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Le mani del mio vicino
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E-book146 pagine2 ore

Le mani del mio vicino

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Info su questo ebook

Okay, così sui due piedi, l'idea di ristrutturare completamente casa in un tempo brevissimo avrebbe potuto sembrare un po' ardita, ma io, Marty Owens, libraia di professione, ero a un passo dalla disperazione. Poi Cole Stevens, un uomo dalle mani forti e dalla voce profonda ha promesso di aiutarmi nell'impresa e tutto è migliorato, tranne la mia tranquillità mentale. Non riesco a spiegarmi le ardite fantasie che ci vedono protagonisti in tutte le stanze della casa, oltre alle palpitazione e all'apnea quando me lo trovo davanti. Care signore, a questo punto non mi resta che conquistarlo in qualunque modo, anche perché la mia amica Sasha non mi da tregua.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515741
Le mani del mio vicino

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    Anteprima del libro

    Le mani del mio vicino - Dixie Browning

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Her Man Upstairs

    Silhouette Desire

    © 2005 Dixie Browning

    Traduzione di Olimpia Medici

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-574-1

    1

    Marty si concesse dieci minuti per farsi la doccia, lavarsi i capelli, vestirsi e scendere al piano di sotto giusto in tempo per incontrare l’ennesimo manovale. Sempre che si fosse degnato di farsi vedere. Ma esisteva al mondo ancora qualcuno con un briciolo di etica professionale?

    Certo, se tutti facevano come lei, non c’era da aspettarsi niente di buono. Il suo rapporto con il lavoro era un continuo fluttuare tra entusiastici avanti e disperati indietro tutta.

    Per fortuna non aveva nessuno che dipendesse da lei. Nemmeno un cane o un gatto, anche se l’idea di prenderne uno continuava a girarle per la testa. Le piaceva immaginare una piccola palla di pelo con cui parlare sdraiata ai piedi del letto nelle lunghe sere invernali. Ma quello che la tratteneva di più era l’inevitabile strascico di collari antipulci, medicine e mangimi che un animaletto del genere si sarebbe portato dietro.

    Magari avrebbe potuto optare per una coppia di pesciolini rossi...

    Si guardò nello specchio del bagno coperto di vapore. «Almeno non devi pagare l’affitto. A parte la bolletta del telefono, quella dell’elettricità e le tasse di proprietà, non devi niente a nessuno.»

    Certo, per raggiungere la vera felicità mancava ancora qualche dettaglio. Le sue doppie punte avrebbero avuto disperatamente bisogno di un parrucchiere e il maglione che indossava risaliva al primo anno del college. Non è che non potesse permettersi un taglio o qualcosa di nuovo da mettere. Molto semplicemente non sentiva l’esigenza di curare il proprio aspetto e quella sottile insofferenza la preoccupava più di ogni altra cosa. Giorno dopo giorno il suo corpo cominciava a dare segni di cedimento. Per carità, i denti erano ancora tutti sani e al loro posto e riusciva ancora a leggere il giornale usando gli occhiali da vista che si trovavano al supermercato. Ma, dall’altra parte, in testa le spuntavano di media tre capelli bianchi al giorno e sul viso si moltiplicavano a una velocità impressionante quelle che le sue amiche chiamavano, con un simpatico eufemismo, rughe di espressione. E, come se non bastasse, ultimamente aveva cominciato a sentire qualche fastidio alla schiena.

    Probabilmente spostare quintali e quintali di libri da sola non aveva giovato molto alla sua povera spina dorsale.

    Insomma, stava invecchiando e le mancava davvero molto poco per cadere in depressione. Di certo non la aiutavano tutte le riviste che leggeva, infarcite di articoli allarmistici finalizzati a pubblicizzare tutta una serie di psicofarmaci e antidepressivi miracolosi. Il problema era che quella tattica con lei funzionava alla perfezione.

    Marty diede un’occhiata all’orologio e aggrottò le sopracciglia. Il falegname non si era ancora fatto vivo, ma decise di concedergli altri dieci minuti. Dopotutto anche in un posto desolato come Muddy Landing era possibile trovare un ingorgo o una coda. Bastava incontrare un trattore che invece di usare le strade nei campi prendeva la statale, o lo scuolabus, o qualche vecchietto che aveva bevuto un bicchiere di troppo.

