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Il materasso racconta... (eLit): eLit
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E-book158 pagine2 ore

Il materasso racconta... (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
Si può proprio dire che Hilary sia atterrata sul morbido! Decisa a dare una svolta alla propria vita, ha trovato un ottimo lavoro come responsabile marketing in una ditta di materassi. E quando il tetto della sua incantevole ma fatiscente casa cede dopo una forte pioggia, lasciandola senza un giaciglio, Hilary si sente fortunata ad avere non uno ma molti letti a disposizione in ufficio. Nel momento in cui si accinge a sdraiarsi su uno dei materassi da collaudo, però, lo trova già occupato da Ben...
LinguaItaliano
Data di uscita7 gen 2020
ISBN9788830504981
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    Anteprima del libro

    Il materasso racconta... (eLit) - Kathleen O'reilly

    successivo.

    1

    Ben MacAllister la fissò dall'altro lato del lungo tavolo della sala riunioni. «Problemi di cuore?»

    «Come, scusa?» rispose l'interpellata sollevando il capo.

    Hilary Sinclair non era il genere di donna che facesse girare la testa a un uomo: a un primo sguardo di solito passava totalmente inosservata. Solo in un secondo momento Ben vi aveva scoperto la tipica rigidità da prima della classe, la difficoltà che viene dall'avere un quoziente intellettivo molto più alto della media. La terza volta che aveva posato lo sguardo su di lei si era domandato come fosse possibile che il mondo non le riservasse tutta l'attenzione che meritava. Si appoggiò pesantemente alla spalliera della sedia facendola scricchiolare.

    «Non era mia intenzione essere indiscreto, è solo che mi sembri molto ostile verso gli uomini.»

    Ben aveva appena iniziato a lavorare per la ditta di suo padre, la MacAllister Bed, che produceva materassi, ma Hilary era arrivata da ancora meno tempo, solo dieci giorni.

    «Credi davvero che i pochi giorni in cui ho lavorato qui possano essere sufficienti per capire tutto della mia vita sentimentale?» chiese a sua volta lanciandogli un'occhiata piena di disprezzo, piccolo particolare che paradossalmente non fece altro che confermare le sue supposizioni.

    «Affermativo. Sono un ragazzo perspicace, non sempre capisco la complessa psicologia femminile, ma mi consolo perché credo che nessun uomo ci riesca veramente.»

    «Per essere felice una donna deve avere accanto a sé un uomo? È questo che pensi?» I suoi occhi scintillavano, gli piaceva quando si arrabbiava.

    «Non necessariamente, ma a volte non guasta.»

    Inarcò un sopracciglio, le intenzioni tutt'altro che pacifiche. «D'accordo, hai ragione, mi sono appena lasciata col mio ragazzo e se proprio la vuoi sapere tutta, prima di andarmene l'ho castrato.» Bevve un altro sorso di caffè, macchiandosi la camicetta. Non se ne accorse nemmeno, posò la tazza e tornò a concentrarsi sulla pila di carte di fronte a lei sulla scrivania.

    Non le credette neanche per un attimo, ma il suo istinto maschile gli fece comunque stringere le gambe con fare difensivo.

    La sala riunioni era immersa nel silenzio, l'unico rumore che si sentiva era il tamburellare della pioggia sul tetto in lamiera del capannone. Era arrivato prima all'incontro perché voleva avere il tempo di prepararsi, ma soprattutto perché sapeva che anche lei sarebbe arrivata in anticipo.

    Era strano, ma non poteva fare a meno di cercare di attirare la sua attenzione. «Sai, ieri sera alla televisione c'era una tizia con il tuo stesso problema.»

    Hilary sollevò di nuovo la testa. «Molto divertente. Peccato che questa non sia la sede appropriata per una conversazione sulla mia vita privata.»

    Ben fece spallucce. «Scusa, ero solo curioso.»

    Picchiettò la penna sulla scrivania evitando deliberatamente il suo sguardo. «Come mai tuo padre ti ha chiesto di partecipare a questa riunione? Non vedo che cosa c'entri il responsabile della sicurezza con il lancio della nuova linea.»

    Ben trasalì e fu certo che lei l'avesse notato. «Visto che Susan si è rotta una gamba, papà ha bisogno dell'aiuto di tutti noi. Persino del responsabile della sicurezza» concluse con più sarcasmo del dovuto.

