La tentazione della principessa: Harmony Collezione
Di Annie West
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Info su questo ebook
La notizia di un tragico incidente sconvolge per sempre la vita della principessa Amelie, che per sottrarsi all'invadenza della stampa cerca la protezione dell'unico uomo in grado di aiutarla...
Lambis Evangelos desidera Amelie da tutta la vita, ma si è sempre rifiutato di macchiare la sua innocente bellezza con le colpe del proprio passato. Per anni ha tenuto sotto controllo quel desiderio, ma quando Amelie si presenta alla sua porta capisce di essere perduto.
Lì, nella riservata isola greca che li protegge dal resto del mondo, Lambis e Amelie non hanno altra scelta che cogliere il frutto di quella tentazione proibita.
Annie West
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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La tentazione della principessa - Annie West
successivo.
1
«Den katalaveno. Non capisco.» Amelie fece una pausa poi riprovò, cercando di non battere i denti a causa della temperatura che si era abbassata ulteriormente. «Kyrios Evangelos, parakalò. Il signor Evangelos, per favore.»
Dall'interfono uscirono frasi in greco a raffica che lei non era in grado di comprendere, avendo già fatto uso delle poche parole che conosceva in quella lingua. Evidentemente la donna che era in casa non aveva pazienza, oppure non parlava nessuna lingua straniera. Aveva già provato con l'inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e infine il russo. Ma perché mai una domestica avrebbe dovuto saperle? Quella proprietà si trovava in montagna, nella parte settentrionale della Grecia. I turisti frequentavano le spiagge dell'Egeo, o visitavano i siti archeologici; soltanto i più avventurosi si sarebbero diretti in quella bellissima regione così isolata.
Amelie non aveva mai avuto la possibilità di essere avventurosa, ma ci aveva pensato il destino a capovolgere il suo mondo. Si trovava in una situazione a dir poco disperata.
«Per favore. Parakalò» implorò di nuovo, ma la comunicazione venne interrotta. Fissò incredula la telecamera di sicurezza in cima al cancello. Eppure la donna doveva aver visto che stava congelando. Sbatté le palpebre, divisa tra l'indignazione e la sorpresa. Mai prima di quel momento era stata ignorata, o respinta. No, non era vero. Era stata rifiutata dall'uomo che era venuta a incontrare lì. Un tempo, quando era soltanto la sua felicità in gioco, aveva incassato il suo rifiuto con la grazia che aveva imparato nel corso degli anni. Questa volta però si trattava della felicità di Sébastien, del suo futuro, e non poteva accettare un no.
Serrò le labbra in un modo che suo padre usava definire ostinato. Peccato che non fosse mai riuscita a compiacere il genitore malgrado tutti i tentativi e gli impegni familiari che si era accollata. Ma ormai era morto, come suo fratello Michel e sua moglie Irini. Una fitta di dolore le serrò la gola, tuttavia non avrebbe permesso alle lacrime di sopraffarla. Non c'era stato tempo per piangere dopo l'incidente e tutti contavano sul fatto che fosse forte. E come se non bastasse, le ripercussioni della morte di Michel erano alquanto complicate.
Amelie inspirò a fondo, concentrandosi su qualcosa di positivo, tipo il fatto che aveva ancora Sébastien. Lanciò uno sguardo all'auto presa a noleggio e che aveva parcheggiato davanti al massiccio cancello. Non c'erano movimenti. Sébastien doveva essersi addormentato. Il viaggio da St Galla lo aveva stremato. Si portò una mano alla testa che le pulsava dolorosamente; troppo stress e poco sonno.
Era consapevole delle telecamere e che dall'interno potevano vederla. Aveva trascorso tutta la sua vita a esercitarsi a non mostrare la sua debolezza e se Lambis Evangelos o i suoi lacchè credevano che se ne sarebbe andata via docilmente, non avevano proprio idea di cosa la disperazione potesse spingere a fare.
Tornò lentamente alla macchina senza batter ciglio quando un fiocco di neve le colpì il viso. Ci mancava solo la neve a coronare quell'orribile viaggio. La traversata fino ad Atene su una barca di un amico per evitare i paparazzi che la perseguitavano da giorni e che l'avevano costretta a lasciare il palazzo in piena notte; poi l'ostruzionismo da parte dei dipendenti di Lambis quando si era presentata negli uffici della Evangelos Enterprises e infine le ore al volante di un'auto a noleggio verso il nord della Grecia. Era arrivata fin lì e si rifiutava di tornare a casa sconfitta. C'era troppo in gioco.
