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GialloFestival 2022: I migliori racconti gialli
GialloFestival 2022: I migliori racconti gialli
GialloFestival 2022: I migliori racconti gialli
E-book506 pagine6 ore

GialloFestival 2022: I migliori racconti gialli

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Info su questo ebook

Tutti i racconti finalisti della quarta edizione di GialloFestival.
49 racconti di altrettanti autori italiani. Eccoli: Marzia Accardo, Graziano Aldrovandi, Silvia Alonso, Silvia Angelini, Paolo Barletta, Daniele Bergonzoni, Marco P. L. Bernardi, Marco Bertoli, Carlo Bolzoni, Paolo Botti, Daria Camillucci, Davide Camoni, Cecilia Monti Canestrari, Carmine Caputo, Giliola Colari, Alessia Corazzi, Alice Cristiani, Viviana De Cecco, Claudio De Leporini, Eric Delerue, Roberto Rodolfo De Lorenzi, Giuditta Di Cristinzi, Elena Dottini, Davide Ferrari, Nicoletta Magnani, Laura Mazzucato, Fausto Meoli, Deanna Morlupi, Bianca Nocentini, Luca Notarianni, Cristina Origone, Lucia Pelizzi, Ambra Pellegrini, Paolo Puliti, Ilaria Riz, Antonio Rubino, Marco Scaldini,Viviana Sebastio, Walter Serra, Mauro Sighicelli, Fabio Simiani, Rosalia Siviero, Dario Snaidero, Massimo Spelta, Giada Strapparava, Ellery Sueen, Andrea Tani, Fabio Venosini, Iryna Volynets
LinguaItaliano
Data di uscita28 lug 2023
ISBN9788868105389
GialloFestival 2022: I migliori racconti gialli

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    Anteprima del libro

    GialloFestival 2022 - Antologia Autori vari

    cover.jpg

    Autori Vari

    GIALLOFESTIVAL 2022

    I migliori racconti gialli

    Prima Edizione Ebook 2023 © Damster Edizioni, Modena

    ISBN: 9788868105389

    Immagine di copertina su licenza

    Adobestock.com

    Damster Edizioni è un marchio editoriale

    Edizioni del Loggione S.r.l.

