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Calda follia
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E-book390 pagine5 ore

Calda follia

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Info su questo ebook

UNA SETTA DI SQUILIBRATI.
RITUALI PERICOLOSI.
IL CALDO TORRIDO
DEL DESERTO DELL’ARIZONA.


Un pericoloso gruppo di fanatici si è da poco stabilito a Paradise, città fantasma sperduta nel deserto dell’Arizona. Gli adepti venerano ciecamente il carismatico leader Ethan, detto “il Santo”, prostrandosi ai suoi piedi e cercando di compiacerlo in ogni modo. Ma il pericolo non si limita alle loro pratiche scabrose: i fedeli hanno ridotto in fin di vita una donna lapidandola per i suoi peccati e sembrano esserci anche forti connessioni tra la setta e la recente scomparsa di un’adolescente. Nate Ferrentino, agente del Department 6, è incaricato di infiltrarsi a Paradise. Ma per la peculiare, morbosa natura della setta, solo le coppie sposate possono accedervi e partecipare ai rituali del culto… Sua compagna in missione sarà la collega Rachel Jessop: fingersi marito e moglie non sarà semplice, considerato che i due si sono lasciati alle spalle un intricato passato sentimentale. E quando il Santo comincia a interessarsi troppo seriamente a Rachel, il rischio che le cose si mettano veramente male diventa più che mai concreto...
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2021
ISBN9788830527652
Calda follia
Autore

Brenda Novak

Autrice americana, vive a Sacramento con la famiglia. I suoi romanzi da sempre incontrano i favori della critica e l'entusiasmo di migliaia di lettrici.

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    Anteprima del libro

    Calda follia - Brenda Novak

    1

    Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci.

    Matteo 7, 15-20

    «E questo tizio sarebbe pericolosissimo?» domandò Rachel Jessop, chinandosi leggermente sulla scrivania per scrutare la foto in bianco e nero che il suo capo le aveva messo davanti.

    Nate Ferrentino si appoggiò allo schienale della poltrona di pelle e intrecciò le dita dietro la nuca. «Non ti sembra pericoloso?» replicò, inarcando un sopracciglio, come se trovasse divertente la sua reazione.

    Rachel avrebbe voluto chiedergli perché, ma ormai lavorava con lui da abbastanza tempo per capire che le avrebbe risposto con una scrollata di spalle, senza degnarsi di darle spiegazioni. Era un uomo di poche parole. Aveva il fisico di un soldato e l’espressione di un uomo che era diventato cinico, temprato dalla vita militare, anche se nel suo bel viso restavano le tracce della sua sensibilità. Bruno, con i capelli corti e gli occhi verdi illuminati da pagliuzze dorate, Nate Ferrentino era decisamente un bell’uomo, per quanto inavvicinabile.

    Rachel avrebbe preferito non essere mai riuscita a superare la barriera invisibile che lo circondava, in modo da non rimanere turbata per una frazione di secondo ogni volta che Nate posava lo sguardo su di lei. Lavorava per Department 6 da otto mesi e, appena arrivata, si era subito convinta di aver conosciuto l’uomo della sua vita, che avrebbe amato per sempre. Purtroppo aveva commesso un umiliante errore di valutazione. L’imbarazzo che era derivato da quell’episodio era ancora così profondo che non era capace di guardarlo in faccia senza essere assalita da ricordi che la facevano arrossire.

    Sforzandosi di ignorare i pettorali ben definiti di Nate, messi in evidenza dalla maglietta aderente, Rachel si concentrò sulla foto di Ethan Wycliff. Snello e presumibilmente alto, era un uomo attraente e dall’aria sofisticata, gli zigomi alti, i capelli e gli occhi neri, e un sorriso affascinante.

    «È difficile immaginare che un tipo così carino sia pericoloso» commentò. «Sembra un modello! Che cosa ha fatto?»

