Traguardo d'amore
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Info su questo ebook
Dea Caracciolo è un personaggio di spicco nel mondo della moda, Guido Rossano è l'erede di una dinastia di armatori, ma nessuno dei due è completamente felice delle propria vita.
Dopo essersi conosciuti ciascuno lascia inaspettatamente il segno nell'altro: lo sguardo di Dea verso il mondo si fa sempre più positivo, mentre Guido sente di essersi lasciato scappare qualcuno di prezioso. Così un secondo incontro offre loro una nuova occasione che Guido coglie con la determinazione dell'uomo d'affari qual è. Il solo traguardo cui aspira è l'amore di Dea...
Rebecca Winters
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Traguardo d'amore - Rebecca Winters
Prologo
Metaponto, Italia
Dea Caracciolo indugiò un istante in un angolo del grande salone da ballo del castello sull'isola di Posso.
Aveva svolto i suoi doveri di damigella d'onore alle nozze della sorella gemella Alessandra con Ranieri Montanari e adesso poteva finalmente tagliare la corda, pensò.
«Tesoro? Cosa fai lì impalata?» domandò una voce femminile.
Oh, no, sospirò Dea, voltandosi.
«Mamma, io...»
«Devo salutare alcuni ospiti e vorrei che tu facessi compagnia a Guido Rossano e ai suoi genitori.»
«Devo proprio?» replicò Dea, che non vedeva l'ora di andarsene.
«Sei la damigella d'onore di tua sorella. Tuo padre e io contiamo su di te per intrattenere il testimone dello sposo e la sua famiglia» replicò la contessa Eleonora Caracciolo. «Alessandra ci ha detto che vogliono molto bene a Ranieri e che Leonida Rossano ha parlato molto bene di te la sera che hai sfilato come modella sul loro yacht. Vieni, ti accompagno al loro tavolo» aggiunse, in un tono che non ammetteva repliche.
L'accenno allo yacht dei Rossano non fece che aumentare il senso d'imbarazzo che Dea provava, ma si trattava di una di quelle situazioni senza via d'uscita, pensò, rassegnandosi a sopportare la compagnia di Guido ancora per qualche minuto.
Come per un tacito accordo, durante la cerimonia nuziale, lei e Guido si erano comportati con la massima educazione nei confronti l'uno dell'altro, per svolgere i loro doveri nei confronti degli sposi. Tuttavia si erano scambiati appena un'occhiata e Dea sapeva bene perché.
Di sicuro Guido aveva una pessima opinione di lei a causa di quella fatidica sera sullo yacht, quando si era comportata come una sciocca con Ranieri proprio di fronte al suo migliore amico.
Molto probabilmente Guido Rossano era convinto che fosse innamorata del marito di sua sorella e avesse il cuore spezzato perché Ranieri aveva sposato Alessandra e non lei.
Insomma, la situazione non avrebbe potuto essere più imbarazzante ma sua madre si aspettava che lei svolgesse fino in fondo i suoi doveri nei confronti degli ospiti. Per quella ragione, non le restava che fare buon viso a cattivo gioco, concluse, seguendola.
Quando si avvicinarono al tavolo, Guido e suo padre si alzarono e le invitarono a sedersi in loro compagnia.
La madre di Guido era una donna molto gentile e simpatica e Dea cercò di concentrare l'attenzione su di lei mentre Eleonora intratteneva i due uomini.
«Mio padre mi ha detto del regalo di nozze che avete fatto ad Alessandra e Ranieri» esordì Dea.
«Abbiamo pensato che una crociera sul nostro yacht avrebbe consentito agli sposi la massima privacy» rispose Isabella Rossano. «Tua sorella è una donna davvero speciale e Ranieri è come un figlio per me e Leonida.»
«Lo so» annuì Dea.
«Devo dire che con quest'abito sei ancora più bella che la sera della sfilata» si complimentò Isabella.
«Grazie» mormorò Dea.
«È la pura verità» intervenne Leonida. «Non è vero, Guido?»
Suo figlio posò il bicchiere di champagne e accennò un sorriso. «Come ben saprai, papà, la signorina Caracciolo è una top model, una delle donne più ammirate e corteggiate d'Italia e ha schiere di uomini ai suoi piedi.»
«Proprio così» convenne Leonida.
Guido immaginò che per i suoi genitori quel commento fosse un complimento. Peccato solo che lui non facesse parte degli ammiratori di Dea Caracciolo.
«Io e le altre modelle vi siamo grate per avere concesso all'alta moda italiana la possibilità di organizzare una sfilata sul vostro yacht. Spero che l'evento possa ripetersi presto» disse Dea, rivolta ai Rossano.
«Se fossi in te, non ci conterei» mormorò Guido, in modo che suo padre non potesse udirlo.
Non aveva espresso quell'augurio nella speranza di essere invitata di nuovo a bordo dello yacht dei Rossano, pensò Dea. Ma a quanto pareva, Guido l'aveva interpretato così e questo non fece che accrescere il suo imbarazzo, concluse, pentita di non essere stata zitta.
