Milionario da prima pagina: Harmony Jolly
Di Liz Fielding
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Info su questo ebook
Liz Fielding
Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.
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Anteprima del libro
Milionario da prima pagina - Liz Fielding
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Last Woman He’d Ever Date
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2012 Liz Fielding
Traduzione di Elisabetta Motta
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-689-0
1
Cranbrook Park in vendita?
Il futuro di Cranbrook Park, oggetto di un’intensa speculazione in questa settimana dopo una manovra dell’HMRC, l’autorità britannica per scovare gli evasori fiscali, ha destato preoccupazione tra i creditori della proprietà.
Cranbrook Park, sito di un’abbazia del dodicesimo secolo, le cui rovine sono ancora un’attrattiva del posto, apparteneva alla stessa famiglia dal quindicesimo secolo. L’originale tenuta stile Tudor, costruita da Thomas Cranbrook, ampliata nel corso dei secoli, e il parco sistemato alla fine del diciottesimo secolo da Humphrey Repton, sono stati da sempre il cuore della società di Maybridge, con la casa e i terreni offerti generosamente in prestito per eventi benefici dall’attuale baronetto, Sir Robert Cranbrook.
L’Osservatore ha contattato oggi l’ufficio della proprietà per un chiarimento sulla situazione, ma nessuno si è reso disponibile per un commento. - Osservatore di Maybridge, mercoledì 21 aprile.
Sir Robert Cranbrook allungò lo sguardo oltre il tavolo. Anche sulla sua sedia a rotelle e devastato da un ictus, appariva un uomo imponente ma la sua mano tremava quando afferrò la penna che gli offrì il suo avvocato per firmare la cessione di secoli di potere e privilegio.
«Vuoi anche un campione del mio DNA, ragazzo?» chiese lasciando cadere la stilografica sul tavolo. Le sue parole risuonarono biascicate ma gli occhi contenevano l’arrogante sdegno di cinquecento anni. «Sei pronto a trascinare il nome di tua madre in tribunale per soddisfare le tue pretese? Perché io lotterò contro il tuo diritto di ereditare il mio titolo.»
Anche in quel momento, in cui aveva perso tutto, pensava ancora che il nome e il titolo che lo accompagnava, contassero qualcosa.
La mano di Hal North era ferma come una roccia mentre prendeva la penna per apporre la sua firma sui fogli, incurante dello sprezzante appellativo di ragazzo.
Cranbrook Park non significava niente per lui, eccetto un mezzo per raggiungere un fine. Era l’unico ad avere il controllo lì, costringendo il suo nemico a sedersi dall’altra parte del tavolo, guardarlo negli occhi, e riconoscere il cambiamento di potere. Già questo era una grande soddisfazione.
Molto grande.
Il garante di Cranbrook, Thackeray, non era in vita per assistere a quel momento, ma sua figlia era adesso una sua inquilina. Sfrattarla avrebbe chiuso il cerchio.
«Non puoi permetterti di lottare contro di me, Cranbrook» dichiarò Hal mettendo il cappuccio alla penna che restituì all’avvocato. «Devi l’anima agli esattori e senza di me a toglierti dai guai saresti un comune fallito che vivrebbe grazie alla pietà dello Stato.»
«Signor North...»
«Non ho interesse a rivendicare la tua paternità. Hai rifiutato di riconoscermi come figlio quando avrebbe significato qualcosa» continuò ignorando la protesta del legale di Cranbrook, un ansito di shock. Erano solo loro due a confrontarsi con il passato. Nessun altro contava. «E non mi serve essere riconosciuto adesso. Non ho bisogno del tuo nome né del tuo titolo. A differenza tua, non ho dovuto aspettare che la mia famiglia morisse per occupare un posto nel mondo ed essere un uomo.»
Prese gli atti di cessione di Cranbrook Park. Fogli di pergamena, legata con nastro rosso, recanti un sigillo reale. Adesso proprietà sua.