    Tranne che per l’altezza, Nate era diversissimo da Ethan. Con il fisico possente e muscoloso, il viso duro e autoritario, la fronte ampia e le mascelle quadrate, non si poteva certo definire carino. Non aveva neanche l’aspetto raffinato di un modello o di un attore, con le cicatrici che testimoniavano in modo evidente i suoi trascorsi nella squadra d’assalto dei SEAL, e le missioni pericolose per conto dell’organizzazione Department 6, dov’era approdato dopo aver lasciato la Marina.

    «Può anche darsi che non abbia fatto niente di illegale, ma c’è una certa inquietudine nelle alte sfere riguardo alla segretezza che circonda le attività del suo gruppo.»

    Rachel spinse la foto in direzione di Nate, che però non la prese, lasciandola sulla scrivania del suo ufficio. L’organizzazione Department 6, che aveva sede a Los Angeles, si occupava di sicurezza, ma non trattava operazioni militari. I suoi agenti erano specializzati in missioni sotto copertura, di solito sul territorio degli Stati Uniti.

    «Di cosa è sospettato, allora?» insistette Rachel. «Traffico di droga? Tratta delle bianche?»

    «È il capo di una setta religiosa che annovera circa duecento adepti.»

    Lei fissò Nate, sconcertata. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di sentire. A giudicare dal completo impeccabile di Ethan, si trattava di un uomo elegante, con gusto nel vestire. Non corrispondeva allo stereotipo del santone: niente tunica, né barba lunga, capigliatura incolta, o sguardo da invasato.

    «Che genere di setta è?»

    «Ha fondato una specie di culto che unisce diversi aspetti della religione cristiana, ma riveduti e corretti secondo le sue idee. La setta si chiama la Chiesa della Congregazione. I seguaci di Ethan credono che presto il mondo finirà, e che solo coloro che sono marchiati si salveranno…»

    «Vuoi dire che i suoi fedeli hanno un tatuaggio?» lo interruppe Rachel.

    «No, no, sono proprio marchiati» ripeté lui. «Gli adepti di Ethan, che sono battezzati e risiedono nella comunità, potranno sopravvivere nella grazia di Dio.»

    «E loro sarà il regno dei Cieli» aggiunse Rachel con una smorfia.

    «E della terra, a quanto pare» concluse lui.

    «Non mi sembra particolarmente originale» borbottò lei. Aveva sentito parecchie storie del genere a casa sua, da ragazzina, perché suo padre e i capi della piccola setta di cui l’uomo faceva parte fornivano spiegazioni retoriche sull’imminente fine del mondo. Periodicamente stabilivano una data presunta per il giorno di Armageddon, che però passava invariabilmente senza danni. «Com’è cominciato il suo culto?»

    «Cinque anni fa, quando Ethan studiava a Cornell, era molto conosciuto nella confraternita universitaria di cui faceva parte. Sembra che, con alcuni compagni di dormitorio, abbia creato una setta quasi per scherzo, basata a grandi linee sul Vecchio Testamento. C’era un ordine gerarchico, ed era stato pure stilato un decalogo e, stando alle informazioni che mi sono pervenute, girava parecchia droga. Quando le riunioni si fecero regolari e i partecipanti aumentarono, provenendo anche da altre università vicine, la setta divenne una realtà concreta e seria, e assunse un carattere sistematico.»

    «È difficile resistere al richiamo del potere, specialmente per un universitario abituato a godere di un certo ascendente. Immagino che per Wycliff sia stato impossibile rinunciare a essere il capo di un culto» commentò Rachel.

    «È quello che penso anch’io.»

    «Quanti dei suoi ex compagni di università appartengono ancora alla setta?»

    «I quattro soci fondatori. Sono diventati Guide Spirituali e fanno parte della cosiddetta Confraternita, un circolo ristretto di dodici uomini.»

    «Gli apostoli, in pratica?»

    Nate annuì. «Più o meno» rispose. «Quello che è interessante è che un quinto compagno di università, che si era unito al culto poco dopo gli altri, è morto.»

    «Morto?» si stupì Rachel. «Non nel suo letto, immagino.»

    «È rimasto ucciso in un incidente automobilistico. La causa ufficiale è guida in stato di ebbrezza, e non ci sono prove che si sia trattato d’altro, nonostante ci siano alcuni dettagli oscuri, ancora da chiarire.»

