Il signore degli scandali: I Romanzi Storici
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Info su questo ebook
Londra, 1814 - Erede di una cospicua fortuna, Catherine Fenton è fidanzata con un uomo che disprezza, ma che non può rifiutare per il bene del padre. Si è ormai convinta che il futuro non le riserva alcuna speranza di felicità, quando nella sua vita fa irruzione Lord Benjamin Hawksmoor, un affascinante gentiluomo sempre al centro degli scandali più succulenti di Londra e considerato da tutti un incorreggibile seduttore. Tuttavia, pur essendo al corrente della pessima fama di cui gode il giovane libertino, Catherine decide di andare oltre le apparenze. Perché dietro la maschera spregiudicata di Benjamin ha intravisto qualcosa che nessun'altra donna ha mai notato prima.
Nicola Cornick
Nata nello Yorkshire, nei pressi delle brughiere che ispirarono alle sorelle Bronte Cime tempestose e Jane Eyre, e laureata in Storia all'università di Londra, ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla sua vera passione: scrivere.
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Anteprima del libro
Il signore degli scandali - Nicola Cornick
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Lord of Scandal
HQN Books
© 2007 Nicola Cornick
Traduzione di Anna Polo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-520-9
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Dicembre 1812
Londra era stretta nella morsa di un rigidissimo inverno da tre settimane e ora tutti si chiedevano se il Tamigi gelato potesse reggere il peso della Fiera sul Ghiaccio. Il metodo tradizionale per verificarlo consisteva nel guidare un tiro a quattro fino al centro del fiume. Era un sistema pericoloso: secondo alcuni, chiunque fosse stato abbastanza pazzo da rischiare sarebbe finito in una tomba di acqua gelida insieme ai cavalli e alla carrozza. Secondo altri, se anche fosse sopravvissuto, meritava comunque di finire al manicomio.
C’era un solo uomo abbastanza spericolato da tentare una simile impresa senza farsi considerare un folle: Lord Benjamin Hawksmoor.
Il suo arrivo sulla riva del fiume, su una magnifica carrozza nuova tirata da splendidi cavalli, venne accolto da un brusio eccitato. Sulla lucida portiera faceva bella mostra di sé lo stemma degli Hawksmoor. Era convinzione di molti che Ben non avesse alcun diritto di usarlo, visto che il padre si era rifiutato di riconoscerlo alla nascita, ma pochi osavano sostenerlo a voce alta, data la reputazione del giovane lord: si diceva che avesse ucciso molti uomini in guerra, vinto e perso ingenti fortune a carte, sedotto la moglie e la figlia di un diplomatico e che fosse sfuggito ai banditi scappando nei boschi.
Le scommesse fioccavano, il denaro passava rapidamente di mano in mano e talvolta finiva nelle tasche dei borsaioli che si mescolavano alla folla.
Si levarono urla entusiaste ed eccitate quando Ben Hawksmoor guidò il tiro a quattro nell’alveo del fiume gelato e partì a gran velocità. Gli zoccoli dei cavalli scivolarono sul ghiaccio e le ruote presero a girare vorticosamente.
A cassetta Hawksmoor brandiva la frusta come un dio nordico e il pesante mantello nero volteggiava tutt’intorno alla sua alta figura. D’un tratto echeggiò un rombo lontano, seguito da uno scricchiolio sinistro.
«Il ghiaccio si sta rompendo!» gridò qualcuno. «Saltate! Salvatevi!»
Ben Hawksmoor non intendeva però abbandonare i cavalli al loro destino. Mentre venature sempre più ampie ed estese si aprivano nello strato di ghiaccio, gli animali si bloccarono, scalpitando e nitrendo spaventati. Riuscì comunque a indirizzarli verso riva, poi balzò nell’acqua scura, afferrò le briglie e portò in salvo cavalli e carrozza.
La folla eruppe in un applauso di ammirazione e sollievo. Tra le donne c’era chi singhiozzava e chi sveniva, gli uomini lanciavano in aria i cappelli e le macchine da stampa erano già in moto per divulgare l’ultima impresa dello spericolato lord.
