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Protetta dallo sceicco: Harmony Jolly
Protetta dallo sceicco: Harmony Jolly
Protetta dallo sceicco: Harmony Jolly
E-book175 pagine2 ore

Protetta dallo sceicco: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Essere la sosia di una nobildonna in cerca di anonimato ha per Lydia Young i suoi innegabili vantaggi. Da cassiera in un supermercato, si trova infatti catapultata in un resort di lusso per una settimana da favola. Quello che non ha messo in conto, però, è che i suoi ospiti le abbiano assegnato un affascinante nonché insolita guardia del corpo. Kalil al-Khalid è nipote di uno sceicco in esilio e custodisce in cuor suo una promessa fatta al nonno: riportarlo a casa! Il loro incontro ha qualcosa di magico: sono reciprocamente e irresistibilmente attratti, anche se entrambi hanno un segreto nel cuore. Allo scadere della settimana insieme, due chances: ritornare alla vita di tutti i giorni e dimenticare ogni emozione oppure spalancare le braccia alla felicità che ha bussato alla loro porta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2017
ISBN9788858973363
Protetta dallo sceicco: Harmony Jolly
Autore

Liz Fielding

Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.

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    Anteprima del libro

    Protetta dallo sceicco - Liz Fielding

    1

    Lydia Young era finzione dalla punta delle scarpe alle piume del cappello ma, mentre se ne stava nel bel mezzo del salone di un lussuoso albergo londinese, aveva l’assoluta certezza di essere la migliore.

    L’abito, libera interpretazione di un capo di un famoso stilista, era stato confezionato da sua madre, che in passato aveva lavorato come sarta in una casa di moda. Scarpe, borsa e accessori non erano originali, ma erano le copie migliori sul mercato. Del genere che solo un esperto, guardando da vicino, avrebbe potuto individuare.

    Faceva tutto parte del lavoro.

    Una volta aveva sentito raccontare da un’attrice come costruiva i personaggi che doveva interpretare e aveva fatto sua la lezione.

    Lydia aveva studiato il modo di camminare del suo personaggio, i gesti, quel modo particolare di inclinare il capo. Aveva lavorato sulla voce sino ad arrivare a imitarla alla perfezione e il sorriso, famoso in tutto il mondo, era addirittura un capolavoro, anche se era lei a dirlo.

    La ricompensa era che quando entrava in una stanza affollata di persone che sapevano che era solo una sosia, assunta per lanciare un club alla moda, un nuovo ristorante o un prodotto, non c’era assolutamente niente nel suo aspetto o nei suoi modi che poteva rovinare la fantasia, e quindi era trattata con la stessa deferenza tributata alla donna che impersonava.

    Stava sorridendo ora, mentre circolava tra la gente, fermandosi di tanto in tanto per posare per una foto, nella sala di un albergo in cui, nella vita reale, non avrebbe mai potuto sognarsi di metter piede.

    Si chiese se le foto sarebbero state incorniciate. Sarebbero state messe sulla mensola di un caminetto, così che parenti e amici potessero credere che i padroni di casa avevano davvero incontrato Lady Roseanne Napier?

    Qualcuno le rivolse la parole e lei tese la mano, sorrise, rispose alle domande, conversando in modo appropriato, del tutto naturale.

    Altre strette di mano, qualche foto ancora, mentre il direttore dell’albergo le offriva una rosa, parte dell’immagine del personaggio che interpretava, e sarebbe stato tutto finito. Tempo di tornare al mondo reale. Un salto in ospedale dalla mamma e poi il turno al supermercato, dove magari avrebbe sistemato sugli scaffali la nuova marca di tè che stavano lanciando quel giorno.

    C’era un che di ironico, considerò mentre attraversava la grande hall tutta marmi, diretta allo spogliatoio, per trasformarsi nuovamente nella comune, semplice Lydia Young.

    Molte teste si voltarono mentre passava. Ma era così sin da quando era ragazzina, la gente si girava, la chiamava Rose. La somiglianza era impressionante già allora. Il colore dei capelli, i lineamenti, i vividi occhi blu, così simili a quelli di Lady Rose. Si era calata nella parte, copiando la sua acconciatura, implorando sua madre di farle una giacchina di velluto nero identica a quella della foto di Lady Rose apparsa su tutti i giornali il giorno dopo il suo sedicesimo compleanno. Aveva copiato il suo look, proprio come la generazione di sua madre aveva copiato quello di un’altra giovane principessa.

    Chi non avrebbe desiderato avere lo stesso aspetto di un idolo?

    Una sua foto pubblicata sul quotidiano locale aveva attirato l’attenzione della più grossa agenzia di sosia dello stato e il ruolo di Lady Rose aveva cambiato la sua vita. L’essere un’altra non solo aveva dato un nuovo scopo di vita alla sua povera mamma paraplegica, da quel momento sempre occupata a studiare abiti e a confezionarli, ma aveva anche fornito entrate extra per pagare i conti. Lydia, dopo aver preso la patente, era riuscita a risparmiare abbastanza da comprarsi una macchina, così aveva avuto la possibilità di portare sua madre ben più lontano che al supermercato.