    «Visto che non mi sembra niente di particolare, cos’ha di tanto affascinante questo culto da indurre le persone a entrare nella setta?»

    «I precetti non sono originali, ma Wycliff ha dato un taglio moderno alle sue pratiche religiose, includendo il sesso extraconiugale e l’uso di stupefacenti. Inoltre ha un grande potere, oltre al bell’aspetto, che lo rende più pericoloso di altri capi di sette.»

    Rachel finse di ignorare la velata allusione. Probabilmente Nate si era accorto che lei aveva guardato la foto con apprezzamento.

    Avvicinò la sedia alla scrivania e capì subito di aver fatto una mossa sbagliata, perché venne avvolta dal profumo di Nate, un’inconfondibile fragranza virile, di cuoio e spezie, che le avrebbe sempre fatto tornare alla mente la sera in cui si era infilata nel suo letto per fargli una sorpresa… Non si sarebbe mai liberata dell’umiliazione che accompagnava quel ricordo? Da bambina – e poi da adolescente – era cresciuta in un ambiente eccessivamente rigido e aveva ignorato le normali convenzioni che regolavano le interazioni tra uomini e donne. Per quel motivo, evidentemente, non aveva interpretato in modo corretto i segnali che Nate le aveva inviato, e aveva creduto che lui si trovasse sulla sua stessa lunghezza d’onda, e che la desiderasse.

    Nate le lanciò un’occhiata interrogativa, come se avesse avvertito improvvisamente il suo disagio, ma Rachel si sforzò di mostrarsi disinvolta e di non pensare a quell’episodio, che aveva quasi eretto una barriera tra loro.

    «A che genere di potere ti riferisci? Economico?»

    «Anche, ma la sua arma più efficace è il carisma. Ed è a dir poco letale, se consideri che il suo idolo era Charles Manson… Immagina il tipo!»

    «Charles Manson? Dici sul serio?»

    Nate prese una cartella dalla pila sulla sua scrivania, l’aprì e ne sfogliò il contenuto mentre parlava. «Purtroppo sì» ammise con un sospiro. «Wycliff corrispondeva regolarmente con Manson quando frequentava le superiori. Ho qui le copie di alcune sue lettere. Ha iniziato per gioco, proprio come ha fatto con la setta. Leggeva le lettere di Manson ai suoi amici, e anche ai genitori. Sua madre ha detto che lo faceva per scandalizzare e provocare. Secondo il padre, Ethan era sempre stato affascinato dai maniaci e dagli assassini, specialmente da Manson, per la brutalità dei suoi omicidi e per il potere che aveva sui suoi complici e seguaci.»

    «Perché i genitori gli avrebbero permesso di corrispondere con uno come Manson?»

    «All’inizio, Ethan l’aveva definita una ricerca psicologica, sostenendo che voleva studiare scienze comportamentali all’università.»

    Rachel ebbe un brivido. «Possibile che non avessero capito che era pericoloso?»

    Nate le porse le lettere e lei le prese, facendo attenzione a non sfiorargli la mano.

    «I genitori a volte vedono solo ciò che vogliono» replicò lui. «I Wycliff speravano che l’interesse del figlio fosse di natura strettamente professionale, come lui sosteneva. Ma Ethan non leggeva loro quello che lui scriveva, così era Manson a sembrare l’unico pazzo, tra i due.»

    «E noi come abbiamo fatto ad avere le copie delle lettere?»

    «In prigione, la corrispondenza è controllata accuratamente. Quando il signor Wycliff ha cominciato ad avere dei sospetti, ha pagato un agente della polizia carceraria per tenere sotto controllo il rapporto che nasceva tra Ethan e Manson. È stato lui a fare delle copie durante i suoi turni, tuttavia alcune lettere sono andate perse.»

    «E perché il paparino non ha posto il veto a questa corrispondenza, una volta accertato che le lettere del figlio erano a dir poco inquietanti?»

    «Sua moglie insisteva che Ethan stava solo attraversando una fase, come diceva lei, e che cercava di provocare Manson di proposito, come faceva con tutti. Poi il problema è sembrato risolversi da solo. Ethan ha perso interesse, ha smesso di scrivere a Manson e il rapporto si è interrotto.»

