Gonnellini e piovre giganti (eLit): eLit
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Anteprima del libro
Gonnellini e piovre giganti (eLit) - Cindy Spencer Pape
successivo.
1
Isola di Torkholm, arcipelago delle Ebridi, luglio 1858
«Magnus, attento!»
Al grido dello zio, Magnus Findlay rotolò su un fianco e assestò un fendente al tentacolo alle sue spalle, che si abbatté sul molo.
Il legno massiccio si disintegrò in una nuvola di schegge e il tentacolo, da cui ora cadevano grosse gocce di sangue bluastro, scattò di lato per avvilupparsi intorno alla vita di Magnus. La testa della piovra era lunga almeno venti piedi, e il corpo quattro volte tanto. Era il kraken più grande che avessero mai affrontato tra i tanti che, nelle settimane precedenti, li avevano attaccati.
Qualcuno di fianco a lui sparò con un fucile a ripetizione. Venne lanciato un arpione da un vicino peschereccio. Il suono delle macchine a vapore e delle armi si mischiava alle urla dei feriti e allo scricchiolio del legno. Un altro pezzo di banchina cedette mentre la bestia aumentava la sua stretta su Magnus.
La spada, eredità dei suoi antenati, grazie a un incantesimo non poteva mai cadergli di mano, e Magnus la affondò nella testa della creatura, che però lo allontanò da quel punto vulnerabile, mozzandogli il fiato. Furiosa e ferita, si immerse negli abissi, trascinandolo con sé.
Magnus spalancò la bocca in un urlo silenzioso, poi sbatté la testa contro le rocce e tutto divenne umido e buio.
Edimburgo, il giorno seguente
«Genny, ho bisogno di te nelle Ebridi.»
«Sono occupata, papà.» Il dottor Geneva MacKay ignorò l'espressione solenne del padre e si rivolse alla sua assistente. «Elspeth, puoi chiudere e andare via. Ci vediamo lunedì.»
«Sì, dottore.» Elspeth Robertson, l'imponente vedova di mezz'età che le faceva da assistente, aveva già accompagnato alla porta l'ultimo paziente. «Buonanotte, dottore. Sir Fergus.» Accennò un inchino e lasciò l'ambulatorio.
Geneva finì di controllare l'attrezzatura medica, si tolse il camice bianco e chiuse a chiave l'armadietto delle medicine. «Se vuoi, puoi rimanere per cena, papà, ma non mi convincerai a lasciare Edimburgo. Come hai potuto vedere, finalmente la mia attività sta prendendo piede. Non posso più darmi alla macchia senza alcun preavviso per Dio-solo-sa-dove. Trova un altro dottore.»
Il volto di Sir Fergus MacKay, cosparso di lentiggini, prese una preoccupante sfumatura di viola, in contrasto con i capelli rossi. «Non posso. Gli altri due medici dell'Ordine sono impegnati altrove.»
«Perché proprio le isole, di tutti i posti possibili? Non si tratta di Connor, vero?» Lavoro o no, Geneva avrebbe abbandonato tutto per il suo fratello minore, che era entrato da poco nella attività di famiglia, l'Ordine della Tavola Rotonda, l'organizzazione che si occupava di contrastare vampiri e altre minacce per il Regno.
«No, non si tratta di un Cavaliere.» Fergus, il viso segnato dalla stanchezza, crollò su una sedia.
«La Scozia è piena di medici, papà. Ho già le mie difficoltà a essere uno dei primi dottori donna di Edimburgo. Come potrei portare avanti la mia professione se sparissi ogni settimana?» Prese una tazza mezza piena di tè dalla scrivania e la svuotò nel lavandino.
Fergus fece una smorfia. «Lo so, bambina. Hai più che ripagato il prestito che l'Ordine ti ha fatto per avviare la tua attività, non hai nessun obbligo. Questo.... be', se potessi dare un'occhiata a questo giovane, sarebbe un favore personale.»
«Allora voglio saperne di più.» Si appollaiò sullo sgabello e studiò il volto esausto del padre, che aveva le palpebre gonfie e la bocca serrata in una linea dura. Due chiazze rosse gli tingevano gli zigomi. Era imbarazzato? Affascinante. «Raccontami tutto.»