    Persa nella gioia di quel pensiero, Lydia era arrivata in fondo alla hall quando si accorse che nessuno stava più guardandola. Che qualcun altro era al centro dell’attenzione.

    Il passo si arrestò mentre quel qualcuno si voltava e lei si ritrovò faccia a faccia con se stessa. O meglio, con quella lei che fingeva di essere.

    Lady Roseanne Napier.

    In carne e ossa.

    E Lydia, che ora aveva il cuore al galoppo, non poté fare altro che pregare che il pavimento si spalancasse e la inghiottisse.

    Il suo angelo custode, però, doveva essere distratto perché il marmo non si aprì e fu Lady Rose, con un sorriso incantevole, a salvarla.

    «Conosco quel viso» disse, tendendo la mano, «ma temo che il nome mi sfugga.»

    «Lydia, signora. Lydia Young» disse lei, prendendole la mano, più per sorreggersi che per stringerla.

    Doveva fare l’inchino? Le donne spesso lo facevano, ma Lydia non era sicura che le ginocchia, una volta piegate, si sarebbero raddrizzate nuovamente, e la situazione era già abbastanza brutta senza trasformarla in una farsa.

    Poi, realizzando che stava ancora stringendo l’esile mano, la lasciò, balbettando una scusa. «S... sono così dispiaciuta. Le giuro che non è stato programmato. Non avevo idea che sarebbe stata qui.»

    «La prego, non è un problema» ribatté Lady Rose con simpatia, la gentilezza personificata mentre si tratteneva a scambiare due parole con lei, mettendola a proprio agio.

    Quindi, mentre raggiungeva l’uomo che la stava aspettando sulla porta - i giornali dicevano che era l’uomo che stava per sposare - si girò. «Giusto per curiosità, Lydia, quanto le danno per il mio ruolo? In caso decidessi di prendermi una giornata libera...»

    «Per lei nulla, Lady Rose. Mi chiami e basta. Quando vuole.»

    «Immagino che non le vadano tre ore di Wagner stasera, vero?» le chiese, ma prima che lei potesse rispondere, scosse il capo. «Stavo solo scherzando. Non potrei mai farle una cosa del genere.»

    Aveva il sorriso sulle labbra e dell’umorismo nella voce, ma per un attimo gli occhi la tradirono e Lydia vide al di là del favoloso abito, e del filo di splendide perle che le cingeva il collo. Lady Rose, realizzò, era una donna con dei problemi. Così, tirò fuori dalla borsa un biglietto da visita e glielo porse.

    «Mi chiami» le disse seria. «Quando vuole.»

    Tre settimane più tardi, quando rispose al cellulare, una voce che conosceva bene quanto la sua, disse: «Parlava sul serio?».

    Kalil al-Zaki guardava verso il giardino d’inverno dell’ambasciata del suo paese a Londra, dove i figli dell’ambasciatore stavano giocando sotto la supervisione della tata.

    Lui aveva solo un paio d’anni meno di suo cugino. Intorno ai trent’anni un uomo dovrebbe avere una famiglia, dei bambini...

    «So quanto sei impegnato, ma è solo per una settimana, Kal.»

    «Non capisco qual è il problema» obiettò lui, cercando di controllare la collera che andava aumentando di giorno in giorno e minacciava di riversarsi su chiunque fosse nei paraggi, dai bambini alla loro madre, l’incantevole moglie di suo cugino, la principessa Lucy al-Khatib. «Non succederà nulla a Lady Rose a Bab el Sama.»

    Visto che era il complesso dove la famiglia reale del Ramal Hamrah si trasferiva per le vacanze, era più che certo che non ci fossero problemi di sicurezza.

    «Naturalmente» concordò Lucy, «ma suo nonno è venuto a trovarmi ieri. A quanto pare, qualcuno l’ha minacciata.»

    Kalil si accigliò. «Minacciata? Che genere di minaccia?»

    «Si è rifiutato di scendere nei dettagli.»

    «Be’, grandioso» commentò lui. Quindi aggiunse: «Come mai è venuto da te e non da Hanif?».

    «Sono stata io a offrirle l’uso di Bab el Sama in qualunque momento avesse sentito il bisogno di allontanarsi un po’.» Lucy alzò impercettibilmente le spalle. «Il duca non vuole allarmarla. Ritiene che la soluzione più semplice sarebbe che ritirassi l’invito adducendo una scusa.»

    Kal comprendeva le donne - con una madre, due matrigne e più sorelle di quante potesse contarne, aveva parecchia esperienza - ed era in grado di riconoscere un come se quando ne vedeva uno.

    «Credi stia facendo di un bruscolino una montagna.»

    «Ha perso il figlio e la nuora in un modo brutale ed è comprensibile che sia iperprotettivo nei confronti della nipote. Non le ha neanche permesso di andare a scuola...»