    «Ma è stato solo l’inizio, e ha condotto a guai peggiori, a quanto pare.»

    «Esatto. Ethan si è autoproclamato un profeta, il santo che condurrà tutti i cristiani all’illuminazione e alla felicità suprema e assoluta.»

    «Che, lasciami indovinare, si potrà conquistare solo dopo la vita terrena, perché quel che conta veramente è l’aldilà.»

    Nate annuì. «Sapevo che avresti capito al volo, con la tua esperienza.»

    Rachel sospirò. In materia di sette religiose, ne aveva fin troppa, per i suoi gusti. Si era sforzata di liberarsi dal condizionamento mentale subito da bambina, ma non era facile cancellare gli effetti del lavaggio del cervello a cui era stata sottoposta, anche perché le conseguenze erano state devastanti, come dimostrava l’imbarazzante passo falso con Nate, sei mesi prima. Era sicura che non si sarebbe comportata così, se fosse stata più normale…

    Ogni giorno, quando tornava da scuola, suo padre la segregava in casa e la obbligava a leggere la Bibbia per ore. Era costretta a recarsi in chiesa almeno tre o quattro volte la settimana. Fredrick Jessop aveva avuto il controllo completo di sua figlia finché Rachel se n’era andata via di casa, a diciassette anni.

    Anche in seguito, però, pur vivendo da sola, gli insegnamenti che le erano stati inculcati l’avevano condizionata, al punto che aveva perso la verginità a venticinque anni, e solo per punire il padre dopo una lite. Era stata un’esperienza così tragica e poco soddisfacente che non aveva più fatto sesso fino a quando non aveva conosciuto Nate. Tuttavia, seppure per motivi diversi, anche l’incontro con lui era stato deludente quanto il primo.

    «A quanto pare, Ethan Wycliff è pazzo come Manson» borbottò.

    «Magari sarà anche un folle, ma creare un culto religioso non è un reato» precisò Nate.

    «E qual è il suo crimine, dunque?»

    Lui scrollò le spalle. «Il motivo della nostra missione è proprio quello di scoprirlo.»

    Rachel lo aveva già capito, tuttavia non era affatto contenta di avere a che fare con l’ambiente delle sette religiose. Sapeva per esperienza che era impossibile far valere le proprie ragioni contro i fanatici, perché le loro convinzioni erano tanto illogiche quanto granitiche.

    «Credi che io sia qualificata per questo incarico?» gli chiese, dubbiosa.

    Prima di approdare a Department 6, aveva lavorato come infiltrata per la polizia di Los Angeles, fingendo di essere una prostituta per sventare un traffico di droga. Dopo essere entrata nell’organizzazione, aveva continuato a collaborare con l’antidroga. Le piaceva quella specializzazione, era un settore in cui tutto era chiaro, era facile capire chi fossero i nemici e come trattare con loro.

    «Sei competente come tutti gli altri agenti di Department 6, stai tranquilla» la rassicurò Nate.

    Rachel annuì. In effetti, era vero. Tutti loro si occupavano perlopiù di operazioni antidroga. «Ma cosa ha portato quest’uomo alla nostra attenzione, oltre a quel rapporto epistolare? Ci dev’essere qualcosa di concreto» obiettò. «Immagino che nel corso degli anni ci saranno stati decine di squilibrati che hanno contattato Charles Satana Manson.»

    «Una certa Martha Wilson è fuggita dalla comunità, poco tempo fa» le spiegò Nate.

    «Il termine fuggita fa pensare che venisse trattenuta contro la sua volontà.»

    «È stata lei a dire così» precisò lui. «Ci ha rivelato che Wycliff l’aveva punita per aver fatto sesso con il proprio marito.»

    «Non avevi detto che c’era libertà sessuale, nella comunità?»

    «Sì, ma lei era interdetta

    Rachel si agitò leggermente sulla sedia. Non si sentiva del tutto a proprio agio a parlare di sesso con Nate. «Cioè?»

