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Il conte e la gatta: Harmony History
Il conte e la gatta: Harmony History
Il conte e la gatta: Harmony History
E-book227 pagine5 ore

Il conte e la gatta: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1831 - Brandon Wycroft, Conte di Stockport, ha giurato di mettere le mani sul famigerato Gatto, il ladro che da troppo tempo ormai semina il terrore nelle dimore signorili di Manchester. Tuttavia, quando le sue mani si posano su un provocante corpo femminile anziché su quello di un volgare criminale, Brandon è costretto a constatare che il tanto temuto Gatto è in realtà un'audace, spericolata gattina, capace sì di sfoderare gli artigli, ma anche di fargli perdere la testa. E pur di evitare l'arresto alla seducente Nora Hammersmith, si scopre pronto a tutto, anche a trasformare la selvatica Gatta nella posata Contessa di Stockport!
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2019
ISBN9788858992647
Il conte e la gatta: Harmony History
Autore

Bronwyn Scott

Bronwyn Scott is the author of over 50 books. Her 2018 novella, "Dancing with the Duke's Heir" was a RITA finalist. She loves history and is always looking forward to the next story. She also enjoys talking with other writers and readers about books they like and the writing process. Readers can visit her at her Facebook page at Bronwynwrites and at her blog at http://www.bronwynswriting.blogspot.com

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    Anteprima del libro

    Il conte e la gatta - Bronwyn Scott

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Pickpocket Countess

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Nikki Poppen

    Traduzione di Maddalena Milani

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-264-7

    1

    Inghilterra, periferia di Manchester, dicembre 1831

    Perfino nella fitta oscurità, avvertiva chiaramente che qualcosa era cambiato nella stanza in cui si trovava. Brandon Wycroft, quinto Conte di Stockport, imprecò a bassa voce.

    Ne era certo: il Gatto era stato lì.

    Non poté fare a meno di apprezzare l’ironia della situazione. Mentre dodici distinti gentiluomini se ne stavano di sotto, nella sua biblioteca, a fumare sigari, bere brandy e complottare per trovare il modo di catturare il celebre ladro, il criminale in questione si era dato da fare al piano di sopra, osando invadere il luogo più intimo e privato di Brandon: la sua camera da letto.

    Era stato solo grazie al suo udito finissimo e al fatto che la sua stanza fosse situata proprio sopra la biblioteca che aveva avvertito un rumore appena percettibile e aveva deciso di salire a controllare.

    Le tende fluttuarono, rendendo subito evidente quale fosse la fonte del gelo che invadeva il locale: la finestra aperta.

    Un movimento lieve e indefinito dietro quelle stesse tende tradì la presenza di un estraneo nella stanza.

    Gli occhi di Brandon si strinsero in due fessure, il suo corpo si tese e la sua mente corresse il pensiero formulato poco prima: il Gatto non era stato lì, si trovava tuttora lì!

    La frustrazione provata fino a quel momento si trasformò in smania di rivalsa. Dopo aver seminato il terrore nell’area di Manchester, facendo razzia nelle dimore signorili e in particolare in quelle degli investitori nella fabbrica tessile in via di costruzione, il Gatto aveva finalmente compiuto un passo falso. Ora Brandon avrebbe acciuffato quel farabutto, gli investitori si sarebbero tranquillizzati e lui sarebbe stato libero di ritornare a Londra e nella fattispecie in Parlamento, per occuparsi della controversa riforma legislativa che gli stava tanto a cuore.

    Ma tutto ciò sarebbe avvenuto soltanto se avesse messo le mani sull’intruso nascosto dietro la tenda.

    Lentamente una figura scura emerse dal nascondiglio, muovendosi, con grande sorpresa di Brandon, non in modo fulmineo, bensì solo di un passo e poi fermandosi, permettendo così alla luce della luna di illuminare le sue forme armoniose.

    Forme armoniose? Ebbene sì.

    Il Gatto, lo spericolato fuorilegge, l’unico ostacolo che ancora si frapponeva alla realizzazione a Stockport-on-the-Medlock dell’opificio che avrebbe salvato la cittadina da un futuro di miseria e di degrado, era senza dubbio una donna.

    Le morbide pieghe di una camicia scura erano drappeggiate su seni pieni e floridi. Aderenti calzoni neri fasciavano una vita sottile, fianchi ben torniti e lunghe gambe calzate da alti stivali neri.

    Era una donna attraente, ma ciò non cambiava il fatto che fosse una ladra intrufolatasi in casa sua... e che ora era del tutto alla sua mercé. Brandon incrociò le braccia sul petto, assumendo un atteggiamento rilassato, quasi sornione. Si appoggiò allo stipite della porta, bloccando quella via d’uscita con la propria figura imponente.