Ben Hawksmoor si fermò e rivolse alla folla un inchino perfetto: i pantaloni aderenti di pelle scamosciata erano fradici e gli stivali rovinati, ma negli occhi nocciola brillava una scintilla divertita. Così scarmigliato, appariva ancor più pericoloso.
«Signore e signori, temo che il ghiaccio sia troppo sottile» dichiarò. «Dovremo aspettare un altro anno per la Fiera sul Ghiaccio.»
La notizia fu accolta da risate e acclamazioni.
Hawksmoor sorrise soddisfatto e continuò ad avanzare tra la folla che gli si accalcava intorno. Solo alcuni rimasero in disparte, osservandolo con cupa disapprovazione.
«Soltanto il diavolo in persona può sopravvivere a un’impresa simile» commentò un sacerdote. «Ha venduto l’anima al demonio.»
L’uomo al suo fianco sorrise: Ben Hawksmoor contava proprio su quella reputazione.
«Ghiaccio sottile» mormorò. «Quando mai hai camminato su qualcos’altro? Ma un giorno il ghiaccio si romperà e io sarò lì, e ballerò sulla tua tomba.»
1
Non guardate mai uno sconosciuto se lo incrociate per strada, perché a volte gli uomini impertinenti e sfacciati approfittano di uno sguardo. In genere è colpa di una fanciulla se le viene rivolta la parola, una sventura di cui dovrebbe vergognarsi a parlare.
Mrs. Eliza Squire
Consigli di comportamento per signore
Gennaio 1814
Era una bella giornata per un’impiccagione pubblica.
Sopra la forca di Newgate il cielo era di un azzurro limpido e il cappio ondeggiava al freddo vento invernale. La nobiltà affollava il padiglione vicino al patibolo: la vittima era un gentiluomo e questo attirava sempre una gran folla. Ned Clarencieux, giocatore d’azzardo e avventuriero, si era ridotto a pagare i debiti con denaro falso e nel vano tentativo di coprire le sue tracce aveva ucciso il suo banchiere. Le signore presenti avevano ballato con lui a innumerevoli ricevimenti e ora erano venute a vederlo morire appeso a una corda.
La plebaglia premeva ai piedi del patibolo, ridendo, bevendo e facendo scommesse sul tempo che avrebbe impiegato il condannato a spirare.
Miss Catherine Fenton, graziosa ereditiera con un patrimonio di ottantamila sterline, era seduta nel palco della nobiltà tra il fidanzato e il fratellastro di sei anni, John. Nonostante il freddo si sentiva accaldata e le girava la testa; aveva immerso il fazzoletto in acqua di rose e lo teneva premuto contro il naso, ma il profumo intenso non riusciva a dissipare l’odore dei corpi non lavati e l’eccitazione morbosa che percorreva la folla. Era l’unica signora presente, costretta ad assistere dal padre perché il condannato aveva ucciso uno degli amministratori del suo patrimonio, Sir James Mather. Catherine aveva cercato di sottrarsi, ma Sir Alfred Fenton, un nababbo con uno stomaco di ferro, non aveva voluto accettare scuse. Il fratellino invece aveva implorato di poter partecipare alla macabra spedizione a Newgate ed era stato accontentato. In fondo non c’era da sorprendersi: John era amato e viziato, Catherine no.
«Ostriche fresche! Un penny!» urlava una venditrice ambulante salendo i gradini del padiglione con un cestino in equilibrio sul fianco. Catherine avvertì una ondata di nausea all’odore dei molluschi mescolato a quello del sudore.
«Sì, sì, qui!» strillò John, eccitato. Tese il suo penny alla ragazza e Catherine distolse in fretta lo sguardo, premendosi il fazzoletto contro il naso.
«Non vi sentite bene, cara?»