    Scosse energicamente la testa per cercare di far asciugare più in fretta i capelli castano scuro - quello almeno era il colore dell’ultima tinta. Cercò di non pensare al casco crespo che aveva sulla testa e si disse che probabilmente l’uomo che aspettava non si sarebbe fatto vedere del tutto e che, se anche si fosse presentato, avrebbe incominciato i lavori solo tra un paio di mesi. Ma lei aveva una scadenza ben precisa da rispettare e se l’artigiano non riusciva a darle la garanzia che avrebbe finito i lavori per quella data, tanto valeva farlo partire.

    Quando l’idea le era venuta in mente per la prima volta le era sembrata geniale. Ma ora che aveva cominciato a realizzarla era assalita in continuazione da mille dubbi.

    Dall’esterno arrivò il rumore della portiera di un’automobile che si chiudeva.

    Quando aprì la porta per andare a controllare chi era arrivato, squillò il telefono.

    «Buongiorno. Ma dov’è finito? È già arrivato?»

    Marty alzò le spalle con un gesto di stizza. «Ciao, Sasha.» La sua migliore amica aveva l’incredibile capacità di farsi viva sempre nei momenti meno opportuni. «Scusa. Aspettavo una telefonata da un’altra persona. Sono molto di fretta. Ti dispiace se ti richiamo io più tardi?»

    «Allora, è già arrivato?»

    «Di chi stai parlando?»

    «Del tuo muratore. Faylene mi ha detto che Bob Ed doveva chiamarti ieri per fissare un appuntamento. Non l’hai sentito?»

    Marty fece un respiro profondo. «Ho appena sentito arrivare una macchina. Forse è lui. Senti, più tardi esigo di sapere se mi state preparando qualcuna delle vostre belle sorprese. Ma più tardi. Adesso devo proprio andare.»

    «Aspetta! Non riattaccare. Chiamami appena se ne è andato. Faylene ha detto che...»

    Marty riattaccò prima di sentire il resto della frase. Muddy Landing, oltre che di caccia, pesca e agricoltura, viveva di pettegolezzi. Probabilmente metà della popolazione era già a conoscenza del fatto che aveva intenzione di ristrutturare la casa e conosceva il nome di chi avrebbe fatto i lavori - e anche quanto le sarebbero venuti a costare.

    Si affacciò alla finestra e vide attraverso la pioggia che nel parcheggio sotto casa si era fermato un pickup. Il cassone posteriore era occupato per metà da un vano porta attrezzi e dal vetro della cabina si intravedeva qualcosa di simile a una rastrelliera porta fucili. In pratica si trattava della dotazione di base di più della metà dei veicoli che giravano in città. Sulla sponda posteriore del cassone spiccava un adesivo con un’imprecazione piuttosto pesante scritta a caratteri cubitali.

    Bene. E allora? A Marty bastava che l’artigiano fosse in grado di seguire poche, semplici istruzioni. Per quello che la riguardava poteva attaccare quegli adesivi idioti dove voleva. L’importante era che facesse il suo lavoro bene e in fretta.

    Lanciò un’occhiata dalla finestra e vide emergere dalla cabina del furgone una gamba lunga e muscolosa, ricoperta di jeans. Scarpe di cuoio scolorite, calzini scuri di cotone e un paio di spalle enormi, rivestite da una giacca stinta, sempre in jeans. Il tutto coronato da un cespuglio di capelli arruffati e schiariti dal sole. Forse l’uomo era un surfista, o più semplicemente aveva passato l’estate arrampicato su qualche tetto a fissare tegole e grondaie.

    Ultimamente, lungo la costa dalle parti degli Outer Banks, non si vedevano altro che squadre di operai intenti a costruire residence e villette a schiera. Come se si attendesse da un momento all’altro un boom demografico o la calata massiccia di migliaia di turisti. A Marty piaceva pensare che tutta quella gente sarebbe potuta diventare cliente della sua libreria, ma la verità era che chi andava al mare si serviva nelle edicole lungo la spiaggia. A nessuno capitava mai di avventurarsi all’interno fino a Muddy Landing. Anche perché, in effetti, quella cittadina era su una strada che non portava da nessuna parte.