    Via Piave 60 - 41121 Modena

    http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it

    catalogo su

    www.librisumisura.com

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    Autori Vari

    GIALLOFESTIVAL 2022

    I migliori racconti gialli

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    INDICE

    7

    7

    ELIMINARE GLI OSTACOLI 8

    Marzia Accardo 8

    CACCIA ALLO SQUALO 12

    Graziano Aldrovandi 12

    IL SEGRETO DI SENENMUT 17

    Silvia Alonso 17

    L’AMICO DI PENNA 22

    Silvia Angelini 22

    BENITO VITTORIO PINTAURO, VEDOVO PORZIO 26

    Paolo Barletta 26

    OPERAZIONE: BIM BUM BAM 31

    Daniele Bergonzoni 31

    DELITTO AL GIALLOFESTIVAL 37

    Marco P. L. Bernardi 37

    STAFFETTA 40

    Marco Bertoli 40

    DESIDERIO MUTO 46

    Carlo Bolzoni 46

    INVITO A CENA 51

    Paolo Botti 51

    UNA FAMIGLIA PERFETTA 55

    Daria Camillucci 55

    PONTE DEL DIAVOLO 61

    Davide Camoni 61

    COME UCCIDONO LE MUCCHE 66

    Cecilia Monti Canestrari 66

    CASH BLACK 71

    Carmine Caputo 71

    GAME OVER 76

    Giliola Colari 76

    JINX, LA BAMBINA CHE PORTAVA SFORTUNA 80

    Alessia Corazzi 80

    LEI 86

    Alice Cristiani 86

    CENERENTOLA MORIRÀ A MEZZANOTTE 91

    Viviana De Cecco 91

    IL PRIMO E L’ULTIMO 96

    Claudio De Leporini 96

    DA ERNESTO 103

    Eric Delerue 103

    SOLUZIONE SENÀREGA 107

    Roberto Rodolfo De Lorenzi 107

    IL DELITTO DELLA CAMERA CHIUSA 114

    Giuditta Di Cristinzi 114

    LA VASCA 119

    Elena Dottini 119

    PIZZA AD OMICIDIO 124

    Davide Ferrari 124

    IL GALLO PIO 130

    Nicoletta Magnani 130

    MY FUNNY VALENTINE 135

    Laura Mazzucato 135

    CALOPSITE 141

    Fausto Meoli 141

    PRECARIETÀ 146

    Deanna Morlupi 146

    DANCING 151

    Bianca Nocentini 151

    CALZINI 156

    Luca Notarianni 156

    PERFIDA ANGELICA 159

    Cristina Origone 159

    BUONI VICINI 165

    Lucia Pelizzi 165

    LA CONGIURA 171

    Ambra Pellegrini 171

    DENTE DI LUPO 177

    Paolo Puliti 177

    PAVONI 181

    L’indagine dell’ispettrice Maurizia Dalbuono 181

    Ilaria Riz 181

    LA SAGRA DELLA NOCE 187

    Antonio Rubino 187

    DON’T WORRY BE HAPPY 192

    Marco Scaldini 192

    SALE 196

    Viviana Sebastio 196

    IL TERZO UOMO 198

    Walter Serra 198

    IL CASO INPRONTI 203

    Mauro Sighicelli 203

    UNA BOCCATA D’ARIA FRESCA 207

    Fabio Simiani 207

    COLTELLO DA BURRO 213

    Rosalia Siviero 213

    LABIRINTI DI MORTE 215

    Dario Snaidero 215

    LA DONNA ALLO SPECCHIO 221

    Massimo Spelta 221

    ROSSO COME IL SANGUE 225

    Giada Strapparava 225

    DA CHE PULPITO! 230

    Ellery Sueen 230

    CANDY CANDY 236

    Andrea Tani 236

    RACCORDO 239

    Fabio Venosini 239

    LA MACCHIA 244

    Iryna  Volynets 244

    GLI AUTORI 250

      CATALOGO 257

    ELIMINARE GLI OSTACOLI

    Marzia Accardo

    Te le ricordi le mie lettere d’amore?

    E quella volta che ti ho preso un aquilone?

    Se non ti posso avere io mi stacco il cuore.

    Fabri Fibra - Nessuno

    L’ho ascoltata un milione di volte. Le note mi risuonano nella testa giorno e notte: sembra che Fibra abbia scritto quelle parole apposta per me. Per risvegliarmi dal mio torpore, spingermi ad agire. Le cose non succedono da sole. Devo eliminare gli ostacoli.

    Noi dobbiamo stare insieme, me lo ripeto da sempre.

    Mi sposto davanti alla finestra, scosto la tenda e guardo fuori: il solito passaggio di gente carica di sacchetti, proveniente dal mercato di Porta Palazzo. Odio stare in mezzo a tutte quelle persone vocianti, che spingono e sgomitano per accaparrarsi l’offerta migliore. — Dovresti andarci — mi dice sempre mia madre, — si risparmia un sacco su frutta e verdura, verso l’orario di chiusura, la paghi meno della metà.

    Ma a me non frega un cazzo di risparmiare. Non mi frega un cazzo di niente e nessuno, soltanto di lei. È un pensiero fisso, che mi dà il tormento.

    Non c’è più tempo. L’ho capito quando l’ho vista con quel tipo, un fighetto vestito elegante col capello ben pettinato, la barba perfettamente rasata, il sorriso sempre sul volto. Ha una bella auto, una Maserati Levante nera che io posso soltanto sognarmi. Mi sono informato e ho scoperto che fa l’agente immobiliare. Gli affari devono andargli bene.

    Ho ancora dei flash nella mia mente, quando ti seguivo tra la gente.

