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Noir in abito da sera
Noir in abito da sera
Noir in abito da sera
E-book169 pagine2 ore

Noir in abito da sera

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Info su questo ebook


Noir in abito da sera è una raccolta di racconti che porta la pregevole firma di undici autrici italiane che si sono contraddistinte con successo nel corso degli anni, con opere appartenenti a un genere narrativo ormai tanto caro ai lettori.
L’obbiettivo preciso di questa raccolta è focalizzarsi su un tema che vede la donna la protagonista assoluta, nelle vesti di un commissario o ispettrice di polizia impegnata in un’indagine oppure vittima di un efferato delitto o addirittura spietata assassina.
L’importanza rilevante è metterla al centro dell’attenzione affinché gli eventi le ruotino intorno, con delle storie in chiave noir.

Le autrici: Francesca Bertuzzi, Piera Carlomagno, Mimma Leone, Lorena Lusetti, Chicca Maralfa, Marzia Musneci, Giada Trebeschi, Luana Troncanetti, Paola Varalli,Serena Venditto, Letizia Vicidomini.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2022
ISBN9788868104832
Noir in abito da sera

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    Anteprima del libro

    Noir in abito da sera - AA. VV.

    cover.jpg

    AA.VV.

    NOIR IN ABITO DA SERA

    Prima Edizione Ebook 2022 © Damster Edizioni, Modena

    ISBN: 9788868104832

    Immagine di copertina su licenza

    Adobestock.com

    Damster Edizioni è un marchio editoriale

    Edizioni del Loggione S.r.l.

    Via Piave 60 - 41121 Modena

    http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it

    catalogo su

    www.librisumisura.com

    img1.png

    NOIR IN ABITO DA SERA

    Racconti

    img2.png

    INDICE

    Prefazione

    Prefazione Sos Donna

      I racconti

    LENTA COTTURA

    Francesca Bertuzzi

    ARGIA

    Piera Carlomagno

    L’ASSISTENTE

    Mimma Leone

    OSSESSIONE MORTALE

    Lorena Lusetti

    LA SUORA E IL TALEBANO

    Chicca Maralfa

    PIETRE E POLVERE

    Marzia Musneci

    LA MANO DI CORSO OPORTO

    Giada Trebeschi

    L’ORA DEL THÈ

    Luana Troncanetti

    LA FESTA DEL SOLE

    Paola Varalli

    FIORI D’ARANCIO

    Serena Venditto

    SETA BLU

    Letizia Vicidomini

    SOS DONNA BOLOGNA. LA STORIA

    RINGRAZIAMENTI

    LE AUTRICI

    CATALOGO

    Quest’antologia è dedicata a mio padre Michele

    e a mia nonna Nicoletta

    che ho perso forse troppo presto nel mio cammino

    e a tutti i miei zii che hanno preso le loro veci.

    Una dedica particolare va a tutte le donne

    che sono state vittime di violenze e abusi

    e che lo sono ancora oggi.

    E a chi continua a prendersi cura di loro.

    Dario

    Prefazione

    Noir in abito da sera è un’antologia di racconti che porta le pregevoli firme di undici autrici italiane che si sono contraddistinte con successo nel corso degli anni con opere appartenenti a un genere narrativo, ormai così caro a noi lettori. 

    L’obiettivo di questa raccolta è di focalizzare l’attenzione sul soggetto della donna, vista come protagonista assoluta in ognuno di questi undici intriganti racconti.

    Non importa se sarà nelle vesti di un’ispettrice di polizia, impegnata in una complessa indagine o in quelle di una vittima di un efferato delitto o ancora di una spietata assassina priva di ogni remora. L’importante è posizionare questo meraviglioso essere al centro di ogni racconto, affinché diventi il perno principale su cui far roteare gli eventi.

    Tutte le autrici offrono al lettore una perfetta caratterizzazione anche dei personaggi secondari, lasciando nulla al caso.

    La descrizione accurata di situazioni e scenari, rende incredibilmente facile per il lettore entrare nell’atmosfera Noir del racconto e viverlo in prima persona. 

    Ogni racconto come ben sappiamo ha una voce diversa, caratterizzato da un tono armonico o incisivo a seconda del genere letterario al quale l’autrice appartiene o si ispira.

    In questo modo il lettore ritroverà undici modi differenti di intendere la storia attraverso il suo inequivocabile stile narrativo.

    Storie incredibili che affronteranno tematiche di particolare rilevanza, alcune suggestive e di grande impatto, altre con una prosa più leggera o ironica da non sottovalutare.

