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Lettera di Natale: Harmony Jolly
Lettera di Natale: Harmony Jolly
Lettera di Natale: Harmony Jolly
E-book162 pagine1 ora

Lettera di Natale: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Chi lo ha detto che i milionari devono essere sempre solo belli e dannati? Esistono anche quelli romantici e sognatori e ve lo dimostreremo!

Il milionario Luca Berettini si dedica alla felicità e al benessere di suo figlio Dino, che è malato e in attesa di una rischiosa operazione. Ma quando il bambino, per Natale, scrive a una fondazione benefica esprimendo un desiderio riguardante il padre, la vita di Luca viene completamente stravolta. Gabi Parisi, l'incaricata che riceve la lettera, resta così colpita dal suo contenuto che decide di incontrare personalmente Dino. I due instaurano immediatamente un'intesa speciale, e anche Luca quando la incontra per la prima volta ne rimane profondamente attratto, ricambiato. Insieme, Gabi e Luca dovranno affrontare prove non facili, ma riceveranno per Natale il regalo più bello...
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2019
ISBN9788830507869
Lettera di Natale: Harmony Jolly
Autore

Rebecca Winters

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Lettera di Natale - Rebecca Winters

    successivo.

    1

    Novembre, due anni prima.

    Piancavallo, Dolomiti

    «Papà? È qui che sciavi quando avevi la mia età?»

    «Sì. Mi allenavo proprio qui.»

    «Voglio vincere le Olimpiadi come te!»

    «Sono sicura che un giorno ci riuscirai, Dino» disse sua madre. «Ma è ora di tornare allo chalet. Verremo qui di nuovo domani, tesoro.»

    «Sì!»

    All'improvviso, sentirono un forte boato in cima alla montagna.

    «Che cosa è stato, papà?»

    «Dobbiamo andare via subito!»

    29 novembre, oggi

    Il giovedì mattina, Luca Berettini uscì da casa per andare al lavoro più tardi del solito, e si mise in macchina, diretto a Spilimbergo, nel Nord-Est italiano. Era a pochi minuti di distanza dalla casa di Luca, che si trovava a Maniago.

    Da un anno e mezzo, Luca era l'amministratore delegato della Berettini Plastics, l'azienda di famiglia, mentre suo padre, Fabrizio Berettini, era in convalescenza dopo un infarto. Luca non aveva mai voluto né cercato quella posizione. Ma sia il consiglio d'amministrazione che sua madre lo avevano pressato perché lo accettasse. Sua madre aveva fatto di tutto per lui e Luca non voleva deluderla.

    Dopo la valanga che aveva portato via la moglie a Luca e la madre a Dino, Luca aveva gestito una sua azienda, che si occupava di produrre sci e scarponi da neve italiani. Gli affari erano andati bene; un giorno Luca avrebbe potuto occuparsi completamente dell'industria dello sci.

    La tremenda valanga che aveva cambiato il suo mondo e che lo teneva lontano dalle piste non gli aveva tolto l'amore per quello sport. Che gioia sarebbe stata avere la libertà di fare quello che voleva davvero! Ma non poteva farlo prima di sapere che cosa ne sarebbe stato della salute di suo padre.

    Per quanto riguardava Dino, era difficile pensare a qualsiasi altra cosa prima di sapere che tipo di vita avrebbe avuto suo figlio dopo l'imminente operazione per rimuovere un tumore benigno al cervello. Quel bambino significava per lui più della sua stessa vita.

    Luca entrò nell'ascensore privato che lo portava al suo ufficio al terzo piano. Quando entrò, la sua segretaria, Sofia, si alzò e gli corse incontro. Stava succedendo qualcosa. Con voce affrettata, Sofia gli disse: «Prima che entri, voglio avvisarla che c'è lì suo padre. La aspetta da un po'».

    Luca sentì montare la rabbia. Il medico aveva ordinato a suo padre di restare a casa fino a quando gli avrebbe dato il permesso di tornare a lavorare part-time. Ma questo non gli aveva impedito di superare i limiti quel giorno. Era proprio da lui intromettersi nella vita privata di Luca senza avvertire. In passato aveva cercato di sabotare anche diverse sue relazioni.

    Era proprio l'ultima cosa che serviva a Luca quel giorno; aveva già dovuto consolare Dino dopo uno dei suoi incubi. Ma sapeva esattamente perché suo padre era andato a trovarlo. Dato che non aveva ottenuto soddisfazione dal figlio durante la feroce discussione al telefono della sera prima, aveva deciso di affrontarlo faccia a faccia.

    Forte di quella informazione, Luca ringraziò Sofia per l'avvertimento ed entrò nell'ufficio. Suo padre, un uomo di sessantotto anni con i capelli grigi, sedeva alla grossa scrivania in quercia e leggeva alcuni documenti privati su cui Luca stava lavorando.