Sempre più a disagio, tirò un sospiro di sollievo quando sua zia Fulvia si avvicinò al tavolo per chiederle se voleva salutare il vescovo che aveva celebrato il matrimonio di Alessandra e Ranieri. Si trattava di un amico di famiglia oltre che di un ospite di riguardo, e Dea colse l'occasione per defilarsi.
La sorella di sua madre l'aveva salvata da una situazione imbarazzante e di questo le sarebbe stata eternamente grata.
1
Roma, aprile. Un anno e mezzo dopo.
«La signora Parma la sta aspettando. Prego, si accomodi nella sartoria.»
Dea Caracciolo ringraziò l'impiegata della reception ed entrò nella sartoria della più famosa stilista teatrale del mondo, rammentando che la ragione per cui le era stato concesso il privilegio di quella visita era dovuta al fatto che sua zia Fulvia e Juliana Parma erano amiche di lunga data.
Lei e Juliana si erano già incontrate in varie occasioni a palazzo Orsini, l'antica residenza principesca di sua zia a Taranto. Ma la visita di quel giorno non era dovuta a semplice cortesia e il risultato, positivo o negativo, immaginò che avrebbe segnato una svolta nella sua vita.
La rinomata stilista, fisico minuto, capelli rosso scuro, doveva avere passato la sessantina, ma aveva un viso ancora piacente e un'espressione vivace. In quel momento, circondata da alcuni collaboratori, stava impartendo ordini come un generale di artiglieria, in tono gentile ma fermo.
Quando vide Dea, le fece cenno di avvicinarsi e sorrise.
«Ragazzi?» disse, rivolta al suo staff. «Vi presento Dea Loti, la nota top model. In realtà il suo vero cognome è Caracciolo, e fa parte di una delle più nobili famiglie italiane. Sua zia, la principessa Fulvia Orsini di Taranto, è una mia carissima amica. Dea lavorerà con noi mentre frequenterà il semestre primaverile all'Accademia del Design di Roma.»
Quell'ultima frase lasciò un istante Dea senza parole.
«Vuoi dire che hai deciso di accettarmi come apprendista senza nemmeno un colloquio preliminare?» le domandò sorpresa.
«Proprio così» le confermò Juliana. «Fulvia mi ha già detto sul tuo conto tutto quello che avevo bisogno di sapere. Così ho telefonato al rettore dell'Accademia e gli ho detto che volevo vederti.»
Cara zia Fulvia. Un altro motivo per volerle bene, pensò Dea.
«Io... Non riesco a crederci» mormorò.
«Credici, invece!» replicò Juliana, osservandola dalla testa ai piedi con espressione professionale. «Sei ancora più bella dell'ultima volta che ci siamo viste a Taranto. Immagina se tu fossi un soprano... Avresti tutti i tenori del mondo ai tuoi piedi.»
«Terribile» replicò Dea, con una punta d'imbarazzo. Fino a poco tempo prima un complimento del genere le avrebbe fatto piacere, ma le sedute di psicoterapia che frequentava a intervalli regolari, la stavano aiutando a considerare molti particolari della sua vita in una prospettiva diversa.
Per tutta risposta, Juliana fece una risatina. «Vieni nel mio studio» disse, facendole cenno di seguirla.
Gli altri ripresero il loro lavoro e Dea seguì Juliana in una stanza stipata di stoffe fino all'inverosimile e tuttavia ordinata.
Dea aprì la borsa di carta che aveva con sé e tese a Juliana un bouquet di rose.
«E questo per cosa?» le chiese la stilista.
«Come segno della mia gratitudine per avere accettato di incontrarmi.»
«Divino» mormorò Juliana, inspirando il delicato profumo dei fiori. «Fulvia deve averti detto che adoro le rose.»
«Ricordo che tuo marito te ne regalò un mazzo un anno fa, al termine della prima di un'opera lirica.»
«Sei un'osservatrice e soprattutto una donna sensibile» dedusse Juliana. «Farai strada in questo ambito professionale, me lo sento.»
Sensibile?
Quel termine non le si adattava, pensò Dea. Era sempre stata una persona molto egocentrica. Era questo, almeno, che aveva scoperto frequentando le sedute di psicoterapia. La nuova se stessa stava imparando a considerare anche gli altri.
Juliana mise i fiori in un vaso e si sedette dietro alla scrivania.
«Cos'è questa storia che hai abbandonato la carriera di modella?» esordì, guardandola negli occhi.
«È vero» le confermò Dea. «Ho ventinove anni e presto sarebbe finita comunque. A diciotto anni può essere divertente vivere una settimana a Parigi e un'altra a New York, ma adesso è arrivato il momento di pensare a quello che voglio fare in futuro. E io voglio diventare una costumista d'opera. Immagino che zia Fulvia ti abbia detto che disegnavo abiti fin da quando ero bambina. Non hai idea di quanto sia eccitata al pensiero di lavorare con una stilista di fama mondiale come te, per imparare tutto quello che c'è da imparare. È un grande privilegio.»