    «Lucy!» sbottò Kal. Quell’approccio insinuante non era da lei. E non riusciva a spiegarsi come poteva pensare che lui avesse voglia di fare da babysitter a una qualche principessina viziata. Ma non era Lucy il nemico. Al contrario. «Scusami.»

    «Non ho dubbi che ci sia stato qualcosa di inquietante» continuò lei, liquidando le scuse con un gesto elegante della mano. «Chiunque sia sotto i riflettori riceve la sua parte di lettere minatorie, ma...» Eccolo lì, c’era un ma, «dubito che sia qualcosa di più serio che lo sfogo di un poveretto deluso per l’annuncio del fidanzamento di Rose con Rupert Devenish.»

    «Stai dicendo che è solo una scusa per farti pressione, per indurti a tenerla sotto stretta sorveglianza, come è in patria?» Il tono di Kalil era incredulo. Lady Rose non era una bambina, doveva avere ventitré, ventiquattro anni.

    «Forse sono ingiusta» disse Lucy con un sospiro. «È ossessivo nel controllo, ma Rose è molto preziosa per lui.»

    «E non solo per lui.» Kal aveva il sospetto che l’immagine di purezza e santità di Rose fosse stata studiata a tavolino da esperti di comunicazione, ma era un’immagine su cui i media erano ben felici di buttarsi, almeno sino a che non avessero avuto qualcosa di più piccante da mettere in prima pagina. «Lo sai, vero, che se le accadesse qualcosa mentre è nel Ramal Hamrah la stampa ci metterebbe in croce?» E sarebbe stato lui quello su cui sarebbero ricadute tutte le colpe.

    «Nel frattempo, invadono la sua privacy di continuo, sperando di riuscire a scattare qualche foto da scoop, quando ha la guardia abbassata.»

    «Possono solo fotografare quello che fa» puntualizzò Kal.

    «Perciò non fa niente.»

    «Niente?» ripeté lui, aggrottando la fronte. «È davvero così pura e angelica come vogliono farci credere?»

    «Non è qualcosa per cui prenderla in giro» scattò Lucy. «È sotto i riflettori da quando ha passato la fase angioletto ed è diventata ufficialmente una donna, il giorno del suo sedicesimo compleanno. Negli ultimi dieci anni non ha potuto nemmeno muovere un dito senza che qualcuno la fotografasse.»

    «Allora ha tutta la mia simpatia.»

    «Ne ha bisogno davvero, Kal. Quello che le serve disperatamente è un po’ di privacy, un po’ di tempo da sola per decidere a che punto si trova e dove sta andando.»

    «Mi pareva avessi detto che sta per sposarsi.»

    «È una voce che circola. Ed è alimentata dal duca, ne sono sicura» aggiunse, senza nascondere la sua disapprovazione. «Arriva un momento in cui l’immagine virginale smette di avere fascino e diventa motivo di battute crudeli. Il matrimonio, dei figli, porteranno avanti la storia e Sua Grazia ha scelto un conte per portare a compimento il suo progetto.»

    «Un matrimonio combinato?» Kal si strinse nelle spalle. «È così tremendo?» In base alla sua esperienza, metteva al riparo dalle pene di un matrimonio d’amore, quando l’amore finiva. «Hanif cosa ne dice?»

    «Secondo lui, se la minaccia fosse reale, il Duca avrebbe fatto un approccio ufficiale tramite l’Ufficio Esteri, anziché cercare di costringere me a ritirare l’invito.»

    L’approccio ufficiale avrebbe avuto di sicuro maggior effetto, pensò Kal. «In ogni caso» replicò, «potrebbe essere più saggio fare un favore a tutti dicendo a Lady Rose che il tetto del palazzo di Bab el Sama è crollato.»

    «In altre parole eliminare il problema, rendendoci le cose più semplici? E Rose? Non le danno tregua, Kal.»

    «Non dà l’impressione di volerne» obiettò lui. Non c’era settimana in cui non comparisse una sua foto sui giornali o sulle riviste.

    «Farebbe differenza?» ribatté Lucy. Poi , senza attendere la risposta, scosse il capo. «Andrai con lei, Kal? Anche se non penso che corra pericoli, non voglio rischiare di lasciarla senza qualcuno che la protegga e, se chiedessi a tuo zio di metterle a disposizione delle guardie, sarebbe come farla passare da una prigione all’altra.»

    «Prigione?»

    «Come altro la definiresti?» Lucy posò la mano su quella di Kalil. «Sono terribilmente preoccupata per lei. In apparenza è serena, ma dietro la maschera c’è una tale disperazione...» Di nuovo scosse il capo. «Falla distrarre, Kal. Falla divertire, ridere.»

    «Vuoi che la protegga o che la corteggi?» chiese lui, asciutto. Aveva fatto del suo meglio per dissipare l’immagine di playboy legata al nome al-Zaki, ma sarebbe sempre stato il nipote di un principe donnaiolo in esilio, il figlio di un uomo che

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