    «Il sesso nella comunità è libero e aperto a tutti, sposati o no, purché si sia maggiorenni e consenzienti.»

    «Non è difficile intuire perché Ethan faccia tanti proseliti. Droga e sesso approvati dalla religione…»

    Nate fece un sorriso sarcastico. «Non è così semplice.»

    «Con le sette non lo è mai» brontolò lei con amarezza.

    «Secondo Ethan, solo quelli che vivono rispettando le sue cosiddette leggi supreme godono di taluni privilegi. Bisogna sottoporsi a certi riti non meglio precisati. Martha ci ha riferito dei maltrattamenti, ma non è stata esauriente riguardo alle pratiche religiose e ai precetti imposti da Wycliff.»

    «Milt non può procurarsi maggiori informazioni?» domandò Rachel. Milton Berger, il proprietario dell’organizzazione, era un ricco imprenditore quarantacinquenne, alquanto eccentrico. Non aveva alcuna esperienza nel settore, ma aveva occhio per gli affari e fiuto nel riconoscere i talenti.

    «Confida nella nostra capacità di condurre indagini.»

    «Sai quale sia la ricompensa per gli adepti?»

    «La ricompensa?» ripeté Nate, sconcertato.

    «I fedeli si aspettano sempre di ricevere un premio, per così dire, se rispettano i precetti religiosi. La salvezza eterna. ad esempio.»

    «Gli eletti sono ammessi nel circolo ristretto del profeta e diventano santi come lui, o qualcosa del genere. Ma l’esatta dinamica del processo di beatificazione non ci è nota.»

    Rachel fece una smorfia, ricordando tutti i tentativi di credere veramente alla fede che le era stata imposta da bambina. Se si fosse fatta meno domande, crescendo, la sua vita sarebbe stata di sicuro più facile.

    «Secondo gli psicologi, chi si unisce a una setta è scontento del mondo in cui vive, oppure vuole dimostrare di essere unico e speciale. Altri, invece, sono spinti dal bisogno di trovare una comunità che li accolga e li faccia sentire parte di un gruppo compatto» commentò Nate.

    «Quindi Ethan Wycliff ha malmenato la donna che è fuggita?»

    «Non di persona. Martha è stata punita pubblicamente con la lapidazione.»

    Rachel si irrigidì. «La lapidazione è una condanna a morte!» esclamò.

    «Per fortuna Martha è riuscita a scappare, altrimenti l’avrebbero uccisa.»

    «Come ha fatto?»

    «Non lo sappiamo con esattezza, ma, secondo lei, Ethan dà sempre maggiori segni di squilibrio, con il passare del tempo. È convinta che, se qualcuno non si sbrigherà a intervenire, la situazione sia destinata a peggiorare ulteriormente.»

    Rachel tornò a posare lo sguardo sulla foto. Stavolta gli occhi di Ethan le parvero di una freddezza glaciale, quasi crudele.

    A quanto pareva, stava per imbarcarsi in un’altra missione tanto interessante quanto potenzialmente pericolosa. Ma a lei non dispiaceva; ricevere un incarico impegnativo le serviva per evitare di ammettere che nella vita aveva solo la soddisfazione di svolgere un lavoro che non era certo alla portata di tutti. «Quando parto?» domandò quindi.

    «Quando partiamo, vorrai dire» la corresse lui. «Domattina.»

    Rachel lo fissò, allibita. Lei e Nate non lavoravano mai allo stesso caso; lui evitava accuratamente una simile eventualità, ed entrambi sapevano perché. A cos’era dovuto quell’improvviso cambiamento di programma?

    «Credi che non riesca a cavarmela, da sola?»

    Nate si strinse nelle spalle. «È una decisione di Milt, non mia.»

    Dalla sua risposta non trapelava affatto la sua opinione su quell’incarico in coppia, ma Rachel era sicura che non avesse gradito la notizia. Probabilmente temeva un altro tentativo di seduzione da parte sua, rifletté con amarezza.

    «Non può venire Rod con me?» obiettò, ostentando un’indifferenza che era ben lungi dal provare. Ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi intimorita alla prospettiva di lavorare con lui.

