Ubriaca d'amore
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Romance - romanzo (151 pagine) - Leslie ha 35 anni e una vita tutta da reinventare. Nella sua vita, però, si affaccia un bell’imprevisto: il dottor Adrian Miller, che sembra portarle di nuovo il sorriso.
Leslie ha 35 anni e una vita tutta da reinventare, dopo che il suo fidanzato Daniel, chef e proprietario di un ristorante a Londra, l’ha lasciata per una esperta di vini. Leslie, pasticcera di origini italiane, senza una carriera ben definita, decide di saperne di più di vini pregiati e finirà per frequentare un corso di sommelier. Nella sua vita, però, si affaccia un bell’imprevisto: il dottor Adrian Miller, che sembra portarle di nuovo il sorriso. Aiutata dalla sua amica Monica e dal suo amico di sempre Jack, Leslie cambierà totalmente modo di guardare alla vita. Jack, figlio di un ricco imprenditore nel settore automobilistico, combatte con dei problemi personali, sia per il rapporto difficile con il padre sia per la perdita della madre in adolescenza. Leslie si troverà ad aiutare Jack, che intanto ha avuto un incidente in moto causato da lui, e contemporaneamente a frequentare Adrian. Quando scoprirà che Jack ha sempre provato qualcosa per lei e invece Adrian preferisce ritornare con la sua ex moglie, Leslie decide di andare nel Sud Italia dalla famiglia in vacanza. Jack andrà da lei e le farà scoprire che l’amore vero è sempre stato sotto ai suoi occhi.
Marina Rodriguez è nata a Napoli, 34 anni fa. Scrive poesie. Ha lavorato come giornalista per giornali locali campani e come insegnante di lezioni private. Ha partecipato a molti concorsi di poesia (finalista al premio Aletti editore 2020). Questo è il primo romanzo che pubblica.
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Anteprima del libro
Ubriaca d'amore - Marina Rodriguez
pubblica.
1. Un nuovo punto di vista
Avevo bisogno di ossigeno.
– Cosa hai detto? – chiesi tremante.
– Ti lascio!
Avevo bisogno di ossigeno.
– Perché? – domandai agitata.
– Perché sto con Vicky, ora! – Non credevo alle mie orecchie.
– Chi? – Avevo bisogno di ossigeno. Dove erano finite le mie sigarette? Si perdevano sempre nella borsa, neanche fosse un labirinto segreto. Ed era poco più che una pochette.
Trovai le sigarette, ne presi una.
– Non puoi fumare qui dentro! – disse Daniel il bastardo
; cioè, lo era diventato da cinque minuti. Era il mio fidanzato fino a quel momento.
– Siamo nel tuo ristorante, posso fare quello che voglio in questo momento, anche permettermi di essere sconsiderata! – risposi in preda al panico.
La ricerca dell’accendino neanche fu semplice, ma riuscii ad accendere la maledetta sigaretta.
Finalmente avevo l’ossigeno che stavo cercando. Meno male che non avevo mantenuto la promessa di smettere di fumare.
– Leslie, hai bisogno di qualcos’altro? Ti chiamo un taxi? – disse Daniel.
Ma cos’era successo? Chi era quell’uomo così freddo?
Dov’era finito il mio premuroso fidanzato? Quello che mi portava gli avanzi migliori dal ristorante? Quello che mi chiese in moglie due anni fa e poi, il mutuo della casa, l’apertura del ristorante, la vacanza in Messico, il conto del dentista, Amazon prime, Netflix… insomma perché diavolo non ci eravamo sposati? E chi diavolo era Vicky?
Dopo una discussione di circa dieci minuti, uscii di lì con l’informazione più importante, e cioè che tra lui e Vicky andava avanti da un anno. Un anno! Si erano conosciuti alla fiera del vino in Italia e ora erano addirittura sia soci in affari, essendo lei un sommelier di fama mondiale, che amanti.
Iniziavo a provare un senso di disgusto. Come sarei andata avanti, ora?
Non avevo più un lavoro fisso e lui lo sapeva.
Ero una pasticcera e negli ultimi tempi con la creazione del blog e l’idea di realizzare un catering con la mia amica, avevo avuto più spese che incassi. E ora che cosa avrei fatto?