    Mi sono chiesto cosa possa trovare lei in uno così, ma poi mi sono dato subito una risposta: i soldi, quelli che io non ho e non avrò mai. Ma una cosa mi distingue da quel fighetto: io la amo veramente, e presto lei se ne accorgerà.

    Risistemo la tenda e afferro il pacchetto di sigarette sul tavolo. Ne accendo una ma non la porto subito alle labbra, la tengo tra le dita lasciando andare il fumo verso l’alto. Lei vuole che smetta, e prima o poi l’accontenterò, ma per il momento sento il bisogno di fare un paio di tiri. Mi aiutano a riflettere.

    Fumo le ultime due sigarette.

    Ripenso a lei nuda sotto di me, ansimante, a occhi chiusi; i capezzoli inturgiditi, la schiena inarcata in attesa che la mia lingua le percorra il corpo, scivolando sulla sua pelle dall’inguine fino al collo, come piace a lei. Poi, nell’immagine, il viso del bastardo si sovrappone al mio. La vedo avvinghiarsi con le unghie alla sua schiena, mentre urla di piacere. Quel porco maledetto.

    Con un gesto di stizza lancio la sigaretta a terra, ancora accesa. Rimango fermo a osservare il fumo salire lentamente, cercando di calmarmi e regolarizzare il respiro, scacciando l’idea che lui possa essere già stato nel suo letto chissà quante volte.

    E salgo nella macchina, accendo la radio. Canto, così non sento a cosa sto pensando.

    Fa niente. Se anche è successo la perdono, è stata solo una debolezza. È stata la solitudine. L’ho lasciata sola, accettando la sua decisione senza nemmeno provare a farle cambiare idea. Senza combattere. Perché in fondo anche lei lo sa: siamo fatti per stare insieme, noi due, nel bene e nel male. Solo con me è davvero felice, è davvero se stessa, è davvero viva. E lo sono anch’io.

    Dev’essere tutto perfetto, studiato, pianificato. Deve andare tutto bene. Non devo essere impaziente, devo sapere aspettare. Ogni cosa a suo tempo.

    Il cellulare suona, è di nuovo mia madre. Mi chiama tutti i giorni per chiedermi come sto, ma lo so che vuole solo controllarmi. Sincerarsi che non faccia qualche pazzia, tipo tagliarmi le vene o piantarmi una pallottola in bocca. Mi viene da ridere, davvero, e chi vuole uccidersi? Ho una vita davanti, da passare con lei. Vorrei lanciare il cellulare dalla finestra, ma poi resterei senza. Calmati. Devi imparare a mantenere il controllo.

    — Controllo, controllo, controllo — mi ripeto a occhi chiusi, cercando di restare concentrato. Osservo il display illuminarsi fino a quando, dopo vari squilli, si spegne. Era ora.

    Non è facile quando sei chiuso tra quattro mura da tanto, troppo tempo. Non posso uscire, non posso avvicinarmi a lei, non posso chiamarla. Si sbagliano se credono che un pezzo di carta riesca a tenermi lontano da lei. È arrivato il momento di uscire, e vaffanculo a tutti. Ai Carabinieri, al giudice, e anche a mia madre.

    Mi avvicino al frigorifero e rileggo l’annuncio. Ho scelto il più adatto: un attico completamente ristrutturato in un palazzo signorile. Non vedo l’ora di vederlo.

    Voglio prepararmi con cura, è un momento importante, così mi prendo il mio tempo.

    Quello che devo fare lo faccio per te.

    Mi faccio una doccia, mi rado e tiro fuori la cosa più elegante che ho nell’armadio: una camicia azzurra e un pantalone blu che ho indossato al matrimonio di mia cugina. Quanti anni fa? E chi se lo ricorda. La giacca e la cravatta chissà dove sono finiti. E io, dove sono finito io? Mi guardo allo specchio e quello che vedo non mi piace. Senza di lei non so più chi sono. Sono una copia sbiadita di me stesso. Incompleto, ecco cosa.

