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Gioco sporco: Harmony Privé
Gioco sporco: Harmony Privé
Gioco sporco: Harmony Privé
E-book188 pagine2 ore

Gioco sporco: Harmony Privé

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Info su questo ebook

"Abbiamo appena cominciato, e non intendo fermarmi."
Lei è bella, audace e sexy. Ed è il suo delizioso strumento di tortura

Beth Marchande impiega poco tempo a capire che per Ford Lassiter attenersi alle regole è fondamentale. Ma c'è qualcosa in quell'uomo sexy e misterioso che ha bisogno di venire alla luce, qualcosa che lei ha intenzione di scoprire con tutte le armi a sua disposizione. Così, a mano a mano che Ford perde il controllo, lei sperimenta l'eccitante consapevolezza del proprio potere. Però c'è una cosa su cui Beth non è disposta a scommettere: il proprio cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2019
ISBN9788830501096
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    Anteprima del libro

    Gioco sporco - Lauren Hawkeye

    successivo.

    1

    Allora

    Doveva esserci uno sbaglio.

    Ford Lassiter distolse lo sguardo dall'edificio squadrato, situato in un ampio lotto ombreggiato dagli alberi. Abbassò gli occhi sul GPS del cellulare e storse il naso nello scorgere l'icona lampeggiante che gli comunicava che aveva raggiunto la sua destinazione.

    «Grandioso.» Aveva pagato un occhio della testa per avere il meglio che la tecnologia potesse offrire, e proprio quando aveva più bisogno – l'auto aveva cominciato a emettere un rumore piuttosto sinistro – il GPS pensava bene di tradirlo, portandolo davanti a una qualche decrepita proprietà del South End invece che all'officina che gli avevano indicato.

    Si sarebbe perso l'incontro fuori città – su questo non poteva farci nulla. Eppure, non era abituato al fatto che le cose non andassero secondo i suoi piani, ed era come un prurito che non aveva modo di alleviare con una grattatina.

    «Dannazione!» Sbattendo la mano sul volante, sussultò quando accidentalmente azionò il clacson. La scarica di adrenalina fu immediata, e non poté fare a meno di roteare gli occhi.

    «Mandi avanti un piccolo impero tutto da solo.» Si strofinò la mano sugli occhi, prendendosi un momento per appoggiarsi allo schienale in pelle. «Ma non sei in grado di farti sistemare l'auto senza un assistente.»

    Era un concetto che lo feriva nell'orgoglio. Aveva un Master in Business Administration, per la miseria. Era un uomo molto intelligente, e molto ricco.

    Doveva pur riuscire a farsi aggiustare la macchina senza una babysitter.

    Corrugando la fronte, inserì di nuovo il nome dell'officina che gli aveva raccomandato il vecchio al distributore di benzina – Marchande Motors.

    Arrivato a destinazione.

    «Okay.» O uccideva il programmatore di Google Maps, o c'era qualcosa che gli sfuggiva.

    Si issò fuori dalla Porsche Turbo argentata dal pianale rasoterra e si prese un momento per allungare i muscoli e guardarsi intorno. Era parcheggiato in una strada tranquilla di un vecchio quartiere, di quelli che un tempo dovevano essere stati pittoreschi ma che avevano visto giorni migliori. A differenza della griglia ordinata del centro di Boston, dove Ford passava la maggior parte del suo tempo, quell'area era... confusa.

    Vecchie case unifamiliari erano inframmezzate da occasionali edifici più recenti, probabilmente costruiti al posto di quelli che erano stati demoliti perché non più in grado di resistere agli elementi. Poi c'erano abitazioni che erano poco più di baracche. Quella che avrebbe dovuto ospitare l'autofficina e quella accanto erano imponenti vecchie tenute, anche se l'altra era in condizioni decisamente migliori di quella di fronte alla quale si trovava in quel momento.

