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Matrimonio a Manhattan: Harmony Destiny
Matrimonio a Manhattan: Harmony Destiny
Matrimonio a Manhattan: Harmony Destiny
E-book154 pagine1 ora

Matrimonio a Manhattan: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Appartamento: Attico A
Inquilini: Reed ed Elizabeth Wellington.
Scandalo: Sposi per sempre o ancora per poco?

Un marito sexy e potente, un attico a Manhattan, soldi a palate. Chiunque vorrebbe essere al posto di Elizabeth Wellington. Tranne lei. Reed, infatti, è sposato con il suo lavoro e lei passa le serate da sola, invece che tra le sue braccia. In più lui nasconde segreti capaci di mandare in frantumi quel che resta del loro matrimonio. Ma una novità irrompe nelle loro vite: finalmente arriva il bambino tanto agognato. Basterà a rinsaldare la loro unione?
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2018
ISBN9788858990421
Matrimonio a Manhattan: Harmony Destiny
Autore

Barbara Dunlop

Tra le autrici più note e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Matrimonio a Manhattan - Barbara Dunlop

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Marriage, Manhattan Style

    Silhouette Desire

    © 2008 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-042-1

    1

    Seduta sul grande letto matrimoniale, Elizabeth Wellington lanciò in aria la moneta d’oro da dieci dollari.

    «Se viene testa» bisbigliò nella camera deserta, seguendo la traiettoria della moneta verso il soffitto, «lo faccio.»

    Se fosse venuto croce, avrebbe aspettato la settimana seguente. Al momento opportuno. Nel periodo giusto per l’ovulazione, quando le possibilità di concepire fossero state al massimo.

    «Coraggio, testa» borbottò, immaginandosi il marito, Reed, nel suo studio alla porta accanto, intento a esaminare e-mail o a leggere rapporti finanziari, in splendida forma e sexy, nonché distaccato, con la mente rivolta agli affari.

    La moneta sfiorò il bordo della trapunta, dal lato opposto del letto, prima di rimbalzare sul folto tappeto.

    «Accidenti.» Elizabeth girò intorno al letto, cercando invano di individuare il dischetto di metallo.

    Dopo un minuto, scalciò via le scarpe, si mise in ginocchio e, appoggiandosi sulle mani, sbirciò sotto il letto. Era testa o croce? E dove diavolo era finito quel pezzo da collezione da venticinquemila dollari?

    «Elizabeth?» chiamò Reed dal corridoio.

    Sentendosi in colpa, lei balzò in piedi.

    «Sì?» rispose, mentre l’occhio le cadeva sulla scatola che conteneva la collezione di monete. Andò al cassettone e la chiuse.

    La porta della camera si aprì e lei assunse un atteggiamento che si augurava disinvolto.

    «Hai visto il mio cellulare?» chiese Reed.

    «Ehm, no.» Lei si allontanò dal cassettone e individuò la moneta. Era accanto al comodino e brillava sotto la luce della lampada in stile Tiffany.

    «Avrei giurato di averlo messo in tasca prima di lasciare l’ufficio.»

    «Hai provato a chiamarti?» suggerì Elizabeth, spostandosi verso la moneta con l’intenzione di nasconderla sotto il piede prima che lui la scorgesse.

    Non aveva intenzione di dare spiegazioni.

    «Puoi fare tu il numero per me?»

    «Certo.» Lei lo compose sull’apparecchio posto sul comodino, mettendosi tra Reed e la moneta.

    Si udì uno squillo, da qualche parte nell’attico.

    «Grazie» disse Reed, voltandosi verso la porta. Pochi secondi dopo le gridò dal soggiorno: «Trovato».

    Elizabeth respirò di sollievo.

    Spostò il piede e controllò la posizione della moneta. Sì! Testa.

    La raccolse. La decisione era presa. Avrebbe seguito il consiglio della sua migliore amica preferendolo a quello di un medico.

    In apparenza, la sua decisione sfidava ogni buonsenso, ma la sua amica Hanna la conosceva meglio del dottor Wendell.