    L’unica possibilità di lasciare la stanza, adesso, era rappresentata dalla finestra alle spalle del Gatto, ma, dato che si trovavano al secondo piano, soltanto un folle avrebbe potuto pensare di servirsene. Quella considerazione lo spinse a chiedersi come avesse fatto il Gatto a entrare in casa e ad arrivare fino a lì senza che nessuno se ne accorgesse.

    «Temo di avervi precluso la fuga. A meno che non decidiate di gettarvi dalla finestra» disse in tono sarcastico, ben sapendo che quella possibilità era del tutto irrealizzabile, dato il dislivello.

    La sconosciuta scrollò le spalle, ostentando spavalda noncuranza. «La finestra è andata benissimo per entrare, non vedo perché non dovrebbe andare bene per uscire.»

    Brandon emise una secca risata. Quell’impudente stava di certo bluffando. «Siete entrata dalla finestra? Perdonatemi, ma non vi credo. Oltre al non trascurabile problema dell’altezza, i miei uomini pattugliano l’intera area. Sarebbero in grado di respingere un esercito, se necessario.»

    «Appunto, milord. Un esercito... ma non me. È molto più facile eludere la sorveglianza per una sola persona, piuttosto che per una moltitudine.»

    Brandon fu infastidito dallo sdegno con cui lei sminuì i suoi sforzi difensivi. «Siete troppo spavalda per essere una ladra sul punto di essere acciuffata. I crimini che avete commesso vi costeranno il carcere, forse anche la deportazione. Un giudice severo potrebbe addirittura farvi impiccare.» D’un tratto, però, scoprì che il pensiero di quella donna bella e coraggiosa appesa a un cappio gli creava disagio.

    Lei emanava una sensuale audacia che nemmeno le sbarre di una prigione avrebbero potuto reprimere. E, dovette ammettere Brandon indispettito, lo stava coinvolgendo nel proprio gioco, provocandolo volutamente, sfidandolo a catturarla.

    Infatti lei rise, come se il macabro ammonimento che le era appena stato rivolto non fosse stato altro che uno scherzoso motteggio scambiato durante un ricevimento mondano. «L’Inghilterra è veramente giunta a un triste momento della propria storia, se sfamare gli indigenti viene considerato un crimine. Vi sono persone che meritano una punizione molto più di me.»

    Senza volerlo, Brandon si lasciò sfuggire un sorriso. Se lei si illudeva di avere la meglio con quelle schermaglie verbali, presto avrebbe dovuto ricredersi. «Avete in mente qualcuno in particolare?» le domandò, muovendosi verso di lei.

    Adesso li separavano soltanto sei passi.

    «Uomini come voi» dichiarò lei in tono di grande spregio.

    Cinque passi.

    Quella spudorata tentatrice si era addentrata in un terreno troppo pericoloso. Come osava accomunarlo al resto dell’aristocrazia? Per tutta la vita Brandon non aveva fatto altro che prendere le distanze dalla superficialità e dalla pigrizia del ton. «Che cosa può sapere una volgare ladra degli uomini come me?»

    «So che siete pronto a lasciar morire di fame il vostro prossimo, in nome del progresso.»

    Dunque la gattina faceva parte di quel gruppo di radicali afflitti da convinzioni antiquate e infondate sulle fabbriche e incapaci di accettare che esse rappresentassero ormai la linfa vitale dell’economia inglese.

    «Le attività produttive sono il futuro del nostro paese» ribatté Brandon, un’affermazione in cui credeva in pieno e che lo distanziava nettamente dal resto dei nobili di sua conoscenza, i quali consideravano disonorevole interessarsi al commercio o all’industria, senza capire che l’economia agricola su cui si basava il loro smodato stile di vita aveva ormai i giorni contati.

    Quattro passi.

    «La fabbrica tessile che i vostri amici industriali vorrebbero costruire porterà solo miseria e morte!» sentenziò il Gatto. «Le famiglie qui sopravvivono anche grazie al denaro che le loro donne guadagnano tessendo. Voi invece vorreste rimpiazzare il loro lavoro con quello delle macchine e affidarne la gestione a un gruppo ristretto di uomini. Ci sono già troppi disoccupati, ora come ora. Parecchie famiglie non hanno nemmeno il denaro per mangiare o scaldarsi, mentre voi ve ne state seduto nella vostra bella dimora, assieme ai vostri amici, a escogitare nuovi modi per rendere la vita di quegli sventurati ancora più insopportabile!»

    «Mentre voi, invece, ci derubate. È davvero esilarante!» Brandon rise, suo malgrado ammirato dalla temerarietà delle accuse che lei gli aveva appena rivolto.

    Tre passi.

    «Potete permettervi di perdere quel poco che vi sottraggo.» A dimostrazione di ciò, lei gli mostrò un anello d’oro in cui era incastonata un’ametista, che Brandon conosceva bene.