    Vestito così non sono poi malaccio, sembro quasi una brava persona. Onesta. A posto. Innocua. Ma tutto sono fuorché questo, io, e non sarà un bel vestito a cambiare le cose. Dentro ho qualche cosa che non va. Un meccanismo inceppato, un puzzle a cui mancano dei pezzi, un disco di cui non si leggono tutte le tracce. Difettoso, sono questo. Ma lei mi ha sempre accettato per quello che sono, un essere imperfetto.

    Ho anche le scarpe, adesso ricordo, quelle a punta che mia madre ha insistito per farmi comprare, e che ho messo quella sola volta, al matrimonio. Adesso non mi sembrano più un acquisto così avventato. Sono abbastanza soddisfatto del risultato e finalmente mi decido a uscire. Uscire. Quanto mi suona strana questa parola, ho quasi paura a pronunciarla. E invece, sono libero. Esco di casa e posso camminare per la strada, vedere la luce del sole. Proprio come la gente normale.

    L’ufficio del fighetto è in via Po. Lui mi aspetta già fuori, con gli occhiali da sole inforcati, mentre armeggia con il cellulare. Starà messaggiando con lei? Ho insistito perché mi desse appuntamento prima dell’orario di apertura: volevo capire quanto fosse disponibile. Scendo dall’auto e sfoggio il mio miglior sorriso mentre gli faccio segno per avvertirlo del mio arrivo. Lui ripone svelto il cellulare in tasca e mi sorride a sua volta, facendomi cenno di seguirlo.

    È fatta. Eliminare gli ostacoli.

    Risalgo in auto e mi accendo una sigaretta. Me la gusto con calma, guidando con il braccio fuori dal finestrino, mentre gli sto dietro cercando di tenere la stessa velocità. Il traffico scorre lento, incorniciato dai lunghi portici sotto i quali brulica la vita della città. Negozi. Ristoranti. Banche. È una giornata assolata. È una giornata perfetta. Come saremo noi due, dopo.

    Per averti ruberei anche un Cartier.

    Mi porta a Mirafiori, dove ferma la sua Levante sul marciapiede, davanti a un palazzo di otto piani che spicca sugli altri. È più nuovo. È più moderno. È più colorato. Parcheggio dietro di lui e osservo per un attimo la costruzione: è come nella foto. È meglio che nella foto. Sorrido.

    Il bastardo mi viene incontro con il braccio già teso. — Barale — si presenta, stringendomi la mano. Io, ovviamente, gli ho dato un nome falso. Insiste per farsi dare del tu, e io lo accontento.

    Entriamo. L’androne del palazzo sarebbe già il top per me. Figurarsi il resto. Una volta dentro all’ascensore il fighetto inizia a riempirmi la testa di spiegazioni, elencandomi tutti i lavori di ristrutturazione che sono stati fatti nell’immobile e i vari benefici ottenuti. Certa gente non riesce proprio a stare zitta, deve per forza riempire i vuoti. Non lo ascolto. Dlin! Arriviamo all’ottavo piano. Ci siamo. Le mani cominciano a sudarmi. E se qualcosa andasse storto?

    Penso a lei e mi sento più deciso. Più forte. Eliminare gli ostacoli.

    Quello che devo fare lo faccio per te.

    Il fighetto non ha mai smesso di parlare. Sorride e si volta verso di me, mentre apre la porta. Un enorme open space si presenta ai nostri occhi. Parquet chiaro a terra, infissi bianchi.

    — È ammobiliata, eh — mi dice, mentre mi guida attraverso le altre stanze. Precisa che la sala ha l’accesso a un magnifico terrazzo di 55 mq, e alla veranda abitabile tutto l’anno. — È il pezzo forte — mi spiega, — te lo faccio vedere alla fine — sorride malizioso.

    Oh, sì, il pezzo forte.