    Guardò il figlio senza alzarsi. «Ho chiesto a Sofia di non passarti telefonate, così possiamo parlare.»

    Tipico di suo padre. Aveva interferito nella vita di Luca senza mai approvare i suoi interessi sportivi, cercando sempre di soffocare le sue ambizioni. Nessuna ragazza era all'altezza di Luca, tranne quella per cui stavano discutendo in quel momento.

    «Ci siamo detti tutto ieri sera al telefono.»

    Suo padre sbatté un pugno contro la scrivania. «Non so perché continui a mettermi i bastoni tra le ruote su Giselle.»

    «Sinceramente, non capirò mai per quale motivo speri che io e lei finiamo insieme. Lei non mi è mai interessata, ed è per questo che ho sposato Catarina.»

    «Ma tua moglie è morta due anni fa. Giselle è ancora viva ed è bellissima. Suo padre mi dice che lei ha sempre voluto te. Siamo decisi a farvi mettere insieme. Gli ho detto che ci avrei pensato io.»

    Luca scosse la testa. «Non capisci che ho cose più importanti a cui pensare adesso? Devo gestire le paure di mio figlio» esplose. «Henri Fournier sarà anche il tuo migliore amico, ma io ho chiarito bene le cose ieri sera. Non voglio vedere sua figlia e non mi interessano le donne! Dato che stai così bene su quella sedia, te la lascio!»

    Il viso di suo padre si fece rossastro. Non sarebbe mai cambiato: era lo stesso dittatore intransigente che era sempre stato. Nulla che Luca avesse mai voluto o fatto aveva ottenuto l'approvazione di suo padre e oramai aveva rinunciato a sperare che cambiasse.

    «Dove vai?»

    «A casa.»

    «Aspetta, Luca...»

    Ma Luca uscì e disse a Sofia di chiamarlo se ci fossero state delle urgenze. Era un ottimo momento per fare un sopralluogo all'azienda manifatturiera che possedeva vicino a Tauriano e poi tornare a Maniago. Forse così avrebbe sbollito la rabbia.

    Alle tre e mezza di quel pomeriggio, Luca tornò a casa e trovò suo figlio ancora in pigiama che guardava la tv nel salotto.

    «Ehi, piccolo.» Lo abbracciò. «Che cosa guardi?»

    «Il mio programma preferito.»

    Ines, la tata, si alzò dal divano e si avvicinò. «È Comincia da un desiderio, lo fanno tutti i pomeriggi.» Luca ne aveva sentito parlare. «Dino ne è ossessionato, perché avverano tutti i desideri dei bambini.»

    Magari fosse davvero possibile!

    «Immagino che il mal di testa gli sia passato.»

    «Sì.»

    Ogni mal di testa di cui soffriva suo figlio provocava a Luca un dolore che scavava sempre di più le vecchie rughe di sofferenza sui suoi lineamenti. «Dopo cena, lo porterò a una partita di hockey. Spero di distrarlo dall'operazione.»

    Uscì dalla stanza e corse su per le scale, devastato come sempre dalle condizioni di Dino. Quella mattina, suo figlio aveva pianto con lui. «Ho sognato di essere nella valanga e di non riuscire a trovare la mamma. Vorrei che non fosse morta.»

    Quante volte lo aveva già sentito Luca? Gli aveva baciato la testa. «Vorremmo tutti che lei fosse qui. Ma almeno ci siamo l'uno per l'altro, no?»

    «Sì» aveva sussurrato il bambino.

    «Presto non avrai più mal di testa.»

    «Ma ho paura.»

    «Lo so, ma l'operazione te li porterà via. Non sei felice?»

    «Sì, ma se non mi sveglio più?»

    Luca lo aveva stretto più forte. «Come ti è venuto in mente?»

    «L'ho visto in tv.»

    «Dove?»

    «Quel cartone animato, Gli amici di Angelo. La mamma di Raf non si è più svegliata.»

    Diamine. Uno stupido cartone animato aveva accresciuto le sue paure. «Ascoltami, Dino, io sono già stato operato quattro volte e sto benissimo.»

    «La nonna era con te?»

    Luca aveva chiuso gli occhi, implorando un'ispirazione. «Sì.» Sua madre c'era sempre stata per lui. «E io sarò con te. Sai che non permetterò che ti succeda niente?»

    «Sì.» Ma la voce del bambino era soffocata dalla spalla di Luca e il piccolo si era finalmente addormentato.

    Durante l'ultimo anno, i mal di testa del bambino si erano fatti più frequenti, come aveva previsto il medico. Quando i farmaci non li fermavano, l'unica cosa che sembrava d'aiuto era il sonno.