    Dannazione! Con tutti gli oggetti di valore che si trovavano nella stanza, lei aveva scelto l’unico da cui gli sarebbe davvero dispiaciuto separarsi.

    «Quell’anello ha un gran valore sentimentale per me. Ridatemelo subito.» Non era una supplica, bensì un ordine.

    Due passi.

    Brandon protese la mano per farsi consegnare il maltolto, dando per scontato che la sua richiesta sarebbe stata subito esaudita. Nessuna donna sapeva opporsi al volere del Conte di Stockport.

    «Non credo che ve lo restituirò. Sfamerebbe due famiglie.»

    «Anche di più» replicò Brandon. «Vi ho detto di ridarmelo, piccola furfante. Non vorrei dovervi fare del male.» Mosse l’ultimo passo. Era abbastanza vicino da scorgere la maschera nera che le copriva la metà superiore del volto.

    Attraverso le fessure scorse due scintillanti occhi verdi, davvero simili a quelli di un gatto. Il suo capo era coperto da un fazzoletto nero, legato come quello di un pirata.

    Per nulla intimidita da quella vicinanza, lei sollevò la mano e sciolse il nodo che legava il fazzoletto. In un gesto attentamente calcolato, scosse la testa in modo da farsi ricadere sulla schiena una cascata di onde corvine che le arrivavano quasi fino alla vita. Quindi assunse una posizione provocante, con una mano posata sul fianco, come per sfidarlo apertamente. «Bene. Sappiate che, in cambio dell’anello, pretenderò qualcos’altro, milord. Di ugual valore.»

    Lo sguardo della donna esaminò Brandon da capo a piedi, facendolo sentire come uno stallone esposto a Tattersall. Di solito la situazione era invertita, era lui a scrutare le donne così sfacciatamente. Sapeva bene di essere oggetto delle attenzioni femminili – era inevitabile per un uomo attraente, ricco e titolato, ancora scapolo all’età di trentacinque anni – ma di solito tali attenzioni venivano elargite discretamente, da dietro un ventaglio o da sotto un paio di ciglia pudicamente abbassate.

    «Niente male...» commentò il Gatto, una volta completata l’ispezione. «Niente male davvero.»

    Niente male? Brandon inarcò le sopracciglia in un moto di sorpresa. In tutta la sua vita, nessuna donna l’aveva mai definito niente male!

    «Volete esaminarmi la dentatura, già che ci siete?» ribatté in tono gelido. Non intendeva darle la soddisfazione di mostrarsi infastidito da quel palese attacco al suo orgoglio di maschio.

    Lei sorrise e si inumidì le labbra con la punta della lingua. «Ottima idea, milord. Provvedo subito.»

    Detto ciò, coprì la distanza che ancora li separava, zittendo con un bacio la protesta che stava per sgorgargli dalle labbra.

    Brandon non oppose resistenza.

    Nonostante si fosse riproposto di non soccombere al fascino di quella gattina, le sue labbra si schiusero quasi subito per accogliere la lingua audace di lei. Non paga di ciò, la scellerata tentatrice si strinse a lui, premendogli contro il petto i seni fasciati di seta nera, suscitando in Brandon una reazione fisica inequivocabile, del tutto opposta a quella che la ragione avrebbe voluto imporgli.

    Avrebbe dovuto ribellarsi, ma il corpo lo stava tradendo. La bassa risata che le sfuggì gli diede a intendere che il suo stato d’eccitazione non le era affatto sfuggito. La sentì affondargli le mani tra i capelli, tenendogli ferma la testa per impedirgli di tirarsi indietro prima che lei avesse finito di baciarlo. A dire il vero si trattava di un’eventualità assolutamente remota, perché Brandon era del tutto stregato. Nessuno l’aveva mai baciato con tanto calore, con tanta passione, il che lo indusse a pensare che quel bacio non fosse un semplice diversivo, bensì un gesto fortemente desiderato anche da lei.

    Brandon chiuse gli occhi e si abbandonò all’intensità di quegli istanti, permettendo alla lingua di lei di torturarlo e alle sue mani di esplorargli il corpo, insinuandosi sotto la stoffa della camicia per accarezzargli il petto.

    «Toccatemi ancora e non saprò più controllarmi» le sussurrò, la mente sempre più offuscata dal piacere, incerto se augurarsi che lei smettesse o continuasse.

    E lei continuò, spostando la mano più in basso, pericolosamente in basso.

    Brandon era giunto al limite della sopportazione. Voleva abbandonarsi, ma voleva che lei si abbandonasse con lui. Fino a quel momento le aveva consentito di mantenere il controllo, ma adesso la situazione stava per capovolgersi.

    Sentendo il desiderio crescere in lui all’inverosimile, inclinò il capo per rendere il bacio ancora più profondo, stringendole forte i fianchi tra le mani e accarezzandoglieli.

