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L eredità: Harmony History
L eredità: Harmony History
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E-book230 pagine3 ore

L eredità: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Tornato in Inghilterra dopo molti anni passati in India, Matt Beresford fatica a credere alla notizia che i suoi avvocati gli hanno fatto pervenire. Il padre, che l'aveva allontanato fin dalla nascita ritenendolo responsabile della morte dell'adorata moglie, gli ha lasciato un'inaspettata eredità: la sua seconda famiglia! Matt scopre così di avere una matrigna, due fratellastri, nonché un fattore disonesto che ha mandato in rovina la tenuta di Thornfield nonostante gli sforzi della bella Imogen, nipote di Lady Beresford. La giovane però, pur essendo indiscutibilmente abile nell'amministrare i poderi e i pochi denari rimasti alla famiglia, non lo è altrettanto a gestire il nuovo padrone di casa.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2019
ISBN9788830508255
L eredità: Harmony History
Autore

Dorothy Elbury

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    L eredità - Dorothy Elbury

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Officer and the Lady

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2005 Dorothy Elbury

    Traduzione di Zucca Silvia

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-825-5

    1

    Agosto 1816

    Mentre le due carrozze raggiungevano la cima della collina, il conducente della prima, sentito un colpo secco, tirò con decisione le redini e indusse i cavalli a fermarsi, tendendo l’orecchio e aspettando istruzioni dai passeggeri.

    «Ebbene, ci siamo, David» gli annunciò Matthew Beresford sporgendosi dal veicolo e indicando al compagno la tenuta che era stata del padre. «Thornfield, ossia quella che potremmo definire la mia dimora avita... Per quel che conta!»

    David Seymour gli rispose con un sorriso ironico. Non gli era sfuggita la nota sarcastica nel tono dell’amico. «Non te ne sei ancora fatto una ragione, eh?» gli domandò.

    L’altro si strinse nelle spalle. «A quanto ricordo, non me ne è mai stata data la possibilità.» Poi, si sporse verso il conducente. «Aspettate qui una decina di minuti, poi proseguite. Troverete l’ingresso della casa a circa mezzo miglio, sulla strada.» Si voltò quindi verso l’amico. «Ho notato una porta sul muro di cinta e voglio entrare dal parco per vedere in che stato si trova. Tu prosegui, c’incontreremo di fronte alla casa.»

    Con un sorriso rassegnato, David lo guardò allontanarsi per la strada. Lui e Matt erano amici da nove anni, da quando entrambi erano salpati per l’India sotto l’egida del padre di Seymour che, a quel tempo, era commissario di distretto della Compagnia delle Indie Orientali.

    Entrambi i giovani avevano fatto carriera e avrebbero potuto aumentare i loro successi rimanendo a Hyderabad ma, soltanto sei mesi prima, Matt era stato raggiunto da una lettera inaspettata da parte dell’avvocato di suo padre.

    Nel corso degli anni, David era in parte riuscito a carpire informazioni sulla storia dell’amico. Sapeva che il padre di Matt, Sir Matthew Beresford, che al tempo era stato impiegato nell’ufficio del governatore di Madras, aveva sofferto molto per la morte della moglie, coincisa con la nascita del figlio, che subito aveva allontanato da sé, scegliendo d’incolpare il bambino di quella perdita.

    Il piccino era stato affidato alle cure dei nonni materni. Nonostante Sir Matthew avesse provveduto finanziariamente a lui e alla sua educazione, i genitori di sua madre erano stati troppo vecchi per badare a un bambino e avevano affidato il piccolo Matt a uno stuolo d’incolori governanti e istitutrici.

    Di conseguenza, Matt sarebbe potuto diventare un giovane arido e senza gioia, se non fosse stato per un conoscente di suo nonno, che gli raccomandò i servigi di un tutore eccellente, anche se un po’ eccentrico, un certo Thomas Hopkirk.

