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Desideri ad alta quota (eLit): eLit
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E-book155 pagine1 ora

Desideri ad alta quota (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Perdere un aereo è irritante, ma se poi il velivolo in questione è diretto verso l'affare più importante della propria vita, allora è decisamente disastroso. Ma Erin O'Connell, commerciante di diamanti per professione, è una donna piena di risorse: le basta esibire una coscia e offrire una lauta mancia per convincere Striker Reeves, fascinoso pilota, a scaldare i motori del suo idrovolante. E non solo quelli, visto le occhiate che le rivolge.

Se in un primo momento Erin non sembra interessata alle avances del bell'aviatore, tutto cambia quando scopre che Striker può esserle molto utile per concludere il contratto milionario che le varrà la promozione. Improvvisamente lei potrebbe decidere di concedersi una gita di piacere ad alta quota.

Tra l'altro, Top Gun non era il suo film preferito?
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788858972113
Desideri ad alta quota (eLit): eLit
Autore

Barbara Dunlop

Tra le autrici più note e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Desideri ad alta quota (eLit) - Barbara Dunlop

    successivo.

    1

    Se Striker Reeves avesse saputo che lo aspettava una paternale, avrebbe accettato le avances della bomba in minigonna di pelle nera che l'aveva abbordato la sera precedente al Carnaby di Leicester Square, a Londra. Ma non l'aveva fatto. Stava diventando troppo vecchio per quelle cose.

    Suo padre, Jackson Reeves-DuCarter, si sporse in avanti, il tono duro e le mani piantate sulla scrivania. «E poi vengo a sapere che cinque, e sottolineo cinque, dei miei dirigenti sono stati costretti a girarsi i pollici a Parigi a causa tua.»

    La mandibola di Striker si contrasse. Non fosse stato per la presenza della madre nella stanza accanto, sarebbe definitivamente uscito dall'ufficio del padre, mollando il lavoro come pilota per la Reeves-DuCarter International e abbandonando il tetto dei genitori. Invece contò fino a dieci, sforzandosi di ostentare una certa calma. «Ho solo rispettato la tabella di marcia.»

    Gli occhi scuri di Jackson scintillarono. «La tabella è soggetta a cambiamenti. Ecco perché abbiamo un jet aziendale. Sennò viaggeremmo con voli ordinari.»

    «Dovresti assumere un'intera squadra di piloti per averne uno a disposizione ogni volta che vuoi.»

    Jackson lo fulminò con lo sguardo. «Che senso avrebbe disporre di altri piloti, quando il problema è che tu ti porti via il jet?»

    Striker contò di nuovo fino a dieci. Suo padre aveva dedicato tutta la propria esistenza all'azienda di famiglia, ma Striker non sentiva lo stesso trasporto. «Ho diritto alla mia vita» protestò.

    Jackson fece una smorfia. «È così che si chiama adesso? Tu usi il mio jet per rimorchiare.»

    Striker si adirò. «Io non rimorchio. E poi il jet non è tuo, è della compagnia.»

    «Dimentichi che ne posseggo il sessanta percento.»

    Sulla bocca di Striker affiorò un sorrisetto beffardo. «E io non credo di averlo usato più del dieci per cento del tempo che mi spetta.»

    Jackson parve non apprezzare il ragionamento. «Quando metterai la testa a posto? Quando ci presenterai la tua nuova ragazza?»

    Striker cambiò espressione. Dubitava che Jeanette si sarebbe fatta viva dalle parti di Seattle. Non era neppure sicuro di ricordarsi il cognome. L'aveva conosciuta in un locale parigino. Come molte altre donne, era rimasta colpita dal fatto che Striker avesse un jet. Quando gli aveva chiesto di farle fare un giro, lui aveva pensato che non c'era nulla di male ad attraversare la Manica e fare un salto a Londra.

    Sfortunatamente, al ritorno, Striker aveva scoperto che i dirigenti avevano terminato in anticipo le operazioni e avrebbero gradito tornare subito a casa.

    «Proprio come immaginavo.» Jackson scosse il capo, prese una penna d'oro dal calamaio e aprì un plico. «Sei fuori di testa, Striker.»

    «Perché cerco di ritagliarmi degli spazi?»

    «Cerca di ritagliarteli nel tempo libero, non durante i turni di lavoro.»