Il rossore aumentò. Per lasciargli il tempo di raccogliere i pensieri, Geneva lo accompagnò nel proprio appartamento, che era situato sopra l'ambulatorio, nella palazzina dal tipico stile di Edimburgo. Lo fece sedere al tavolo e gli servì la zuppa che la governante aveva lasciato sulla stufa prima di andare a casa.
«Ora dimmi, papà. Che cosa ti tormenta in questo modo?»
Lui giocherellò con il cucchiaio, fissando il piatto senza però mangiare. «Genny, sono sicuro che tu, tuo fratello e tua sorella non ne sappiate nulla, ma vostra madre non è stata l'unica donna che ho corteggiato.»
Lei si prese un attimo per assimilare l'informazione. Suo padre si era sposato a ventotto anni, l'età che lei aveva in quel momento. «Me lo ero immaginato. Mi stai dicendo che quest'uomo ferito è un fratellastro di cui non ho mai saputo nulla? Alla mamma non piacerà nemmeno un po'.» Maura MacKay avrebbe tollerato un errore di giovinezza del marito, ma non esserne tenuta all'oscuro.
Il viso ancor di più imporporato, lui scosse la testa. «No. Alice e io... eravamo fidanzati, ma non ci siamo mai spinti oltre. Aveva diciassette anni, una bellezza delle Highlands, a Edimburgo per la sua prima Stagione mondana. Non eravamo innamorati, io non credevo nell'amore, ma eravamo buoni amici. Siamo stati bene insieme.»
«Ti ha respinto? Che sciocchina.» Era difficile accettare che c'era stato un tempo in cui suo padre non aveva creduto nell'amore. Lui e la madre di Geneva erano ancora pazzi l'uno dell'altra dopo quasi trent'anni di matrimonio.
Fergus alzò un sopracciglio e ammiccò. «Un mese dopo l'annuncio del nostro fidanzamento, venne da me e disse che aveva avuto una visione. Alice non ha poteri particolari, tu capisci cosa intendo, ma possiede un briciolo di quella che chiamiamo la Vista. Aveva visto la ragazza di cui mi sarei innamorato, e se invece avessi sposato lei me lo sarei rimproverato fino alla fine dei miei giorni. E così tornò a Inverness la settimana seguente.»
«Che gesto... disinteressato.» Rompere un fidanzamento poteva rovinare la reputazione di una ragazza.
«Già. L'anno seguente conobbi tua madre e scoprii che in fondo l'amore esiste. Alice aveva ragione. Le devo molto.»
Geneva era d'accordo. Se non fosse stato per Alice, lei non sarebbe nata. «Serve un dottore a suo figlio?»
«No, ha sposato un soldato, ma non ha mai avuto bambini. Ha salvato un giovane, lo ha trovato avviluppato a una piovra gigante sulla spiaggia vicino a casa sua.»
«Una piovra gigante? Credevo che fossero solo una leggenda.»
Fergus sorrise per la prima volta quella sera. «Sì, proprio come Re Artù e i suoi Cavalieri. Tu dovresti saperne qualcosa. I kraken non sono nemmeno esseri sovrannaturali, solo creature degli abissi profondi, che di norma non si avvicinano alla superficie o alla terraferma.»
L'Ordine era costituito dai discendenti di Re Artù e dei componenti della Tavola Rotonda. La loro stessa famiglia poteva far risalire le sue origini a Sir Kay, e Geneva avrebbe dovuto sapere che non tutti i miti erano favole.
Lei chinò la testa e gli concesse il punto. «E come mai si preoccupa così tanto di quest'uomo da cercare un dottore a Edimburgo?»
Fergus si accarezzò la barba. «Le ho chiesto la stessa cosa. L'ultima volta che mi ha scritto è stato per la morte di mio fratello, sette anni fa. Prima di quello, di tanto in tanto mi arrivava qualche messaggio: per il mio matrimonio, e quando siete nati voi. Dice che c'è qualcosa in questo giovane, qualcosa di magico. Da quello che ha visto, ha ucciso il kraken da solo. Se c'è qualcuno di così potente sulle isole, l'Ordine lo deve sapere.»
