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Il diamante più prezioso: Harmony Collezione
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Il diamante più prezioso: Harmony Collezione
E-book164 pagine5 ore

Il diamante più prezioso: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Orgoglio brasiliano 1/2



Cresciuto nella più povera periferia brasiliana, Cruz Delgado è adesso un ricchissimo commerciante di pietre preziose che può permettersi di avere ogni cosa, tranne l'unica donna che gli abbia mai detto di no.



La crisi economica che ha colpito l'aristocratica Sabrina Bancroft gli offre l'occasione di mettere in atto la propria vendetta. Cruz le presterà i soldi che le servono e in cambio lei diventerà la sua amante.



Avere Sabrina a propria completa disposizione fuori e dentro il letto avrebbe dovuto gratificarlo. Invece Cruz si rende conto che possedere il suo corpo non gli darà alcuna soddisfazione finché non avrà anche il suo cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mag 2018
ISBN9788858982631
Il diamante più prezioso: Harmony Collezione
Autore

Chantelle Shaw

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il diamante più prezioso - Chantelle Shaw

    successivo.

    1

    Il molto rispettabile Hugo Ffaulks – esatto, con due f – era ubriaco fradicio e stava vomitando in un vaso. Non in un vaso qualsiasi, notò Sabrina, le labbra strette in una linea di disappunto, bensì in un eccellente esempio di porcellana inglese risalente al XVIII secolo che valeva circa millecinquecento sterline, come stabilito dalla casa d'aste che di recente aveva catalogato le opere d'arte di Eversleigh Hall.

    Poiché la collezione includeva due splendidi quadri di Gainsborough e un ritratto di Joshua Reynolds, millecinquecento sterline non erano poi una cifra elevata, ma considerando la sua attuale crisi economica la vendita del vaso le avrebbe permesso almeno di pagare il conto del maniscalco.

    Scosse la testa. Se solo i cavalli non avessero avuto bisogno di essere ferrati ogni sei settimane, ragionò. Le spese per il maniscalco, il veterinario e il fieno significavano che Monty stava diventando un lusso che lei non poteva più permettersi. Aveva già preso contatto con un mercante di cavalli che le aveva assicurato di poter ottenere una notevole somma per il magnifico purosangue di sette anni, ma il solo pensiero di separarsi da lui le risultava intollerabile.

    Si girò verso Hugo che, appoggiato al braccio di un altro degli invitati, stava cercando di raggiungere il bar.

    «Lo porti in cucina e gli procuri una tazza di caffè nero» suggerì all'amico di Hugo, scuotendo la testa. Se non fosse stata pagata profumatamente per organizzare a Eversleigh Hall la festa per il ventunesimo compleanno di Hugo, avrebbe telefonato subito ai genitori di quest'ultimo per chiedere loro di venire a riprendersi il figlio.

    Hugo e i suoi cinquanta invitati erano arrivati la sera prima e sarebbero rimasti per tutto il weekend. L'indomani dopo colazione li aspettava una gara di tiro al piattello e un torneo di pesca nel lago all'interno del parco.

    Organizzare feste private e matrimoni era l'unico modo che aveva per sostenere i costi della splendida residenza fino al ritorno di suo padre... Se mai suo padre fosse tornato. Svelta si costrinse a ignorare i suoi timori e sorrise all'anziano maggiordomo che le stava andando incontro.

    «Vado a prendere uno straccio per pulire, signorina Sabrina» esordì l'uomo.

    «Ci penso io, John. Di certo non mi aspetto che lo faccia tu» replicò lei, il tono contrariato. Detestava vedere la sua casa nelle mani di persone come Hugo e i suoi amici, che ritenevano che i soldi e in alcuni casi un titolo nobiliare dessero loro il diritto di comportarsi come bestie. E questo era un insulto per gli animali, pensò guardando una ragazza che si stava accendendo una sigaretta.

    «Quante volte devo ripetere che qui non si fuma?» borbottò.

    «Scorterò subito la signorina in giardino» si offrì il maggiordomo. «C'è un ospite per lei, signorina Sabrina» aggiunse. «Il signor Delgado è arrivato pochi minuti fa.»

    «Delgado...» ripeté Sabrina. «Sei sicuro che il nome sia giusto?»

    «Certo che lo sono» confermò John. «Dall'accento mi è sembrato uno straniero. Ha detto che desidera parlare con il conte Bancroft.»

    «Vuole parlare di mio padre!» esclamò Sabrina, il cuore che le martellava nel petto. Ma solo perché l'inatteso visitatore si chiamava Delgado, non significava che dovesse essere per forza Cruz, ragionò, aggrappandosi al buonsenso. Anzi, le probabilità che lo fosse erano pari a zero. Erano passati dieci anni da quando lo aveva visto per l'ultima volta. La data della fine della loro relazione, una settimana dopo aver perso il bambino che portava in grembo, era incisa indelebilmente nella sua memoria.