    Per assicurare al suo pupillo un’educazione più che completa, quell’accademico illuminato aveva fatto in modo che il ragazzo imparasse tutte le attività agonistiche che si addicevano a un gentiluomo. Il successo che Matt aveva riscosso in India, la sua brillante carriera, si dovevano di certo agli anni d’insegnamento devoto di Hopkirk.

    «Ma non hai mai neppure tentato di metterti in contatto con tuo padre?» gli aveva domandato David, stupito, quando aveva ascoltato la storia di Matt per la prima volta.

    «I miei nonni hanno tentato più volte di parlargli, ma lui ignorava le loro lettere. Dopo un po’ si sono dati per vinti.»

    «E tu? Non hai cercato di conoscerlo, quando sei cresciuto?»

    «Certo che l’ho fatto!» aveva risposto Matt con enfasi. «Non appena finito il mio corso di studi a Oxford e divenuto maggiorenne, l’ho cercato, ma il suo avvocato si è rifiutato di darmi il suo indirizzo. Non è stato facile, ma poi sono riuscito a raggiungerlo al suo club in St. James. Mi ci è voluta ogni oncia di coraggio che avevo per affrontarlo.»

    I suoi occhi blu si erano incupiti ripensando a quell’incontro.

    «A quel tempo volevo con tutto me stesso raggiungere la Penisola ed essere raccomandato per una missione...»

    David aveva abbozzato un sorriso. «Ma tuo padre si rifiutò di aiutarti. Erano passati ventun anni, possibile che non fosse ancora riuscito a seppellire il suo risentimento?»

    Matt aveva scosso il capo. «No. Sicuramente il mio arrivo ha avuto un certo effetto su di lui. È impallidito non appena ha posato gli occhi su di me, poi ha iniziato a insultarmi, dicendomi che ero uno sfrontato e così via. Ne sono rimasto sbalordito ma, sapendo che finiti i miei studi a Oxford aveva smesso per sempre di finanziarmi, ho pensato d’insistere con le mie richieste. Lui mi ha detto che non aveva contatti con i militari, ma ovviamente più tardi ho scoperto che non era affatto così.»

    «Ma alla fine ti ha trovato una posizione nella Compagnia?» aveva insistito David che non riusciva a capire il comportamento del padre di Matt, avendo sempre avuto un ottimo rapporto con il proprio.

    «Sì, lo ha fatto, anche se in una maniera alquanto strana. Mi ha cacciato senza darmi false illusioni, ma poi mi ha fatto richiamare, offrendosi di finanziare il mio viaggio verso le Indie Orientali. Si è fatto portare della carta da lettere e ha mandato subito un messaggio a tuo padre. Il resto ovviamente lo conosci già, amico mio.»

    David aveva annuito. «Tuo padre era stato il mentore del mio quando lui stesso aveva raggiunto la Compagnia nell’82. Ho sempre sentito dire che aveva fatto un mucchio di soldi nel fiore degli anni. Dicevano che fosse un vero nababbo.»

    «Il che corrisponde esattamente all’uomo che deve essere stato» aveva replicato Matt in tono spassionato.

    David era parso mortificato. «Mi dispiace, vecchio mio, non intendevo essere sgarbato. È soltanto un modo di dire quando uno della Compagnia diventa ricco, non volevo mancarti di rispetto.»

    Matt aveva sorriso all’amico e gli aveva dato un’energica pacca sulla spalla. «Non ti devi preoccupare, David. Sappiamo bene entrambi che i nostri genitori hanno fatto fortuna con traffici non sempre leciti e scrupolosi, come il commercio dell’oppio. E poi, per quanto mi riguarda, non conosco neppure mio padre, anche se, lo ammetto, devo ringraziare lui se ho incontrato il più onesto e caro amico che potessi desiderare.»

