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Una scottante verità
Una scottante verità
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E-book187 pagine2 ore

Una scottante verità

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Info su questo ebook

Johan Boje, un agente della polizia dello Jutland centro-occidentale, viene ucciso davanti a casa da un'auto in corsa, in una tarda sera di marzo. Il suo capo, Axel Borg, è uno dei primi ad arrivare sulla scena del crimine. Non ci mette molto a capire che non si tratta di un semplice incidente dovuto a un pirata della strada, ma di un omicidio estremamente efferato. Il figlio di Johan Boje, un ragazzino di nove anni, afferma di aver visto l'auto e il conducente, sostenendo che si trattava di un agente di polizia. È soltanto il frutto dell'immaginazione di un ragazzo traumatizzato? La telecamera di sorveglianza di un distributore di benzina conferma le dichiarazioni del figlio: alla guida dell'auto, quella notte fatale c'era qualcuno che indossava un'uniforme della polizia. Il caso viene assegnato a Rolando Benito, un investigatore dell'Istituto di vigilanza sulle forze di polizia. Qualcuno dei colleghi di Johan potrebbe aver avuto un movente per arrivare a compiere un atto così estremo? Rolando Benito si coalizza con Anne Larsen, una reporter di TV2 Jutland Est. Seguono una pista che porta a un incendio avvenuto anni prima, e che ha comportato gravi conseguenze per una famiglia del posto. Forse non si era trattato di un incidente? Ad Anne e a Rolando sembra che il movente possa essere ben diverso da quello che avevano pensato inizialmente. Ma adesso si tratta di dare la caccia al colpevole, prima che possa colpire di nuovo.-
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788726230697

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    Anteprima del libro

    Una scottante verità - Inger Gammelgaard Madsen

    Inger Gammelgaard Madsen

    Una scottante verità

    SAGA

    Una scottante verità

    Original title:

    Brændende skyld

    Copyright © 2017, 2019 Inger Gammelgaard Madsen and SAGA Egmont, Copenhagen

    All rights reserved

    ISBN: 9788726230697

    1. E-book edition, 2019

    Format: EPUB 2.0

    All rights reserved. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    Una scottante verità

    Capitolo 1

    Nel garage scese il silenzio quando spense il motore. L’unico suono era il suo respiro innaturalmente rapido.

    Mentre entrava i fari avevano illuminato il banco da lavoro. Lukas doveva aver di nuovo lavorato alla costruzione della casetta per gli uccelli, senza però fare poi pulizia. C’era segatura dappertutto e la sega non era al suo posto tra gli attrezzi appesi al muro. Sembrava che, ancora una volta, suo figlio avesse abbandonato il progetto. Era contento che almeno ci avesse provato, invece di limitarsi a starsene davanti alla TV o al computer. I ragazzini di nove anni dovrebbero essere attivi ma a lui lo sport non piaceva, a differenza di Mia che andava agli allenamenti di palla a mano due volte a settimana. Certo, lei aveva qualche anno in più, magari con l’età sarebbe cambiato anche lui.

    Provò una punta di irritazione; suo figlio non gli dava mai retta e non aveva ereditato niente della manualità o del senso dell’ordine del padre. Avevano disegnato insieme sulle pareti i contorni di tutti gli attrezzi, non doveva poi essere tanto difficile trovare il posto dove andava messa la sega. Gli venne l’acidità di stomaco e il cuore iniziò a battergli più forte.

    Si appoggiò al sedile con le mani sul volante, come se stesse ancora guidando, chiuse gli occhi e cercò di ricacciare indietro la rabbia e l’irritazione. Il problema non era la sega. E neppure Lukas, o il casino che aveva lasciato.

    Il problema era lui; la sua frustrazione e le sue scelte sbagliate. Forse all’epoca non sarebbe successo quello che poi avvenne, se lui avesse preso il coraggio a due mani raccontando tutto ad Alice. Ricordò che in quel periodo lei aveva nutrito dei sospetti. Glielo aveva letto negli occhi tutte le volte che le diceva che sarebbe rimasto a lavorare fino a tardi o che doveva andare a una conferenza all’estero. Aveva capito, ma non aveva detto niente. Lo amava veramente così tanto? Pensava di non potersi meritare niente di meglio? Era una bellissima donna, avrebbe potuto avere chi voleva.