    L’angolo cucina si apre su un balcone di 6 mq. I due bagni sono più grandi della mia camera da letto, così belli e perfetti che non oserei nemmeno aprire il rubinetto del lavabo. Il fighetto prosegue con le spiegazioni, sempre più compiaciuto. La cabina armadio. L’antifurto. Le tapparelle motorizzate. Ogni tanto mi guarda di sottecchi per controllare le mie reazioni. Io resto impassibile e mi limito a seguirlo in silenzio. E a fingere di ascoltarlo.

    — E adesso, come ti avevo detto… — Il bastardo gongola, mentre tiene la mano sulla maniglia della porta finestra. Sembra uno scultore che sta per togliere il telo dalla sua opera.

    A noi due, ora. Eliminare gli ostacoli.

    Il terrazzo è bellissimo, ma no, non è quello il pezzo forte. Una scala a chiocciola in ferro porta ancora più su, a un ulteriore lastrico solare di 84 mq, interamente pavimentato. Mi guardo intorno: la vista sulle montagne è da urlo. Il palazzo è il più alto di tutti, lì intorno. Siamo così in alto. Così in alto…

    Se non ti posso avere io mi stacco il cuore.

    È così concentrato sulle sue spiegazioni, così sicuro di sé. Così convinto che mi venderà l’attico. Mi poggia una mano sulla spalla, spingendomi in avanti. Insiste perché guardi il panorama. Una vista da sogno, mi ripete. Da sogno.

    Siamo così in alto…

    Quando gli arrivo alle spalle sta ancora parlando. Parla, parla, parla… Gira su se stesso, osservando il panorama a 360°.

    — Ricordati — alza l’indice, — il panorama. È quello che gli altri attici non hanno.

    Mentre stacca i piedi dal pavimento lo vedo muovere le braccia come se fossero ali, il panorama sullo sfondo. Quel panorama che ha tanto decantato. Guardo giù. Un volo, un volo bellissimo. Senza un grido, senza un tentativo di restare in equilibrio.

    Frugo nella tasca e trovo l’ultima sigaretta. Me l’accendo. Me la gusto con calma, insieme alla vista incredibile che si gode dal terrazzo. Adesso la guardo con altri occhi. Adesso la vedo davvero.

    Quello che ho fatto, giuro, l’ho fatto per te.

    CACCIA ALLO SQUALO

    Graziano Aldrovandi

    Prologo: agosto 2002.

    Caro signor Neri, come sa, ho preso da poco più di un mese il posto del mio povero padre alla guida dell’azienda. So che lei lavora per noi da molti anni, nonostante la sua giovane età, ma la mia idea di evoluzione del nostro business prevede l’utilizzo di figure più dinamiche, per cui la ringrazio di quello che ha fatto per noi, ma ho deciso di non avvalermi più della sua collaborazione.

    Max Neri, 40 anni, consulente presso la KX-Solutions, non disse una parola e si avviò lento verso l’uscita dopo che quello che era stato il suo mondo negli ultimi 20 anni gli era appena crollato sotto i piedi. Arrivato a casa, salutò moglie e figli e salì come al solito in camera per posare la borsa con il portatile di lavoro.

    Una volta pronta la cena, la madre chiese ai figli di andare a chiamare il padre. I due bambini salirono al piano di sopra e quella che videro fu un’immagine che avrebbe segnato per sempre i loro giorni a venire: l’ombra del padre, riflessa sulla parete della stanza, dondolava lentamente appesa al lampadario.

    ***

    Oggi: giugno 2022.