    Responsabile della sicurezza, un accidente. Ottenere quell'incarico nella ditta di famiglia non era esattamente qualcosa di cui vantarsi, ma era determinato a dimostrare a suo padre di esserne all'altezza. Era tornato apposta a Dallas. La MacAllister Bed non era mai stata per lui sinonimo di entusiasmo, ma questa volta aveva intenzioni serie. Quello che gli stava davvero a cuore, più ancora della ditta, era però la sua famiglia. Per stare con loro aveva deciso di rimandare il punto trentasette della sua Lista delle cose da fare prima di morire.

    «Lavorerai anche tu al lancio del prodotto?» chiese lei fingendo di non aver notato quel sarcasmo nel suo tono di voce.

    «Se ci sarà bisogno del mio aiuto, certo.» La presentazione della nuova linea di materassi, la Dreamscape Line, era in programma per la grande fiera dell'arredamento d'interni che si sarebbe tenuta a Las Vegas di lì a tre mesi.

    Hilary annuì col capo e si immerse nuovamente nel lavoro.

    Non era ancora disposto a interrompere quella conversazione, ma suo padre entrò nella stanza.

    Martin MacAllister era il capo indiscusso della ditta di famiglia e il figlio primogenito, Allen, era il suo braccio destro e probabile successore.

    I letti e i materassi MacAllister, un sogno che dura una vita. Peccato che i matrimoni dei MacAllister non durassero quanto i loro prodotti.

    Martin adagiò la sua imponente corporatura nella poltroncina a capotavola emettendo un sospiro di sollievo. I suoi capelli castano chiaro, esattamente dello stesso colore di quelli di Ben, avevano appena iniziato a diventare grigi, ma i suoi occhi scuri mantenevano la vivacità di sempre.

    Allen arrivò in ritardo, come al solito, e inciampando andò a sedersi nella poltroncina alla destra di suo padre.

    Martin inforcò gli occhiali bifocali che trovava tanto scomodi e studiò la scaletta degli argomenti da trattare. «Sono contento che ci sia anche tu, Ben. Hai molto da fare, oggi?»

    «Avevo in mente di metter giù delle nuove procedure di sicurezza» rispose tanto per dire qualcosa.

    «Procedure, dici? Bene, bene. Vogliamo iniziare?»

    Per i quarantacinque minuti che seguirono a Ben parve di essere invisibile. Dopo aver scarabocchiato un'intera pagina del suo bloc-notes, ne fece un aeroplanino che però evitò di far volare. Si stava annoiando. Sarebbe potuto essere in un ranch in Colorado in quel momento, il trentasettesimo punto della sua Lista delle cose da fare prima di morire.

    Gli venne quasi da ridere. Mentre gli altri erano impegnati con la riunione, si alzò e andò alla finestra, fissò per un po' il grigio panorama, il profilo dei tetti della zona industriale di Dallas e i grattacieli in lontananza. Sarebbe potuto impazzire in un posto così.

    Continuava a piovere e il ginocchio che si era rotto mentre lavorava come istruttore di sci sulle Alpi svizzere gli doleva. Si grattò distrattamente il legamento danneggiato.

    Aveva pensato che tornare fosse la cosa giusta da fare, voleva aiutare i suoi genitori a superare il divorzio. La cosa assurda era che lui sembrava essere l'unico a soffrirne.

    Martin MacAllister si sedette di fronte al figlio, gli occhiali abbassati sulla punta del naso. «Mi volevi parlare, Ben?»

    Suo padre non sembrava affatto giù, al contrario, non l'aveva mai visto così in forma prima.

    Ben si massaggiò le tempie, aveva un forte mal di testa, ma andò dritto al punto. «Proprio così. Vorrei avere più responsabilità nella campagna di lancio.»

    Martin aggrottò le sopracciglia, il che non era un buon segno. «Davvero?»

    «Be', sì» confermò.

    Il silenzio era rotto solo dal ronzio del condizionatore. Finalmente suo padre disse qualcosa. «Scusa. In questo caso penseremo a qualcosa da farti fare. Sono felice che tu sia venuto, volevo chiederti un consiglio.»

    Finalmente lo prendeva in considerazione. «Dimmi pure» rispose ostentando un atteggiamento compito.

    «Ti ricordi quella volta che sei andato a pescare nel ghiaccio in Alaska? Non mi dispiacerebbe farci una capatina, credo sia quello di cui ho bisogno.»

    Voleva staccare, era normale per chiunque nelle sue condizioni. «È un posto incantevole, papà, e con quello che stai passando in questo momento...»