    Striker stava di nuovo contando in silenzio, ma Jackson non lo fece arrivare neanche a tre. «Ti proibisco di decollare per un mese.»

    Striker rimase di sasso. «Tu cosa?»

    «Ho assunto un altro pilota.»

    «Ma è ridicolo!» protestò Striker sentendosi trattato come uno scolaretto indisciplinato.

    «Non torno sui miei passi.»

    «Ho trentadue anni!»

    «A volte mi riesce difficile crederlo.»

    «Non puoi farmi questo.»

    «L'ho appena fatto.»

    Striker tirò un respiro profondo. Aprì la bocca e poi la richiuse. Suo padre era il presidente della Reeves-DuCarter International e lui non era che un azionista di minoranza. Cominciare una discussione non l'avrebbe portato da nessuna parte. Ma almeno una cosa poteva farla: girare i tacchi e presentare una bella lettera di dimissioni. Suo padre poteva pure essere il presidente dell'azienda, ma lui non sarebbe stato l'ultima ruota del carro. Là fuori c'erano milioni di compagnie aeree liete di accoglierlo nelle proprie fila.

    Si diresse risoluto in sala da pranzo, dove la madre stava apparecchiando la tavola con l'argenteria. Decise che le avrebbe comunicato la sua decisione più tardi. Non c'era motivo di farla agitare prima di cena. Lei girò intorno al tavolo e gli accarezzò il braccio. «Striker, tesoro, andresti in cantina?»

    Striker addolcì il tono. «Mi dispiace, mamma, ma non credo che rima...»

    «Vengono Tyler e Jenna a cena» annunciò lei. «Abbiamo bisogno di un'altra bottiglia di Merlot.»

    Striker tentò di apparire più deciso. «Mamma, io e papà abbiamo appena avuto una...»

    Lei lo interruppe, insofferente. «Striker, tesoro, sai bene che è meglio non dar dispiaceri a tuo padre. Va' a prendere il Merlot. Non vedi tuo fratello da una vita.»

    L'espressione sul volto della madre e la fretta con cui articolava le parole gli diedero a intendere che sapesse qualcosa. Li aveva sentiti litigare? Jackson le aveva riferito della punizione?

    «Jacques sta preparando il salmone in salsa di aneto. Il tuo piatto preferito, giusto?»

    Il salmone in salsa di aneto placava Striker quando era un adolescente. Erano passati i tempi in cui si lasciava corrompere da Jacques, il loro cuoco. «Mamma io...»

    «Per dessert, c'è la mousse al cioccolato.»

    «Ascolta, credo proprio che...»

    «Non essere sciocco, tesoro.» Lo liquidò la madre con un cenno della mano. «Fa' il bravo e va' a prendere il vino.»

    Striker ebbe un attimo di esitazione. Come diavolo sarebbe riuscito a licenziarsi, se non era in grado di sganciarsi neanche da una cena in famiglia?

    Le sue dimissioni avrebbero ferito a morte la madre, Striker ne era perfettamente cosciente. Si era preoccupata tantissimo quando suo fratello Tyler si era messo in proprio. Ed era stata la donna più felice del mondo quando era ritornato all'ovile. Se Striker se ne fosse andato, ne avrebbe incrinato la felicità appena ritrovata. Quale figlio sarebbe mai arrivato a tanto?

    Erin O'Connell non riusciva a credere alle parole del capo. «Era questo che intendevi quando mi parlavi di una bella pausa?»

    «Ti sto chiedendo di stabilire un contatto informale con lui, mica di andarci a letto!» replicò Patrick Aster, mentre chiudeva la porta del suo ufficio nel quartier generale della Elle Jewelers a New York.

    «È per un semplice contatto informale che l'azienda vuole procurarmi un guardaroba nuovo?» Erin si sentiva oltraggiata. Aveva pregato Patrick per mesi affinché le affidasse le trattative con uno dei più importanti fornitori di preziosi del Paese, ma non voleva che fosse a spese dell'etica professionale.

    «Stiamo parlando di Allan Baldwin. Ti rendi conto dell'opportunità che ti sto offrendo?»

    Erin incrociò le braccia al petto. «Credi davvero che flirtare per ottenere un contratto mi farà guadagnare il rispetto dell'azienda?»

    «Tu procurati quel contratto e vedrai che baceranno tutti il suolo dove cammini.»

