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Il milionario illegittimo: Harmony Destiny
Il milionario illegittimo: Harmony Destiny
Il milionario illegittimo: Harmony Destiny
E-book196 pagine2 ore

Il milionario illegittimo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Callie Clarkson è una giovane madre vedova o una fredda cacciatrice di dote, così come gli è stata descritta? Deacon Holt deve sedurla, sposarla, e portare così il figlio di lei sotto il controllo e l'influenza del suo ricco nonno. Il tutto in cambio di una fetta di eredità. Le cose però si rivelano più complicate del previsto.
Se da un lato tra Callie e Deacon nasce un'immediata e irresistibile attrazione, che facilita il compito dell'uomo, dall'altro il sorgere di sentimenti più profondi lo porta presto a dover scegliere tra l'opportunità di poter entrare a far parte di una ricca famiglia o quella di restare con la donna che ama. Avida arrampicatrice sociale o affettuosa e sensuale compagna che sia.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2019
ISBN9788858994245
Il milionario illegittimo: Harmony Destiny
Autore

Barbara Dunlop

Tra le autrici più note e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il milionario illegittimo - Barbara Dunlop

    successivo.

    1

    In una stanza in stile assurdamente maschile, in fondo ai corridoi di Clarkson Castle, Deacon Holt si impose di assumere un'espressione impassibile. Non avrebbe dato a Tyrell Clarkson la soddisfazione di vedere rabbia, invidia o qualsiasi altra emozione.

    «Da bere?» propose Tyrell, voltandosi a metà verso Deacon dal mobile bar. Teneva in alto una caraffa di cristallo che Deacon poteva solo supporre che contenesse un whisky invecchiato decine di anni. A Hale Harbor, Virginia, tutti sapevano che Tyrell si concedeva le cose più lussuose.

    «No» rispose Deacon. Non aveva idea del motivo per cui era stato convocato quel giorno, dopo che l'avevano ignorato per tutta la vita, ma era sicuro che non si trattasse di un'occasione mondana.

    Tyrell si strinse nelle spalle e riempì comunque due bicchieri. Attraversò la biblioteca e li posò sui lati opposti di un tavolino. «Nel caso che cambiassi idea» disse, indicando una delle due poltrone di pelle. Deacon preferì restare in piedi. Voleva essere pronto per qualsiasi evenienza. «Siediti» lo invitò Tyrell, occupando la poltrona di fronte.

    Anche se era vicino ai sessanta, Tyrell era in ottima forma. Aveva una folta capigliatura e le poche rughe davano carattere al suo volto. A essere obiettivi, era un bell'uomo.

    Era ricco. Era intelligente. Era potente. Era anche odioso.

    «Cosa vuoi?» chiese Deacon.

    Il resto di Hale Harbor poteva scattare agli ordini di Tyrell, lui no.

    «Un colloquio.»

    «Perché?»

    Tyrell sollevò il bicchiere verso la luce del lampadario e osservò il liquido color ambra. «Glen Klavitt, 1965.»

    «Devo mostrarmi colpito?»

    «Dovresti essere curioso. Quando è stata l'ultima volta che hai gustato un whisky vecchio di cinquant'anni?»

    «L'ho dimenticato.» Deacon non intendeva abboccare, anche se tutti e due sapevano che non rientrava nel novero di quelli che potevano permettersi il prezzo di un Glen Klavitt del 1965.

    «Siediti, ragazzo.»

    «Non sono il tuo cane.»

    Deacon si aspettava che avrebbe reagito. Si preparò mentalmente a un'aggressione violenta, rendendosi conto di aver pregustato uno scontro dal momento in cui aveva varcato l'imponente portone del castello.

    «Sei mio figlio.» Quelle parole, anche se pronunciate piano, suonarono come cannonate nella sala.

    Deacon rimase immobile, aspettandosi che otto generazioni di Clarkson si levassero dalle loro tombe e facessero sbattere gli stemmi nobiliari appesi alle pareti. Si sforzò di valutare l'espressione di Tyrell, ma era impenetrabile.