Catherine sollevò la testa e si trovò davanti il viso colmo di falsa premura del fidanzato. Lord Algernon Withers amava considerarsi tale, mentre lei preferiva non pensare né a lui né ai loro rapporti: odiava l’insistenza con cui l’assediava e il misterioso ascendente che sembrava avere su suo padre. Aveva rimandato il matrimonio ricorrendo a una scusa dopo l’altra, ma ormai le aveva esaurite e la data delle nozze era stata fissata per la primavera seguente.
«Non mi piacciono le ostriche» dichiarò, notando come Lord Withers avesse ormai rivolto il proprio interesse al seno prosperoso della venditrice.
«Un vero peccato» mormorò, tornando a guardarla in modo lascivo. «Le chiamano il cibo dell’amore, sapete? Forse se le assaggiaste sareste più... tenera con me.»
«Non credo proprio» ribatté Catherine, disgustata.
Molti uomini dichiaravano di essere innamorati di lei, la sommergevano di fiori, complimenti e sonetti, ma Catherine sospettava che fossero molto più interessati al denaro della sua eredità, bloccato in un fondo fiduciario fino a quando lei non avesse compiuto venticinque anni, o non si fosse sposata.
Algernon Withers non era diverso dagli altri corteggiatori: a spingerlo erano l’avidità e un disgustoso desiderio di possederla.
Ora le aveva preso la mano e la stringeva fino a farle male. Catherine notò un lampo di trionfo nei suoi occhi: Withers amava infliggere dolore e calpestare tutto ciò che era bello e delicato.
Con la mano libera strinse il manico del parasole e ne infilzò la punta nella scarpa del fidanzato. Lui la lasciò andare con un sussulto e lei si girò, sollevando il mento con aria altera.
Catherine non aveva pretese da aristocratica e sapeva che la buona società l’accettava solo per il suo denaro: il padre aveva fatto fortuna in India e la madre era la figlia di un altro avventuriero, lo scozzese Jack McNaish. La sua reputazione aveva fatto tremare molti uomini, ma Catherine l’aveva adorato: il nonno le diceva sempre che non doveva vergognarsi dei suoi antenati e dell’ambiente da cui provenivano.
John divorava le ostriche con entusiasmo, il sugo che gli colava sul mento. La sua bambinaia lo asciugò nervosa con un tovagliolo.
«Che spettacolo indecoroso!» proruppe all’improvviso Sir Alfred, osservando disgustato le finestre aperte della taverna di fronte, dove diverse sgualdrine a seno scoperto ridevano sguaiate avvinte a un paio di giovani dall’aria dissoluta.
«Avete ragione, Sir Alfred» concordò Withers. «Credo che siano compari di Hawksmoor: era amico di Clarencieux. Peccato che lo scandalo non abbia travolto anche lui.»
«Hawksmoor gode del favore del principe, almeno per ora» borbottò Sir Alfred. «Prima o poi comunque cadrà in disgrazia; dicono che i suoi debiti di gioco siano talmente ingenti che dovrà fuggire all’estero.»
Le grida acute delle cortigiane risuonavano al di sopra degli schiamazzi della folla eccitata.
«Mostrarsi in questo modo in pieno giorno è davvero disgustoso, non trovate anche voi, Miss Fenton?» chiese Withers.
Catherine in realtà era più disgustata dal palese apprezzamento dell’uomo per quelle donne seminude e dalla sua eccitazione alla prospettiva dell’impiccagione. Non sopportava le sue mani fredde e invadenti, il suo alito pestilenziale e le crescenti libertà che si prendeva con lei. «Considero più disdicevole provare piacere davanti a un omicidio, piuttosto che a una pubblica manifestazione di oscenità» dichiarò in tono di chiara disapprovazione.
Lo sguardo freddo di Withers si soffermò su di lei per un attimo, prima di tornare a osservare la finestra di fronte.
Catherine si accorse che stava tremando: odiava quella folla eccitata, gli uomini come Lord Withers e soprattutto suo padre, per averla costretta ad accompagnarlo. La sera prima, al ballo di Lady Semple, lo aveva sentito dichiarare l’intenzione di assistere all’impiccagione di Clarencieux.