    Aprì gli occhi e rimase a fissare il buio. Un impeto di gelosia bruciante lo percorse al pensiero di Alice con un altro. Bastava questo a mostrare l’uomo meschino che era. Non aveva alcun diritto di nutrire quei sentimenti, né di sentire il sollievo che aveva provato quando passando davanti alla villa aveva visto che le luci erano spente, segno che Alice e i bambini erano già a letto. Certo che erano a letto. I bambini dovevano alzarsi presto per andare a scuola e Alice aveva il primo turno all’ospedale. O magari andare a letto presto era una sua forma di protesta.

    Avrebbe dovuto chiamare casa per avvertire, ma poi era successo qualcosa. Il giorno dopo avrebbe finalmente avuto delle risposte.

    Dopo averla rivista e averla guardata negli occhi, non poteva abbandonare l’indagine. Avrebbe dovuto lasciar perdere in realtà, dopo tutti quegli anni. Era stato un incidente, questo diceva il rapporto. Ma dentro di sé, lui aveva continuato a sentire che c’era dell’altro. Era solo deformazione professionale o erano altre le ragioni che lo spingevano? Alice gli aveva chiesto cosa ci fosse che non andava. Attenta e perspicace com’era, se n’era accorta anche lei. Aveva sentito il dolore che nascondeva e quanto distanti fossero i suoi pensieri da lei e dai bambini. Avrebbe potuto essere onesto e dirle tutto allora; lavarsi la coscienza e far pulizia nella sua vita. Ma adesso non aveva comunque più importanza. Nulla aveva più importanza.

    Inghiottì il nodo che aveva in gola e si premette forte la radice del naso tra indice e pollice, per scacciare il bisogno di piangere. Lei era stata qualcosa di speciale e adesso lui sapeva con certezza di averla amata... amata davvero. Non era stata solo una storia di sesso e di desiderio, come con le altre. Non era stata un’altra delle sue distrazioni, di cui Alice fingeva di ignorare l’esistenza. Per una volta, non erano state la bellezza e la giovinezza ad attrarlo. Era stato altro, qualcosa di più profondo e intimo. Un’affinità difficile da spiegare, sia fisica che mentale, che non aveva mai provato con nessun’altra donna. Neppure con Alice.

    Il cane dei vicini iniziò ad abbaiare. Cercò di riprendersi e aprì la portiera dell’auto. Il forte colpo risuonò inevitabilmente nel garage, quando la richiuse. Inciampò su un pezzo di legno con un chiodo piegato e imprecò dentro di sé mentre accendeva la luce per metterlo sul bancone.

    Lukas aveva fatto dei progressi con la casetta per gli uccelli. La sollevò e la esaminò da tutti i lati. Una parte del tetto era un po’ storta e c’era un chiodo che sporgeva, ma a parte quello non era male. Gli spuntò un sorriso un po’ malinconico sulle labbra. Si asciugò gli occhi. Il giorno dopo lo avrebbe aiutato a finirla.

    Erano i bambini il motivo principale per cui non aveva detto niente ad Alice. Lukas e Mia. Sarebbe stato in grado di vivere senza di loro? E avrebbe dovuto essere veramente necessario, alla fin fine? Anche lei li avrebbe adorati, ne era certo. Pure lei aveva dei figli. Il pensiero gli fece tornare in mente l’indagine. Sperava che Torben non avesse notato che stava leggendo il vecchio rapporto, quando poco prima era comparso inaspettatamente nel suo ufficio. Il suo partner prestava estrema attenzione ai dettagli, ed era proprio questo a fare di lui un buon poliziotto. Si era alzato e aveva preso il giaccone dallo schienale della poltrona, come se stesse per andare a casa. Sperava di essere stato convincente.