    «Hai bisogno di un rene?» chiese, dando voce alla prima ipotesi che gli passò per la mente.

    «Sono in perfetta salute.»

    Deacon si rifiutava di provare curiosità per qualsiasi cosa riguardasse la famiglia Clarkson. Voleva andarsene. Qualunque cosa stesse succedendo, non voleva farne parte.

    Tyrell aveva due figli sani e legittimi, Aaron e Beau. Non aveva bisogno di rivolgersi a lui per niente... quantomeno, per niente che fosse onesto.

    «Vuoi rilassarti?» lo sollecitò Tyrell, indicando la poltrona con il bicchiere.

    «No.»

    «Caparbio...»

    «Tale padre tale figlio?» lo provocò Deacon.

    Tyrell scoppiò a ridere. Era l'ultima cosa che Deacon si sarebbe aspettato.

    «Non so perché pensavo che sarebbe stato facile» disse Tyrell. «Non sei curioso nemmeno un po'?»

    «È ormai da molto tempo che non m'importa di te.»

    «Eppure sei qui.»

    Deacon sapeva che Tyrell aveva colpito nel segno. Malgrado la rabbia, malgrado l'odio, malgrado ventinove anni di rancore, era venuto appena Tyrell l'aveva chiamato. Si diceva che era lì per affrontare l'uomo che aveva messo incinta e poi abbandonato sua madre. Tuttavia, l'aveva spinto anche la curiosità. Si sedette.

    «Così va meglio» commentò Tyrell.

    «Cosa vuoi?»

    «È indispensabile che io voglia qualcosa?»

    «No. Ma è così.»

    «Non sei stupido. Te lo concedo.»

    «Perché mi trovo qui?»

    «Presumo che tu sappia di Frederick.»

    «Lo so.»

    Il figlio minore di Tyrell - e fratellastro di Deacon - era morto di polmonite sei mesi prima. Si diceva che i polmoni di Frederick avessero subito gravi danni quando, da bambino, era caduto da cavallo. La caduta gli aveva anche lesionato la spina dorsale, confinandolo su una sedia a rotelle.

    «Sapevi che viveva a Charleston?» chiese Tyrell.

    Lo ignorava. Sapeva solo che, dopo il college, Frederick aveva lasciato la casa e non vi era mai tornato. A Hale Harbor era risaputo che aveva avuto una discussione con il padre e che se ne era andato. In cuor suo, Deacon l'aveva ammirato.

    «Frederick ha due figli» annunciò Tyrell.

    La notizia colse Deacon di sorpresa. Anche se non era esperto di lesioni alla spina dorsale, non si sarebbe aspettato che Frederick potesse avere dei figli. Supponeva che potessero essere stati adottati.

    Non sapeva quale risposta Tyrell si aspettasse a quella rivelazione. Da parte sua non aveva commenti.

    «Il maggiore ha quattro anni, l'altro due» aggiunse Tyrell.

    «Congratulazioni» si azzardò a dire Deacon.

    «I miei unici nipoti, e non li ho mai conosciuti.»

    «Non capisco dove vuoi arrivare.»

    Tutta la famiglia Clarkson faceva del suo meglio per fingere che lui non esistesse. Aaron e Beau sapevano bene chi fosse, anche se non aveva la stessa certezza riguardo la moglie di Tyrell, Margo. Era possibile che Tyrell fosse riuscito a tenerle nascosta l'esistenza di un figlio illegittimo per tutti quegli anni.

    Tyrell bevve un sorso di scotch.

    Deacon decise di assaggiarlo. Che diamine? Poteva essere l'unica cosa che suo padre gli avrebbe mai dato.

    Il whisky era amabile e robusto. Non male, anche se ne aveva provati di migliori. D'altronde, era probabile che la compagnia ne rovinasse il gusto.

    «Voglio vedere i miei nipoti» dichiarò Tyrell.

    «Allora, vedili.»

    «Non posso.»

    «Cosa te lo impedisce?»