«Non devo a nessuno il mio successo. Tutto quello che sono e quello che ho, Cranbrook, compresa la proprietà che hai dilapidato perché sei stato troppo indolente e hai amato la vita facile per poterla mantenere, me li sono guadagnati con il duro lavoro, il sudore – cose che tu hai sempre disdegnato e che ti avrebbero salvato se fossi stato un uomo migliore.»
«Sei un pescatore di frodo, un ladro da quattro soldi...»
«E adesso pranzo con presidenti e primi ministri, mentre tu aspetti Dio in un mondo ridotto a una sola stanza con vista su un’aiuola invece del parco creato da Humphrey Repton per qualche tuo più attivo antenato.»
Hal si girò verso il suo avvocato, gettò gli atti vecchi di secoli come se fossero carta straccia destinata a un cestino dei rifiuti e si alzò, desideroso di concludere l’incontro. Di respirare aria fresca.
«Pensami seduto alla tua scrivania mentre faccio mio quel mondo, Cranbrook. Immagina mia madre che dorme nel letto della regina e che siede al tavolo dove i tuoi avi adulavano i re invece di servirli.» Annuì ai testimoni. «Abbiamo concluso qui.»
«Concluso! Neanche per sogno!» Robert Cranbrook si sostenne al tavolo per alzarsi. «Tua madre era una sgualdrina che ha preso i soldi che le ho offerto per farti sparire e poi ti ha usato come minaccia per mantenere il lavoro di quel fannullone e ubriaco di un marito» sibilò rifiutando l’aiuto del suo avvocato per sostenerlo.
Hal North non era diventato milionario tradendo le sue emozioni e mantenne il volto inespressivo anche in quel momento, le mani rilassate, mascherando i sentimenti che ribollivano dentro di lui.
«Non puoi ricattare un uomo innocente, Cranbrook.»
«Hal...» Il pacato ammonimento arrivò dal suo avvocato. «Andiamo.»
«Dormire nel letto della regina non cambierà quella che è e i soldi non ti renderanno migliore dell’immondizia.» Cranbrook sollevò un dito fermo, contro di lui. «Il tuo odio per me ti ha accompagnato in tutti questi anni e adesso tutto quello che hai sempre sognato finalmente ti è piovuto addosso dal cielo e pensi di avere vinto.»
Oh, sì...
«Goditi il momento perché domani ti chiederai che cosa ti sarà rimasto per scendere dal letto. Tua moglie ti ha lasciato. Non hai figli. Siamo uguali, tu e io...»
«Mai!»
«Gli stessi» ripeté. «Non puoi contrastare i tuoi geni.» Le sue labbra si piegarono in quella che sembrò la parodia di un sorriso. «È a questo che penserò quando mi nutriranno con un sondino» concluse mentre si lasciava cadere di nuovo sulla sedia. «E morirò ridendo.»
Claire Thackeray andava spedita sulla sua bicicletta lungo il sentiero pedonale che attraversava Cranbrook Park.
Il cartello che indicava il divieto di andare in bicicletta era stato abbattuto dai motociclisti di quad prima di Natale e lei, in ritardo per il lavoro di nuovo, non si era preoccupata di proseguire a piedi.
Non che lei trasgredisse le regole per sua natura ma nessuno dava per scontato il suo lavoro in quel momento. E poi, raramente, qualcuno usava quella strada. La tenuta era deserta, eccetto un custode e qualche pescatore che approfittava dell’interruzione di possesso per pescare le trote di Sir Robert. Restava solo Archie, ma lui sarebbe stato corrotto in un altro modo.
Mentre Claire si avvicinava alla curva, Archie, che obiettava a chiunque passasse davanti al suo prato di andare più veloce di un passo d’uomo, si lanciò verso la recinzione. Era terrificante se non ce lo si aspettava e snervante se lo si sapeva. Il trucco era avere qualcosa di dolce da fargli mangiare così lei allungò la mano nel cestino per afferrare la mela.