    Davanti agli edifici più belli c'erano parcheggiate delle auto, mentre sui davanzali di quelli più poveri c'erano fioriere multicolori. Per Ford, niente di tutto ciò aveva senso. Probabilmente per qualche animo più estroso del suo si trattava di un luogo affascinante, ma lui non vedeva altro che caos.

    Aveva avuto una riunione nella periferia a sud della città, e l'auto aveva cominciato a sferragliare una volta arrivato nel South End. Non ci era mai stato prima e, guardandosi intorno, era evidente il perché.

    Serrando le labbra, percorse il marciapiede dell'indirizzo che gli era stato indicato.

    «Ecco qua.» Gli alberi vecchi e contorti gli avevano impedito di notare che si trattava di un edificio libero su due lati. Una volta svoltato l'angolo, trovò un vialetto e alcune auto allineate più o meno ordinatamente – e sentì la musica a un volume tale che si chiese come avesse fatto a non notarla prima. Ebbe la risposta quando oltrepassò la siepe e il volume aumentò ancora: evidentemente il verde faceva anche da barriera acustica.

    Una volta dall'altra parte, fece una smorfia quando i bassi minacciarono di fargli esplodere i timpani.

    Riconobbe il chiasso a stento – erano i Metallica, e anche se fino a quell'istante aveva resistito alla tentazione di storcere il naso, la scelta musicale lo spinse oltre il punto di non ritorno. Perché mai uno doveva ascoltare Enter Sandman quando c'erano tantissime opzioni più civili? Come i Coldplay?

    L'insegna di plastica con le lettere sbilenche che identificavano l'autofficina come il luogo che stava cercando non migliorarono la sua opinione: era attaccata a un bastone di legno piantato nel terreno, e anche se la scritta un tempo doveva essere stata rossa, ormai era di una tonalità rosa salmone.

    «Non ci penso neanche a lasciare qui la mia macchina.» Ford sapeva di essere un po' snob, e gli stava bene così. Lavorava sodo per tenere alto il nome della famiglia – più di quanto avesse mai fatto suo padre. Chi poteva biasimarlo se voleva godersi i privilegi concessi dalla ricchezza?

    «Lasci le chiavi o hai intenzione di startene lì tutto il giorno?» gridò una voce femminile dall'interno, facendolo sobbalzare. Non aveva visto proprio nessuno. Ford strinse gli occhi, ma passando dal luminoso sole pomeridiano al locale in ombra non riuscì a distinguere chi aveva parlato.

    Non era abituato a essere messo alle strette, e di sicuro non lo apprezzava.

    «Pare che sia venuto nel posto sbagliato.» Un'officina attaccata a una casa diroccata, musica assordante, una donna che gli gridava contro invece che sorridergli, come gli capitava di solito... No. No, punto.

    Raddrizzando la schiena, Ford voltò sui tacchi delle scarpe italiane di vera pelle e fece per andarsene.

    «Se stai cercando un'altra officina, guarda che quella di Jimmy è strapiena.» La voce della donna aveva un marcato accento del Massachusetts che lei, lo comprese subito, cercava in ogni modo di sradicare. Quel comportamento avrebbe dovuto irritarlo ancora di più, ma non riuscì a concentrarsi sulla sua voce, non dopo quello che lei aveva appena detto. «Mi ha mandato la macchina su cui sto lavorando perché non aveva più posto.»

    Merda. Lo sferragliamento sulla sua Porsche suonava proprio inquietante, soprattutto in confronto alle abituali fusa pressoché silenziose. In realtà, avrebbe anche potuto correre il rischio... se solo si fosse ricordato l'ultima volta che l'auto era stata revisionata.

    Voltando le spalle, prese il cellulare e mandò un messaggio all'assistente – al diavolo il voler dimostrare di poter fare da solo. Jeremy rispose nel giro di un minuto, efficiente come sempre.

    Non le piacerà la risposta, ma ambasciator non porta pena. Ci vorranno almeno dodici ore prima che un carroattrezzi possa venire a prendere l'auto. C'è stato un grosso incidente al porto e tutti i mezzi sono impegnati lì, per liberare la strada

    Ford digrignò i denti.

