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Sete di te: Harmony Destiny
Sete di te: Harmony Destiny
Sete di te: Harmony Destiny
E-book148 pagine2 ore

Sete di te: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

L'amore è come un cocktail di frutti esotici: riserva sempre una sorpresa.
Grace Haley non vuole essere rintracciata. Ha bisogno di prendersi una "vacanza" dalla propria vita, di cui non si sente affatto padrona. I contanti che ha portato con sé, però, presto finiscono e Grace si trova costretta a cercare un lavoro. Si offre così come cameriera al Tylers' Bar & Grill.
Si vede benissimo che Grace sta fuggendo, e Tyler, proprietario del locale, non vuole guai. Finché non si trova a corto di personale ed è costretto ad accettare nel suo staff la sconosciuta, che si rivela un'organizzatrice nata, un'efficiente cameriera e una donna decisamente sensuale. Non è facile avvicinarla, anche se Tyler è un abile seduttore. Ma non ha fatto i conti con la vita segreta di Grace.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2020
ISBN9788830520998
Sete di te: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Sete di te - Amy jo Cousins

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    At Your Service

    Silhouette Desire

    © 2004 Amy Jo Albinak

    Traduzione di Maria Latorre

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-099-8

    1

    «Fidati, amico. Tu mi vuoi, hai bisogno di me. Rassegnati all’inevitabile.»

    Grace incrociò le dita della mano sinistra dietro la schiena e tese la destra sul bancone del bar per stringere quella dell’uomo dall’altra parte. Occhi scettici, bocca scolpita, labbra serrate, questi si limitò a fissarla.

    Lo sguardo implacabile di quegli occhi la innervosiva. Tyler - così doveva chiamarsi l’uomo, visto che l’insegna fuori del bar recava la scritta Tyler’s Bar & Grill - era il proprietario del pub - ristorante che veniva inaugurato proprio quella sera.

    Grace si sfiorò i capelli, appena tinti di biondo, e pensò di uscire prima di fare la figura della perfetta imbecille. Poi ripensò alla ragione per cui era entrata nel bar. Aveva bisogno di soldi. In quel momento non le rimaneva altro che una banconota da venti dollari, e un lavoro era assolutamente necessario, per una persona nelle sue condizioni.

    Così tenne la mano sospesa sul bancone e si preparò a convincere Tyler. Dopo due settimane di fuga, non aveva altra scelta. La voce della nonna tornò a risuonarle nella mente. Sei una Haley, ragazza mia. Non dimenticarlo mai. Hai nel sangue i geni dei tuoi antenati e sono stati loro a dare un senso alla parola tenace. Grace ricacciò indietro le lacrime e sorrise.

    Entrando nel locale, aveva notato una famiglia di Messicani che si toglievano i lunghi grembiuli bianchi e si scusavano con il signor Tyler, dicendogli che sarebbero partiti immediatamente per Acapulco dove il cugino aveva vinto la lotteria.

    Un colpo di sfortuna pazzesco per Tyler, che quella sera inaugurava il suo nuovo locale.

    Grace, però, gli avrebbe offerto la sua comprensione soltanto dopo avere ottenuto un lavoro. Incominciava a tremarle la mano, tanta era la fatica di tenerla sospesa sopra il bancone, ma si sarebbe dannata pur di non darlo a vedere al signor Sexy Tyler.

    Erano soltanto le dieci, pensò Tyler tra sé e sé, e la giornata stava già andando a rotoli. Era felice per i Garcia, non accadeva spesso che in una famiglia capitasse una simile fortuna, ma restare senza personale gli causava grossi problemi per l’inaugurazione.

    Certo, avrebbe fatto qualche telefonata, avrebbe chiesto un paio di favori e avrebbe trovato la soluzione a ogni problema, ma ci voleva del tempo. Aveva molto da fare e non poteva occuparsi anche di un’adolescente scappata di casa.

    Quella ragazza praticamente portava la scritta disperata sulla fronte. Le occhiaie che le segnavano gli occhi azzurri ne rivelavano la fragilità e, nonostante l’atteggiamento sfrontato, sembrava piuttosto nervosa.

    A Tyler dispiaceva per lei, ma non poteva permettersi di perdere tempo a farle da babysitter. «Spiacente, tesoro» le disse con dolcezza, aspettandosi di vederla scoppiare in lacrime da un momento all’altro. «Qui a Chicago bisogna avere più di ventuno anni per servire alcolici.»