«Scommetto che appeso a quella corda ballerà meglio che nel vostro salone, milady» aveva sghignazzato, suscitando un coro di risate.
Catherine aveva odiato tutti i presenti chiedendosi come potessero ridere a quel modo al pensiero che un loro conoscente facesse una fine da criminale.
Aveva incontrato solo una volta Ned Clarencieux: le chaperon stavano molto attente a tenere uomini come lui lontani da debuttanti ed ereditiere, ma un giorno, passeggiando nel parco con la matrigna, Lady Maggie Fenton, un gruppo di giovanotti si era avvicinato con familiarità sospetta. Clarencieux era stato l’unico a scusarsi per il loro atteggiamento sfacciato, le aveva baciato la mano con un sorriso irresistibile e aveva condotto via gli amici.
Gente come Clarencieux e Hawksmoor viveva sul filo del rasoio: un passo falso ed era la fine.
John cercava di vedere oltre i cappelli e i parasole davanti a loro, ma era troppo piccolo. Si arrampicò in braccio alla sorella, aggrappandosi al mantello foderato di pelliccia e spostandole di traverso il cappellino. La bambinaia tentò invano di trattenerlo, poi si rimise a sedere terrea in viso.
«Chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e cerca di non ascoltare la folla» le consigliò Catherine.
La ragazza annuì. Una matrona seduta nella fila davanti rivolse a John un sorriso indulgente e batté un colpetto sul cuscino accanto a sé. «Vieni a sederti qui, piccolo. Godrai di una vista migliore.»
Catherine rivolse un’occhiata all’orologio della chiesa vicina: mancavano cinque minuti all’esecuzione. Le batteva forte il cuore e sotto i guanti di capretto le mani erano gelide. Chiuse gli occhi di fronte alla luce invernale e alla vista della folla irrequieta, ma immagini raccapriccianti continuavano ad affollarle la mente. Sapeva che cosa succedeva quando un uomo veniva impiccato: prima gli toglievano le manette e gli legavano i polsi, poi lo conducevano al patibolo.
Quando riaprì gli occhi, le sgualdrine erano sparite dalla finestra di fronte e al loro posto c’era un uomo alto, con lo sguardo fisso sulla forca. Fu la sua immobilità ad attirare l’attenzione di Catherine: era intensa e concentrata e allo stesso tempo emanava una rabbia violenta che la turbò.
All’improvviso l’uomo sollevò la testa e incontrò il suo sguardo; per Catherine fu come ricevere un colpo, tanto che arretrò d’istinto.
«Miss Fenton, Miss Fenton!»
La bambinaia, agitata, le stava tirando una manica.
«Il signorino John è scomparso!»
Era vero: il sedile vicino alla matrona davanti era vuoto. Catherine si guardò intorno frenetica, mentre la bambinaia singhiozzava atterrita.
«Ho chiuso gli occhi come mi avete detto voi! Non ho fatto niente di male.»
«Va bene, va bene» tentò di calmarla Catherine.
Se John si fosse perso nella folla, avrebbero potuto rapirlo o... Era solo un bambino ingenuo e viziato e non aveva idea dei pericoli di un luogo come Newgate. Immerso in una fitta conversazione con Withers, Sir Alfred non si era accorto di niente.
Catherine si alzò in piedi, decisa a cercare da sola il fratellino: la bambinaia era ridotta a uno straccio e se il padre avesse saputo cos’era successo, si sarebbe infuriato.
Non c’era bisogno di avvertirlo, si ripeté: con ogni probabilità John non era andato lontano.
Catherine fece un respiro profondo e si avviò lungo i sedili, cercando di non pestare i piedi altrui e ignorando proteste e borbottii. Proprio in quel momento l’orologio della chiesa batté l’ora: era arrivato il momento dell’esecuzione.
