Una nuova, inattesa famiglia: Harmony Bianca
Di Dianne Drake
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Info su questo ebook
Il dottor Matt McClain ed Ellie Landers hanno condiviso un'unica, indimenticabile notte, convinti che non si sarebbero rivisti mai più. Fino a quando Ellie non si presenta alla porta di Matt comunicandogli di aspettare un figlio! Lui è appena diventato il tutore legale di suo nipote e, nonostante l'irresistibile attrazione che prova ancora per lei, non è pronto a essere il padre di due bambini. Ma quando rischia di perdere per sempre Ellie e la creatura che porta in grembo, si rende conto che l'unica cosa di cui hanno davvero bisogno per diventare una vera famiglia è l'amore.
Dianne Drake
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una nuova, inattesa famiglia - Dianne Drake
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Prologo
Matt si rigirò nel letto e la guardò. Lei stava ancora dormendo ed era così bella nel sonno che avrebbe voluto passare un'altra notte con lei. Ma non era questa la sua vita. Per quanto Ellie fosse attraente, ed era sicuramente la donna più attraente che avesse mai incontrato, lui non voleva un impegno di quel tipo. E aveva sempre rispettato la regola di non creare nessun legame. Così era più semplice e nessuno si faceva male.
Però era difficile resistere a quel corpo coperto dal lenzuolo di raso. E non era stata solo l'intimità a essere piacevole. Avevano parlato. Cenato. Ballato. Cose che non aveva mai fatto prima con una donna e che con Ellis gli erano sembrate del tutto naturali.
La prima sera lui aveva pensato che sarebbe stato un piacevole passatempo, e che lei se ne sarebbe andata mentre dormiva e non l'avrebbe più rivista. Ma non era andata così. Erano rimasti per un po' al balcone ad ammirare le luci di Reno, ridendo di sciocchezze e parlando più a lungo di quanto lui si sarebbe aspettato. E la notte era passata in un attimo. In effetti dopo quello che gli era sembrato un breve periodo aveva cominciato ad albeggiare e lui si era chiesto che fine avesse fatto la notte.
Da allora Matt aveva cercato Ellis, con una scusa sempre pronta per trovarsi vicino a lei. Dopotutto era un convegno medico e la sala delle conferenze dell'albergo era piena di monitor che mostravano nuovi farmaci e apparecchiature mediche. In qualche modo quelli che attiravano la sua attenzione erano sempre vicini a dove si trovava lei. E mentre cercava di non guardarla in modo troppo scoperto, Ellie un paio di volte aveva catturato il suo sguardo lasciandolo con le guance rosse e le spalle curve proprio come sarebbe successo a un adolescente con la cotta.
Ma tutti quegli sguardi li avevano condotti a passare una seconda notte con meno parole e più passione. In effetti, quando lui era andato in camera se l'era trovata nel letto grazie alla mancia che Ellie aveva allungato a un cameriere. Quella notte si erano comportati come due disperati stretti insieme mentre finiva il mondo. Era stata davvero la fine del loro piccolo mondo, visto che nel giro di tre giorni, doveva tornare all'ospedale di Mosul cercando di rimettere insieme i pezzi dei soldati feriti. Era quello il vero Matt e quello era il suo mondo.
Ellie meritava di più. Ma lui a parte quello non aveva nulla da offrirle.
Di nuovo, mentre si abbottonava la camicia e si dirigeva alla porta della camera, si chiese se qualcuno come Ellie potesse mai avere un posto nella sua vita. Era un bel sogno, ma nella sua esperienza i sogni non si avveravano mai e tutto quello che lui poteva fare era affrontare la realtà.
Matt aprì piano le porta per non disturbarla, lanciò un ultimo sguardo a Ellie, richiuse lentamente e per un attimo si appoggiò al muro del corridoio osservando una cameriera che passava spingendo pigramente il suo carrello. Quando fosse arrivata alla sua stanza, lui sarebbe già stato su un aereo diretto alle Hawaii, dove l'aspettava un trasporto militare per l'Iraq.
1
«Non so cosa fare con lui» disse Matt McClain, abbassando lo sguardo verso il bambino che la cugina – forse di secondo grado, forse ancora meno imparentata con lui – teneva stretto per mano.