    «La vedova di Frederick.»

    Deacon impiegò un attimo per capire cosa intendeva dire. Bevve un altro sorso di whisky in un tacito brindisi alla vedova. Questa volta lo scotch aveva un gusto migliore, era decisamente molto buono.

    «Lo trovi divertente?»

    «Qualcuno impedisce al potente Tyrell Clarkson di avere qualcosa che vuole? Sì, lo trovo divertente.» Deacon non vedeva motivo alcuno per mascherare i propri sentimenti. Tyrell si chinò in avanti. «In questo caso, veniamo al sodo. Vediamo se trovi questo divertente. Baratterò quello che voglio io con quello che vuoi tu.»

    Quelle parole innervosirono Deacon e, al tempo stesso, lo misero in guardia.

    «Non hai la minima idea di cosa voglio.»

    «Non esserne così sicuro.»

    «Ne sono sicurissimo.» Deacon non aveva mai avuto una conversazione con il padre, tanto meno gli aveva confidato speranze e sogni.

    «Ti riconoscerò come figlio» gli fece notare Tyrell Clarkson.

    Deacon dovette compiere uno sforzo per trattenere una risata. «Avrei potuto dimostrare la nostra parentela anni fa, con il test del DNA.»

    «Voglio dire che farò di te un erede.»

    «Mi inserirai nel tuo testamento?» Deacon non abboccava a una promessa del genere... una che poteva essere cancellata con un tratto di penna.

    «No. Non alla mia morte. Adesso. Ti sto offrendo il venticinque percento della Hale Harbor Port. Sarai socio alla pari con Aaron e Beau.»

    La Hale Harbor Port era una società per azioni di proprietà della famiglia Clarkson fin dal 1700. Deacon si sforzò di digerire l'offerta. Non ci riuscì.

    Durante tutta l'infanzia aveva sognato di fare parte della famiglia Clarkson. Nelle sue fantasticherie, Tyrell amava davvero sua madre, voleva che Deacon facesse parte della sua vita e un giorno avrebbe lasciato Margo e avrebbe accolto Deacon e la madre al castello.

    Poi, però sua madre era morta quando lui aveva diciannove anni, e Tyrell non aveva inviato nemmeno le condoglianze. Così, aveva accettato la dura realtà, cioè che lui non significava niente per il padre e aveva smesso di sognare.

    E adesso quell'offerta arrivava all'improvviso. Cosa poteva valere il venticinque percento di un miliardo di dollari? Senza ombra di dubbio, niente di legale.

    «Vuoi che li rapisca?» chiese Deacon.

    Tyrell scosse la testa. «Sarebbe troppo facile. Anche temporaneo, perché ci scoprirebbero senz'altro.»

    «Però non saresti contrario da un punto di vista morale, vero?»

    Tyrell sbuffò. «Riconoscimi un po' di acume.»

    Deacon sapeva che avrebbe dovuto interrompere quella conversazione e andarsene. «Non ti riconosco niente.»

    «Comunque, mi stai ancora ascoltando.»

    «Sono curioso, non tentato.»

    Tyrell sorrise. «Oh, eccome se sei tentato.»

    «Sputa il rospo, altrimenti me ne vado» replicò Deacon, alzandosi in piedi. Non intendeva prestarsi a quel gioco.

    «Voglio che tu corteggi e sposi la vedova di Frederick e porti a casa i miei nipoti» spiegò Tyrell, studiandolo per vedere come reagiva.

    Non reagì affatto. Era disposto a scommettere di non aver sentito bene, se non che le parole di Tyrell erano di una chiarezza cristallina.

    «Perché?» chiese. Tyrell godeva fama di essere un maestro di intrighi. «Perché lei dovrebbe sposarmi? E tu cosa ci guadagni? Limitati a pagarla perché torni a casa.»

    «Non posso offrirle del denaro. Non posso nemmeno correre il rischio di contattarla. Sono sicuro che Frederick le abbia inculcato l'odio per la famiglia. Se attuo quel piano e fallisco, la partita è persa.»