    Roderick Guerrero non era solo un collega, era anche il suo migliore amico, e Rachel si sarebbe sentita più a suo agio con lui, specialmente in una missione così delicata.

    «Rod è impegnato in un’altra operazione e anche Jonah, Drake e Kellen sono occupati.»

    «Allora potresti lavorare con Angelina…»

    Nate scosse la testa. «È ancora alle prime armi.»

    Rachel si asciugò i palmi sudati sui jeans. Si rendeva conto di essere l’unica agente operativa di Department 6 con una certa esperienza. Per questo, Milt l’aveva scelta. Ma perché dovevano per forza andare in coppia? Non poteva infiltrarsi Nate senza di lei, o viceversa?

    «Potrei lavorare da sola» insistette. Affrontare un pazzo fanatico, omicida e probabilmente drogato, sarebbe stato più semplice che avere a che fare con Nate tutti i giorni. «Dopotutto è più difficile per due persone farsi accettare da una setta.»

    «Milt vuole che ci presentiamo come coppia.»

    «Cosa?» esclamò Rachel, esterrefatta. Era molto peggio che dichiarare di essere amici, o parenti. Avrebbe dovuto dividere la stanza con Nate o, peggio ancora, il letto? Non poteva farlo, non dopo essersi offerta a lui, sei mesi prima. «Come faremo a guadagnarci la loro fiducia?» si impose di domandare.

    «La setta organizza incontri aperti al pubblico per far conoscere la comunità. Una volta scoperto dove e quando, parteciperai a una riunione, ti fingerai interessata e mi porterai con te a quella successiva, presentandomi come tuo marito. Poi improvviseremo.»

    «Dov’è situata la comunità?»

    «A Paradise, in Arizona.»

    «Hanno chiamato Paradise la loro sede?»

    «No, è la città in cui si sono insediati. È stata fondata cent’anni fa, e Paradise è il nome originario» le spiegò.

    «Vuoi dire che hanno occupato un’intera città?» si stupì Rachel.

    «Hanno comprato tutti i lotti di terreno, e anche a poco prezzo, considerato che la zona è a dir poco inospitale e nessuno vuole stabilirsi lì.»

    «È ironico che in Arizona ci sia un posto che si chiama Paradise…»

    «È una vera contraddizione, almeno in questo periodo dell’anno.»

    «Quindi è un’area desertica, calda e secca come l’ultimo posto in cui abbiamo lavorato?»

    «Ti riferisci al Nevada? A Paradise fa ancora più caldo. Invece di Paradise, avrebbe dovuto chiamarsi Inferno torrido, per essere realistici.»

    «Ma immagino che non avrebbe attratto nessuno» commentò lei.

    «Già, anche perché pullula di serpenti» aggiunse Nate con voce minacciosa.

    Rachel lo guardò, interdetta. Stava cercando di spaventarla o si burlava di lei? Aveva l’impressione che non la stesse prendendo in giro, e che non fosse più entusiasta di lei della prospettiva di lavorare insieme. Cominciava a sospettare che la stesse punzecchiando per indurla all’insubordinazione. Forse sperava che avrebbe rifiutato l’incarico, e che si sarebbe rivolta direttamente a Milt, se necessario.

    «Posso sopportare i serpenti» mentì.

    «Anche quelli a sonagli?»

    «Che differenza vuoi che faccia?»

    Nate serrò le mascelle per un istante. «Sarà pericoloso, Rachel.»

    «Il nostro lavoro lo è sempre» obiettò lei. Le piaceva per quello; il suo unico obiettivo era sopravvivere, e la concentrazione le impediva di pensare alla salvezza della propria anima e alla disapprovazione di suo padre.

    Si guardarono come due avversari sul ring, in attesa del gong iniziale. Rachel era decisa a non farsi condizionare; se avesse creato problemi opponendosi a quella missione, si sarebbe dimostrata lamentosa e poco conciliante, confermando ai colleghi che il suo non era un lavoro da donne.

    «Non rinuncio all’incarico» dichiarò. «Non ho alcuna voglia di farmi licenziare.»