L'atteggiamento di Sarah Clayton verso il piccolo non era diverso da quello che avrebbe potuto avere con un cane che si sta per scacciare. Non c'era niente di amichevole o di materno in lei. Niente che indicasse affetto verso il bambino. «La stessa cosa che secondo te dovrei fare io. Solo che io non ne ho nessuna intenzione. Mi sono presa cura di tua sorella queste ultime due settimane e l'ho tenuto con me fino a ora. Ma adesso tu sei qui e siccome lui è molto più imparentato con te che con me, tocca a te occupartene. E poi...»
Gli porse una lettera, che era evidentemente stata aperta e richiusa. «Janice ti ha lasciato questa.»
Lui l'aprì. La scrittura tremolante era quella di una persona morente. Con un groppo in gola girò le spalle alla cugina e si mise a leggere.
Mio caro Matt,
se stai leggendo questa lettera significa che il cancro è riuscito a vincermi. I medici hanno detto che era troppo tardi per intervenire, ma così è stato per tutta la mia vita. Sempre in ritardo per qualunque cosa. Ho un linfoma non-Hodgkin e sono sicura che tu sappia tutto di questa malattia perché sei un medico.
Sì, so che sei medico. L'ho sentito da un tizio nel casinò dove lavoravo. Era ubriaco e continuava a dire cose senza senso. Credo si chiamasse Carter e diceva di essere un medico. Non so se era vero, ma a un certo punto si è messo a parlare del suo amico Matt, che gli aveva salvato la vita. Diceva che era un gran medico e io ero sicura che si trattasse di te.
Matt smise per un attimo di leggere e fece un gran sospiro. Carter Holmes era stato il suo migliore amico fin dalle superiori. Era stato ferito mortalmente e, sì, lui gli aveva salvato la vita. «Sai per quanto Janice è stata a Las Vegas?» chiese a Sarah senza girarsi.
«Per un po', credo. Mi ha detto che si era spostata parecchio qui e là. E che si guardava sempre le spalle per assicurarsi che lui non la seguisse.»
Matt strinse i denti. Non avrebbe voluto leggere altro, ma sapeva che doveva farlo.
Non ti biasimo per non avermi cercata. Matty. Eravamo tutti e due dei bambini e nessuno di noi sapeva cosa fare. Ma sapevo di non poter restare più a lungo. Tu te n'eri andato, papà mi aveva abbandonata e anche se avevo solo quindici anni sapevo che anch'io dovevo andarmene.
Ho passato un mucchio di tempo a vagare da un posto all'altro senza mai fermarmi. Ed ero spaventata dal rischio di trovarmi troppo bene in qualche posto e di abbassare la guardia. Così ho continuato a spostarmi. Buffo che dopo tutti questi anni di vagabondaggio ho saputo che papà era morto poco dopo che avevo lasciato Forgeburn. Almeno così mi ha detto Sarah. Credo che nessuno di noi debba più scappare via, vero?
Matt si girò verso Sarah. «È morto davvero?»
Lei annuì. «Lo trovarono in uno dei canaloni. Pensano che se ne fosse andato da un po' prima che uno dei mandriani si imbattesse nel suo cadavere. Le voci su di lui dicono che è stato il bere a ucciderlo, ma nessuno si è preoccupato di accertarsene.»
Matt chiuse gli occhi. Quanti anni avevano buttato via Janice e lui, ma erano due bambini soli in un mondo che non conoscevano. Lui aveva trovato nell'esercito la sua salvezza, ma Janice... Matt girò di nuovo le spalle a Sarah e continuò a leggere.
Però una cosa buona l'ho fatta, Matt. Il suo nome è Lucas. Non so chi sia suo padre e non ha senso cercare di saperlo. Ma è un bravo bambino, la sola cosa positiva della mia vita. Voglio che tu ti prenda cura di lui, ti assicuri che possa stare meglio di noi due.
Fai per lui, Matt, quello che non hai fatto per me.
La lettera finiva così. Nessun commiato, nessuna firma. «È tutto?» chiese a Sarah.
«È tutto quello che è riuscita a scrivere. Si è addormentata con la penna in mano e non si è più...»
Matt annuì mentre fissava il tratto di sabbia che copriva la tomba di sua sorella. C'erano ancora cinque o sei di quelli che avevano partecipato al funerale, anche se lui non aveva idea di chi fossero o del perché fossero venuti. Per Janice e lui, Forgeburn non era mai stata una vera casa. «Perché ha voluto tornare qui?» chiese.