    Il Gatto gli succhiò il labbro inferiore un’ultima volta, poi lo respinse bruscamente da sé e gli sgusciò fuori dalle braccia. Brandon, che non ricordava di essere mai stato tanto eccitato da un semplice bacio, tentò di dire qualcosa per recuperare almeno un briciolo di contegno, ma l’abile parlantina che di solito lo caratterizzava l’aveva temporaneamente abbandonato. Ancora scosso da quell’attacco imprevisto, non riuscì a spiccicare una sillaba.

    «Che cosa vi prende?» lo stuzzicò lei. «Il gatto vi ha forse mangiato la lingua?»

    Senza alcun preavviso, si voltò e saltò agilmente sul davanzale della finestra, acquattandovisi.

    Prima che Brandon avesse modo di reagire, era balzata verso il ramo di una quercia alquanto discosto dalla finestra e situato a parecchi piedi d’altezza rispetto al terreno.

    Brandon si lanciò in avanti, temendo che fosse caduta, preoccupato più per la sua salvezza che di dare l’allarme per quell’intrusione. Tra i rami della quercia non vide nulla né scorse alcunché guardando verso il basso. Era sparita. Le aveva permesso di fuggire.

    Solo allora rientrò in contatto con la cruda realtà. Che cosa gli era preso? Un noto ladro aveva violato l’intimità delle sue stanze, impadronendosi di un oggetto che gli era molto caro, e lui stupidamente glielo aveva consentito.

    Voltando le spalle alla finestra, scorse qualcosa che luccicava sul tappeto. Si chinò e lo raccolse. Era il suo anello. Dunque gliel’aveva lasciato, dimostrando di avere, pur essendo una ladra, un certo senso dell’onore. Strinse forte il gioiello nel palmo della mano prima di riporlo nell’astuccio di velluto in cui conservava gli oggetti di valore.

    Avrebbe chiesto al valletto di riordinare il resto della stanza, decise, domandandosi che cos’altro lei avesse rubato. Passando davanti allo specchio, vi rivolse una rapida occhiata. La sua camicia, di solito impeccabile, era tutta spiegazzata e gli si era allentata la cravatta. Lui stesso aveva un aspetto... sgualcito, e in effetti era appena stato sprimacciato a dovere.

    Prima di tornare dai propri ospiti avrebbe dovuto cambiarsi. Nel frattempo, si augurava, anche le sue labbra avrebbero perso il leggero gonfiore causato dalla foga del bacio.

    Non poteva presentarsi in quelle condizioni davanti ai rispettabili investitori che lo attendevano di sotto, soprattutto dal momento che aveva già deciso di non raccontare nulla di quanto era accaduto.

    Nora si fermò e si chinò in avanti per riprendere fiato e placare la fitta che le trafiggeva il fianco. Aveva corso come una pazza dopo essere saltata giù dal ramo di quella quercia. Non si era fermata finché non era stata ben lontana dai confini della tenuta di quel mascalzone, al riparo tra gli alberi del bosco.

    Soltanto adesso che si sentiva relativamente al sicuro si concesse di ripercorrere con la mente gli eventi appena occorsi. Aveva baciato il Conte di Stockport, un uomo noto a tutti per la propria vanità e arroganza. Di sicuro era abituato a essere lui a dare la caccia alle donne, strappando loro baci a tradimento.

    Quel bizzarro ribaltamento di ruoli le strappò una risata che echeggiò a lungo nell’oscurità. L’espressione che gli era apparsa sul volto quando l’aveva definito niente male era stata impagabile. Si era illuso di intimidirla, di vederla indietreggiare, invece era stata lei a sbalordirlo!

    Forse baciarlo non era stata un’idea così saggia, ma la tentazione di sfidarlo era stata troppo forte. Per non parlare del fatto che si era sentita attratta da lui fin dal primo istante.

    Intrufolarsi in casa sua era stato un azzardo, ma l’indomani sarebbe stata pienamente ripagata del rischio corso, una volta che si fosse diffusa la notizia che il famigerato Gatto si era insinuato a Stockport Hall proprio mentre il conte era in biblioteca a ordire la sua cattura!

    Nora e i suoi due complici avevano tenuto d’occhio la casa per una settimana, ossia da quando i proprietari delle tenute confinanti avevano richiamato il conte da Londra per indire una riunione di emergenza.

    All’inizio era andato tutto liscio: aveva trovato l’anello, un oggetto talmente prezioso che, da solo, avrebbe ampiamente giustificato l’irruzione, poi aveva incominciato a mettere la stanza a soqquadro. Faceva tutto parte della sua tattica: non si limitava soltanto a sottrarre oggetti di valore da rivendere per acquistare cibo e generi di prima necessità per i poveri della zona, ma si premurava anche di creare quanto più incomodo e

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