Aprì la porta posteriore della macchina e scivolò accanto a Sébastien. Il piccolo dormiva e un ciuffo biondo gli ricadeva sul visino troppo pallido. Aveva un aspetto vulnerabile con il suo orsetto stretto sotto il mento. Il suo cuore si riempì d'amore e fu pervasa da una nuova forza. Si tolse il cappotto e coprì entrambi. Sotto la stoffa di cachemire strinse Sébastien a sé. Avrebbe dovuto escogitare un nuovo piano, ma per il momento aveva bisogno di un po' di tregua. Dieci minuti di riposo prima di pensare a cosa fare. Esausta chiuse gli occhi. Solo dieci minuti...
Un colpo la svegliò. Amelie aveva la testa annebbiata. Faceva così freddo che si chiese come avesse fatto a addormentarsi. Di nuovo udì un colpo, questa volta più forte. Girò la testa e attraverso il finestrino scorse un'ombra scura che incombeva come un gigantesco orso di montagna. L'adrenalina prese a pomparle nelle vene e dovette respingere un'ondata di panico. Si svegliò del tutto ricordando la loro situazione. Scivolò sul sedile e coprì bene Sébastien che continuava a dormire. Non appena posò la mano sulla maniglia la forma massiccia all'esterno si ritrasse, consentendole così di aprire la portiera.
Una ventata di aria gelida la investì insieme ai fiocchi di neve. Inspirò a fondo e l'ossigeno le gelò la gola. Aveva la pelle d'oca, tuttavia sospettò che non fosse dovuta solo al freddo. Era più probabile che fosse la reazione all'uomo che le stava di fronte. Almeno quelle spalle larghe la riparavano in parte dal vento. Erano la cornice perfetta per un bellissimo volto dalle sopracciglia folte, il naso deciso, gli zigomi alti e una mascella che le ricordava le forme squadrate dell'Acropoli. Poco importava che le sue labbra fossero piene perché tanto non sorrideva mai. Gli occhi erano grigi e duri come le montagne dietro di lui. Nessun benvenuto. Nessuna offerta di assistenza.
Amelie alzò il mento rifiutandosi di farsi intimidire dalla sua espressione arcigna... o dalla risposta puramente femminile alla sua aura di potente virilità. Tenne le braccia lungo i fianchi invece che stringerle attorno al corpo congelato, o decidere di andare a cercare un albergo dove rifugiarsi e poter stare da sola.
Questo non è da te, Amelie.
La sua vita era sempre stata dedicata agli altri. I suoi tentativi di cercare una sua felicità personale erano stati disastrosi.
«Kalispera.» Buonasera.
Lui non rispose, tuttavia lei ebbe l'impressione che stesse trattenendo la rabbia. Era immobile e l'unica cosa che si muoveva erano i capelli neri troppo lunghi scompigliati dal vento.
Com'era possibile che un uomo tanto rigido e inflessibile riuscisse a farle accelerare le pulsazioni e piegare le ginocchia per l'eccitazione?
«Stai bloccando il cancello.»
Amelie evitò di ribattere, sapendo che non avrebbe migliorato il suo umore, e gli rivolse il sorriso che riservava al pubblico e che aveva perfezionato prima ancora di imparare a camminare.
«Vero.» Perché parcheggiare lì era stato l'unico modo per assicurarsi l'attenzione di qualcuno. Lambis Evangelos o i suoi dipendenti non sarebbero potuti entrare o uscire con la sua auto che bloccava l'ingresso.
«Se apri il cancello rimedierò subito.»
Lambis non si prese neppure la briga di scuotere la testa.
Amelie si sentì sopraffare dalla stanchezza e dalla rabbia. Aveva viaggiato fin lì nascondendosi dalla stampa e con il terrore che qualcuno la riconoscesse, per trovarsi alla fine davanti a un uomo cui non importava niente di lei e di Sébastien. Forse quel suo ultimo, disperato tentativo era destinato a fallire. Il sapore della sconfitta era amaro e lei sentì crescere dentro di sé la disperazione. Qualcosa brillò negli occhi di lui, tuttavia non disse ancora nulla. Inoltre non era vestita per quella tempesta di neve fuori stagione. I suoi abiti erano eleganti ma non caldi. Mancavano almeno due mesi prima che arrivasse il freddo a St Galla e la neve era rara.