    Era ancora alla finestra quando il visitatore misterioso si girò, guardò in su e la fissò per qualche frazione di secondo. Oddio!

    Tirò le tende con uno scatto nervoso. Forse per una donna che viveva da sola non era proprio consigliabile invitare a casa dei perfetti sconosciuti. Questo qui, per esempio, sembrava in grado di abbattere un muro a mani nude. Sciocca, si rimbrottò. È un muratore, no? Che cosa ti aspettavi, un fragile vecchietto sulla settantina?

    Finalmente il campanello squillò un paio di volte. Non fece in tempo ad aprire la porta che dalle scale si sentì il suono assordante dell’allarme antincendio. «E adesso cosa succede?»

    Neanche due secondi dopo la porta d’entrata si aprì di colpo. «Vada subito fuori di qui. Ci penso io» urlò l’uomo del pickup entrando di corsa in corridoio.

    Marty si guardò intorno smarrita e solo allora si rese conto che dalla cucina stava uscendo una nuvola di fumo.

    «Cerchi di non inalare quel fumo. Dove tiene l’estintore?»

    «Dietro alla lavatrice» rispose lei con voce stridula. Poi andò di corsa verso il regolatore dell’allarme, aprì lo sportello di plastica e con un gesto deciso estrasse le batterie. Improvvisamente il frastuono cessò, lasciando il posto a un silenzio irreale.

    Marty fissò per qualche istante lo sconosciuto che si stava dirigendo verso la cucina e anche lui, prima di entrare, si fermò un attimo e le lanciò un’occhiata.

    «Lasci fare a me.» Marty lo trattenne per un braccio e andò dritta verso il forno. Senza esitazione aprì lo sportello e ne estrasse una teglia annerita che conteneva i resti carbonizzati di una torta.

    Lo sconosciuto rimase immobile senza dire una parola.

    Trattenendo il respiro lei appoggiò la torta nel lavandino e borbottò a bassa voce una serie di imprecazioni piuttosto pesanti. Maledizione, aveva rischiato di far andare a fuoco la casa!

    «Le dispiace dirmi cosa sta succedendo?» L’uomo la stava fissando con i pugni piantati sui fianchi e le gambe allargate. E aveva un’espressione tutt’altro che amichevole.

    Lui voleva delle spiegazioni da lei? Lui che le era piombato in casa e aveva cominciato a dare ordini a destra e a sinistra?

    Era vero che stava aspettando un muratore e che sul furgone dello sconosciuto c’era un vano porta attrezzi, ma per quello che ne sapeva quel cassone poteva essere zeppo di armi di distruzione di massa.

    Quando era sotto stress Marty tendeva a far volare l’immaginazione.

    «Mi scusi.» Il tono gentile dello sconosciuto la riportò con i piedi per terra. «Pensavo si trattasse di un incendio.»

    Cercando di respirare a fondo, a dispetto del fumo, lei aprì il rubinetto dell’acqua e mise sotto il getto freddo le dita semiustionate.

    Sentì che l’uomo le si stava avvicinando alle spalle e fece finta di niente.

    «Adesso è meglio che vada» disse lui sottovoce. Aveva un timbro profondo e, in qualche modo, seducente.

    «No!» Marty si girò di scatto. «Ho bisogno di lei.» Lui le lanciò uno sguardo perplesso. «È il muratore che stavo aspettando, vero?»

    L’uomo la guardò con un’espressione interrogativa. «È sicura di stare bene, signora?»

    L’aveva chiamata signora. Patetico, ma dolce allo stesso tempo. Improvvisamente Marty si ricordò di essere scalza e con i capelli umidi. Oddio, pensò inorridita, magari ho anche dimenticato di chiudere la cerniera dei jeans.

    Per sicurezza si tirò il bordo del pullover fin quasi alle ginocchia e, dopo avere respirato profondamente, cercò di riprendere in mano la situazione. Se voleva apparire calma e rilassata il modo migliore era fargli un bel sorriso. Fece del suo meglio, ma a giudicare dall’espressione

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