    L’aria fresca della sera rende perfetta l’ambientazione per la cena all’aperto. Il ricevimento è tra i più moderni e sfarzosi che si siano visti, anche per ditte all’avanguardia come quella del quarantenne Giulio Ranieri, amministratore unico e presidente della KX-Solutions, famoso per i suoi metodi spietati nel trattare dipendenti e concorrenti. L’occasione è quella del settantesimo compleanno della madre. Il parco della villa di famiglia è la location perfetta per celebrare l’evento. Al fianco di Giulio la splendida Alex, affascinante modella con cui da ormai tre anni condivide vita e pagine delle riviste patinate. Tra le tante conquiste dello spietato dirigente, Alex è l’unica che sembra essere riuscita ad avere la sua attenzione per più di un paio di mesi e che, secondo l’opinione di tutti gli pseudo-giornalisti che per professione si occupano di gossip, riuscirà a far capitolare lo scapolo più ambito della città.

    La serata scivola perfetta tra musica di sottofondo, tartine al caviale, champagne e ogni altro tipo di prelibatezza quando il predestinato si alza e, con fare da attore navigato, si avvicina al microfono e ottiene il silenzio con un paio di tocchi al bicchiere.

    — Amici carissimi, grazie di essere intervenuti così numerosi — pausa ad effetto per ricevere l’applauso e farsi notare mentre gioca con uno dei gemelli d’oro e diamanti che fermano i polsini della camicia. — Volevo approfittare di questo momento, che vi prometto sarà breve, per fare gli auguri a una delle persone cui devo di più. Tanti auguri mamma!

    Bicchieri in alto, applausi di rito, sorrisi di complicità tra la festeggiata e la futura nuora che si alza per andarle a stringere la mano, e accenno di Happy Birthday da parte di alcuni tavoli.

    — Grazie signori, concedetemi ancora un momento. Voglio proporre un nuovo brindisi — alzando lo sguardo al cielo — a mio padre. Spero di essere degno della sua fiducia e aver proseguito nella guida dell’azienda secondo i suoi preziosi insegnamenti!

    Altri applausi da parte di tutta la platea e, dopo un impercettibile cenno al dj, la musica riparte e, con essa, la festa.

    Uno dei camerieri, reggendo un vassoio con alcune bottiglie di champagne, si avvicina al tavolo di famiglia e, aumentando il passo, punta decisamente Giulio. Insospettite dall’improvvisa accelerazione, un paio di guardie del corpo si mettono sulla traiettoria giusto in tempo per fermare l’uomo che, lasciato cadere a terra il vassoio, tenta di colpire l’imprenditore brandendo una bottiglia di champagne.

    — Tuo padre era un uomo giusto, non un bastardo senza cuore come te! Se ti vedesse non ti lascerebbe un minuto in più a rovinare la vita delle persone per il solo gusto di farlo.

    Per nulla agitato da quanto successo, Giulio si alza con calma e, tornando al microfono, recita: — Scusate signori, solo un vassoio caduto. Non preoccupatevi, abbiamo tantissimo altro champagne in cantina. Continuate a divertirvi.

    Avvicinandosi al cameriere gli sussurra all’orecchio in modo da non essere sentito da altri: — È questo il motivo per cui mio padre non è mai riuscito a fare quello che ho fatto io: dava voce ai falliti come te! E quando anche la vecchia si toglierà di torno potrò finalmente dedicarmi al mio lavoro senza altre interferenze esterne.

    Quindi, rivolto alle guardie del corpo: — Portatelo via da qui con discrezione e dategli una lezione.

    Quando il fidanzato torna al tavolo, Alex, turbata da quanto è successo, lo guarda con apprensione e, rassicurata sullo stato dell’amato, chiede un minuto per assentarsi e andare a rinfrescarsi.

    Giulio rassicura anche la madre, preoccupata dal trambusto, raccontando che si è trattato di uno squilibrato, probabilmente ubriaco, prontamente allontanato. Calmata la donna, quindi, chiede a sua volta il permesso di assentarsi per andare a controllare in cucina i preparativi per il prosieguo della cena.

    Tutto procede senza intoppi quando un urlo agghiacciante fa scendere il silenzio tra gli invitati. Camerieri e guardie si dirigono in fretta verso il luogo di provenienza del grido. L’immagine che si presenta loro è spaventosa: Alex, rannicchiata in un angolo della stanza, sta tremando e piangendo, mentre muove concitata le mani. Quando si gira verso di loro, è completamente coperta di sangue, mani, viso, vestiti e indica tremante una zona in ombra poco distante: riverso a terra, in un lago di sangue, il corpo senza vita di Giulio.

