui doveva semplicemente trovare il modo di portarglieli via. «Se ci mettiamo d’accordo sul prezzo, vi posso mandare dei carichi regolarmente.»

    «Mi sembra corretto.»

    Hakon sorrise. Lui sembrava sempre corretto, franco e onesto.

    «Se il vostro uomo vuole spillare il barilotto...» disse Brann.

    Hakon guardò Seamus. Dubitava che fosse capace di spillare un barilotto. In genere preferiva usare l’ascia.

    «L’osteria è vostra, mastro Brann. Fate voi.»

    Brann annuì, tirò fuori un piccolo gancio di metallo da sotto il banco ed estrasse lo zipolo. Poi si chinò e annusò profondamente.

    Subito dopo si raddrizzò con un’espressione piena di rispetto.

    «Ebbene?» chiese Hakon.

    «L’odore è promettente. Quel vago sentore di fumo...» Tutto agitato, Brann versò un po’ di whiskey in una tazza di legno, la sollevò e respirò profondamente. «Ah.» Poi, con reverenza, ne assaggiò un piccolo sorso. Chiuse gli occhi, gettò indietro la testa e lasciò che il liquido gli scivolasse in gola. Quindi sospirò di nuovo.

    L’abbiamo in pugno, pensò Hakon strizzando l’occhio a Seamus.

    Mastro Brann abbassò lentamente la tazza e aprì gli occhi. «È... niente male» mormorò. Evidentemente era un uomo abituato a contrattare. «Avete detto che anche i miei clienti lo possono assaggiare?»

    Hakon annuì. «Solo un sorso, badate bene.»

    Mentre Brann si faceva portare delle tazze e si affaccendava attorno al barilotto, Hakon e Seamus si allontanarono dal banco e si appoggiarono contro il muro.

    «Un Fergusson che regala qualcosa?» Seamus scosse la testa. «Vostro padre si starà rivoltando nella tomba.»

    «No, capirebbe. Mastro Brann pagherà il doppio di quello che chiediamo, se i suoi clienti domanderanno a gran voce quella roba.»

    Seamus grugnì e incrociò le braccia sul torace stretto. «Dunque lo vendiamo tutto in cambio di una bella somma, e poi?»

    «Poi corrompiamo qualcuno che abita a Kennecraig perché ci dica se è vero che Thomas Boyd ha legato dei barili di polvere da sparo ai suoi distillatori.» Pronti per essere fatti esplodere se Hakon avesse attaccato la fortezza.

    «Ha mentito. Chi farebbe saltare in aria il proprio castello per impedirci di prenderlo?»

    «Una persona disperata.» Il mese precedente, Thomas Boyd aveva fatto una morte orribile piuttosto che cedere Kennecraig ad Hakon. «E i Boyd saranno ancora più cauti, adesso che il loro signore se n’è andato. Maledizione, vorrei che Guthrie si fosse controllato. Thomas ci sarebbe stato più utile da vivo che da morto.»

    «Il vostro ragazzo ha ereditato da suo nonno il gusto di uccidere, questo è certo» commentò Seamus con una punta di sgomento.

    «Far fuori Thomas è stata una sciocchezza. Con lui come ostaggio saremmo entrati a Kennecraig facilmente.»

    «Già, ma ce la faremo lo stesso. Adesso c’è una ragazza a guidarli.»

    Hakon grugnì. Catlyn di Kennecraig era una ragazza, ma aveva dimostrato di non essere una sprovveduta.

    Quando lui era andato a offrire condoglianze e protezione al suo clan rimasto senza un capo, dalla cima delle mura quella piccola strega lo aveva accusato di essere un assassino. Inoltre aveva respinto Guthrie come potenziale marito, anche se era un mistero come avesse fatto a sapere dei misfatti del giovane Fergusson. Infine aveva minacciato di fare saltare i distillatori se Hakon avesse tentato di assalire la fortezza.

    «Accidenti.» Hakon sputò per terra. «Chi mai avrebbe pensato che un Fergusson potesse essere tenuto a bada da una ragazza e da un clan di distillatori.»