    «Che cosa?»

    «Be', il divorzio.»

    «Oh, il divorzio non è un problema. Mi sono visto a pranzo con tua madre mercoledì scorso e abbiamo deciso di mettere in vendita la casa.»

    Cosa?

    Ben fece uno sforzo per restare calmo. Secondo sua cognata, la dottoressa Tracy MacAllister, la specialista dell'amore, doveva liberarsi dalla rabbia. Non che si fidasse così tanto dei suoi consigli, una vera specialista dell'amore sarebbe riuscita a evitare la separazione dei propri suoceri!

    La sua voce sembrava perfettamente normale quando gli chiese il perché.

    «È troppo grande e io ho intenzione di comperare un camper.»

    Ben chiuse gli occhi, l'azienda di famiglia aveva avuto sede a Dallas per ottantatré anni, tre generazioni di MacAllister e milioni di materassi, e suo padre cosa voleva fare? Comperarsi un camper e andare a zonzo per il paese. «E come la metteresti con la ditta?»

    «Ho alcune idee per la testa.»

    Idee. Ben sapeva che le idee potevano essere pericolose. Riaprì gli occhi, la testa gli rimbombava. «Che genere di idee, papà?»

    «Nulla di cui tu ti debba preoccupare, pensa invece che tra un paio d'anni potremmo essere in Africa a fare caccia grossa nella savana. Bang... bang.» L'orologio da polso iniziò a suonare. «Oh, ho un incontro con Hilary. Quella ragazza mi piace, ha stoffa. Scusami, devo proprio andare.»

    Ben si domandò chi diavolo fosse l'uomo che aveva appena lasciato la stanza. Caccia grossa in Africa? Suo padre sveniva alla sola vista del sangue. Misurò a lunghi passi il suo piccolo ufficio. Maledizione, se non lo riteneva in grado di essere d'aiuto si sbagliava di grosso e lui glielo avrebbe dimostrato, fosse stata l'ultima cosa che faceva prima di morire. Si risedette alla scrivania e ingurgitò due aspirine. Da dove cominciare? Avrebbe dato un'occhiata ai rapporti dei guardiani notturni. Afferrò la cartelletta, niente di rilevante da segnalare.

    Decise che avrebbe navigato su Internet solo qualche minuto, giusto il tempo per rilassarsi un po'. Trovò un sito di frasi celebri e barzellette, proprio quello che ci voleva in quel momento.

    A un tratto si sentì osservato, eppure non gli sembrava che fosse entrato qualcuno nell'ufficio... Chiuse immediatamente l'applicazione e si guardò alle spalle. Beccato. Da Hilary Sinclair.

    Lo guardava con sufficienza e questo ferì il suo orgoglio.

    Un rossetto di una calda tonalità di marrone dava alle sue labbra un aspetto tremendamente invitante. «Posso aiutarti?» chiese sforzandosi di non pensarci.

    «Scusa se ti ho interrotto mentre eri così assorto nel lavoro, non era mia intenzione.»

    Ben iniziò a scrivere qualcosa al computer. «Stavo solo rinfrancando lo spirito con un po' di umorismo. È un eccellente rimedio quando la materia grigia si surriscalda.»

    Arricciò le labbra e socchiuse gli occhi. «Ne sei davvero convinto?»

    «No.»

    Socchiuse gli occhi e lo scrutò. Erano occhi da gatta, a mandorla, profondi e acuti. «Tuo padre mi ha chiesto di dirti che se vuoi puoi occuparti dei preparativi per la trasferta.»

    Il mal di testa gli si riacutizzò. Diventare agente di viaggi non era contemplato nella sua lista.

    Lei scostò i suoi lunghi capelli scuri dalla fronte. Era quel genere di capigliatura che si increspa appena c'è un po' di umidità nell'aria. Come sempre in quel periodo dell'anno a Dallas.

    Normalmente, su una scala da uno a dieci, la sua emotività non superava mai il quarto o il quinto scalino, perché in presenza di quella ragazza tutto cambiava?

    Forse comportarsi con gentilezza, mostrando disponibilità, era la cosa migliore da fare. «Sappiamo già dove prenotare le stanze?»

    «Terremo la conferenza al Paris di Las Vegas.»

    Ben si segnò il nome su un blocchetto. «Compagnia aerea?»

    «Iberia

    Seguì un attimo di silenzio in cui si fissarono dritto

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