Tornai a casa. Presi una bottiglia del vino più prestigioso che trovai sulla mensola in cucina. Credevo che fosse prestigioso, ma non ne sapevo nulla di vini! Me la bevvi quasi tutta da sola.
Provai una bella e rilassante sensazione. Perché non bevevo mai il vino?
Era questo che voleva da me Daniel? Parlare di vini? Ero nata in Italia e dunque sapevo per nascita cosa fosse il vino. Forse mi scorreva anche nelle vene. Ma in realtà, l’altra mia metà inglese richiedeva spesso dosi massicce di birra.
In quel momento realizzai che forse avrei perso la casa e che lui si sarebbe preso tutto. Forse sarebbe stato meglio mettersi a cucinare un bel plum cake. Avevo davvero un grande bisogno di ubriacarmi e di zuccheri.
La mattina dopo ero uno straccio. Daniel non tornò come previsto e io passai tutta la notte a pensare a lui tra le braccia di Vicky. Non sapevo neanche come fosse fatta e forse era meglio così.
Mi alzai e mi accorsi di aver divorato anche tutto il plum cake della sera prima, insieme a due bottiglie di vino. La combinazione era risultata davvero pessima. Dovevo in qualche modo approfondire la conoscenza dei vini, anzi: – Che andassero all’inferno i sommelier e le uve del mondo!
– Hai davvero urlato le uve del mondo
? – disse Monica, la mia amica e socia. Aveva una chiave del mio appartamento e spesso si divertiva ad entrare senza bussare prima. Ora era lì davanti a me, e le si leggeva un’espressione confusa in volto. – Dovevamo vederci per parlare di quel buffet di dolci alla festa dei Miller, ho sbagliato giorno? – chiese confusa.
– No, non hai sbagliato tu, sono sbagliata io. Non vado più bene a Daniel, ieri mi ha lasciata, ha una storia con una sommelier da un bel po’! – risposi di getto.
E in quel momento per la prima volta la rabbia fece spazio alle lacrime.
Restammo a parlarne per tutta la mattina. Monica sapeva essere una vera pettegola e mi ascoltò interessata. Ma sapeva essere anche una persona molto empatica e comprendeva i miei molteplici stati d’animo. Era la mia confidente preferita in problemi di cuore e correva spesso in mio aiuto. Non avevo neanche un soldo extra per andare dallo psicologo, quindi mi doveva per forza ascoltare. Se possibile, senza fare troppe domande.
Nel pomeriggio Daniel passò da me a prendere parte delle sue cose. Non riuscivo quasi a guardarlo negli occhi e se ne avessi avuto il coraggio credo che sarei riuscita solo a dirgli cose poco carine.
La mia mente vagava confusa ma riuscii a sentire che diceva cose del tipo: – Resta nella casa, prenditi un cane. – Poi le scuse, le accuse, il mio ennesimo pianto della giornata e quando andò via pensai di uscire di casa per un bel po’.
Vagai per il centro di Londra senza una meta fissa. Poi entrai in un market e senza rifletterci troppo iniziai ad ammirare le infinite bottiglie di vini. Mi chiesi perché prima le davo così per scontate.
Ora ero molto attratta da quelle eleganti bottiglie.
Nei giorni successivi cercai, con tutte le mie forze, un corso per sommelier e rimasi davvero sconvolta dai prezzi esorbitanti per pochi mesi di apprendimento.
Mia madre chiamava ad ogni ora del giorno da quando Monica le aveva detto che io e Daniel avevamo rotto. Continuava a dirmi che avevo ormai 35 anni, ero grande, e quindi avrei dovuto essere già sposata con prole proprio come Monica. Era senza dubbio la figlia che non aveva avuto, dato che andavano così d’accordo. Si telefonavano ogni giorno e, come con tutto ciò che mi accadeva nella vita, Monica le aveva raccontato tutto della mia rottura con Daniel.
Il sabato sera c’era il party dei Miller. Ero ridotta uno straccio, dato che avevo trascorso la serata precedente a bere chardonnay, pinot nero e mangiare i cupcake non presentabili per la festa.