    ***

    L’ispettore, assieme al magistrato incaricato delle indagini, arriva a Villa Ranieri dove sono già presenti due volanti chiamate immediatamente dalla sicurezza appena scoperto l’accaduto.

    Assicuratosi che qualcuno si occupi dell’anziana madre, manda alcuni uomini a perlustrare il parco e, su richiesta del magistrato, inizia a radunare gli invitati e il personale in uno dei saloni della villa.

    Dopo aver isolato la scena del crimine gli agenti iniziano a sentire il personale: in molti si trovavano in cucina per preparare il servizio al momento dell’urlo, per cui le informazioni raccolte si rivelano di scarso interesse. Tutti sono concordi nell’affermare che Ranieri ha dato disposizione sul servizio di dolci e caffè e se n’è andato non più di due, tre minuti prima di sentire la donna urlare.

    A questo punto iniziano a sentire i tanti invitati, pregandoli di portare pazienza. La maggior parte di loro, tuttavia, trovandosi seduta ai tavoli in mezzo ad altre decine di commensali, ha ben poco da dire e fornisce la stessa versione di quanto accaduto: durante la cena è stato udito un urlo fortissimo e solamente dopo sono venuti a conoscenza di quanto successo. A queste persone, una volta prese le generalità, non viene chiesto altro, se non la cortesia di rendersi disponibili a recarsi con calma in centrale nei giorni successivi per verbalizzare quanto dichiarato.

    È ormai l’alba quando gli uomini che stavano perlustrando il parco tornano dall’ispettore trattenendo un uomo vestito da cameriere: ha il viso tumefatto e la camicia sporca di sangue. Interrogato su quanto successo, l’uomo accusa Ranieri di aver ordinato ai suoi scagnozzi di malmenarlo e questi di averlo fatto, lasciandolo a terra privo di sensi. Le guardie del corpo raccontano del tentativo di aggressione e di aver allontanato l’uomo, ma affermano di essersi limitati a un paio di spinte dal momento che opponeva resistenza. L’ispettore dispone il fermo dell’uomo in attesa dell’interrogatorio del magistrato.

    Non rimane che interrogare la compagna del defunto, ripresasi dallo shock della scoperta. Aiutata a cambiarsi da un’agente donna che ha prelevato i vestiti insanguinati, Alex viene accompagnata di fronte al magistrato.

    — Innanzitutto, signora, le mie più sentite condoglianze. Se la sente di raccontarmi cos’è successo?

    Ancora scossa, ma perfettamente lucida, Alex inizia a fornire il racconto di quanto accaduto:

    — Non ancora signora — precisa, — eravamo fidanzati. Mi sono allontanata per rinfrescarmi dopo l’aggressione da parte di quel cameriere. Uscita dal bagno, ho sentito dei rumori provenire da una delle stanze vicine. Sono entrata e ho trovato Giulio a terra, completamente coperto di sangue. Mi sono precipitata su di lui, ho controllato che fosse vivo, ho provato a parlargli, ma non ho avuto risposta. Mentre, disperata, lo stavo abbracciando, ho visto il coltello a terra lì accanto. Spaventata, l’ho raccolto e mi sono girata verso l’entrata aspettandomi di essere a mia volta aggredita. Quella che ho visto, a quel punto, è stata la sagoma di un uomo, contro la porta aperta, mentre urlava qualcosa che ora non ricordo. Ho puntato il coltello verso di lui e solo dopo qualche secondo mi sono accorta di chi fosse: Mauro Laverti, uno dei più grandi rivali di Giulio, ospite alla cena.

    — Il suo compagno, che lei sappia, aveva dei nemici?