Era seduta in mezzo alla folla, eppure a Ben Hawksmoor sembrava che il sole illuminasse solo lei: indossava un mantello color giunchiglia foderato di pelliccia e sotto il cappellino in tinta si intravedevano lucenti capelli castani. Era accanto ad Algernon Withers, uno degli uomini più depravati della buona società, segno che doveva essere una cortigiana d’alto bordo. Ben aveva notato che la maggior parte delle cortigiane di Londra era venuta ad assistere all’impiccagione e sorrise ammirando il cinismo con cui approfittavano di un’occasione del genere per procurarsi un ricco amante. Dopotutto era presente metà dell’aristocrazia, la metà maschile, un’opportunità che solo una stupida avrebbe sprecato.
La ragazza seduta vicino a Withers in realtà non sembrava aver bisogno di un nuovo protettore: pareva ricca e viziata e Ben la odiò per quella perfezione e per essere là pronta a trarre piacere dalla distruzione di un altro essere umano.
Si allontanò dalla finestra stringendo i pugni, travolto da un’ondata di rabbia e amarezza. La buona società, che un tempo aveva trattato Ned Clarencieux con la stessa predilezione che ora mostrava nei suoi confronti, l’aveva gettato ai lupi e adesso veniva ad assistere alla sua fine.
E lui non poteva fare niente per l’amico. Ben era andato dal Principe Reggente e aveva parlato in difesa di Ned, ma costui non lo aveva neanche ascoltato. Notando il lampo di irritazione nei suoi occhi, si era ritirato in buon ordine: era un avventuriero e non poteva permettersi di perdere il favore del Reggente se non voleva ricadere nell’abietta miseria della sua infanzia.
E ora era troppo tardi. Ned non aveva nessun amico ricco e potente in grado di aiutarlo nel momento del bisogno. Ben rabbrividì: si immedesimava fin troppo chiaramente in quell’uomo prossimo a essere impiccato.
Un movimento nel padiglione davanti a lui attirò la sua attenzione: la mantenuta di Withers si era alzata e stava scendendo i gradini che portavano verso la forca e la folla assiepata intorno a essa. Ben sgranò gli occhi: era impazzita? Poteva capire che il frastuono, la puzza e l’eccitazione rivoltassero uno stomaco delicato, ma mescolarsi a gente del genere era pura follia. Avrebbero potuto derubarla, violentarla e farla a pezzi... Non che a lui importasse, naturalmente.
E invece non era così. La vita gli aveva insegnato la dura legge della sopravvivenza e Ben raramente poteva permettersi di preoccuparsi di qualcun altro, ma ora, vedendo l’espressione inorridita della ragazza mentre si guardava intorno, provò un senso di affinità con lei. Era evidente che nessuno dei due avrebbe voluto trovarsi là. Probabilmente lei era venuta su insistenza di Withers, mentre lui era là per rendere l’ultimo omaggio a un amico. Il poco onore che gli era rimasto gli imponeva di compiere quel piccolo gesto. In ogni caso, mantenuta o no, non poteva permettere a quella ragazza sola e indifesa di mescolarsi alla folla esaltata alla prospettiva dell’impiccagione imminente.
Si diresse alla porta imprecando tra i denti. Una delle prostitute tentò di fermarlo; Ben non conosceva il suo nome e non le aveva prestato particolare attenzione quando suo cugino Sam gliel’aveva presentata. Aveva trovato di pessimo gusto portare donne simili all’esecuzione di Ned, tanto più che le puttane da quattro soldi non lo avevano mai interessato: come tutti là, anche loro consideravano l’esecuzione un divertimento ancor più eccitante del vino, del ballo o del sesso.