    Con sua somma sorpresa, la ragazza scoppiò a ridere. Rise di gusto, con una risata sonora e musicale che gli fece venire voglia di sentirla ridere di nuovo.

    «Grazie di cuore, tesoro» gli fece il verso. «Ma se vuoi migliorare la mia giornata, dammi il lavoro, anziché farmi complimenti.»

    «Complimenti?» le fece eco lui.

    «Ascoltami, Tyler. Ti chiami Tyler, vero?» Al suo cenno di assenso, sorrise con aria disarmante. «Bene, Tyler, sappi che sono piuttosto vicina ai trenta, quindi smettila di trattarmi con le pinze. Non urterai la mia sensibilità femminile, dammi retta.»

    Era come se con quelle parole avesse acceso un interruttore. Quell’angelo biondo era come un libro aperto: Tyler riusciva a leggerle nella mente e avvertiva all’istante ogni suo più piccolo mutamento di umore. In quel caso non mentiva, ne era certo. Ciononostante, sapeva che quella tracotanza sarebbe svanita in fretta, così continuò a guardarla dritto negli occhi.

    «Stavo solo cercando un modo gentile per dirti di andare al diavolo. Non ho un lavoro per te.»

    «Bel tentativo, amico.» Grace ritrasse la mano e si strinse nelle spalle.

    «È inutile che me ne stia qui con la mano sospesa. Quando sarai pronto a stringermela, fammi un fischio.» Detto questo, prese uno sgabello rovesciato sul bancone, lo appoggiò a terra e vi si sedette. Tyler non poté fare a meno di immaginarla nuda mentre si sedeva su di lui con la stessa elastica flessibilità.

    Dacci un taglio, si ammonì subito dopo. Quella donna cercava un lavoro, non un compagno di letto. Eppure lo stuzzicava! Santo cielo, quanto lo stuzzicava! Altrimenti non si sarebbe passata la lingua sulle labbra con tanta sensualità come stava facendo in quel momento.

    «Voglio due dollari in più rispetto alla paga minima.»

    «Cosa?» Lo stupore fu tale da riportare Tyler con i piedi per terra. «I camerieri prendono due dollari in meno rispetto alla paga minima. Sei pazza, se ti illudi di potere avere qualcosa di più.»

    «Dici? A mio avviso, hai un grosso problema. Non hai più camerieri, e visto che non c’è nessuno a bussare alla porta in cerca di un posto...» Grace lasciò la frase in sospeso.

    Quella donna ci sapeva fare davvero! Un attimo prima Tyler l’aveva quasi messa alla porta e adesso stava già negoziando la paga con lei.

    «In fin dei conti, ci risparmieresti. Sarei padrona di casa, cameriera, perfino lavapiatti, almeno per i primi tempi. E tu pagheresti soltanto un dipendente.»

    «Non mi convinci.»

    «Peggio per te, allora. Come ti ho già detto, tu mi vuoi, hai bisogno di me. E lo sai bene.»

    Purtroppo aveva ragione. Tyler aveva bisogno di lei. E la voleva. Ed era soltanto un suo problema se la voleva e aveva bisogno di lei per motivi diversi. Andare a letto con una dipendente era il modo più rapido per perderla, tanto più che lui aveva già imparato con quanta fretta le donne si stancassero degli uomini che trascorrevano più tempo al lavoro che in loro compagnia. Non aveva nessuna intenzione di ripercorrere quella strada.

    «Perché non cedere all’inevitabile?» mormorò tuttavia tra sé e sé.

    «Adesso sì, che ragioni» replicò lei strizzandogli l’occhio. E Tyler capì di essere perduto.

    «Dove hai lavorato prima?»

    Lo incuriosì il fatto che la ragazza non rispondesse subito. «In un ristorante un po’ strano» gli disse infine toccandosi di nuovo i capelli. «Restavamo aperti da mezzanotte alle sette. Spuntini notturni e prima colazione, e un sacco di tempo a disposizione tra mezzogiorno e mezzanotte.»

    Fu il suo tono a spingere Tyler a rivolgerle un’altra domanda. «Come si chiama questo ristorante?»