    Visto che non poteva aspettarsi ulteriori finanziamenti da suo padre, Matt aveva pensato di accettare la sua offerta e si era presentato all’ufficio principale della Compagnia, in Leadhill Street, dal quale era stato indirizzato agli appartamenti di David Seymour, che avrebbe sovrinteso al suo viaggio e l’avrebbe introdotto a suo padre.

    Da allora erano passati quasi nove anni, durante i quali né Seymour né Beresford avevano avuto l’occasione di far ritorno in Inghilterra.

    David non aveva ragione di rimpiangere la sua patria, visto che entrambi i genitori dimoravano a Mysore, e anche Matt non aveva motivi per cui tornare. Tutte le comunicazioni tra lui e suo padre erano cessate fino a quel giorno di gennaio del 1816, in cui Matt Beresford aveva ricevuto una lettera da parte degli avvocati del vecchio Sir Matthew che l’informavano dell’improvvisa morte del genitore.

    Con suo grande sbalordimento, il mittente lo informava che, data un’anomalia nel testamento, c’era la chiara possibilità che fosse lui l’erede dei beni di Sir Matthew e che doveva tornare il più presto possibile in Inghilterra per sbrogliare le complicazioni di quel lascito.

    Matt era stato tentato d’ignorare quella richiesta, ma David lo aveva persuaso che era arrivata l’ora che entrambi facessero visita alla loro terra natia; e poi, dato che la guerra in Europa era finita, si sarebbero anche potuti godere i festeggiamenti londinesi.

    «Pensa alle belle ragazze che potremmo incontrare!» gli aveva detto David, incoraggiante. «E comunque, si tratterà soltanto di pochi mesi, vedrai! Cosa ne pensi? Prima sbrigheremo quell’affare del testamento di tuo padre e poi ci daremo ai bagordi a Londra.»

    Sfortunatamente, l’imbroglio legale di Sir Matthew si era dimostrato un incubo inestricabile.

    A quanto pareva, il vecchio si era risposato diciannove anni prima, costruendosi una seconda famiglia che comprendeva una moglie e due figli. Chiaramente, era stata intenzione di Sir Matthew provvedere a loro, ma nella stesura del testamento si era scordato di specificare a quale dei suoi figli dovessero andare tutti i suoi beni.

    Quando aveva detto ai suoi legali di redigere il testamento, aveva lasciato ogni sua proprietà al figlio, intendendo, ovviamente, che i suoi possedimenti dovessero passare al giovane Nicholas, di soli sedici anni, visto che aveva fatto di tutto per scordarsi dell’esistenza del figlio maggiore.

    Matt era piuttosto incline a pensare che suo padre avesse ipotizzato, o peggio, si fosse augurato la sua morte a causa del clima implacabile dell’Asia.

    L’idea, di primo acchito, gli aveva fatto rispondere agli avvocati che ottemperassero a quella che ritenevano essere stata la vera volontà di Sir Matthew. Lui aveva lavorato sodo e aveva accumulato una cospicua fortuna che gli sarebbe bastata per una vita intera. Non aveva bisogno né voleva alcunché avesse avuto a che fare con suo padre.

    «Sfortunatamente, signore» lo aveva informato Mr. Robbins, «vista la deplorevole penuria di fondi in cui la famiglia ha versato dalla morte di vostro padre, la tenuta è ridotta in condizioni deprecabili e Lady Beresford che, se posso osare puntualizzare, è la vostra matrigna, ha ogni diritto di aspettarsi il vostro aiuto.»

    Le sue proteste erano state inutili.

    Robbins aveva continuato a ricordargli i suoi doveri nei confronti di quella famiglia che non sapeva neppure di possedere.

    «Ma di sicuro avranno qualcuno che li aiuta, un segretario o che so» aveva protestato Matt.

    «È meglio che andiate a controllare di persona» gli aveva risposto l’avvocato. «Così poi potrete tornarvene a casa con la coscienza pulita.»

