È notte a New Orleans (eLit): eLit
Di Jean Barrett
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Info su questo ebook
Christy Hawke ha per le mani un caso che scotta: una vecchia fiamma l'ha ingaggiata per indagare sull'omicidio della moglie.
Ma quando si reca sul luogo del delitto vi trova Dallas McFarland, investigatore suo concorrente. Suo malgrado, Christy inizia a collaborare con lui, pur non fidandosi del tutto.
Forse perché prova una forte attrazione che tenta in ogni modo di negare?
Le indagini intanto portano a galla riti voodoo, traffici di arte funeraria e presunti ricatti, mentre l'assassino rimane nell'ombra.
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Anteprima del libro
È notte a New Orleans (eLit) - Jean Barrett
Prologo
New Orleans
Dallas McFarland era rimasto tagliato fuori. Christy lo aveva seminato su a Canal, dove era rimasto intrappolato in mezzo a una folla di idioti accorsi a godersi un incidente tra un furgone e un camion. Mica male, per un investigatore privato della sua fama!
McFarland era stato una spina nel fianco fin dal giorno in cui lei aveva aperto la sua agenzia. Non aveva fatto che soffiarle un cliente dopo l'altro, accidenti a lui; ma questa volta non ci sarebbe riuscito. Lei avrebbe fatto il massimo, per assicurarsi quel particolare caso. Perché ne aveva bisogno. Disperatamente bisogno. Avrebbe dato il meglio di sé, e anche di più. Cercando di non essere presuntuosa, si ripromise. Perché, se per il momento poteva aver spiazzato il suo rivale, c'era pur sempre la possibilità che in un batter d'occhio la sua preda potesse sfuggire al pedinamento che lei stava effettuando da un paio d'ore.
Non che la piccola Bornowsky avesse dato segno di essersi accorta di essere seguita, comunque. Con la noncurante disinvoltura di cui solo una teenager era capace, procedeva per la sua strada fra i turisti che bighellonavano lungo Decantur Street senza nemmeno accennare a voltarsi.
Badate che mia figlia è astuta come una volpe, aveva detto Marty Bornowsky a lei e McFarland. «Non sareste i primi investigatori che ha seminato. È per questo che voglio il meglio sulla piazza. Grazie al cielo posso permettermelo, per cui, se uno di voi riesce a scoprire se frequenta ancora quel dannato punk, avrà tutto il lavoro che vuole.»
Christy non aveva dimenticato quell'avvertimento, mentre seguiva Brenda Bornowsky tra la folla. In ogni caso, se quella ragazzina avesse voluto eludere la sorveglianza di chicchessia, non ci sarebbe riuscita, perché non c'era modo, assolutamente non c'era, che un tipo come lei potesse mimetizzarsi tra la folla. Nemmeno lì, nel quartiere francese, dove i tipi eccentrici erano la norma. Con quei giganteschi anfibi, quella minigonna di pelle nera e quel cranio rasato da cui svettavano dei ciuffi rigidi che andavano dall'arancio all'argento, era inconfondibile. Per non parlare delle labbra blu, delle unghie verdi, dei piercing multipli alle orecchie, al naso e al labbro inferiore.
Era possibile che portasse addosso una quantità di metallo superiore a quella dei macchinari che suo padre usava per asfaltare le strade, pensò Christy divertita. Un lavoro che rendeva un sacco di soldi, quello del rozzo Bornowsky; sicuramente più di quelli che lei avrebbe mai guadagnato con la sua professione, che le consentiva a malapena la sopravvivenza. Sopravvivenza che, in quel momento, dipendeva appunto da Brenda.
Sparita!
No, forse no. Con la coda dell'occhio, Christy colse un lampo di arancione e argento al di là della vetrata ad angolo di un negozio, e vide che la ragazza stava risalendo l'argine del fiume.
Non poteva assolutamente perderla. Quella carognetta era troppo importante, per lei...
Quando, al di sopra del frastuono di una band intenta a suonare del Dixieland sulla terrazza di un ristorante, le giunse il caratteristico fischio che annunciava l'imminente partenza di uno dei battelli a ruote riservati alle escursioni sul fiume, capì che era diretta proprio a quel battello.
Decisa a non lasciarsela scappare, Christy si fece largo in fretta tra la folla. Stava facendo degli evidenti progressi, si compiacque con se stessa mentre individuava di nuovo, poco più avanti, la testa della ragazza. Poi, di nuovo, la situazione precipitò.
Un gruppetto di donne con i distintivi di un congresso la intrappolò. «Ehi, dove diavolo è il Tram che si chiama Desiderio?» le chiese una di loro.