    Ecco a voi, finalmente, il Noir servito attraverso portate di qualità: non vi resta che gustarlo fino all’ultima pagina apprezzandone il sapore che vi lascerà senza respiro. 

    Buona lettura.

    Dario Brunetti

    Prefazione Sos Donna

    I racconti sono avvincenti e di veloce lettura, accompagnano il lettore attraverso un turbinio di emozioni contrastanti e opposte nel giro di poche righe. La dolcezza lascia il posto all’acredine e il piacere al tormento.

    Ognuna di queste storie, ognuna delle donne protagoniste, rappresenta un mondo. Un mondo in cui la femminilità non per forza fa rima con dolcezza, accettazione, rassegnazione. Un mondo in cui sentimenti, desideri, inquietudini a lungo repressi, in un attimo esplodono con tutta la loro veemenza, fino a sfociare in disperazione, furia, brutalità.

    Ad un lettore attento non potrà comunque sfuggire il tocco femminile di queste penne, una specie di raffinatezza nella scrittura che riesce a non scivolare mai nello scontato o nel volgare, ma che anzi custodisce una naturale eleganza.

    I "Noir in abito da sera" scatenano un interesse diverso da quello a cui siamo abituati nella lettura del genere noir, che è da sempre considerato appannaggio del genere maschile. Questo anche perché le donne hanno iniziato a trattare tematiche come la politica e il sociale - considerate da sempre patrimonio maschile - in tempi relativamente recenti.

    C’è da dire inoltre che la diffusione del noir al femminile in Italia è lenta, forse perché a monte esiste ancora un problema culturale che ha condizionato anche il genere narrativo interpretato dalle donne, che tendono a riproporre all’interno delle storie le stesse bipartizioni della vita: donne spaccate tra famiglia e lavoro, fino al punto da decidere di dedicarsi a una sola delle due, ignorando l’altra.

    Al contempo è evidente la difficoltà dovuta al fatto che gli spazi concessi alle donne sono ancora pochi a fronte della diversa considerazione riservata agli uomini, che tendono a rimanere di più sulla scena, nonostante spesso non qualitativamente all’altezza.

    Allora bisognerebbe sforzarsi di superare stereotipi e categorie preconfezionate per lasciare spazio a libere indagini, approfondimenti che non sono necessariamente quelli richiesti dalla legge del mercato. Le nuove generazioni sono, da questo punto di vista, più libere e allineate alle esigenze di rispetto dei nostri diritti e delle nostre aspirazioni.

    Possiamo dire quindi che è in atto un work in progress e che queste donne noir dimostrano di avere più coraggio nella narrazione di un genere più libero da preconcetti e da categorie stereotipate; questo dovrebbe sicuramente aiutare anche gli scrittori italiani a raccontare le donne senza schematizzarle o senza approfondire la complessità.

    SOS Donna Bologna

    a cura di Francesca Chiaravalloti e Valentina Ferri

    I racconti

    LENTA COTTURA

    Francesca Bertuzzi

    Cospargere la carne di sale, miele, paprica, pepe, rosmarino tritato e timo. Bagnarla con un filo d’olio, poi irrorarla di birra scura fino a coprirla e infine aggiungere un bicchiere di vino rosso. Ora bisogna massaggiarla, passare le dita sulle parti grasse, farle lavorare bene, vicino all’osso. Come una carezza, una carezza postuma, che ha tutt’altro intento che essere consolatoria.

    Non voglio consolare questo pezzo di carne, ovviamente no. Voglio che sia morbido e succoso e che quando mio marito darà il primo morso il sapore gli esploda in bocca. Come una bomba.

    La carne va trattata, c’è poco da fare. Soprattutto quando non vuoi fare sprechi.

    Io non ero bravissima a cucinare la carne, mi veniva dura. Ho trovato il modo di ovviare a questa mancanza tramite la lenta cottura.

    Come in questo caso. Sto cucinando le costine. Il taglio non è nobile per cui il lavoro che richiede è maggiore. Meno da una parte, di più dall’altra: così sta in equilibrio la bilancia. O perlomeno una vecchia bilancia. Ora è tutto elettronico e l’arte è diventata cosa diversa. Così mi torna in mente la bilancia di ottone nella casa di quando ero bambina, con tutti i pesi dal più grande al più piccolo. Quanto tempo c’ha passato in cucina mia madre. E io da spettatrice muta ammiravo il suo impegno. A quei tempi cucinare era un lavoro di corpo, di fatica fisica. L’enorme spianatoia che mia madre sollevava e piazzava sul tavolo e il gioco di mattarello, addominali, bicipiti, tricipiti, dorsali… tutto il suo corpo diventava un’onda dura che faceva avanti e indietro nello stendere la pasta, fino a quando questa non diventava sottile, ruvida. Come la sua vita.