    Aprì la portiera posteriore sinistra dell’auto, prese borsa e giacca dal sedile, si buttò il giaccone su una spalla e uscì dal garage. Era una sera di marzo relativamente calda. Il cielo scintillava di stelle e le foglie secche della siepe di faggio facevano un lieve fruscio, mosse dal vento.

    Max, il cane dei vicini, stava ancora abbaiando. Di solito era quieto quando si aggirava nel giardino recintato e a lui non abbaiava mai, perché lo conosceva. Guardò in strada. Davanti alla casa dei vicini c’era un’auto parcheggiata, a pochi metri dal lampione. Una Peugeot 208 scura. Ma non poteva essere qualcuno che era andato a trovarli, le loro finestre erano tutte spente. Che Max fosse a casa da solo? Pensò di attraversare la strada e andare a parlare al cane per calmarlo. Preferiva rimandare ancora un po’ prima di entrare nel letto con Alice. Non aveva voglia di spiegarle perché aveva fatto così tardi, anche se lei sarebbe forse rimasta a fissare il buio senza neppure voltarsi verso di lui. Non le aveva detto che si sarebbe fermato a lavorare fino a tardi; lei lo aveva chiamato diverse volte sul cellulare, ma lui non aveva risposto.

    Nell’oscurità, l’auto sembrava che stesse facendo un sorriso maligno. L’idea lo fece sorridere. Era stato Lukas a insegnargli a guardare le macchine in quel modo. Con tutti i cartoni animati che aveva visto, suo figlio poteva identificare dei volti su qualsiasi modello di auto. Aveva sempre avuto una fervida immaginazione. Le divideva in due categorie: quelle che sorridevano in modo dolce, birichino o ambiguo, e quelle che erano incattivite o arrabbiate. Lukas gli aveva spiegato che i fari erano gli occhi e la griglia del radiatore una bocca con i denti.

    La macchina non era di qualcuno dei soliti ospiti dei suoi vicini, un’anziana coppia sposata che di rado aveva compagnia. Sembrava che ci fosse qualcuno seduto dietro al volante. Strinse gli occhi per vedere meglio. Una sagoma scura si stagliava contro la debole luce del lampione che si trovava dietro.

    Di recente avevano indagato su una banda criminale organizzata che si appostava nei quartieri, prima di tentarci qualche furto. Cominciò ad avanzare verso l’auto e fu costretto a schermarsi gli occhi con il braccio, quando improvvisamente si accesero dei fanali potenti che lo accecarono. Il motore si avviò e l’auto partì come un fulmine facendo stridere le gomme. Quasi non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo che già la griglia del radiatore gli colpiva le ginocchia e le tibie scagliandolo in aria e facendolo atterrare dietro la macchina come una bambola di pezza. Voltò la testa e vide le luci rosse scomparire.

    Il ruvido asfalto gli aveva ferito la guancia. Provò a rialzarsi, ma il dolore era troppo forte. Vomitò del sangue e per poco non svenne. Il cane iniziò ad abbaiare più forte, come se stesse cercando di scavalcare il recinto per andare da lui. Improvvisamente si accesero le luci di una finestra in fondo al muro.

    La stanza di Lukas.

    Chiuse gli occhi e sentì il sangue fuoriuscire da un lato della bocca. Cercò invano di alzare il braccio per asciugarlo. Non poteva farsi vedere da Lukas in quello stato. Un rumore di motore gli fece riaprire gli occhi e voltare la testa. Era in mezzo alla strada e un auto stava arrivando verso di lui. Cercò disperatamente di strisciare via come un animale sulla strada, ma non riusciva a muoversi. Con uno sforzo enorme, alzò la mano per aria allargando le dita contro i fasci di luce abbaglianti dei fari dell’auto, come se con quel gesto potesse fermarla. L’auto arrivò verso di lui a forte velocità. Si rese conto che era la stessa macchina di prima. Adesso la gomma anteriore era così vicina che poteva vederne le scanalature. Con le ultime forze che gli rimanevano emise un urlo straziante.