    Ogni anno ad aprile, quando la natura si risvegliava e la campagna del Surrey risplendeva di mille colori, lei piangeva quel figlio che non aveva mai visto la luce.

    «Ho chiesto al signor Delgado di aspettare in biblioteca.»

    «Grazie, John» replicò Sabrina, sforzandosi di non indugiare su quei ricordi troppo dolorosi. Mentre percorreva il corridoio e oltrepassava i tanti ritratti dei suoi avi appesi alle pareti, tentò di tranquillizzarsi dicendosi che l'inaspettato visitatore era probabilmente un giornalista a caccia di informazioni riguardo al conte Bancroft, o forse uno dei suoi tanti creditori. In ogni caso lei non avrebbe potuto essergli di aiuto. Ignorava dove fosse suo padre, e poiché era stato ufficialmente dichiarato scomparso, il suo conto in banca era stato congelato. Nel frattempo lei aveva investito fino all'ultimo centesimo dei suoi risparmi nel mantenimento della casa, ma ormai stava iniziando a convincersi che se suo padre non fosse tornato presto, non le sarebbe rimasta altra scelta se non quella di vendere la residenza dei suoi avi.

    Una settimana prima, in Brasile

    «Dobbiamo affrontare la realtà, Cruz. La Vecchia Betsy è esaurita. Ci ha dato l'ultimo dei suoi diamanti ed è ormai inutile sprecare tempo e denaro con lei.»

    «Io invece sono convinto che Betsy abbia ancora dei segreti da rivelare» replicò Cruz Delgado, gli occhi verdi fissi sul suo amico e socio in affari, Diego Cazorra. Non rammentava chi dei due avesse deciso di battezzare così la miniera di diamanti che avevano acquistato sei anni prima, ma il nome era rimasto.

    «Tu ipotizzi che ci siano ancora pietre da estrarre basandoti unicamente sul farneticare di un vecchio minatore ubriacone» precisò Diego. Sollevò una mano per proteggersi gli occhi dal brillante sole brasiliano e per guardare il sito della miniera, delimitato da pneumatici di camion.

    L'alta struttura di ferro che segnalava l'ingresso della miniera risaltava in quel panorama desolato alla stregua di un bizzarro pezzo di arte moderna e si ergeva accanto al tamburo di avvolgimento del montacarichi usato per trasportare uomini e macchinari nelle viscere della terra. In distanza si scorgeva il fiume e alle sue spalle la fitta foresta pluviale. Un impianto era sistemato lungo le rive, il suo scopo quello di estrarre i diamanti sedimentati sul letto del fiume. Ma le gemme migliori, quelle di grande qualità e caratura, erano nascoste sottoterra e potevano essere recuperate solo dalla mano dell'uomo.

    «In effetti credo a quello che ha raccontato José, cioè che esiste un'altra miniera, o quantomeno un'estensione di quella originale» affermò Cruz. «Confermerebbe ciò che mio padre mi ha rivelato prima di morire, cioè che il conte Bancroft era in possesso di alcune vecchie mappe che mostrano gallerie a un livello più profondo rispetto a quello su cui operiamo noi» aggiunse, togliendosi il cappello e scostandosi i capelli dalla fronte.

    Come Diego era molto alto, e come lui aveva una struttura muscolare possente, risultato di anni di lavoro fisico nelle miniere. Entrambi erano abbronzati e belli, ma Cruz era bruno mentre Diego era biondo, un fatto che confermava che suo padre era un europeo, anche se quello era anche tutto ciò che sapeva sul conto dell'uomo che aveva sedotto sua madre per poi abbandonarla quando era rimasta incinta.

    La loro amicizia risaliva all'adolescenza trascorsa in un malfamato quartiere di periferia di Belo Horizonte. Quando il padre di Cruz si era trasferito a nord con tutta la famiglia, la sua intenzione quella di trovare lavoro nel campo dell'estrazione di diamanti, Cruz aveva convinto Diego a raggiungerli nella miniera di proprietà di un conte inglese. Erano stati così eccitati alla prospettiva di diventare ricchi, ma erano trascorsi anni prima che avessero fortuna, ed era stato comunque troppo tardi per Vitor Delgado.

    «I test geologici non hanno evidenziato nulla di interessante» obiettò Diego. «Davvero consideri più attendibile una vecchia leggenda piuttosto che la moderna tecnologia?»

    «Io credo a ciò che mio padre mi ha confidato sul letto di morte» insistette Cruz. «Quando trovò la Estrela Vermelha, il conte Bancroft lo convinse che potevano esserci altri diamanti rossi di simile purezza e valore e mostrò a lui e al vecchio minatore José una cartina di quella parte della miniera, che includeva dei tunnel più profondi degli altri.»

    «Ma il conte Bancroft ha venduto la miniera a quel cercatore d'oro subito dopo l'incidente che ha causato la morte di tuo padre. Se fosse esistita davvero una mappa, gliel'avrebbe consegnata» ragionò Diego. «E quando sei anni fa noi siamo riusciti a mettere insieme la somma necessaria per rilevare la Vecchia Betsy, tu hai chiesto al proprietario di consegnarti quella specifica cartina, ma lui ha negato di averne una.»

