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Scossa al cuore (eLit): eLit
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E-book151 pagine2 ore

Scossa al cuore (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Quando Amber incontra Dax, la terra trema, letteralmente! Si trovano infatti in un edificio abbandonato e un scossa improvvisa li intrappola senza possibilità di fuga. Certi di non avere via di scampo, si lasciano andare a un'improvvisa passione selvaggia. In realtà, dopo alcune ore, una squadra di soccorso riesce a portarli in salvo. Ma nel trambusto generale i due si perdono di vista...
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2018
ISBN9788858995549
Scossa al cuore (eLit): eLit
Autore

Jill Shalvis

JILL SHALVIS è una scrittrice che ha fatto del rosa malizioso e seducente la sua bandiera. Donna eclettica e vivace, sa dimostrarlo pienamente in ogni suo libro.

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    Anteprima del libro

    Scossa al cuore (eLit) - Jill Shalvis

    Immagine di copertina:

    bortonia / DigitalVision Vectors / Getty Images

    Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

    Aftershock

    Harlequin Temptation

    © 2001 Jill Shalvis

    Traduzione di Lucia Esposito

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-554-9

    1

    Il posto non era come se l’aspettava. Sebbene fosse sola, Amber Riggs mantenne un’espressione impassibile, che non lasciava trapelare il disappunto. Saper controllare le proprie reazioni era fondamentale, specialmente per concludere affari vantaggiosi.

    Scese dall’auto senza verificare il trucco o la pettinatura. Non ne aveva bisogno. Sapeva di essere in perfetto ordine, come sempre. Il suo aspetto curato e professionale era studiato nei minimi particolari perché le persone la prendessero sul serio.

    Più volte era stata lodata per l’eccellente lavoro che svolgeva nel campo immobiliare; quello che più desiderava, però, non era l’approvazione, ma il rispetto.

    O almeno, era quello che diceva a se stessa.

    Guardò il magazzino abbandonato davanti a lei e corrugò la fronte. Era fin troppo esperta per non rendersi immediatamente conto delle difficoltà che avrebbe avuto a vendere quell’immobile. Era troppo fuori mano.

    L’unico aspetto positivo era la totale libertà lasciatale dal proprietario nella gestione della vendita.

    I suoi tacchi alti risuonarono sull’asfalto mentre si avvicinava all’ingresso dell’edificio a due piani. Sarebbe entrata, decise. Doveva pur trovare qualcosa di interessante su cui far leva. Era il suo forte scoprire sempre un aspetto positivo, persino negli affari più disastrosi. Il suo cospicuo conto in banca la diceva lunga al riguardo. E per una ragazza che aveva lasciato casa prestissimo con addosso solo una maglietta e un paio di jeans, bisognava ammettere che se l’era cavata egregiamente.

    Girò la chiave nella toppa della porta e mosse qualche passo all’interno del locale immerso nel buio. Previdente com’era, tirò fuori dalla borsa una torcia elettrica e fece luce. Il silenzio intorno a lei era opprimente e, man mano che si addentrava, l’oscurità si faceva sempre più cupa, facendole perdere a ogni passo un po’ del suo gelido contegno.

    Non le piaceva il buio. Era uno spiacevole ricordo d’infanzia, quando per ore, da sola, restava chiusa in camera con un’orrenda sensazione di abbandono.

    No. Non era il momento di commiserarsi. Aveva ventisette anni ormai, e il passato era un capitolo chiuso. Tuttavia, la torcia illuminava a stento l’ambiente scuro come la pece e il suo autocontrollo iniziava a vacillare.

    Aveva percorso tre quarti dell’ampio locale quando giunse davanti a una porta. La aprì e puntò il fascio di luce sulle scale che scendevano al piano sotterraneo. Bene. Aveva finalmente trovato qualcosa di interessante: uffici che sarebbero serviti per la direzione e gestione dei magazzini.

    Cominciò a scendere con cautela le scale, facendosi coraggio nonostante il silenzio e il buio sempre più intensi. Ma improvvisamente il sangue le si gelò nelle vene. Possibile che avesse sentito il lontano richiamo di una voce maschile?

    No, era impossibile, si tranquillizzò. Era sola.

    Come sempre.