I Miller erano i vicini di casa di Monica e Kevin, una bella coppia elegante e sempre gentile con tutti. Eppure, secondo me nascondevano qualcosa sotto quella apparenza perfetta. Lei, Agata, era la classica donna in carriera che sembrava non avesse faticato neanche troppo per il successo che si ritrovava. Lui, Adrian, era un uomo elegante, che sorrideva poco, ma molto gentile e affascinante. Erano due medici e a dire di Monica festeggiavano ogni piccolo evento della loro vita, soprattutto le enormi quantità di premi che assegnavano alle loro professioni. Niente figli però, in dieci anni di matrimonio. La mia amica e loro vicina di casa Monica mi aveva raccontato spesso di loro.
– Muffin scartati. Ora devi prendere solo le ultime teglie di biscotti che ho appena sfornato in casa – mi ordinò Monica.
Essendo la vicina di casa dei Miller, ci separava solo un giardino dal luogo della festa, quindi andai subito ad eseguire l’ordine.
Kevin era in casa con i gemelli. Non avrebbe partecipato alla festa per badare ai piccoli e non gli dispiaceva neanche troppo. Era un padre molto affettuoso e preferiva trascorrere il tempo con loro quando non lavorava nella ditta di materiale elettrico.
– Kev, prendo i biscotti e torno alla festa. Ci vediamo tra qualche ora! – dissi di fretta con le teglie in mano.
– Bene. Buon divertimento allora.
– Ah, Leslie! – mi richiamò da lui. Così ritornai in soggiorno con in mano le teglie ancora calde.
– Sai, Daniel non mi piaceva molto negli ultimi tempi. Avevo il sospetto che ci fosse qualcosa sotto. Credo sia meglio che tu l'abbia perso – disse con lo sguardo volto verso il basso.
– Lo sapevi vero?
– Perdonami! Mi aveva detto di una in Italia, ma non pensavo che durasse ancora – rispose affranto.
– Kev, è tutto a posto. Non è colpa tua. Tu sai che sono sempre stata una ragazza abbastanza tranquilla, quindi dovrò solo incassare il colpo. – Il che era anche abbastanza vero. Stavo cercando di riprendermi, a parte l’ossessione per ogni bottiglia di vino che vedevo.
Mi faceva solo ribrezzo il pensiero che Daniel fosse andato a letto con due donne allo stesso tempo senza farsi troppi problemi. Ad ogni pensiero del genere ci stava bene un bel vino rosato frizzante.
Avrei avuto bisogno degli alcolisti anonimi e non di un nuovo fidanzato!
Uscii dal retro con le teglie ed entrai nel giardino dei Miller. Alzai le teglie al livello della mia fronte per scendere i gradini. Non avendole abbassate in tempo, per vedere chi ci fosse fermo a parlare davanti a me, andai a sbattere contro qualcuno. Era il Dottor Miller!
Le teglie dei biscotti volarono a terra, mentre il dottor Miller nell'arco di un attimo mi afferrò per i fianchi e mi salvò da una rovinosa caduta.
Monica era lì impalata a guardare tutta la scena, ma riuscì solo a pensare ai biscotti.
– E ora cosa diamo ai bambini? – Ma se avevamo sfornato 500 cupcake? – Sto bene, grazie Monica! – le dissi mentre avevo ancora la mano del dottor Miller attaccata al mio fianco.
Indossavo un vestitino piuttosto stretto e credevo che la mia scollatura non fosse passata inosservata, ma per fortuna mi accorsi che lui stava fissando i miei occhi.
– Va tutto bene? – chiese.
– Grazie dottor Miller, mi ha salvata da un brutto scivolone! Mi scuso ancora per la mia terribile sbadataggine.
Era alto, molto alto, un metro e novanta minimo e così da vicino non avevo mai notato i suoi occhi blu.
– Smettila subito di chiamarmi in quel modo così antiquato! Leslie giusto?
Mi accorsi che forse era la prima volta che ci parlavamo.
– Chiamami Adrian – disse un po' sottovoce.
Era proprio un bell’uomo, a metà della quarantina e la sua pelle non lo tradiva. Mi aveva sempre dato l’impressione di essere una persona che non si divertiva molto, e non facevo fatica a pensarlo ancora, dato che a quelle noiose feste si sentivano solo le parole tracheotomia
, dialisi
, è in remissione
.
– Va bene, Adrian – risposi imbarazzata e con le guance rosso fuoco come se non avessi bevuto anche vino a colazione negli ultimi tempi.
Mi sistemai il vestito e mentre stavo per entrare in casa sentivo i suoi occhi addosso e questa fu una sensazione davvero nuova.