«Credo sia stato sostituito da un autobus» rispose in fretta lei.
«Ma io alludevo al club in cui fanno lo strip maschile!»
«Non lo conosco. Se vuole scusarmi...»
«Ma quel tipo ci ha detto che lei lo conosceva sicuramente!» insistette querula la donna.
Christy si fermò di colpo. «Quale tipo?»
«Quello che ci ha detto di rivolgerci a lei.»
«A me? E che aspetto aveva?»
«Aveva un sorriso alla dinamite e un sedere da urlo» rispose un'altra tizia del gruppo.
Dallas McFarland! Sconvolta dalla consapevolezza di non averlo seminato, Christy si lasciò quelle donne alle spalle senza tanti complimenti. Un attimo dopo, nell'aria risuonò un altro fischio del battello, e lei corse su per la scalinata dell'argine per scoprire, costernata, che il barcone si stava già staccando dalla riva, con Brenda sorridente ben visibile a poppa, e totalmente ignara della presenza di Dallas appoggiato alla stessa ringhiera pochi metri più in là.
Il sorrisetto che il suo rivale le indirizzò, fece montare a Christy il sangue alla testa. Non solo McFarland l'aveva fregata, ma era sulla buona strada per portarle via da sotto il naso un altro potenziale cliente!
«Un tizio mi ha dato questo per lei» le disse un ragazzino materializzandosi di colpo accanto a lei per porgerle un biglietto. E mentre un'altra banda Dixieland attaccava a suonare sotto il sole d'aprile, Christy si ritrovò a fissare un biglietto da visita della Hawke Detective Agency, la sua agenzia, sul quale lo stemma costituito da un falco dorato era stato cancellato con una X che prendeva tutto il cartoncino.
1
Sorgeva sulla Royal Street, e aveva tutto quello che un edificio del centro storico doveva avere: balconate con le ringhiere di ferro battuto, persiane alle lunghe finestre, lanterne a gas. Che posto da sogno!, pensava Christy ogni volta che vi tornava, e lo era davvero.
L'accesso consisteva in un passaggio a volta che collegava la strada a un cortile interno abbellito da una fontana, da numerosi rampicanti e da vasche di fiori. In fondo, una piccola costruzione, un tempo adibita ad alloggio per gli schiavi, ospitava ora sia la sua agenzia al piano terreno sia il suo appartamentino al primo piano.
Si trattava di una sistemazione un po' arrangiata, ma dato che lì, nel quartiere francese, gli affitti erano alle stelle, Christy poteva ritenersi fortunata che l'inquilino precedente, dovendo partire in tutta fretta per l'Europa, gliel'avesse subaffittata a un prezzo più che ragionevole.
Quel pomeriggio, però, mentre apriva la porta dell'agenzia, non poté fare a meno di pensare che stava rischiando di perdere quel luogo delizioso per colpa di Dallas McFarland.
Potesse sprofondare nelle sabbie mobili!, pensò mentre faceva un cenno di saluto a Denise, la sua assistente, tutta presa dalla musica che stava ascoltando con l'auricolare. Per quanto le volesse bene, Christy non la considerava una grande assistente, ma essendo in pensione si accontentava di una paga piuttosto bassa. Non era quindi il caso di essere pignoli.
Quando si lasciò andare con un'aria affranta sulla poltrona dietro la sua scrivania, la donna si tolse l'auricolare e commentò: «Non dirmi che il nostro Principe delle Tenebre ci ha battute di nuovo!».
«Non voglio parlarne» sbottò asciutta Christy, poi si alzò di scatto e prese a camminare avanti e indietro. «Questo caso non mi è piaciuto fin dall'inizio! Un padre autoritario che fa spiare la figlia solo perché pensa che il suo ragazzo non vada bene per lei, ma poiché è molto ricco e noi abbiamo bisogno dei suoi soldi... Maledizione, non avrei dovuto accettare la sua proposta!»
«Mmh...»
«Voglio dire, perché diavolo non ha scelto subito o me o McFarland, invece di metterci l'uno contro l'altro?»
«Forse perché ha pensato che ne avrebbe tratto dei vantaggi.»
«Denise, quel McFarland... Quel McFarland in questa situazione ci sguazza!»
«Può darsi.»
«È arrogante, manca di professionalità ed è senza scrupoli!»
«Ed è anche terribilmente sexy.»
Christy si voltò di scatto verso di lei. «Che diavolo avete tu e le donne di questa città? È per via del suo bel culo?»