    Ma un rumore improvviso simile a un potente tuono riempì la stanza, e Amber mandò al diavolo il suo autocontrollo. E al diavolo anche gli affari. Voleva uscire di lì.

    Fu allora che iniziò il terremoto.

    Una scossa violenta fece sobbalzare la terra sotto i suoi piedi, come un terribile mostro che si risveglia da un sonno millenario. Il rumore assordante le impediva di pensare, mentre la pelle rabbrividì per il terrore. In precario equilibrio su quelle sabbie mobili, inevitabilmente scivolò e andò a sbattere contro un muro.

    Dopo la visione di stelle fugaci, l’ultima cosa che udì fu il proprio grido terrorizzato.

    Dax McCall adorava guidare, i capelli al vento e il profumo dell’autunno che gli riempiva le narici. Adorava la vita, pensò generosamente, mentre con il fuoristrada percorreva le strade di montagna di Point Glen.

    Non avrebbe potuto chiedere una giornata migliore. Madre Natura doveva amare il sud della California, e specialmente la contea di San Diego, se a inizio novembre continuava a regalarle una brezza così calda e un cielo limpido come quello.

    Era la sua prima domenica libera da settimane. Non che se ne lamentasse. Amava il suo lavoro e sapeva di essere il migliore ispettore dei vigili del fuoco di tutta la contea, ma doveva pur riposarsi ogni tanto.

    Aveva appena risolto un caso di incendio doloso che aveva causato cinque morti, e le cui indagini si erano protratte per circa due anni. Quei morti carbonizzati a volte di notte continuavano a tormentarlo. Ma era il suo mestiere. E, sebbene fosse passato al settore investigativo, nel suo cuore era innanzitutto un vigile del fuoco.

    Uno squillo fastidioso rovinò quella pace. Dannazione! Dax rispose al telefono cellulare con l’entusiasmo di un bambino obbligato ad andare a letto. «Pronto?» grugnì nella cornetta, mentre cautamente accostava l’auto.

    «Ciao, volevo farti un saluto.» La voce di Shelley, la maggiore delle sue cinque romantiche, premurose e affettuosamente invadenti sorelle, risuonò nel telefono.

    «La risposta è no!»

    «Dax, caro, come fai a sapere quello che voglio chiederti?»

    «Lo so perfettamente» ribadì lui in tono asciutto, ma con un enorme sorriso che incominciava a distendergli le labbra. Nonostante lo facessero impazzire, voleva un gran bene alle sue sorelle. «Si tratta dell’ennesimo, enorme, vitale, disperato favore a un’amica, vero?»

    «Lei non è disperata

    «Ne abbiamo già discusso, ricordi? Basta con gli appuntamenti al buio.»

    Sebbene avesse trentadue anni e non fosse sposato, non ne faceva una questione di vitale importanza. Sposarsi non era il suo obiettivo primario. Ma le sorelle continuavano a ignorarlo, proponendogli amiche dopo amiche, e sorelle di amiche delle amiche.

    Si era già scottato un paio di anni prima, ma loro continuavano a considerarlo un bambino: nonostante la sua altezza di un metro e ottantacinque, il fisico muscoloso e prestante e la decennale esperienza lavorativa. «Devo andare, Shel» tentò di tagliar corto riportando l’auto in carreggiata.

    «No, aspetta. Perché non ci provi? La tua ultima fiamma era una stupida bamboletta bionda che sussurrava cose incomprensibili.»

    Dax si sentì solo vagamente offeso. Perché nascondere la verità, del resto? Era attratto dalle bionde appariscenti, anche se sapeva che con loro non sarebbe arrivato da nessuna parte. O forse era proprio per quello che le sceglieva. «Shelley, cara, ora devo proprio andare.» Simulò rumori di interferenza. «Ti sento a tratti.»

    «Dove sei?» gridò lei.

    «Sulla statale due, nei pressi della vecchia officina.» Nel dirlo, Dax lanciò uno sguardo all’area boschiva intorno all’edificio abbandonato e fece una smorfia. Teneva d’occhio quella costruzione pericolante da anni, e da anni ne chiedeva la demolizione. «Dannazione!» esclamò quando vide l’auto sportiva parcheggiata davanti all’entrata.