    In quale officina si trova? Può lasciare lì la Porsche, e io le mando un'auto a prenderla.

    In fondo alla strada sentì un motore grezzo che si metteva in moto. Ford spalancò gli occhi, rischiando di far cadere il cellulare.

    Il rombo fu seguito da schiamazzi e urla volgari con il chiaro accento del sud di Boston.

    La Porsche era la sua bambola, il primo acquisto importante che aveva fatto quando aveva cominciato a guadagnare bene. No, non poteva lasciarla per strada durante la notte.

    «Dove metto le chiavi?» domandò a denti stretti mentre si girava di nuovo e procedeva verso l'ingresso del garage, adocchiando con disprezzo gli scaffali di un disordine mai visto prima e inspirando l'odore pesante di olio e benzina.

    Non riusciva ancora a individuare la persona che aveva parlato. Esasperante.

    «Lì sul bancone.» La voce proveniva da sotto di lui. Preso in contropiede, abbassò gli occhi su un paio di scarponcini lerci che sbucavano da sotto una vecchia Ford Contour arrugginita – ecco la voce misteriosa.

    «Potrebbe per cortesia uscire da là sotto così posso parlarle in maniera civile?» Ford non era abituato a dover fare richieste del genere: quando entrava nel palazzo multipiano in centro a Boston che fungeva da sede per la sua catena alberghiera, la gente scattava sull'attenti; la guardia giurata gli sorrideva e lo lasciava passare; chiunque fosse in procinto di utilizzare l'ascensore, lo lasciava a lui; una volta raggiunto il suo piano, un assistente gli porgeva una tazza di caffè nero perfetto e un altro il suo tablet con il programma della giornata già aperto sullo schermo.

    Uno sbuffo molto poco femminile lo raggiunse dalla zona intorno ai suoi piedi.

    «Per uscire a parlare con te, devo smettere di lavorare su quest'auto. E questo causerà un ritardo sulla macchina successiva, e di conseguenza sulla tua.» La voce, dal tono ingannevolmente dolce, trasudava sarcasmo. «E ho l'impressione che tu sia il tipo che ha una fretta indiavolata di togliersi di torno, perciò no, non esco di qui finché non avrò finito. Lascia le chiavi sul banco, riempi il modulo e torna tra tre ore, oppure fatti trainare l'auto dove preferisci.»

    «Tre ore?» ripeté indignato. «Non posso aspettare così tanto. Pagherò di più pur di passare davanti, ma mi aspetto che la riparazione sia terminata il più in fretta possibile.»

    Il suo tono era quello che usava sul campo di battaglia – la sala del consiglio – quello che otteneva sempre, sempre il risultato desiderato. Questa volta, invece...

    I piedi, che fino a quel momento avevano battuto il tempo al ritmo della musica, si fermarono di colpo. Un soffio di miele e vaniglia raggiunse le sue narici pochi secondi prima che la donna scivolasse fuori da sotto la Contour.

    Ebbe una breve impressione di capelli scuri e incredibili occhi azzurri, e poi la creatura in tuta blu fu in piedi davanti a lui, non solo per fulminarlo con lo sguardo, ma puntandogli addirittura l'indice sul petto.

    Ford sapeva che non avrebbe mai vinto nessun premio femminista, ma rimase comunque di sasso al vedere con i propri occhi che il meccanico era una donna – aveva immaginato che la voce appartenesse a una receptionist o a una qualche sorta di segretaria, o a un uomo con un tono in falsetto al massimo. Non che pensasse che una donna non potesse fare qualunque lavoro desiderasse – solo non se l'era aspettato.

    «Adesso mi stia a sentire...» Non avrebbe tollerato un trattamento del genere da parte di un fornitore di servizi, a prescindere dal fatto che fosse una donna. Per niente al mondo.