«Magia?» Accidenti. Quello cambiava le cose. «Non potete portarlo qui?»
Scosse la testa. «È troppo debole per viaggiare. Alice non ha molte speranze. Il kraken lo ha praticamente fatto a pezzi, e i suoi polmoni erano pieni d'acqua di mare. E probabilmente ha un'anca fratturata.»
«Ecco perché stai chiedendo a me.» Geneva si massaggiò la radice del naso per prevenire il mal di testa. Era abituata a trattare con donne e bambini, il tipo di pazienti che aveva meno difficoltà ad accettare un dottore donna. Ma la sua specialità, quello in cui eccelleva, era sistemare le fratture. Aveva un dono speciale che rasentava il sovrannaturale. «D'accordo. Domani è domenica, e l'ambulatorio è chiuso. Andrò a dare un'occhiata al tuo uomo misterioso, ma l'Ordine dovrà pagare il Dr. MacLeod, qui di fianco, che mi sostituirà se venissi trattenuta. Chiaro?»
«Sì.»
Non sembrava molto contento. L'Ordine aveva risorse inesauribili, ma lui era uno scozzese spilorcio fatto e finito.
«E se ti capita l'occasione, cerca di scoprire come mai i kraken si comportano in maniera così strana.»
«Quindi vuoi che io faccia l'investigatrice, oltre che il medico? Davvero, papà, faresti prima a mettermi sulla busta paga dell'Ordine e farla finita con questa storia.»
«Già. Ma so che preferisci avere la tua casa e la tua attività.»
Geneva non poteva obiettare. Il padre la conosceva troppo bene. «E mi chiedi di partire lo stesso.»
Sussultò. «Lo so, e mi dispiace. Verrei con te, se potessi, ma al momento sono a corto di uomini. Posso accompagnarti a prendere il dirigibile, se sei pronta.»
«Dammi un momento.» Geneva rassettò la cucina prima di andare via, poi scese nell'ambulatorio per prendere i suoi strumenti e la valigia di emergenza. Conteneva una semplice gonna marrone e una camicetta bianca, e un camice in più. Lasciò una lettera di istruzioni per Elspeth e infine andò a bussare al Dr. MacLeod, un uomo gentile dagli occhi vispi e dai baffoni ispidi, per chiedergli di occuparsi dei casi d'emergenza per un giorno o due.
Baciò suo padre senza nessun risentimento. Lo capiva. Non era un compito facile gestire mezza dozzina di Cavalieri e circa trenta altri impiegati, alcuni di loro parte della famiglia. Lui faceva tutto il possibile, pover'uomo, e l'aveva cresciuta secondo gli stessi principi. E quindi era suo dovere andare a guarire quell'highlander e risolvere il mistero degli abissi.
Soffocò una risata. A confronto con la sua fervente attività, sarebbe stata una vacanza.
Un'ora più tardi, era in piedi sul ponte di un piccolo dirigibile diretto all'isola di Mull, nelle Ebridi. Ora che erano al disopra dei fumi della città, poteva togliersi la mascherina necessaria nelle strade sottostanti e respirare a fondo l'aria fresca e pulita. Qualche ricciolo ribelle era sfuggito alle forcine a causa del vento, ma non c'erano altri passeggeri a criticare quella sua mancanza di contegno. Lassù, era libera.
Il mattino seguente, poco dopo l'alba, atterrarono in un ampio spazio roccioso, a picco sul mare. L'estremità sud-occidentale di Mull risplendeva in tutta la sua bucolica bellezza.
Geneva si guardò intorno rassegnata. Rocciosa. Isolata. Silenziosa. Tutto il contrario di quello che amava di Edimburgo. Ma era piacevole stare all'aperto senza dover indossare la maschera per respirare.
L'equipaggio le segnalò che era il momento di sbarcare. Lei raddrizzò le spalle e scese dal dirigibile, con la sua valigetta medica,