    All'ultimo controllo di tre mesi prima, il dottore aveva parlato dell'operazione per rimuovere il tumore. Ma Dino aveva combattuto al solo pensiero di farsi operare, anche se significava stare meglio.

    Anche Luca era spaventato, perché il neurochirurgo gli aveva detto che il tumore si trovava in un punto pericoloso del cervello. La rimozione comportava dei rischi. Ma Luca sapeva che era l'unica possibilità per liberare suo figlio dal dolore.

    L'operazione era stata programmata per il ventuno dicembre e mancava poco meno di un mese. Il dottor Meuller, un medico svizzero nato a Zurigo che stava facendo del volontariato in Africa, sarebbe arrivato a Padova in aereo per eseguire l'operazione. Luca aveva sistemato i suoi affari per essere libero in quei giorni.

    Luca e sua madre avevano fatto di tutto per rassicurare Dino che sarebbero stati al suo fianco durante l'intervento, ma ogni volta che se ne parlava il piccolo correva nella sua camera singhiozzando. Voleva sua madre e nessuno poteva sostituirla. Luca si sentiva spezzare il cuore al pensiero che Dino fosse tanto spaventato.

    Doveva succedere qualcosa di straordinario per aiutare suo figlio. Luca desiderò con tutto il cuore sapere cosa potesse essere...

    Un altro lunedì.

    Gabi Parisi uscì dalla sua casa a Limena e guidò sotto un cielo coperto fino all'ufficio della fondazione Comincia da un desiderio di Padova. C'erano diciotto gradi e non aveva bisogno di portare il cappotto sul maglione azzurro a maniche lunghe e la gonna nera di lana.

    I lunedì significavano un sacco di posta. Arrivavano tantissime lettere da bambini che avevano bisogno di aiuto. Ad alcuni servivano i soldi per procedure mediche che i loro genitori o tutori non potevano permettersi. Altri stavano morendo e le famiglie volevano realizzare il loro più grande desiderio, che però andava oltre le loro possibilità.

    Edda Romano, il capo di Gabi, era una famosa filantropa che donava i propri soldi a cause benefiche sin dalla prematura morte del marito. Essere l'erede della fortuna industriale dei Romano le aveva permesso di aprire quella fondazione che avrebbe continuato a rendere felici i bambini per le generazioni a venire. Gabi ammirava Edda più di chiunque altro. Sentiva che era un privilegio lavorare per questa straordinaria settantacinquenne tanto generosa.

    Gabi si ritoccò il rossetto, si passò una spazzola tra i capelli biondi in disordine e uscì dall'auto. Con sua sorpresa, venne accolta da diversi fischi di alcuni operai che stavano ristrutturando l'edificio nell'area ovest.

    Uomini.

    Il suo divorzio di due anni prima l'aveva scoraggiata dal farsi coinvolgere di nuovo. Era tornata a vivere con sua madre, vedova, che lavorava ancora part-time in ospedale come infermiera in pediatria.

    Gabi si era laureata in economia e aveva lavorato in una banca. Si era persino innamorata del direttore e lo aveva sposato, confidando in un radioso futuro. Ma poco dopo il loro matrimonio, un aborto spontaneo l'aveva devastata. E poi aveva scoperto che suo marito la tradiva.

    In poco meno di un anno, il matrimonio era finito e lei aveva ricominciato a cercare lavoro.

    Quando aveva saputo che Edda cercava qualcuno, Gabi ne aveva approfittato; sentiva che quel tipo di occupazione l'avrebbe guarita. Lo scopo di Edda era rendere felici i più piccoli. Dato che era ancora in lutto per il bambino che aveva perso alla quinta settimana di gravidanza, poteva riversare tutto il proprio amore sui figli degli altri.

    Gabi riteneva di avere il compito più bello: insieme ad altre quattro donne aveva l'eccitante opportunità di aprire e leggere le lettere. Dopo aver preso insieme una decisione riguardo a ciascuna di esse, le portavano a Edda, nell'ufficio accanto, perché lei decidesse definitivamente che cosa fare.

    Gabi raggiunse la sala riunioni al secondo piano per cominciare la giornata. Lei e le sue colleghe si sedettero intorno a un grande tavolo ovale.

    Stefania, la donna che Edda aveva messo a capo del loro gruppo, prendeva la posta dalla stanza apposita e consegnava le nuove lettere che arrivavano ogni giorno. Gabi si meravigliava per la quantità di bambini che avevano bisogno di un aiuto speciale e lodava Edda per il servizio che offriva ogni giorno. Una tale bontà la rendeva simile a una santa.

    «Buongiorno» disse a Angelina e Clara, che erano già

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