Mentre Ben scendeva le scale della taverna, la campana della chiesa cominciò a suonare con un fragore che gli rimbombò nella testa. Fuori la luce del sole era fredda e intensa e la folla sempre più eccitata. Ben cominciò a farsi largo tra la gente e individuò la ragazza dal mantello color giunchiglia ai piedi del patibolo, immersa in un’animata discussione con uno degli uomini di guardia. Questi le sbarrava la via e le faceva segno di tornare indietro, ma lei scuoteva la testa con aria risoluta. Un attimo dopo era sparita tra la folla. Allarmato per la sorte della giovane e allo stesso tempo stupito per quell’impulso cavalleresco, Ben raddoppiò gli sforzi per raggiungerla.
Alla comparsa di Clarencieux una sorta di selvaggio ruggito si levò dalla folla. Ben distinse una macchia gialla, ma poi la calca che spingeva lo allontanò dalla ragazza. Le campane smisero di suonare e tutti trattennero il fiato: il condannato era salito sul patibolo. Aveva le mani legate e un’espressione atterrita e implorante mentre si guardava intorno come in cerca di qualcuno in grado di salvarlo. Ben provò una nuova ondata di furia e impotenza davanti a quell’insopportabile umiliazione.
Il boia gli coprì la testa con un cappuccio e strinse il cappio al collo. Le labbra del prete si muovevano, ma le sue preghiere si perdevano nel frastuono della massa fremente.
Le dita di Ben si chiusero intorno al polso della ragazza in giallo, dopodiché la trascinò via dalla folla assiepata ai piedi del patibolo e quando si fermò, la prese tra le braccia.
La sentì irrigidirsi, ma la pressione della folla li spinse uno contro l’altro e ogni resistenza cessò. La sconosciuta aveva perso il cappellino e i lunghi capelli castani le ricadevano in disordine sul viso e sui luminosi occhi color ambra. «Non pensavo che sarebbe stato così...» mormorò smarrita.
«Siete stata una sciocca a scendere tra la gente» replicò Ben. Le sue mani però erano gentili mentre la stringeva a sé, proteggendola dalla continua pressione della calca che li circondava.
«Stavo cercando qualcuno.» La vide deglutire e notò che aveva gli occhi lucidi di lacrime. «Non mi ero resa conto che sarebbe stato così pericoloso.»
«Che cosa vi aspettavate? Una festa in giardino?» sbottò Ben, brusco.
«Toglietevi il cappello!»
Era l’unico segno di deferenza previsto nei confronti del condannato: uomini e donne ubbidirono, il boia azionò una leva e la botola si aprì sotto i piedi di Clarencieux. Si levò un grido selvaggio e Ben avvertì un brivido scuotere il corpo della ragazza. Lei chiuse gli occhi nascondendo il viso nella sua giacca, e lui la tenne stretta. La rabbia, il dolore, l’odio e l’impotenza lo travolsero come un’ondata impetuosa; per non vedere il corpo dell’amico che penzolava dalla forca, Ben si chinò, le premette le labbra sui capelli e aspirò il suo lieve profumo di rose. Il corpo della fanciulla tremava e le sue lacrime gli inzuppavano la giacca.
«L’ho incontrato una volta» sussurrò. «Non si meritava questa fine.»
«Era mio amico, eppure non ho potuto fare niente per lui» proruppe Ben con voce roca, oppresso dal senso di perdita. Tempo prima era riuscito a salvare la vita a Ned, ma questa volta no.
Lei sollevò la testa e lo guardò negli occhi con uno sguardo innocente e penetrante al tempo stesso. Ben ebbe l’impressione che riuscisse a leggergli fino in fondo all’anima. «Mi dispiace» mormorò. «Questo è un puro e semplice omicidio.»
Il boia fece oscillare il corpo di Clarencieux per accelerare la sua fine: Ben l’aveva pagato profumatamente per questo. Era l’unica cosa che era riuscito a fare per l’amico, ma almeno quella promessa era stata mantenuta. La folla esultava mentre il condannato spirava. Lui si guardò intorno inorridito, attirando ancora più vicino a sé la ragazza. Non incontrò resistenza e avvertì uno strano sollievo, insieme alla consapevolezza di aver bisogno di lei. L’intensità del suo desiderio lo sconcertò, ma non si soffermò