«Lasciamo perdere. Quando sono tornata dal pranzo, la segreteria era piena di messaggi. Sono arrivati anche un sacco di fax. Tutti da parte di tua madre che vuole sentirti con urgenza.»
Christy sbuffò e tornò alla scrivania. L'idea di chiamare sua madre non la entusiasmava per niente, perché sapeva già ciò che le avrebbe detto. Compose svogliatamente il numero della casa dei suoi a Chicago, che ospitava anche la sede principale della Hawke Detective Agency e, quando la voce di sua madre le rispose, decisa ed efficiente come sempre, la salutò in fretta e le chiese: «Allora, che succede?».
«Volevo sapere se hai finalmente ottenuto il caso Bornowsky.»
«Temo di no.» Quanto era umiliante per lei ammettere il proprio fallimento! Possibile che a ventisei anni i suoi la considerassero ancora una bambina che doveva essere protetta dai pericoli del mondo, e che lei dovesse ancora combattere per essere riconosciuta come una professionista a tutti gli effetti?
«Oh» fece Mourah Hawke. «Vuoi dire che è stato assegnato a McFarland?»
«Così sembra.»
«Mi dispiace.» Ci fu una breve pausa, poi la donna le disse con un tono molto gentile: «Vedi, cara, il fatto è che abbiamo fatto i conti del primo quadrimestre, e la tua agenzia non ha fruttato praticamente nulla».
«Lo so. Le cose qui sono andate un po' a rilento, negli ultimi tempi.»
A rilento? Non si erano mai mosse, e lo sapevano entrambe, si disse Christy.
L'altro telefono prese a suonare e Denise rispose. Lei non prestò la minima attenzione a quella chiamata. Era troppo depressa. Aveva fatto di tutto per convincere i suoi che aveva le competenze adatte ad aprire un'agenzia tutta sua, e adesso stava per perderla!
«Senti, tesoro. Eden ha una pausa tra un caso e l'altro. Che ne diresti se facesse un salto lì da Charleston per darti una mano?»
«Assolutamente no, mamma!» Christy amava la sua famiglia e i suoi fratelli, ma che le fosse venuto un accidente se avesse permesso a sua sorella di correre a New Orleans per aiutarla a salvare la sua agenzia!
«E se venisse Devlin?» le suggerì Mourah offrendole l'aiuto del fratello maggiore.
Fu Denise che la salvò, attirando la sua attenzione e facendole segno di prendere la cornetta. «Assolutamente no, mamma» ripeté nuovamente Christy, poi le disse: «Scusami, ma ho una chiamata sull'altra linea e potrebbe essere un nuovo cliente. Salutami papà».
«Ma non ti ho ancora detto che cosa lui...»
«Ci sentiamo dopo» tagliò corto Christy, poi riattaccò e chiese sottovoce a Denise: «Chi diavolo è?».
«Non lo so, ma sembra una cosa seria.»
Christy prese la seconda linea. «Parla Christy Hawke.»
«Ciao. Sono Glenn.»
«Glenn? Ciao. Come stai?» Come faceva a sembrare così controllata, mentre in realtà il cuore aveva preso a martellarle nel petto come un compressore?
«Non molto bene. Vorrei vederti.»
«Si tratta di una cosa personale o professionale?»
«Professionale.»
Doveva essere seccata con lui per averla contattata in quel modo? No, decise Christy. Ormai aveva messo una pietra da tempo, sopra Glenn Hollister. «Sei nei guai?» gli chiese.
«Forse.»
«Non vuoi farmi un accenno?»
«Preferirei parlartene di persona. Al più presto, se ti è possibile,»
«Puoi venire qui anche subito. Sai dov'è il mio ufficio?»
«Sì, ma siccome il mio avvocato non vuole che si sappia in giro che intendo consultare un investigatore privato, se qualcuno dovesse vedermi entrare nella tua agenzia...»
Un avvocato? In che razza di guaio si era ficcato?
«Senti» continuò lui. «Sono già nel centro storico, per cui se potessimo incontrarci da qualche altra parte, come per esempio al Café du Monde...»
«Va bene. Tra un quarto d'ora?»
«Perfetto. E, Christy... Date le circostanze, ti ringrazio molto per la tua disponibilità.»
«A fra poco» concluse lei e, quando riattaccò, Denise le chiese: «Abbiamo un nuovo cliente?».
«Non lo so.»
«Forse avremo finalmente un po' di azione!» sospirò la donna.
«Forse. Okay, vado di sopra a cambiarmi.»
«Mmh... Dev'essere un tipo importante, se ti metti in ghingheri per lui!»
«Tu non te ne preoccupare.»