    Nate sbuffò, ma Rachel non commentò la sua reazione, preferendo ignorarla.

    «Dov’è esattamente Paradise?»

    «Nella parte sudorientale dell’Arizona, verso il confine con il Messico. Era una città fantasma. Finché non vi si sono insediati i proseliti di Wycliff, in quella zona vivevano pochissime persone.»

    «Vi abitano ancora?»

    «Wycliff li ha convertiti quasi tutti, oppure ha rilevato le loro proprietà.»

    «Con quali fondi? Acquistare terreni e costruire una città è costoso.»

    «Come capita spesso nelle sette, Ethan esige che i suoi adepti cedano tutti i loro beni materiali alla comunità, e poi li fa lavorare. Tanto per dirne una, hanno messo su un piccolo caseificio e vendono formaggio. I proventi finiscono nelle casse comuni.»

    «Cioè nelle sue tasche» dedusse lei.

    «Proprio così. Tuttavia Wycliff ha anche altre risorse economiche personali.»

    «Cioè?»

    «Un fondo fiduciario a suo nome.»

    Rachel raddrizzò le spalle. Ecco spiegate l’eleganza e l’aria sofisticata! «È ricco di famiglia?»

    «È il figlio di Robert Wycliff, e questo dice tutto.»

    Lei lo fissò, spaesata. «Se devo essere sincera, questo nome a me non dice niente… Chi sarebbe?»

    «Un famoso imprenditore. La sua società è l’ottava industria meccanica per importanza degli Stati Uniti. Ha ingenti appalti con il governo ed è molto influente.»

    Lei emise un fischio sommesso di sorpresa. «Accidenti! Quindi chi è che vuole sapere cosa combina Ethan, il suo paparino o il governo?»

    «Se ti giungesse all’orecchio la voce che tuo figlio acquista grandi quantità di armi ed esplosivi, e sapessi che un tempo intratteneva rapporti epistolari con Charles Manson, non saresti preoccupata anche tu? Robert Wycliff vuole scoprire cosa succede prima che Ethan possa fare del male a qualcuno o finire dietro le sbarre.»

    «Avrebbe potuto assumere un investigatore privato» obiettò Rachel.

    «Ci ha provato, ma il gruppo di Ethan vive molto isolato, e la comunità è praticamente inaccessibile. Il detective non ha potuto avvicinarsi. Inoltre, voleva mandare qualcuno che fosse in grado di difendersi, perché la situazione potrebbe rivelarsi pericolosa. Noi del Department 6 sappiamo come sventare una possibile minaccia. Wycliff ignora se suo figlio sta progettando un attentato o un suicidio di massa… Sta a noi impedirlo, se questo fosse il caso.»

    Rachel annuì. Robert Wycliff era sicuramente disposto a tutto pur di evitare una strage, non solo per salvare degli innocenti, ma anche per proteggere il proprio buon nome. «Immagino che abbia perso i contatti con il figlio» azzardò.

    «Secondo lui, Ethan è sempre stato strano. I loro rapporti non sono mai stati buoni, ma con il tempo sono peggiorati parecchio. Da più di dieci anni non si vedono e non si sentono. Ethan ha interrotto gli studi prima della laurea, non ha cercato lavoro, non si è sforzato di imparare un mestiere. Il padre ha tentato di raddrizzarlo, ma la moglie gli metteva i bastoni fra le ruote, sostenendo che il figlio doveva essere libero di vivere la propria vita.»

    Rachel scosse la testa. «Negare l’evidenza… un classico» borbottò. «Quindi Robert a un certo punto ha rinunciato?»

    «Si è gettato anima e corpo nel lavoro per non pensare alle delusioni che gli aveva dato suo figlio, mentre sua moglie continuava a tenere i rapporti con Ethan. Quando lui ha cominciato a predicare nella loro città e addirittura nel loro quartiere, per raccogliere nuovi proseliti, i genitori si sono imposti e hanno detto basta. Ethan è andato via per portare i suoi seguaci in un posto in cui poter vivere indisturbati. Robert era sicuro che prima o poi il figlio avrebbe perso il controllo della setta e sarebbe stato costretto a tornare a casa con la coda fra le gambe, pentito e mansueto.»