Si voltò per aprire la portiera dell'auto.
«Cosa stai facendo?»
La voce di Lambis era profonda e la fece rimescolare dentro, tuttavia non gli avrebbe permesso di sconvolgerla.
«Dal momento che un'accoglienza civile è fuori questione torno in auto, dove almeno c'è un po' di caldo.»
«Fermati!» la bloccò Lambis allungando una mano per poi ritrarla, come se rifiutasse l'idea di un qualsiasi contatto fisico tra loro.
Amelie non voleva che la toccasse, ma quel rifiuto la ferì.
«Perché? Hai per caso qualcosa da dire che io voglia ascoltare?» ribatté alzando il mento e cogliendo una leggera piega all'angolo della sua bocca. Ovviamente niente che si avvicinasse a qualcosa di così umano come un sorriso, ma comunque era pur sempre qualcosa.
«Non dovresti essere qui.»
«Questo è uno spazio pubblico, quindi ho tutto il diritto di parcheggiare davanti al tuo cancello mentre aspetto che qualcuno mi faccia entrare.»
«Non c'è niente per te qui» dichiarò Lambis, pronunciando ogni singola parola con una perfezione che ad Amelie fece scordare che l'inglese non era la sua lingua madre.
«Non sono venuta per me» ribatté lei, senza tradire il dolore che provava. Era così brava a farlo che si chiese come sarebbe stato lasciarsi andare, piangere e imprecare contro il fato. Purtroppo non era nella sua natura e non sapeva nemmeno come si faceva. «Ho portato mio nipote con me.»
Silenzio. E un'assoluta immobilità. Lambis Evangelos era stato allenato a essere così impenetrabile e insensibile? Di certo persino quell'uomo burbero, che le aveva fatto capire perfettamente di non essere la benvenuta, avrebbe dovuto conservare un po' di tenerezza per un bambino!
Lentamente lui si chinò e guardò dentro l'auto.
Quando si rialzò la sua espressione non era mutata.
Era evidente che la presenza del piccolo Sébastien non lo aveva scalfito. Potevano starsene lì in mezzo alla tempesta senza che venisse loro offerto un riparo.
Amelie si morse l'interno della guancia per impedirsi di esprimere tutta la sua indignazione. La cosa più saggia da fare era ammettere la sconfitta, salire in macchina e raggiungere il paese più vicino in cerca di una sistemazione per la notte. Tuttavia le sue mani tremavano troppo per guidare su una strada scivolosa. Furiosa con se stessa, e con Lambis, aprì la portiera posteriore.
All'improvviso si sentì afferrare per la spalla e un calore diffondersi attraverso il tessuto della maglia. Si voltò a fissare il suo sguardo granitico.
«Non toccarmi.»
«Altrimenti?» Questa volta Lambis aggrottò un sopracciglio.
«Altrimenti ti denuncio per aggressione. E nel caso pensi che stia bluffando, lascia che ti avverta che sono arrivata al limite.»
«Anche se significa attirare l'attenzione dei media?» gli chiese lui, consapevole che aveva fatto quel viaggio proprio per evitarli.
Amelie richiuse la portiera. Lambis era così imponente che se gliene fosse importato qualcosa, avrebbe potuto sentirsi intimidita.
«A questo punto non me ne frega più niente» ribatté sorridendogli e questa volta provò un certo piacere nello scorgere l'ombra del dubbio sul suo volto severo. «Potrei chiamare un giornalista adesso. Non ho dubbi che verrebbe di corsa.» Lambis non parve abboccare e rimase in attesa che facesse qualcosa. Niente. Ma anche se avesse fatto intervenire la stampa sarebbero stati comunque lei e Sébastien a perdere.
Avevano perso!
E in gioco c'era il futuro di Sébastien! Il tempo correva veloce. Le ginocchia minacciavano di cederle di fronte alle sue speranze infrante.
No, non poteva mollare proprio adesso, non con quell'uomo che la fissava come un gatto puntava un topo. Aveva bisogno di privacy per quando fosse crollata. Si liberò della sua presa e si mosse verso la portiera del guidatore.
«Dove hai intenzione di andare?»
Lei non rispose. Quella era probabilmente la prima volta nella sua vita che ignorava una domanda diretta. Avrebbe dovuto essere