    «Penseranno che ci sono andata a letto.»

    «Seppure fosse, che t'importa?»

    «Forse non hai capito come sono fatta.»

    Un sorriso affiorò sulle labbra di Patrick e gli occhi gli brillarono. «Sei una donna intelligente, dedita al proprio lavoro e molto, molto ambiziosa.»

    Su quello non c'era dubbio, ammise Erin. Da quattro anni si occupava degli acquisti per conto della Elle Jewelers a livello regionale e avrebbe dato qualsiasi cosa per giungere ai vertici dell'azienda. Ma aveva una dignità e voleva arrivarci per merito. Non voleva approfittare della sua avvenenza per stipulare il primo grosso contratto della sua carriera.

    Patrick sospirò, ostentando pazienza. «Non devi far altro che andare a Seattle, saltare sul primo aereo per l'isola di Blue Earth, prender parte alla mostra d'arte che si tiene a Pelican Cove, per la quale ti ho già procurato un invito, e imbatterti casualmente in Allan Baldwin.»

    «E offrirgli cosa in cambio di una firma?»

    Patrick le strizzò un occhio. «Ti farai venire un'idea, mia cara.»

    Erin rimase a bocca aperta. «Un'idea?»

    «Sto scherzando, Erin. Andrà così. Vi incontrerete casualmente, vi conoscerete e cercherai di metterlo a proprio agio. Poi potrai iniziare a parlargli di affari.»

    «No.»

    La porta dell'ufficio si aprì e fece capolino la testa di Julie Green, gemmologa della Elle Jewelers.

    «Puoi portare anche lei, se vuoi» suggerì Patrick indicando la donna.

    «Dove?» chiese Julie, varcando la soglia e richiudendo la porta dietro di sé.

    «Al largo di Seattle. Precisamente, al Mendenhal Resort, sull'isola di Blue Earth. Tutto spesato.»

    «Al Mendenhal?» ripeté Julie sgranando gli occhi azzurro cielo.

    «La Elle Jewelers provvederà a fornire a ognuna di voi un guardaroba nuovo, firmato Versace.»

    Julie voltò la testa di scatto e i corti capelli biondi sobbalzarono. «Sì, direi proprio che è il caso di portare anche me» trillò in direzione di Erin.

    «Modera l'entusiasmo» l'avvisò lei. «Il nostro capo gioca a fare il ruffiano.»

    Julie posò per un istante lo sguardo su Patrick, poi lo riportò su Erin e pronunciò in labiale Ver-sa-ce. Disse poi ad alta voce: «In che senso? Non mi toccherà mica finire a letto con qualcuno?».

    «Forse con Allan Baldwin» insinuò Erin.

    «Quell'Allan Baldwin?» domandò Julie.

    Il nome in questione era arcinoto a quelli che commerciavano in preziosi. Allan Baldwin, con i suoi enormi giacimenti nel Canada settentrionale, aveva rivoluzionato l'industria dei diamanti. Quando aveva inciso su ognuna delle sue pietre un'orca microscopica, il mercato era impazzito. Tutti i grossisti di gioielli volevano le sue gemme, Elle Jewelers compresa.

    «Quell'Allan Baldwin» confermò Patrick.

    Julie strinse gli occhi pensierosa. «Be'... quel tipo è fantastico. Anche se dovessi andarci a letto...»

    «E getteresti tutti i tuoi principi dalla finestra?» le domandò Erin incredula.

    «Certo che no» ribatté Julie, con grande sollievo di Erin. «Ma se è bello da morire e possiede una miniera di diamanti, magari un pensierino...»

    Patrick ridacchiò.

    Erin scosse la testa presa dallo sconforto.

    «Hai visto la sua foto su quella rivista scandalistica il mese scorso?» chiese Julie.

    Erin l'aveva vista. In effetti Allan era un uomo molto attraente, ma per quanto la riguardava il suo aspetto fisico non cambiava le carte in tavola. La proposta di Patrick era ridicola. «Io sono una professionista, non mi vendo per un contratto.»

    «A volte non basta essere un professionista» la informò Patrick. «Diglielo anche tu, Julie.»

    «A volte non basta essere un professionista» echeggiò Julie.

    «Che significa?» replicò Erin stizzita.

    «Prendi Jason Wolensky e Charles Timothy, i nostri migliori negoziatori internazionali. Hanno

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