Ma incontrò aria fresca e, mentre abbassava lo sguardo, l’immagine mentale del frutto sul tavolo della cucina prese forma nella sua mente, prima che l’asino ragliasse la sua disapprovazione.
Il suo primo errore fu non fermarsi e scendere dalla bici appena realizzò di non avere alcun mezzo per distrarlo e, dopo l’avvertimento, l’animale passò all’attacco. Sbucò fuori dalla siepe incolta da lungo tempo, superando il filo di ferro piegato mentre lei continuava a pedalare energicamente nel tentativo di sfuggirgli.
Il suo secondo errore fu di girarsi a guardare indietro per vedere quanto si fosse allontanata e si ritrovò in un groviglio di bici e arti – non tutti suoi – e il viso affondato in un prato di campanule sotto la siepe.
Archie si fermò, sbuffò e, missione compiuta, girò per tornare verso il suo nascondiglio ad aspettare la prossima vittima. Per sua sfortuna, l’uomo che Claire aveva investito e che in quel momento costituiva la parte inferiore di un sandwich di bicicletta, non stava andando da nessuna parte.
«Che cosa diavolo sta facendo?» le chiese lui.
«Stavo annusando le campanule» mormorò cercando di mantenere la calma mentre controllava mentalmente i messaggi di dolore che filtravano nel suo cervello.
Erano tanti e le ci volle un po’, mentre cercava di muovere la mano che era schiacciata da una certa parte anatomica dell’uomo, rimasta bloccata sotto il manubrio della bici. Presumibilmente anche per lui era la stessa cosa, dal momento che restò immobile. «È un profumo delizioso, non crede?» chiese, combattuta tra il desiderio di volerlo mandare al diavolo e la speranza che non avesse perso conoscenza.
La sua risposta fu abbastanza vigorosa da suggerirle che, anche se non aveva voglia di scherzare, era integro.
Ignorando il suo tentativo di sdrammatizzare la situazione l’uomo ribatté: «Questo è un sentiero pedonale».
«È vero» ammise dicendosi di risparmiarsi insignificanti lamentele per la sua indifferenza al divieto se fosse stato seriamente ferito. «Mi dispiace di averla investita.» E lo era davvero.
Era dispiaciuta che le sue fave fossero state attaccate dagli afidi. Dispiaciuta di avere dimenticato la mela di Archie e di essersi imbattuta in quell’individuo burbero.
Fino a trenta secondi prima era in ritardo. E ora sarebbe dovuta tornare a casa a ripulirsi. E quel che era peggio, avrebbe dovuto chiamare il redattore capo per informarlo dell’incidente, il che significava che avrebbe dovuto mandare qualcun altro al suo appuntamento con il presidente della commissione urbanistica.
Sarebbe andato su tutte le furie.
Claire aveva sempre vissuto a Cranbrook Park e le era stato assegnato l’incarico di scrivere una storia che sarebbe stata annunciata con enfasi in copertina.
«È abbastanza negativo che stia usando il sentiero come una pista da corsa...»
Oh, fantastico! Era finita in un fossato, aggrovigliata in una bici tutta storta, con la mano di uno sconosciuto sul didietro e il primo pensiero di quell’uomo era farle una predica sulla sicurezza stradale.
«... ma nemmeno lei guardava dove stava andando.»
Claire sputò fuori dalla bocca ciò che sperava gli suscitasse un po’ di comprensione. «Non l’avrà notato ma ero inseguita da un asino» si difese.
«Oh, certo che l’ho notato.»
Niente compassione, ma soddisfazione.
«E lei?» domandò. Anche se il campo della sua visuale era limitato, poté notare che indossava una tuta verde scuro. Ed era quasi sicura di avere visto un paio di stivali di gomma passarle davanti agli occhi un secondo prima di finire nel fossato. «Scommetto che non ha il permesso di pescare qui.»