Durante tutta la festa non feci altro che preparare bellissimi piatti di dolcetti e sorbetti. Finì inoltre di decorare il dessert finale. Un bellissimo e altissimo croquembouche, che non era altro che una torre formata da palline di bignè ripiene di caramello e crema pasticcera.
Monica e la governante dei Miller andavano in giro a servire gli ospiti mentre io me ne stavo quasi tutto il tempo in cucina.
– Bellissimo questo dolce francese, com’è che si chiama? – chiese Agata entrando in cucina.
– Croquembouche – dissi, sorridendo al complimento.
Appoggiò il bicchiere di champagne sul tavolo, affianco al mio dolce, e ne scrutò con attenzione tutti i particolari. Il caramello filante sui bignè, le roselline che avevo creato con la pasta di zucchero, i ciuffetti di crema e panna che avevo distribuito nella torre. Sembrava così interessata e affascinata.
– Non sarei proprio capace di fare una cosa del genere. Io e la cucina, anzi la pasticceria, siamo due mondi opposti – dichiarò, mentre io continuavo la mia piccola opera golosa.
– Be’, io sono una persona creativa, ma non saprei neanche cucire due punti di ferita su un paziente, quindi direi… ad ognuno il suo! – risposi senza poter immaginare di provocare una così grossa risata.
Era un po' sbronza. Ma manteneva comunque un aplomb impeccabile e una bellezza ed eleganza da far invidia a tante trentenni, me compresa.
– Sai, tra tre settimane compirò quarantacinque anni e stavo pensando di rivalutare tutto nella mia vita – riprese in mano il bicchiere e bevve l’ultimo sorso con fare alquanto aggressivo.
– Ha una bella vita, vista da fuori – dissi in tutta sincerità.
– Può darsi, ma non sempre le cose vanno per il verso giusto – sogghignò, si sistemò un po’ la chioma bionda ed uscì dalla stanza con passo teatrale.
Restai un attimo a riflettere sulla famosa frase anche i ricchi piangono
e per un istante provai un pizzico di felicità nel sapere che non ero la sola a passarmela male, e a bere per dimenticare!
– Ma cosa si festeggia? – Sentii due persone chiacchierare fuori il giardino.
– Mah… niente e tutto! Agata e Adrian non riescono più a stare insieme nella stessa stanza, quindi creano sempre un’occasione per invitare gente e apparire ancora come una coppia innamorata e di successo – spiegò uno dei due.
Digerii la notizia con un certo stupore, pensavo che Agata fosse infelice del suo lavoro, non certo della sua vita matrimoniale. Monica forse mi stava influenzando con i pettegolezzi e in quel momento avrei voluto saperne di più di quella storia. Forse era sempre meglio farsi i fatti propri.
Il momento del croquembouche arrivò. La mia bella torre era alta e non proprio facile da trasportare in giardino, così Monica decise di chiamare i rinforzi per portarla fuori.
Il dottor Miller sembrava il più sobrio della festa, quindi, entrò in cucina e rimase anche lui colpito dalla mia creazione.
– Wow, davvero impressionante! Complimenti alla pasticcera! – disse con quel raro sorriso che risultò davvero disarmante. Per la seconda volta quella sera sentii di nuovo le guance in fiamme, anche se il vino non l’avevo ancora neanche visto.
– Mi aiuti a non inciampare questa volta allora! – asserii, ricambiando il sorriso.
– Ai suoi ordini, signorina Leslie – ribatté divertito. La veste del dottore sempre serio aveva fatto spazio ad un uomo molto più rilassato e di buon umore. Il contrario di Agata aggiungerei.
Uscimmo fuori in giardino attenti a non far cadere il dolce. Una cinquantina di persone applaudirono, non so bene a chi o cosa, forse al dolce, oppure ad Adrian o era l’alcool a suggerire i loro gesti festosi.
Impiattai i bignè nei piattini d’argento che Monica mi pose davanti e sottolineò più volte, la parola argento
, ad ogni mio sfregamento delle forchette nel piatto. Meno male che non avrei assistito al lavaggio di questi preziosi piattini. Il caramello era considerato il nemico di qualunque lavapiatti. A meno che non abbiano il coraggio di mettere l’argento nella lavastoviglie. Mi sarei scusata poi con la governante.
Agata sembrava aver gradito così tanto il dolce che chiese