    «Arriverà il momento buono. Penseremo a qualcosa. Escogiteremo un piano.»

    «Già, ma che piano? Catlyn Boyd non permetterà a un Fergusson di avvicinarsi ai cancelli. E io intendo avere quei distillatori.» Il solo pensiero delle montagne d’oro che gli avrebbero fruttato gli faceva prudere le mani.

    La porta della taverna si aprì e un gruppo di uomini entrò, portando con sé un soffio d’aria fresca e umida e uno scoppio di allegre risate.

    Hakon fece una smorfia. Era proprio il genere di persone che non sopportava. Giovani, belli e ben vestiti. Sicuramente nobili, che sfoggiavano la propria arroganza con la stessa naturalezza con cui portavano sete e velluti.

    «Mio Dio!» esclamò Seamus.

    «Cosa c’è?»

    «Ho riconosciuto uno di loro. Quello alto e imponente, con i capelli scuri e una bella faccia.»

    Hakon lo individuò subito in mezzo alla comitiva. Era più alto degli altri, aveva le spalle molto larghe e dei lineamenti fin troppo perfetti. Le ragazze dell’osteria lo accolsero con entusiasmo.

    «Chi è?»

    «Ross Lion Sutherland.»

    «Il nipote di Hunter Carmichael?» sibilò Hakon.

    «Già. Il giovane Ross non è un uomo che si dimentica. L’ho visto da lontano a Keastwicke quando sono andato a reclamare il cadavere di vostro padre.»

    Hakon s’irrigidì. Hunter non aveva ucciso personalmente Aedh Fergusson, ma aveva guidato l’incursione che aveva provocato la morte di Aedh. Il governatore era stato una spina nel fianco per il clan dei Fergusson da quando aveva assunto la sua carica. Per colpa delle sue pattuglie era diventato quasi impossibile portare a termine un’incursione o rubare un capo di bestiame. Hunter e quelli come lui avevano affamato i Fergusson.

    Con gli occhi socchiusi, Hakon guardò le tre ragazze dell’osteria condurre i nuovi venuti a un tavolo dall’altra parte della stanza. Ross Sutherland si comportava come un sovrano, ordinando da mangiare e da bere, dando dei buffetti sulle guance delle ragazze e mettendo loro in mano delle monete.

    «Sarebbe un piacere far abbassare la cresta a quel signorotto» mormorò Hakon.

    «Volete che lo uccida?» chiese Seamus sfiorando il pugnale.

    Hakon scosse la testa. Non aveva mai considerato la morte una punizione soddisfacente. Era troppo definitiva.

    «Be’, ci sa fare con le ragazze.» Seamus sogghignò. «Non ce n’è neppure una che non si venderebbe l’anima per finire nel suo letto stanotte. Purché lui resti abbastanza sobrio da soddisfarla. Sembra che il nostro whiskey gli piaccia e stia cercando di comprare...»

    «Mastro Robert.» Brann arrivò tutto trafelato. «Lord Ross vorrebbe comperare un barilotto. Un intero barilotto. Lui e i suoi uomini vengono qui da una settimana, e pagano in contanti. Se possiamo stabilire un prezzo...»

    «Sono sicuro che possiamo.» Hakon guardò Ross e annuì.

    Lord Ross aveva il sorriso disinvolto e l’espressione leggermente annoiata di chi è abituato a ottenere ciò che desidera, e probabilmente indulgeva ai soliti vizi: donne, vino, gioco.

    I vizi della gente erano qualcosa che Hakon capiva e sfruttava. Una leggera eccitazione s’impadronì di lui mentre un piano andava formandosi nella sua mente fertile. Un piano che avrebbe sfruttato il bell’aspetto di Ross Sutherland e che per giunta l’avrebbe fatto soffrire.

    «Donald, andate a prendere gli altri barilotti.»

    «Donald?» Seamus sbatté le palpebre, poi ricordò che mentre si trovavano a Stirling lui era Donald Dunbar. «Ah, sì.» Uscì di corsa dall’osteria ridacchiando come un imbecille.