    Ancora la stessa esitazione. E quando gli rispose, Tyler capì di averla presa in castagna. «Mel’s Diner.»

    Grace vide che Tyler spalancava gli occhi e si dette della stupida. Non si sarebbe dovuta presentare a lui senza preparare una storia verosimile.

    «Mel’s Diner?» esclamò infatti lui. «Questa sì che è bella. Avresti potuto inventare di tutto, ma non il nome di un ristorante di una soap degli Anni Settanta.»

    Grace sollevò gli occhi al cielo e cercò di inventare al più presto una scusa plausibile. In passato non le sarebbe stato difficile tenere testa a un uomo come Tyler. In passato avrebbe avuto alle spalle un lavoro sicuro, una posizione, una famiglia.

    Adesso, invece, non aveva né un lavoro, né una famiglia. E di certo non poteva dire all’uomo che le stava di fronte che fino a due settimane prima aveva diretto ben undici dei principali ristoranti di Chicago. Doveva continuare a mentire e, poiché non le riusciva bene, la situazione la rendeva piuttosto nervosa.

    «Ti sembra tanto divertente?» domandò algida, dando prova di una sicurezza che non provava affatto. «Credimi, non la penseresti più così, se dovessi chiedere un lavoro a un tizio che pretende di vederti vestita con un’uniforme rosa e un grembiulino tutto pizzi e merletti.»

    Tyler sollevò gli occhi su di lei. Sorrise, e lei capì di averla fatta franca. «Come ti chiami?» le chiese.

    «Grace. Grace Desmond.»

    «D’accordo, Grace Desmond. Sei assunta. L’inaugurazione è prevista per questo pomeriggio alle cinque, quindi fatti viva verso le tre. Abbiamo un bel po’ di scartoffie da sbrigare. Porta la patente e la carta d’identità. E un grembiule, se ce l’hai, altrimenti te ne darò uno io.»

    Grace annuì, anche se già era in preda al panico. Non poteva mostrargli la patente. Tyler avrebbe sicuramente riconosciuto il suo nome come quello di una delle famiglie più influenti di Chicago. Ciononostante, strinse la mano che lui le tendeva per suggellare il patto.

    Quando però cercò di ritrarla, lui la trattenne. E sotto il suo sguardo incredulo, si chinò a baciarla. Grace avvertì il tocco delle sue labbra sul dorso della mano, raggelò, si trattenne dal rabbrividire.

    «E mi servono anche delle referenze. Prima che te ne vada.»

    Grace attese di avere girato l’angolo prima di incominciare a correre. In giro non c’erano cabine telefoniche così decise di adoperare il cellulare. Era improbabile che la rintracciassero da quello, ma per non correre rischi avrebbe ridotto la conversazione al minimo. Sperava che Paul fosse in casa. Non le era sfuggito lo sguardo diffidente di Tyler quando lei gli aveva consegnato il nominativo e il numero di telefono che costituivano la sua unica referenza.

    «Pronto?» rispose una voce rauca dopo pochi squilli.

    «Paul! Grazie a Dio sei in casa.»

    «E dove dovrei essere, a quest’ora del mattino? Con chi parlo?»

    «Paul, sono le undici.»

    «Grace?» Nel riconoscerla, l’amico si svegliò di colpo. «La mia piccola Grace?»

    «Proprio io, Paul. Ti sono mancata?»

    «Vuoi scherzare? Sono stato in pena per te. Dove sei? Stai bene?»

    Gli occhi le si colmarono di lacrime. Per la prima volta dopo tanto tempo parlava con qualcuno che le voleva bene.

    «Qui sono tutti preoccupati per te. I tuoi vogliono assumere un investigatore. E quel cretino del tuo fidanzato vuole soffiarmi il ristorante. Dimmi dove sei, tesoro. Ti mando un taxi che ti porti da me, poi penseremo a risolvere questo pasticcio.»

    Un investigatore?

    Bastò quella parola a riportarla bruscamente alla realtà. «Paul, ascoltami, ti prego. Tanto per incominciare, Charles non è il mio fidanzato, anche se i miei pensano il contrario. In quanto al resto, ne parleremo un’altra volta. Adesso ho bisogno che tu mi faccia un favore. Ti scongiuro.»

    «Non hai che da chiedere, chérie

    «So che ti sembrerà strano Paul, ma ho bisogno che tu mi dia delle

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