    «Hai una quantità enorme di denaro da offrire.»

    «Benché Frederick avesse abbandonato la società, non ha rinunciato al suo fondo fiduciario. Lei non ha bisogno di denaro.»

    «C'è qualcosa che non puoi comprare. Dev'essere frustrante.»

    «Lei non ti conosce.»

    «Conosce Aaron e Beau?» Deacon non riusciva a capire a che gioco si stesse giocando. Per Tyrell doveva essere irritante rivolgersi a lui per un motivo qualsiasi.

    «Aaron è già sposato» gli fece notare Tyrell. «Quanto a Beau... non sono ingenuo quando si tratta dei miei figli. Nessuno considererebbe Beau un buon marito e padre.» Deacon era d'accordo. Beau era stato sempre uno scapestrato. Le sue imprese avevano fatto notizia decine di volte sulle pagine della locale stampa scandalistica. «Tu, invece...» proseguì Tyrell. «Ammetto che hai un certo stile. A quanto pare, piaci alle donne. Piaci a donne raffinate.» Deacon non poté evitare di stupirsi che Tyrell si fosse interessato a lui. «Pubblicamente, non hai legami con la famiglia. «Puoi corteggiarla e sposarla.»

    «Per poi coglierla di sorpresa parlandole di te?» Deacon aveva sempre messo in dubbio la moralità di Tyrell, ma quella era una proposta incredibile.

    «Portacela per gradi, ragazzo,»

    «No.» Essere comproprietario della Hale Harbor Port era forse quello che Deacon sognava da una vita, ciononostante non intendeva servirsi della vedova di Frederick.

    Tyrell si alzò. «Hai obiezioni di carattere morale?»

    «Sì. E dovresti averne anche tu. Lo sai, giusto?»

    «Vai a conoscerla.»

    Era sul punto di rifiutarsi di nuovo quando Tyrell lo anticipò. «Ti chiedo solo di incontrarla prima di decidere. Se non vuoi farlo, non farlo. Però, non rinunciare a centinaia di milioni di dollari senza aver esaminato la cosa da tutte le angolazioni.»

    «Sei tu quello delle angolazioni, non io.»

    «Tu sei mio figlio» ribatté Tyrell.

    Deacon avrebbe voluto protestare. Anche se avevano lo stesso DNA, non era come lui. Possedeva un'etica. L'aveva ereditata da sua madre.

    Comunque, si sorprese a esitare.

    In quell'attimo, fu chiaro che aveva ereditato anche alcuni tratti da suo padre. E non potevano essere buoni. Infatti, stava valutando se ci poteva essere del male a conoscere la vedova di Frederick prima di rifiutare l'offerta di Tyrell.

    Era in giornate come quella che Callie Clarks avvertiva di più la mancanza del marito. Frederick amava la primavera. Quel giorno il sole splendeva in un cielo di un azzurro tenue, e i turisti affollavano Downright Sweet per un muffin di metà mattina o una focaccina calda.

    Il loro forno, Downright Sweet, occupava i due piani di un edificio di mattoni nel quartiere storico di Charleston. Al pianterreno c'era la cucina, che avevano rimodernato quando, cinque anni prima, avevano comperato lo stabile. Vi si trovavano anche il banco vendita e diversi tavolini, sia fuori che dentro la veranda. Al primo piano c'era la sala da pranzo, oltre a un solarium che si affacciava sul viale alberato.

    La folla dell'ora di pranzo stava diminuendo e Hannah Radcliff, la direttrice di Callie, emise un sospiro di sollievo.

    «I piedi mi stanno uccidendo» disse.

    Era sulla quarantina, con curve morbide dovute a un debole per i dolci. Gli occhi erano color caffè e un sorriso non abbandonava mai il suo bel volto. I figli di Callie, James ed Ethan, la adoravano.

    «Fai una pausa» le suggerì Callie. «Nancy e io ce la caveremo.»

    «Fai riposare i tuoi piedi» si unì Nancy da dietro la macchina del caffè. «Baderò io

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