    ###

    L’ispettore di polizia Axel Borg cercò di nascondere la sua emozione sentendo che era uno dei suoi a essere stato appena portato al laboratorio della Scientifica su di un’ambulanza silenziosa. Nessuna sirena. Nessuna urgenza. Guardò con riluttanza la pozza di sangue sulla strada, dove i tecnici della Scientifica in tuta bianca stavano mettendo delle targhette triangolari gialle numerate. Sembrava l’inizio di una piramide di carte. Un tecnico raccolse qualcosa sulla strada con un paio di pinzette. Non volle pensare a cosa potesse essere. Notò che non vi era alcun segno di sbandamento davanti alla pozza di sangue, che stava iniziando a essere assorbita dall’asfalto.

    Un tecnico gli fece un breve cenno di saluto mentre scattava una foto alla targhetta gialla contrassegnata col numero 5, che era stata collocata accanto a una vaga impronta lasciata da un pneumatico infangato. Axel volse lo sguardo rendendosi conto che non si trattava di fango. Tirò fuori le mani dalle tasche dell’ampio trench in lana grigio scuro e guardò verso la casa. Ingoiò un nodo che gli era salito in gola. Era sempre difficile parlare con i famigliari.

    In realtà, non doveva neanche farlo. Era emerso che Katja, la nuova funzionaria di polizia del suo distretto, aveva un talento naturale per queste cose e se n’era già occupata lei. Era con loro da così poco tempo che a malapena conosceva Johan. Ma Axel conosceva Alice. Aveva ballato con lei alla festa di Natale del distretto, neanche quattro mesi prima. Johan non ballava. Neanche lui in realtà, ma Alice era una donna da cui difficilmente si riusciva a star lontani; e poi provava una strana forma di compassione per lei. Al lavoro tutti sapevano che Johan non era un marito fedele. Non aveva la minima idea se Alice lo sapesse o no. Ma che importanza aveva ormai? Che importanza poteva avere tutto ciò di fronte alla morte?

    Camminando coi piedi pesanti, salì i gradini in pietra che portavano al portone d’ingresso della villa e suonò il campanello. Sugli scalini c’era della sabbia, che gli scricchiolò sotto le scarpe. Il campanello squillò con una melodia allegra, per niente in sintonia con la situazione. La sentì debolmente al di là del pesante portone in quercia, mentre attendendo si sfregava i baffi ingrigiti tra pollice e indice. Un vezzo nervoso che era diventato abituale da quando aveva lasciato crescere la barba; gli diede anche modo di controllare che non fossero rimaste briciole della brioche mangiata con il caffè del dopocena, quando la tragica notizia gli era stata comunicata dall’ufficiale di servizio.

    Guardò l’ora. L’una e un quarto. Katja probabilmente era già andata via e se Alice non se la sentiva in quel momento, andava bene lo stesso. Magari era andata a letto. Non osò suonare di nuovo il campanello. Avrebbe preferito di gran lunga rimandare quell’incontro; stava per voltarsi e tornare con sollievo alla sua auto, quando sentì che la porta dietro di sé si stava aprendo. Alice aveva gli occhi rossi e gonfi e il suo labbro inferiore tremava leggermente. Non aveva nessun trucco addosso, tutt’altra cosa rispetto alla festa di Natale, quando somigliava a una top model. Il trucco faceva miracoli su gran parte delle donne, ma a lui Alice piaceva di più senza.

    Non disse nulla, si limitò ad aprire la porta e precederlo verso il soggiorno. Stava bene anche in pigiama. I suoi capelli, castani e ricci, erano raccolti in una coda arruffata. Si sedette sul divano coi bambini. La ragazza, Mia gli sembrava di ricordare, si vedeva che aveva pianto, mentre il ragazzo sembrava in stato di choc. Anche loro avevano addosso indumenti da notte. La figlia indossava una camicia da notte rosa a fiori, con i bordi in pizzo; il ragazzino era in pigiama. Axel si sorprese a contare quanti tipi di dinosauri erano stampati sulla maglietta.

    Si schiarì la voce.

    "Non

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