Christy maledisse la curiosità della donna, mentre saliva la stretta scala che portava al piccolo appartamento soprastante. Sì, voleva apparire al meglio di sé, per quell'incontro con Glenn dopo tutti quegli anni. Ma a che pro?, si chiese subito dopo. Lui nel frattempo si era sposato e aveva avuto una figlia, anche se aveva sentito dire che il suo matrimonio era in crisi. Che importava ormai a lei, se cinque anni prima le aveva preferito l'elegante Laura Clayborne spezzandole il cuore? Che diavolo gliene importava?
Dopo aver preso dall'armadio un abito piuttosto elegante, si osservò perplessa nel lungo specchio dell'anta centrale. Bermuda, scarpe da tennis, l'immancabile berretto da baseball dei Cubs...
«Okay, sei quello che sei. Perché diavolo dovresti trasformarti in una specie di bambola?» si disse, e decise che, qualunque cosa avesse provato un tempo per Glenn Hollister lui, adesso, avrebbe dovuto prenderla così com'era.
Il Café du Monde si trovava nel vecchio mercato del pesce, sulla riva del fiume. Se un tempo aveva fornito alla città anche frutta e verdure fresche, la sua struttura munita di colonne ospitava adesso una serie di negozi dedicati soprattutto ai turisti. Si trovava abbastanza vicino all'agenzia di Christy da permetterle di recarvisi a piedi, ma abbastanza lontano da consentire alla sua curiosità nei confronti di Glenn Hollister di crescere a dismisura, tanto che, quando arrivò e si fermò per cercarlo con gli occhi a uno dei tavoli all'aperto, ormai era diventata incontenibile.
Non lo vide, ma dopo qualche attimo lui si materializzò al suo fianco. «Grazie di essere venuta. Non mi meritavo tanta cortesia, dopo che ti avevo lasciata in quel modo.»
Come si voltò, Christy capì di aver commesso un grosso errore. Perché Glenn era sempre snello e biondo, e aveva ancora un viso in grado di farle tremare il cuore.
Andare lì era stato decisamente un grosso errore, ma d'altra parte la situazione dell'agenzia... «Aiutare la gente fa parte del mio lavoro» fu tutto quello che Christy riuscì a ribattere. «Dove...»
«Laggiù» le disse lui accompagnandola subito a un tavolo d'angolo e, dopo averla fatta accomodare, si sedette di fronte a lei.
Mentre ordinava due caffè, Christy ne approfittò per osservare meglio l'uomo che un tempo aveva significato, se non proprio tutto, sicuramente moltissimo per lei. Era ancora molto attraente, ma aveva un aspetto terribile. C'era qualcosa di torvo nel mezzo sorriso che le fece, e i suoi occhi avevano un'espressione tormentata.
«Di che cosa volevi parlarmi, Glenn?»
«Ma come, non hai saputo?» rispose lui incredulo.
Lei era stata così presa dalla sua lotta con Dallas McFarland per l'acquisizione del caso Bornowsky, che dalla mattina precedente non aveva letto i giornali né guardato i notiziari alla tv. «Negli ultimi due giorni non ho avuto tempo per seguire la stampa. Perché, che è successo?»
«Laura è morta, e io sto per essere accusato di averla uccisa.»
Scioccata, per alcuni attimi Christy non seppe che dire, e fu grata alla cameriera che, tornando con i caffè, le diede modo di riprendersi.
«Mi dispiace. Mi dispiace moltissimo!» esclamò non appena la ragazza si fu allontanata. «Mio Dio, se penso alla vostra bambina...»
«Per Daisy sarà durissima più avanti negli anni. Sa che sua madre è morta, ma adesso è ancora troppo piccola per rendersi conto della gravità della perdita che ha subito.»
Christy respirò a fondo. «Glenn, sei stato tu a...»
«Non l'ho uccisa io, Christy. I poliziotti non mi hanno ancora accusato formalmente, ma secondo il mio avvocato, che ha assistito ai miei interrogatori, lo faranno presto.»
«Da che cosa lo deduce?»
«Dal tono delle loro domande. Non è un segreto per nessuno che il nostro matrimonio fosse in crisi. Ultimamente non facevamo che litigare, soprattutto per questioni di soldi. Inoltre, un'amica di Laura ha detto alla polizia che negli ultimi tempi le era sembrata molto spaventata, e che quando gliene ha parlato lei le ha detto che aveva paura di me. Sembra che lo avesse detto anche a un'altra sua amica. Mio Dio! È peggio di un incubo! Tu mi conosci, Christy. Sai bene che non c'è ragione per