    2

    Matt Beresford si avvicinò con circospezione alla porta nel muro del giardino. Non era da lui essere tanto nervoso, ma l’idea di trovarsi faccia a faccia con quell’inaspettato, quanto indesiderato, gruppo di parenti non lo riempiva d’entusiasmo.

    Si sorprese di trovare il cancelletto aperto e aggrottò la fronte per quella deprecabile e rischiosa dimenticanza. Poi si gettò un’occhiata intorno, registrando più di un segno di negligenza nel giardino. Alcuni alberelli caduti, cespugli di rovi lasciati crescere selvaggiamente e una profusione di erbacce che cercavano di cancellare il sentiero.

    Proseguì ricordando fosco che sarebbe stato il suo denaro a rimettere a posto le cose, se avesse voluto sbrigare la questione prima dell’inverno.

    Dopo aver seguito la curva del sentiero, s’accorse del suono di alcune voci concitate che provenivano da poco distante. La sua curiosità venne solleticata e lui procedette furtivo nella direzione da cui sembrava provenire quella specie di alterco.

    Sbirciando attraverso gli arbusti, riuscì a scorgere le figure di un uomo e una ragazza, apparentemente impegnati in un’animata discussione. L’uomo aveva la pelle brunita dal sole e uno sguardo minaccioso. La giovane dava le spalle a Matt ma, non appena questi vide il pugno dell’uomo levarsi contro di lei, fu pronto a uscire dai cespugli per andare a difenderla.

    L’uomo indietreggiò stupito dal suo arrivo e mentre Matt lo prendeva per il bavero, trasse una pistola dalla giacca e gliela puntò contro.

    «Chi diavolo siete?» farfugliò l’uomo. «E che cosa ci fate in questa proprietà?» Gli brillavano gli occhi mentre studiava gli abiti di Matt, tagliati su misura. Poi, improvvisamente il suono di una risata argentina lo fece esitare e voltare verso la ragazza, per guardarla rabbioso. «Che cosa c’è di tanto divertente? Conoscete quest’uomo?»

    Incapace di reprimere una risata la ragazza, che era rimasta a guardare quella scena da romanzo, scosse il capo e si asciugò gli occhi con un fazzoletto.

    «Deve di certo trattarsi di Matthew Beresford» l’informò lei, cercando di controllarsi. «Il nuovo padrone di Thornfield, Mr. Wentworth. Eravamo stati informati del suo prossimo arrivo, e ora eccolo qui.»

    Gli occhi di Wentworth tornarono sullo sconosciuto che, al momento, era intento a togliere dai propri abiti i ramoscelli e le foglie secche che gli si erano impigliati addosso a causa del suo ingresso a effetto.

    «Siete davvero Matthew Beresford?» gli domandò l’altro, mettendo via l’arma. «E perché siete entrato dal retro del giardino?»

    «Presumo che voi siate uno dei miei impiegati» replicò Matt con freddezza. «E che vogliate continuare a mantenere la vostra posizione, qualunque essa sia.»

    L’uomo impallidì e la ragazza intervenne in suo favore. «Questi è Mr. Philip Wentworth. È lui che si occupa della tenuta da quando Sir Matthew è morto.»

    Matt le gettò una rapida occhiata: era una ragazza piuttosto singolare, con una morbida cascata di capelli castani e grandi occhi grigi. Indossava un abito di cotone azzurro pallido, un cappellino di paglia piuttosto consunto e, sul braccio, reggeva un cestino colmo di fragole selvatiche. Doveva trattarsi di una delle domestiche, decise. Probabilmente aveva interrotto una discussione tra innamorati.

    «E voi sareste?» domandò a sua volta.

    L’aria divertita della giovane svanì all’istante. Un rossore soffuso le imporporò le guance mentre raddrizzava le spalle. «Io sono Imogen Priestley» replicò guardandolo negli occhi.

    Matt annuì brevemente e proseguì lungo il sentiero. «La prossima volta assicuratevi che il cancello del giardino sia chiuso» bofonchiò, guardando torvo Philip Wentworth.