    Hakon aveva un piano! E avrebbe avuto successo, perché Hakon era maledettamente astuto.

    1

    Fortezza di Kennecraig, Scozia

    17 agosto 1407

    Il rombo di un tuono si fece udire sulle Grampian Mountains e nell’angusta fenditura costituita da Finglas Glen, ripercuotendosi contro le mura della fortezza che sorgeva sul margine della piccola valle.

    Nei sotterranei del castello, intanto, si stava svolgendo una cerimonia della massima importanza.

    L’assaggio della uisge beatha. L’acqua di vita. La linfa vitale del clan dei Boyd.

    Avvolta in un abito di lana di un bianco virginale, con i capelli castano ramati che le arrivavano fino alla vita, Catlyn Boyd entrò nella stanza dall’alto soffitto a volta. Era giunto il momento al quale si era preparata per quasi tutta la vita, ma la soddisfazione che avrebbe dovuto provare era offuscata dal dolore.

    «Babbo» sussurrò. «Vi hanno strappato a noi troppo presto.» Santo cielo, come le mancava suo padre! Aveva nostalgia della pazienza con la quale aveva risposto a centinaia di domande nel corso degli anni, del sapere che aveva condiviso con lei senza restrizioni, del coraggio che aveva dimostrato insistendo affinché lei fosse nominata erede dopo la morte del fratello.

    «Ho bisogno di voi, babbo, più che mai.»

    Silenziosamente osservò la stanza, cercando di trarre forza da ciò che le era familiare. Non era un ambiente molto grande, ma era ricco di storia.

    Alle pareti erano appesi gli arazzi tessuti da sua madre, da sua nonna e dalle loro antenate, tornando indietro di sei generazioni. Due colonne di pietra sostenevano il soffitto a volta dal quale pendeva un cerchio di ferro con dodici candele di sego. Una luce morbida cadeva sull’unico mobile, un tavolo di quercia vecchio quasi quanto la fortezza. Al centro del tavolo era posato un cimelio ancora più antico. Il calice.

    Le piccole conchiglie alla sua base erano bianche e rese lisce dall’uso. La coppa ricavata dal cristallo di rocca era così trasparente che la luce di una torcia riusciva ad attraversare il liquido ambrato che vi era contenuto.

    Secoli prima un antenato irrequieto, Henri di Boyd, era tornato dai suoi viaggi nel Mediterraneo con il calice e la ricetta per distillare alcol dai cereali. Ogni successiva generazione aveva apportato migliorie alla ricetta originaria.

    Catlyn guardò coloro che erano riuniti attorno al tavolo. Ogni uomo era lì perché così voleva la tradizione, e perché aveva un ruolo nella produzione del whiskey. Il volto di Roland, il capo distillatore, era teso. Se il whiskey non fosse stato all’altezza, avrebbe potuto perdere la posizione che era stata di suo padre e di suo nonno prima di lui. Suo figlio nonché apprendista, Wesley, le sorrise con la spensieratezza della gioventù. Gordie, il bottaio, fissava il barilotto posato per terra accanto al tavolo, senza dubbio sollevato che non perdesse.

    Per ultimo Catlyn guardò Adair, il capitano che era stato grande amico di suo padre e ora suo consigliere.

    Oh, babbo. Catlyn sentì una stretta al cuore. Anche dopo un mese era difficile accettare il fatto che suo padre se ne fosse andato.

    «È il momento, figliola» disse gentilmente Adair. Anche lui era addolorato per la morte di Thomas.

    Catlyn annuì, fece un respiro profondo e si avvicinò al tavolo. Senza alcuna esitazione sollevò il calice e lasciò che i vapori pungenti le salissero nel naso. L’odore era così forte che quasi le tolse il respiro, com’era normale per il whiskey invecchiato un solo anno.