    Anche io cucino tanto, ma ora è più facile. Con i robot non c’è partita. Non che passi poco tempo in cucina, anzi. Ci sto tanto, tantissimo. Mi piace cucinare perché mentre le mani lavorano la testa può vagare. E me la cavo anche piuttosto bene, mi riescono soprattutto i dolci. Per un periodo ho anche venduto le mie tortine al bar giù in piazza. Ci venivano dai paesi vicini per fare colazione con le mie tortine. Poi Giovanni, mio marito, l’è venuto a sapere e s’è infuriato. E vabbè, lo sapevo che non gli sarebbe piaciuta l’idea. S’è sentito umiliato, come se non mi mantenesse a dovere, come se avessimo bisogno di quei due spicci del bar per andare avanti. Che poi non erano proprio due spicci a essere sinceri, ci facevo anche trecento euro al mese, trecento euro guadagnati da me.

    Ma Giovanni ha ragione, non abbiamo bisogno di soldi in più e nei paesi piccoli le malelingue ci mettono poco a trasformare una cosa da niente in un ambaradan.

    Oggi ho messo il vestito bianco con i fiori rossi. Ha un bello scollo sulle spalle, la cinta in vita finisce con un fiocco dietro, proprio dove inizia il girovita. Lo sto proteggendo con un grembiule per non sporcarlo, ovviamente. Ho acconciato i capelli e addolcito il viso con un po’ di trucco. Ho anche già messo i tacchi: le scarpe di vernice rossa che ho adorato dalla prima volta in cui le ho viste in vetrina. Anche se so che Giovanni rientrerà fra molte ore, voglio essere prontissima quando aprirà la porta di casa.

    Mi sento molto carina e soprattutto leggera, come una nuvoletta. È così da stamattina presto, da quando ho ricevuto Ester mentre prendevo il primo caffè della giornata e mi è venuta l’idea per la ricetta di questa sera.

    A proposito, intanto che le costine marinavano ho preparato le patate per il forno e avviato il ragù che, da tagliare al coltello - lo dico -, non è un lavoro da poco. Adesso che la carne ha riposato abbastanza la tiro fuori dalla marinatura e la massaggio nuovamente con paprica e peperoncino in polvere. È fredda di frigo e le dita mi fanno male ma è un lavoro che va fatto. Le spezie devono entrare bene nelle maglie, amalgamarsi al sangue.

    Ora posso poggiare le costine nella terrina. Le irroro della loro marinatura e le metto a cuocere in forno a trentasei gradi. Ci metteranno molto ma ne vale la pena, verranno deliziose. La carne va omaggiata, diceva sempre mia madre.

    Mia madre omaggiava qualunque cosa a dirla tutta, farina, uova, verdure, mai una cosa andata a male in frigo. Figlia della guerra. Sapeva cosa volesse dire andare a letto con la pancia rientrata che si arrampicava a mordere lo stomaco. Io non lo so, infatti mi vanno a male un sacco di cose in frigorifero, però questa carne no, questa con la fatica che m’è costata, la cucinerò in modo che non ne vada buttato neanche un boccone.

    Mia madre era fissata con la cucina e mi ha passato questa passione. In effetti non è che abbia tanto altro da fare durante la giornata. Dio non mi ha dato figli, e io non ho mai dovuto lavorare, grazie al cielo; quindi mi do da fare in casa, almeno il tempo passa.

    Ma se per me è passione o hobby, la cucina per mia madre era guerra. E come un soldato l’affrontava. Iniziando la mattina con i dolci, continuando con il pranzo per posare il fucile (immaginario, s’intende) a tavola, solo dopo cena.

    Diceva che l’altra non sapeva manco far bollire l’acqua. E quando ci sarebbe stato mio padre, tutta la vita, con una che stentava a tagliare il pane?

    È così. Mio padre aveva un’amante. Era cosa saputa e taciuta in casa, il più delle volte almeno. Solo quando papà mancava per periodi lunghi a mia madre prendeva le paturnie. Temeva che non sarebbe tornato più, allora telefonava a zia Rosa, e parlavano. Si rassicurava da sé puntando tutto sull’argomentazione della cucina. Non il fatto che amasse lei più dell’altra, o che gli saremmo potuti mancare troppo noi figli, no: la sua convinzione era che sarebbe tornato perché lei era troppo brava a far da mangiare e l’altra era un’incapace

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