    «Temo di essere stata io» si scusò la ragazza, raggiungendolo. «Ho fatto una passeggiata lungo la strada per vedere se c’erano altre fragole e devo aver dimenticato di chiuderlo quando sono rientrata. Non dovete biasimare Wentworth... non per questo, almeno» aggiunse in un bisbiglio.

    Intrigato da quella creatura particolare, Matt la studiò con più attenzione. Qualcosa nei suoi modi o forse nella melodiosa cadenza della sua voce lo portò a riconsiderare l’idea che si era fatto di lei di primo acchito. No, non poteva essere una cameriera... Forse la governante?

    «State tornando a casa?» le domandò.

    Lei annuì. «Sarò felice di mostrarvi la strada, anche se a dir la verità non credo che vi perdereste, dato che il sentiero va dritto in quella direzione.»

    Lui sorrise. «Ne avevo il vago sentore...»

    Imogen, camminando più veloce per stare al passo con Matt, ebbe modo di ammirarne la figura. Alto e innegabilmente bello, poteva ben notare che la sua carnagione aveva ancora la doratura del sole tropicale e ciò enfatizzava il blu luminoso dei suoi occhi e il chiarore dei suoi capelli, che sembravano brillare come fili d’oro zecchino.

    Un po’ a disagio per quelle continue occhiate che gli venivano scoccate, Matt si limitò a camminare in silenzio. «Come avete indovinato chi sono?» le chiese poi con curiosità. «Wentworth non aveva torto nel pensare che potessi essere un malintenzionato.»

    Imogen rise. «Non potevo non riconoscervi, signore. Ho visto il ritratto di vostra madre. Siete identici per quanto un uomo possa assomigliare a una donna. Gli stessi riccioli biondi, gli stessi occhi blu...» Si fermò, guardandolo confusa. Beresford l’aveva afferrata per un gomito e pareva turbato.

    «Il ritratto di mia madre?» le chiese. «Dove l’avete visto?»

    Lei cercò di divincolarsi. «Mi state facendo male, signore» protestò.

    Matt allentò la stretta, ma continuò a trattenerla. «Vi domando scusa, non avevo intenzione di spaventarvi. Quanto a quel ritratto...»

    «Be’... l’ho visto da bambina, alcuni anni fa. Era nell’attico, dove di solito giocavamo a nascondino, ma quando chiesi a Sir Matthew di chi si trattasse si arrabbiò molto e ci proibì di tornare là. Per quanto ne so, potrebbe anche essere stato rimosso.» Lei si schiarì la gola. «Ora, se voleste essere così gentile da lasciarmi andare...»

    Lui lasciò la presa; ma parve comunque turbato da ciò che le aveva sentito dire. «Quindi avete vissuto qui a Thornfield sin da bambina?» le domandò perplesso.

    «Praticamente tutta la vita» assentì Imogen. Notando lo sguardo confuso sul volto dell’uomo, lei sorrise. «Lady Beresford mi ha presa con sé quando avevo sei anni» spiegò. «Jessica ne aveva solo due, allora...»

    «Jessica?»

    «La vostra sorellastra.» Lei lo squadrò, interrogativa. «Non sembrate saperne molto su di noi, se posso dirlo.»

    «Non so niente, in realtà. Ignoravo persino l’esistenza di tutti voi sino a due settimane fa. Pare che siate voi in vantaggio, qui» ribatté lui, risentito.

    «Cosa intendete?»

    Matt si mise le mani in tasca e la lasciò indietro di qualche passo. «Be’, a quanto sembra, voi sapete tutto di me, invece.»

    Lei gli corse dietro. «Oh, ma non è vero!» protestò. «Nessuno di noi sapeva che esistevate fino a pochi mesi fa. Lady Beresford non si è ancora ripresa dal colpo. È evidente che Mr. Robbins era l’unico con cui

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