«In questo caso, sono sicura che ti interesserà il progetto che sto realizzando attualmente. Ovvero la creazione degli abiti di scena per Don Giovanni, l'opera lirica che verrà rappresentata la terza settimana di maggio. Vorrei qualche tuo commento riguardo al bozzetto per l'abito di Donna Elvira» disse Juliana porgendole alcuni fogli.
Don Giovanni di Mozart era una delle sue opere liriche preferite, pensò Dea. Non appena, quindi, ebbe osservato gli schizzi, lanciò a Juliana un'occhiata perplessa.
«Vuoi dire Donna Anna» disse.
«Brava, Dea» sorrise Juliana. «A quanto pare sei davvero un'attenta osservatrice. In effetti, questo costume è stato disegnato per Anna, che nell'opera è una donna più giovane di Elvira. Ricordo che quando eravate bambine, a te e a tua sorella piaceva organizzare delle sfilate di moda. Indossavate scampoli di tessuto di vario genere, che vi drappeggiavate addosso in modo fantasioso. Già allora dimostravi molto buon gusto e intelligenza.»
L'intelligenza era una qualità che di solito veniva attribuita alla sua sorella gemella, non a lei, pensò Dea.
Quel complimento inaspettato, quindi, le provocò un guizzo di piacere, mentre Juliana le porgeva un altro bozzetto da esaminare.
«Questo è l'abito che Donna Elvira indosserà nella scena del cortile buio. È stato uno dei membri del mio staff a disegnarlo.»
Dea osservò per alcuni istanti il costume. Alla fine scosse il capo ma rimase in silenzio.
«Non avere paura a esprimere la tua opinione. Ammiro sempre la sincerità» disse Juliana, in tono d'incoraggiamento.
«Quest'abito è troppo frivolo per il carattere del personaggio» sentenziò Dea. «Donna Elvira è una donna ferita e oltraggiata per l'abbandono da parte di Don Giovanni. In quella scena dovrebbe indossare un abito che sottolinei la sua bellezza e nello stesso tempo riveli che non è una sciocca.»
«Sono d'accordo con te... Scusa, ma per il momento non posso dedicarti altro tempo» disse Juliana. «Portami il disegno di quello che hai in mente per domattina alle undici» aggiunse, alzandosi.
D'impulso Dea girò intorno alla scrivania e le diede un bacio su una guancia.
«Non hai idea di quanto ti sia grata per questa opportunità!» disse con entusiasmo.
Dopo avere lasciato la sede della sartoria teatrale, Dea prese un taxi per tornare nel suo appartamento, situato nel cuore di Roma. Il palazzo d'epoca in cui abitava si trovava in una delle zone più eleganti della città, fra il Pantheon e Piazza Navona.
Grazie alla sua professione di modella, aveva girato il mondo, ma alcuni anni prima aveva scelto di risiedere a Roma.
Adorava l'atmosfera che si respirava nel centro storico, l'austera bellezza delle facciate dei palazzi e delle chiese, le vetrine delle boutique di lusso. In particolare quel lunedì, il clima tiepido di aprile si intonava perfettamente al suo umore. Dopo avere fatto uno spuntino, si sarebbe messa al lavoro per disegnare l'abito per Donna Elvira. Prima però avrebbe telefonato a sua zia, che le aveva reso possibile un periodo di apprendistato presso la sartoria teatrale di Juliana Parma.
Premette un tasto del cellulare e attese.
«Zia Fulvia?»
«Dea! Che gioia sentirti! Tua madre è qui con me. Ho messo il cellulare in viva voce, così puoi parlare con tutte e due.»
«Mamma?»
«Ciao tesoro. Come stai?»
«Indovina!» rispose Dea, eccitata. «Juliana Parma ha telefonato al rettore dell'Accademia e ha detto che voleva vedermi. Oggi ho avuto un colloquio con lei e mi ha assegnato il primo incarico. E tutto questo grazie a te, zia Fulvia!»
«Juliana non ti avrebbe accettata fra i suoi apprendisti se non fosse convinta che hai talento» ribatté Fulvia. «Quando un giorno debutterai come libera professionista, avrà molto valore sul tuo curriculum il fatto che hai frequentato un corso di perfezionamento sotto il suo patrocinio.»
«Lo so, ed è per questo che sono così emozionata! Grazie a te sono riuscita a coronare uno dei miei sogni! Adesso devo provare di essere all'altezza del compito che Juliana mi ha affidato.»
«Non ho dubbi che lo sarai» disse Fulvia.
«Anch'io» aggiunse sua madre. «Erano anni che non ti sentivo così felice ed entusiasta.»
«Questo è l'inizio della mia nuova vita» replicò Dea, con profonda commozione.
«Tuo padre sarà molto contento di sapere che hai iniziato a lavorare con Juliana.»
«Tutti e due mi avete sempre dato buoni consigli, mi dicevate di non rinunciare mai a realizzare i miei sogni, e di questo vi sarò sempre grata.»
«Non c'è di che, tesoro.»
«Vi voglio bene. Vi richiamerò presto» promise Dea, prima di riagganciare.
Non vedeva l'ora di iniziare a disegnare per convincere Juliana che non si era sbagliata a concederle fiducia, ad accordarle quel favore a causa dell'amicizia di lunga data con sua zia.