    Non ebbe modo di farlo presente.

    «Il prima possibile sarà non appena avrò terminato questa macchina e quella dopo di questa.» Quegli occhi lanciarono delle fiamme cerulee che minacciarono di incenerirlo. «Da queste parti facciamo quello che è giusto, e quello che è giusto è che tu aspetti il tuo turno.»

    «Non credo che capisca quanto denaro sono disposto a pagare...» tentò ancora Ford, e quell'accidenti di donna lo infilzò di nuovo con l'indice.

    «Che razza di persona aggira le regole per soldi?» Tirò su col naso, lanciandosi dietro le spalle una lunga treccia scura, e Ford sentì di nuovo quell'intrigante profumo di vaniglia. Era così fuori posto, in quell'ambiente, che gli fece venire in mente dei cupcake.

    Un pensiero bizzarro, considerato che raramente si concedeva dei dolci.

    «Quindi sta dicendo che non c'è niente che posso fare per accelerare il processo?» Ford accantonò qualsiasi riferimento ai dolci per aggrapparsi alla propria irritazione. Era particolarmente frustrato dal fatto di non riuscire a vederla come si deve, quella strana creatura che aveva il fegato di alzare la voce con lui – non riusciva a indovinarne il fisico nella tuta informe, né la pelle sotto lo spesso strato di grasso di motore. Aveva l'aria di essersi rotolata in una miniera di carbone.

    La donna gli rivolse un dolce sorriso, ma Ford notò che i suoi occhi, l'unica parte di lei chiaramente visibile, stavano ancora fiammeggiando.

    «Come ho già detto» ribadì indicando la scrivania, «mi hai già fatto perdere tempo. Quindi per l'amor del cielo, se vuoi che ripari la tua dannata auto, lascia le chiavi su quel bancone e compila il modulo.»

    «Non posso credere di essere bloccato qui» borbottò Ford mentre faceva come gli era stato detto, e sentì una risatina che lo fece voltare di nuovo.

    «A dir la verità, sarai bloccato al bar in fondo alla strada.» Ora la sua espressione era di scherno. Chiaramente l'opinione che aveva di lui non era migliore di quella che lui aveva di lei. «Non ho una sala d'aspetto.»

    Con un movimento agile di qualcuno che ha fatto molta pratica, quella strana persona si ridistese su quella specie di grosso vassoio con le ruote – com'è che si chiamava? – e sparì di nuovo sotto la Contour.

    La mente di Ford scartabellò velocemente tra le parole e le frasi in memoria per trovare una replica ironica che avrebbe rimesso quella donna al suo posto.

    Non trovò niente. Niente che riuscisse a comunicare la deferenza cui era abituato a quella peste ricoperta di grasso di motore alla quale evidentemente non importava un fico secco.

    Accigliato, marciò verso il bancone e lasciò le chiavi sul piano ruvido, quindi prese una matita senza punta e il modulo; dopo un attimo di considerazione, recuperò un bigliettino da visita e lo attaccò al modulo con una graffetta; lì c'erano tutte le informazioni rilevanti.

    Marchande Motors

    di Beth Marchande

    Quindi non solo era il meccanico, ma anche la proprietaria dell'autofficina. Ford non seppe come archiviare quell'informazione; quella donna non rientrava in alcuna delle categorie preconcette che si era creato per catalogare le esponenti femminili della specie. E lui aveva bisogno di catalogare tutto quanto.

    Che cos'era una vita senza ordine?

    Sembrava che quella strana donna col profumo di vaniglia lo avrebbe costretto a scoprirlo.

    2

    Beth non accelerò il lavoro sulla Contour, né sul vecchio furgoncino che veniva dopo la macchina; quando faceva di fretta commetteva degli errori, e gli errori danneggiavano la reputazione dell'attività.

    Un cliente perso significava un'entrata in meno, e lei e le sorelle e Mamesie avevano bisogno fino all'ultimo centesimo. Si facevano tutte in quattro per

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