«Perché voleva mettersi in contatto con te, ma non sapeva come fare. E io ero l'unico parente anche se vivo a una sessantina di chilometri da qui.»
«Quindi, Lucas» sospirò Matt riguadagnando la sua freddezza mentre si girava per fronteggiare Sarah. «Tu hai dei figli. Sai come prenderti cura di loro. Io no. E sono ancora in servizio e devo ripresentarmi fra due mesi.» Aveva ottenuto una licenza per motivi familiari che gli doveva permettere di tornare e trovare una sistemazione per Lucas, ma non era previsto che lui potesse tenerlo con sé. Non ci aveva nemmeno pensato perché aveva dato per scontato che del bambino si sarebbe occupata Sarah, ma evidentemente non era così. «E più tardi devo tornare in Iraq. Lui cosa c'entra con tutto questo?»
«Senti, Matt, io l'ho tenuto finché tu non sei tornato solo perché volevo essere gentile, ma finisce qui. Janice ha indicato te come suo tutore legale, i servizi sociali hanno riconosciuto che era tutto regolare e sei tu responsabile per lui, non io. Quindi o l'adotti tu o trovi qualcuno che lo fa. Non voglio sembrare egoista, ma mio marito non lo vuole. Abbiamo già troppi problemi per prenderci a carico un altro bambino. Allora...» Si strinse nelle spalle. «O lo prendi tu o ti sbarazzi di lui. Io non c'entro più.»
Come se fosse facile tenere con sé un nipote di cui ignorava l'esistenza finché non aveva saputo che sua sorella era morta.
Matt non si negava alle responsabilità familiari, anche in una famiglia come la sua. Una madre che se n'era andata quando lui aveva cinque anni, una sorella che era tornata a morire da dove era fuggita, un padre che era morto senza che lui nemmeno lo sapesse.
Ma Lucas aveva diritto a una possibilità. Non era stato lui a chiedere di nascere nella famiglia McClain. Però i bambini non avevano niente a che fare con la vita che Matt aveva progettato per sé. Nessun bambino, nessun obbligo. L'immagine di Ellie gli attraversò la testa. Quando per un attimo aveva considerato di prendersi qualche responsabilità oltre la carriera.
«Senti, Sarah, lasciami un paio di settimane per considerare la cosa. Puoi farlo?»
Sua cugina scosse la testa. «Mi dispiace.»
Non gli lasciava nessuna possibilità e per un medico militare sempre trasferito da un posto all'altro, e nel suo caso da una zona di guerra all'altra, non c'erano possibilità di curare un bambino. Per lui non c'era mai stato un posto che potesse davvero sentire come casa e i bambini hanno bisogno di una casa e di stabilità. Di qualcuno che assicuri loro una presenza continua. Hanno bisogno di quello che lui e Janice non avevano mai avuto.
«So che sei riuscito a costruirti una buona vita nonostante il modo in cui ti ha trattato tuo padre e sono felice per te. Ma io non posso tenere Lucas. Come ti ho detto, ho già contattato i servizi sociali. Loro conoscono la situazione e hanno già avviato la sua pratica. Quindi lui andrà in una casa-famiglia finché non troveranno una famiglia disposta a prenderlo, a meno che non lo faccia tu. E per l'adozione non so cosa dire...» Si strinse nelle spalle. «È un bambino carino, ma non parla. Nemmeno una parola.» Si piegò verso di lui. «Non sembra molto sveglio» sussurrò.
«Probabilmente perché è traumatizzato per tutto quel che gli è successo» sbuffò Matt abbassando lo sguardo su Lucas che si stava succhiando un dito. Sottobraccio aveva una vecchia coperta malridotta e un paio di scarpe da ginnastica evidentemente troppo grandi per lui. Tutto ciò che sapeva è che si trattava di un bambino terribilmente vulnerabile e spaventato. Sapeva di preciso cosa il piccolo stava provando mentre tutto il suo mondo era crollato intorno a lui. Matt non poteva biasimare Lucas perché non voleva parlare. Da piccolo anche lui aveva passato lunghi periodi in cui non aveva voglia di dire una parola.
«Spero che tutto questo non