    «Cosa che ovviamente non è successa.»

    «No. Non avevano sue notizie da mesi quando un impiegato di Robert, incaricato di seguire i movimenti bancari di Ethan per vedere dove finissero i soldi del fondo fiduciario, gli ha mandato un ritaglio di un giornale di Tucson che riportava un articolo sulla Chiesa della Congregazione che aveva occupato Paradise.»

    «I Wycliff sanno che una donna è stata lapidata per ordine del figlio?»

    «Robert sì, perché è stato informato dal suo investigatore, ma non so se la madre di Ethan ne sia al corrente. Però Robert sa anche che la polizia è stata a Paradise, ma non ha trovato prove a sostegno dell’accusa di Martha.»

    «Quindi nutre ancora la speranza che suo figlio non sia un criminale?»

    «Già.»

    Rachel sospirò. A volte l’ingenuità delle persone era sconcertante. «Cos’ha detto il marito di Martha alla polizia?»

    «Si chiama Todd. Ha confermato il racconto di Ethan. Secondo lui, Martha voleva stare con i bambini, anziché lavorare nel caseificio della comunità. Tuttavia il permesso non le era stato accordato, e a quanto pare non aveva preso bene quel rifiuto. Wycliff ha riferito alla polizia di essere stato molto deluso da Martha, che considerava indegna di far parte della sua congregazione, dal momento che aveva sostenuto simili bugie.»

    «E come ha spiegato le lesioni di Martha?»

    «Nessun membro della comunità sa come si sia ferita. La polizia ha le mani legate, se nessuno è disposto a testimoniare.»

    Rachel fremeva dalla rabbia contro quella che percepiva come una grande ingiustizia. La società doveva impegnarsi a fondo per estirpare dal suo seno il cancro delle sette di pericolosi fanatici. Era più che disposta a dare il proprio contributo nella lotta per la giustizia, avrebbe avuto l’occasione di riversare tutto il rancore represso che aveva accumulato contro suo padre.

    Il dovere la chiamava. Voleva infiltrarsi nella Chiesa della Congregazione e individuare i responsabili della lapidazione della povera Martha, ma soprattutto porre fine al regno del terrore di Ethan, se era come sospettava. Però non poteva impersonare la moglie di Nate, non poteva proprio. La tensione tra loro era eccessiva, e le avrebbe impedito di lavorare con il giusto distacco.

    «Perché dobbiamo per forza essere in due?» insistette.

    Nate abbassò lo sguardo. «Se non sei d’accordo, forse sarebbe meglio che parlassi con Milt.»

    A un tratto, Rachel comprese il motivo del suo imbarazzo. «Ci hai già provato tu, vero?»

    Lui non rispose.

    «Interpreterò il tuo silenzio come un assenso. E cosa ha detto?»

    Nate sospirò. «Che a Ethan piacciono le donne… le belle donne.» Fece una pausa, poi continuò: «Devi fare da esca».

    Quella era la differenza tra Milt e Nate, pensò Rachel. Milt avrebbe mandato sua moglie in incognito, se fosse stato utile. Nate, invece, era un gentiluomo, e non lo entusiasmava l’idea di usare le donne come agenti operativi per missioni pericolose. Inoltre, veniva da una famiglia di conservatori che gli avevano insegnato a proteggere il gentil sesso, nozione che era uscita rafforzata dall’addestramento militare.

    «Quindi non se ne parla, vero?»

    Lo sguardo penetrante di Nate la trapassò. «Puoi sempre licenziarti, se non ti va. Con le tue credenziali non avresti alcuna difficoltà a rientrare in polizia.»

    Con il mutuo da pagare?, pensò Rachel. No, grazie.

    Si protese verso di lui per dimostrare che non era intimidita. «Mi dispiace deluderti, ma se devo rischiare la vita preferisco farlo in cambio di un sostanzioso stipendio. Se hai paura di non riuscire a gestire colleghe come me o Angelina, o altre donne che Milt possa assumere in futuro, forse dovresti essere tu a

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