    «Allora forse il conte non ha dato la mappa al cercatore» ipotizzò Cruz, «il che non mi sorprenderebbe. Ricordo Henry Bancroft come un volpone che badava ai propri interessi a discapito di quelli dei suoi dipendenti. Il crollo del tetto fu una diretta conseguenza della sua decisione di tagliare drasticamente le spese di manutenzione e quelle di adeguamento alle misure di sicurezza. Quando ordinò a mio padre di lavorare in quella zona della miniera, era consapevole di firmare la sua condanna a morte.»

    Un moto di amarezza lo travolse, come sempre gli succedeva quando ripensava alla fine di suo padre. Dieci anni prima Vitor Delgado era stato sepolto sotto tonnellate di rocce, ma lui rammentava quel tremendo episodio con lucida chiarezza, quasi fosse avvenuto solo ieri. Aveva scavato a mani nude fra le macerie nel disperato tentativo di raggiungere suo padre, un'impresa in cui erano riusciti i soccorritori due giorni dopo. Vitor era stato riportato in superficie ancora vivo, ma un'emorragia interna lo aveva ucciso poche ore dopo.

    Chiuse gli occhi e tornò indietro nel tempo, in quella stanza d'ospedale, il silenzio rotto solo dal sibilo dei macchinari e dai singhiozzi di sua madre e delle sue sorelle. Quando gli avevano detto che non c'erano più speranze, in lacrime si era chinato sul padre, e allora Vitor gli aveva parlato, la voce non più di un sussurro.

    «Qualche anno fa il conte mi ha mostrato la mappa di alcune gallerie in profondità dove ritiene ci siano diamanti rossi simili alla Estrela Vermelha... Chiedigli di mostrarti quella mappa, Cruz...»

    Anche in punto di morte suo padre era stato ossessionato da quella che i minatori definivano febbre da diamanti, vale a dire la disponibilità ad andare anche oltre i propri limiti pur di mettere le mani sulle gemme scintillanti che li avrebbero resi ricchi.

    Per lui e per Diego il sogno si era avverato.

    Con la morte di Vitor era diventato il capofamiglia, responsabile di sua madre e delle sue sorelle minori. Aveva trovato lavoro in una miniera di carbone, dove la fatica, il sudore e il pericolo almeno erano compensati da un buono stipendio che gli aveva permesso di pagarsi i corsi universitari serali. Tre anni dopo, grazie alla laurea in economia, era stato assunto presso una banca privata e aveva dato subito prova del suo talento in sala riunioni. Aveva sorpreso i colleghi con la sua determinazione ad avere successo. D'altra parte i suoi colleghi non avevano vissuto in una favela e non erano stati costretti a sfuggire quotidianamente alla violenza di bande di teppisti. I suoi colleghi non avevano potuto immaginare che il suo bisogno di emergere scaturiva dal sapere cosa significava non avere niente.

    La prima promozione lo aveva messo in grado di acquistare una casa in un quartiere residenziale per la sua famiglia. A quel punto la povertà era stata solo un brutto ricordo, ma lui non si era accontentato. Non gli era bastato lavorare in banca, aveva desiderato essere uno dei suoi ricchissimi clienti.

    Lo spunto glielo aveva fornito l'Estrela Vermelha, lo splendido diamante rosso che suo padre aveva estratto dalla miniera, una pietra del valore di diversi milioni di dollari, ma di proprietà del conte Bancroft. Così aveva deciso di giocare d'azzardo e in società con Diego aveva acquistato la miniera che un tempo era stata del conte. Il cercatore d'oro che l'aveva venduta loro li aveva definiti pazzi poiché negli ultimi mesi non aveva trovato alcun diamante significativo, ma aveva anche aggiunto che capiva che la febbre da diamanti aveva il potere di far perdere la lucidità alle persone.

    Sei mesi dopo dalla Vecchia Betsy erano stati estratti diamanti per un valore approssimativo di quattrocento milioni di dollari, lui era diventato uno dei clienti più importanti della banca per la quale aveva lavorato e aveva fondato una prestigiosa catena di gioiellerie, la Delgado Diamonds. Diego aveva preferito investire in una miniera d'oro e in altre imprese, ma entrambi non avevano mai dimenticato cosa significava essere poveri, e avevano creato una fondazione benefica per aiutare i bambini delle favelas.

    «Se il conte Bancroft fosse stato davvero convinto dell'esistenza di altre gallerie, perché avrebbe venduto la miniera invece di procedere con ulteriori scavi?» domandò Diego.

    «Forse considerava questa possibilità come una sorta di assicurazione per il futuro, in caso avesse avuto necessità di denaro» azzardò Cruz. «Sapeva che chiunque avesse acquistato la miniera non avrebbe esitato a sborsare una fortuna pur di entrare in possesso della cartina di una seconda

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