    Oh, il bravo dottore sapeva tutto della salute fisica di Elizabeth. Conosceva il livello dei suoi ormoni e il ciclo mestruale. Aveva anche visto le sue ovaie agli ultrasuoni. Ma non sapeva niente del suo matrimonio. Ignorava che, fin dal loro primo anniversario, lei stava lottando per ritrovare la sincerità e l’intimità che c’erano all’inizio tra lei e Reed.

    Nei cinque anni di matrimonio con Reed Wellington III, Elizabeth aveva imparato che l’azienda veniva al primo posto, al secondo c’era il mondo degli affari di New York, al terzo la famiglia Wellington, mentre il loro matrimonio era di parecchi posti più in basso.

    Sapeva che un figlio avrebbe migliorato il loro rapporto. Era da anni che volevano averne uno, ma diventava sempre più difficile convincersi che fosse la soluzione giusta.

    Un bambino aveva bisogno di una casa dove regnasse l’amore. Quanto più loro due si allontanavano, tanto più Elizabeth era pronta ad ammettere che neanche il loro sogno di metter su famiglia avrebbe risolto i problemi.

    Rimise la moneta nella scatola e la richiuse. Reed le aveva regalato quel particolare pezzo e la scatola il loro primo Natale insieme. Poi, aveva aggiunto nuove monete ogni anno. Ma mentre il valore della collezione cresceva, la solidità del loro matrimonio si incrinava.

    Era una vera ironia. All’epoca in cui lei aveva una sola moneta, erano soliti scherzare, confidarsi segreti, commettere errori e riderne insieme. Il più delle volte, finivano a letto o sul divano o sul tappeto.

    La prima volta che avevano fatto l’amore era stato sulla panca imbottita del gazebo nel giardino della famiglia di Reed, in Connecticut. Il cielo era punteggiato di stelle, e loro due erano soli. I baci di Reed erano diventati sempre più appassionati mentre le esplorava con le mani la schiena, lasciata nuda dalla profonda scollatura dell’abito da cocktail. Lei aveva sentito che la pelle le formicolava e i capezzoli diventavano duri.

    Nessuno dei due poteva aspettare più a lungo e, dopo minuti – forse ore – di baci e carezze, lui era sprofondato dentro di lei. Due settimane più tardi le aveva chiesto di sposarlo, e lei aveva accettato con entusiasmo.

    Benché gli amici e la famiglia, nel New Hampshire, l’avessero ammonita che, provenendo lui da una famiglia ricca, apparteneva a una classe sociale del tutto diversa, Elizabeth si era sentita sicura che, con il loro amore, avrebbero superato ogni ostacolo.

    Adesso, a cinque anni di distanza e molto meno sicura di sé, Elizabeth andò alle porte a vetri che davano sulla terrazza della sontuosa camera da letto. All’attico, posto al dodicesimo piano del 721 di Park Avenue, il rumore del traffico arrivava smorzato e le luci della città si estendevano verso l’orizzonte in quella mite sera di ottobre. Tirò le pesanti tende.

    Anche se riconosceva la saggezza del consiglio di Hanna, Elizabeth aveva preferito affidare la decisione al destino. Era uscito testa, perciò la scelta era fatta. Avrebbe lottato per il suo matrimonio cambiando tattica, a partire da quel minuto.

    Tornò al comò e, aperto il cassetto in cima, frugò tra le camicie da notte e le vestaglie finché trovò quello che cercava.

    Con dita tremanti, sollevò il negligé di seta rossa che aveva indossato la prima notte di nozze.

    Si spogliò e lo indossò, sentendosi bella per la prima volta da molti mesi. Quindi, in bagno, si ravvivò il rossetto, si incipriò le guance e indietreggiò per controllare l’effetto allo specchio. La seta rossa non arrivava a coprirle le cosce e terminava con una striscia di pizzo. La profonda scollatura era guarnita da altro pizzo, che nascondeva a malapena il seno.