    Accostò il calice alle labbra e prese un piccolo sorso. Il liquore le bruciò la bocca. Catlyn gettò indietro la testa e lo lasciò scivolare in gola. Una vampata ardente le si diffuse nello stomaco e nel ventre. Il calore perdurò un poco sulla lingua e poi svanì, lasciandole in bocca un vago sentore di terra, di fumo e di fuoco. E una punta di dolcezza che meritava un secondo assaggio.

    «Come fate a dire se va bene?» domandò Roland aggrottando la fronte.

    Catlyn sussultò, inghiottì il secondo sorso troppo in fretta e si mise a tossire, cosa che non aveva più fatto da quando aveva assaggiato il whiskey per la prima volta, all’età di cinque anni.

    «È così forte?» Adair le tolse di mano il calice e le diede delle pacche sulla schiena.

    «Il whiskey è una bevanda da uomini» borbottò Roland. «Thomas avrebbe dovuto nominare uno di noi come suo successore.»

    A quell’insinuazione Catlyn sollevò il mento. «Ho lavorato a fianco di mio padre da quando ho cominciato a camminare.»

    «Guardare e fare sono cose diverse.» Roland riempì una semplice tazza di corno e bevve. Gli altri, compresa Catlyn, trattennero il fiato. «Può andare.»

    Wesley lanciò un urlo di gioia e prese anche lui una tazza. La riempì e la bevve d’un fiato, poi chiuse gli occhi. «Mio Dio, toglie il respiro.»

    «Com’è giusto.» Roland gli portò via la tazza. «Dovresti mostrare più rispetto per il mio liquore, invece di tracannarlo come un marinaio ubriaco.»

    «Sì, babbo.»

    «Sarà migliore fra qualche anno, direi.» Adair prese un altro sorso, lo tenne sulla lingua e poi lo inghiottì.

    «E perché no? Thomas sapeva quello che stava facendo. Aveva la capacità e l’esperienza.» Roland guardò Catlyn, come a insinuare che a lei mancavano entrambe le cose.

    «So di essere giovane» disse Catlyn incontrando a turno lo sguardo di ciascun uomo. «Ma il babbo diceva che ho il naso e il palato giusto per fare questo lavoro.»

    «Avrete bisogno di ben altro se volete impedire ad Hakon Fergusson di portarci via tutto quello che abbiamo» ribatté Roland.

    Adair lanciò un’occhiataccia al capo distillatore.

    «Kennecraig non è mai stato preso e non lo sarà finché io avrò fiato in corpo.»

    «Parole coraggiose. Thomas disse la stessa cosa quando Hakon venne a fiutare qui attorno. E guardate com’è finito» mormorò Roland.

    «Morto» sussurrò Wesley.

    Catlyn rabbrividì, cercando di tenere a bada il dolore e la paura. «Abbiamo messo Hakon con le spalle al muro. Non può attaccarci per paura che distruggiamo la distilleria e il whiskey dei quali vuole impossessarsi.»

    «Per il momento ha le mani legate» ammise Roland. «Ma...»

    «Come diceva il babbo, quando si renderà conto di non riuscire a sopraffarci andrà a cercarsi una preda più facile.»

    Roland grugnì. «Bene, il whiskey dell’anno scorso è pronto per i barilotti e quello di quattro anni è pronto per il mercato. Ma come faremo a portarlo laggiù con Hakon che sta in agguato?»

    «Sono io che devo pensarci» intervenne Adair. «Se avessimo il denaro, assolderei dei mercenari per scortare il carico.»

    «Anche noi siamo con le spalle al muro. Finché non vendiamo un po’ del Finglas non avremo denaro. Neppure per il cibo. E se non ci procuriamo delle provviste al più presto moriremo di fame e risparmieremo ad Hakon la fatica di assalire la fortezza.» Roland sembrava quasi compiaciuto.

    Catlyn si chiese se il capo distillatore desiderasse a tal punto il suo fallimento da augurarsi il male di tutto il clan. Il fardello che aveva sulle spalle le parve ancora più pesante, ma non osava mostrare alcuna debolezza. «Troverò un modo per...»

    Fu interrotta da alcuni colpi alla porta. Per un attimo tutti si guardarono stupiti.

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