    Con una smorfia di disappunto e preoccupazione, inventò una scusa e interruppe la comunicazione. Svoltò nel parcheggio, scese dal fuoristrada e si precipitò alla porta. Quando vide che era chiusa a chiave, non ebbe più dubbi. Doveva trattarsi di uno stupido agente immobiliare ignaro del pericolo che correva.

    Fece un giro dell’edificio per trovare un varco, ma fu costretto a tornare all’ingresso e a forzare la fragile serratura. Un gioco da ragazzi. Dopo esattamente trenta secondi era già dentro e cercava di abituare gli occhi al buio circostante. «C’è nessuno?»

    Il silenzio e l’oscurità erano fitti, e la più totale assenza di ventilazione confermava la mancanza di un’uscita di sicurezza. Imprecò di nuovo tra i denti mentre bloccava la porta con un sasso. Se non gli avesse risposto ancora nessuno, sarebbe tornato a prendere la torcia in auto, ma era convinto che al prossimo richiamo l’intruso sarebbe stato ben contento di uscire. «Vigili del fuoco» urlò. «Venite fuori. Questo posto è pericoloso.»

    Una porta si aprì in fondo al locale.

    La stessa porta sbatté richiudendosi e lui corse in quella direzione. La aprì a tentoni e vide a malapena le scale, nonché il baluginare di una luce. «Alt!» gridò, scendendo rapidamente metà della rampa, arrabbiato con se stesso per non aver preso la torcia elettrica. «Chiunque sia, si fermi!»

    Quelle furono le ultime parole che pronunciò prima che il terremoto gli facesse mancare la terra sotto i piedi e lo mandasse a sedere a terra su uno dei gradini di ferro della scala.

    Nato e cresciuto nel sud della California, era abituato ai terremoti, ma non amava essere messo al tappeto senza preavviso. Inoltre, quello sembrava essere un terremoto particolarmente violento e tenace, scuoteva la terra già da alcuni secondi e non sembrava volersi placare. Dax si teneva incollato alla ringhiera senza neanche tentare di alzarsi, disorientato anche dal buio che avvolgeva completamente ogni cosa.

    Con la testa tra le ginocchia, pregava ardentemente che l’edificio reggesse alle pesanti scosse, ma il rumore di mattoni che cadevano e il rombo inequivocabile di un cedimento strutturale lasciavano ben poco spazio alla speranza. Lui era sceso negli scantinati, sopra la sua testa primo e secondo piano avrebbero ceduto.

    È finita, pensò, aspettando di vedersi sfilare davanti agli occhi i momenti più belli della sua vita. Ma tutto quello che riusciva a fare in quel momento era pensare alla sua famiglia. Sua madre e le sue sorelle non avrebbero retto a quel dolore.

    Fu allora che sentì la scala cedere rovinosamente, e lui cadde. E cadde ancora. E gridò, mentre sentiva un altro grido unirsi disperatamente al suo.

    2

    Dax atterrò dolorosamente sul sedere. Per un attimo perse i sensi, poi, nella confusione alimentata dal buio pesto, realizzò che la scala doveva essere crollata. Il che avrebbe reso vano ogni tentativo di uscita da quel sotterraneo.

    Poi ricordò anche l’urlo. «Ehilà! Vigili del fuoco!» chiamò con voce rauca, mentre si rialzava a fatica e tossiva per la polvere.

    Era disorientato, ma l’innata disposizione ad aiutare gli altri gli dava la forza per reagire. «Rispondete!»

    «Sono qui!»

    Una donna, dannazione! Scavalcò a quattro zampe quelle che gli sembrarono montagne di detriti. «Sto arrivando! Dove si trova?»

    «Qui!» La sentì tossire. Poi lei gridò ancora più forte: «Sono qui!».

    Quando le toccò una gamba capì di averla finalmente raggiunta.

    «Oh!» Spaventata, lei si ritrasse. Ma Dax con fermezza cominciò a tastarla per scoprire se fosse ferita, maledicendosi per non aver portato con sé la torcia elettrica. Percorrendole le gambe con le mani, fu assalito da un pensiero quanto mai inopportuno. Persino un santo, cosa che lui decisamente non era, si sarebbe reso conto di quanto fossero belle quelle gambe. Lunghe e snelle, toniche e... nude, eccetto che per un paio di

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