    Come tocco finale, si spruzzò qualche goccia di profumo sul collo e calò lungo la spalla una delle sottili bretelle. Quindi si erse in tutto il suo metro e sessantacinque e posò una mano sull’addome. Lo specchio le rimandò il bagliore del diamante da tre carati.

    Reed era suo marito, ricordò a se stessa. Aveva ogni diritto di sedurlo.

    Riattraversò la camera da letto, spegnendo la lampada, e percorse a piedi nudi il corridoio.

    «Reed?» cinguettò, apparendo sulla porta del suo ufficio e appoggiandosi allo stipite in una posa languida.

    I due uomini alzarono la testa dalla lettera che stavano leggendo.

    Alla vista della moglie in abbigliamento sexy, Reed rimase a bocca aperta e cancellò dalla mente ogni problema di insider trading. La lettera della SEC, la commissione di controllo su azioni e obbligazioni, gli sfuggì dalle dita mentre il suo vicepresidente, Collin Killian trasaliva, scioccato.

    Collin impiegò tre secondi per capire che era opportuno distogliere lo sguardo.

    A Elizabeth ce ne vollero cinque per lasciarsi sfuggire un grido soffocato e fuggire lungo il corridoio.

    «Ehm...» iniziò Collin, sbirciando al di sopra della spalla verso la porta.

    Alzandosi in piedi, Reed imprecò quando sentì sbattere la porta della camera da letto.

    Collin prese la sua cartella. «Ci vediamo più tardi.»

    «Non muoverti» gli ordinò Reed, attraversando la stanza.

    «Ma...»

    «Ho appena scoperto che sono indagato dalla SEC. Tu e io dobbiamo parlare.»

    «Ma tua moglie...»

    «Parlerò prima con lei» disse Reed, dirigendosi alla porta.

    «Non credo che parlare fosse quello che aveva in mente» gli gridò dietro Collin.

    Reed non si disturbò a rispondere.

    Non era lui a tenere sotto controllo la temperatura basale del suo corpo, ma era sicuro che fosse ancora presto. Gli mancava fare l’amore in modo spontaneo, tanto quanto doveva mancare a lei, ma voleva anche diventare padre. Tanto quanto Elizabeth voleva diventare madre. Il sesso programmato era frustrante, tuttavia era un sacrificio che valeva la pena fare.

    Mise la mano sulla maniglia, imponendosi di tenere sotto controllo gli ormoni. Sua moglie era uno schianto, sexy, sensuale, seducente, ma lui doveva essere forte per tutti e due.

    «Elizabeth?» la chiamò, socchiudendo la porta.

    «Vattene» replicò lei, avvolgendosi in una vestaglia mentre usciva dal bagno.

    «Cosa sta succedendo?» Reed entrò e richiuse la porta.

    «Niente.»

    Lui moriva dalla voglia di prenderla tra le braccia. Ci sarebbe voluto così poco per sbarazzarla della vestaglia che nascondeva il suo corpo voluttuoso. Collin avrebbe capito che doveva andarsene.

    «È il momento giusto?» Pur sapendo che non era possibile, Reed non rinunciava a sperare.

    Lei scosse la testa.

    «Allora, che cosa stai facendo?»

    «Pensavo...» Elizabeth fece una pausa. «Volevo... Non sapevo che ci fosse Collin con te.»

    «Non stento a crederti.»

    «Deve pensare che...»

    «Al momento, pensa che io sia l’uomo più fortunato del pianeta.»

    «Ma tu non lo sei» ribadì lei, fissandolo.

    «Non stasera.» Reed non era disposto a compromettere il loro futuro di famiglia. Se avessero fatto l’amore, anche quel mese era escluso che Elizabeth restasse incinta, e le sue lacrime gli avrebbero spezzato il cuore.

    «Possiamo rimandare alla prossima settimana?»

    La delusione le offuscò la vista. Aprì la bocca per parlare, poi strinse i denti e serrò gli occhi per qualche secondo.

    Quando li riaprì, sembrava che avesse ripreso il controllo. «Sta succedendo qualcosa?

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