    — Con il lavoro che faceva e il successo ottenuto sicuramente suscitava l’invidia di molti, ma credo sia normale nel mondo dell’imprenditoria. La maggior parte degli invitati di questa sera, Laverti per primo, non lo sopportava. Giulio, però, non mi ha mai parlato di qualcuno in particolare che ce l’avesse così tanto con lui.

    — Conosce il cameriere che ha tentato di aggredirlo? L’aveva mai visto prima?

    — No, ma il personale è stato scelto appositamente per la serata, di solito non ne abbiamo così tanto a disposizione.

    — Come ha conosciuto il signor Ranieri?

    — È successo circa tre anni fa durante una sfilata di cui la sua ditta era sponsor. Da quel giorno, Giulio è venuto a quasi tutte le mie serate e abbiamo iniziato a frequentarci. Ci siamo messi insieme dopo poche settimane. In privato era molto diverso da come appariva in pubblico: era sempre un duro, ma aveva un lato romantico che non amava far conoscere perché pensava lo rendesse debole di fronte ai concorrenti. A me piaceva proprio per questo.

    — Perdoni la domanda, signora, ma la devo fare: qualcuno l’ha vista mentre entrava nella stanza dove ha trovato il signor Ranieri?

    — Non ne ho idea. Ho sentito alcuni rumori provenire dalla stanza e sono entrata a controllare. Non so se qualcuno mi ha visto, io non ho visto nessuno sino a quando non è entrato Laverti.

    Congedata per il momento la donna, il magistrato chiede di sentire l’altro testimone giunto sulla scena del crimine immediatamente dopo l’accaduto.

    — Signor Laverti, buonasera, sembra sia stato il primo a entrare nella stanza dove è avvenuto l’omicidio.

    — Stavo passeggiando nel parco quando ho sentito alcune voci concitate provenire da una finestra aperta. Ranieri non mi era simpatico, anzi, era decisamente odioso, così mi sono avvicinato dal corridoio per capire se potevo ascoltare qualcosa di interessante da poter usare contro quello squalo. Quasi immediatamente ho sentito un urlo provenire dalla stanza e mi ci sono precipitato dentro. Ho chiesto ad alta voce cosa stesse succedendo e ho visto la fidanzata che mi guardava puntando verso di me un coltello. Non mi ha detto nulla, ci siamo limitati a guardarci, ma sino a quando non sono iniziati ad arrivare gli altri, ha tenuto il coltello puntato verso di me, senza dire una parola. Lo ha poi lasciato cadere e si è girata verso Giulio, a terra, abbracciandolo e iniziando a piangere.

    — Qualcuno l’ha vista entrare nella casa e quindi nella stanza dove abbiamo trovato il cadavere?

    — Crede che potrei avere qualcosa a che fare con quanto accaduto? Non si renda ridicolo! Devo chiamare i miei avvocati?

    — Ridicolo o no, la prego di seguire i miei uomini che l’accompagneranno in centrale dove potremo interrogarla con calma. Potrà chiamare i suoi avvocati da là.

    Il magistrato chiede quindi di sentire personalmente il cameriere trovato nel parco poco distante dalla scena del crimine.

    — Ha avuto solo quello che meritava — ripete. — Ha licenziato mio padre dopo anni che lavorava per la sua ditta. Il poveraccio non ha retto e si è impiccato il giorno stesso del licenziamento. L’ho trovato io! Crescendo ho saputo cos’era successo e ho giurato che gliel’avrei fatta pagare. Sono contento che qualcuno ci abbia pensato, ma avrei preferito farlo di persona.

    — Si rende conto che, dopo il tentativo di aggressione, è stato trovato poco distante dal luogo del delitto? Con quello che mi ha appena detto è diventato il maggior indiziato.

    — Io non ho fatto nulla. Ho solo tentato di colpirlo con la bottiglia e, se non mi avessero fermato le guardie, ci sarei sicuramente riuscito. Invece, sono rimasto svenuto per le botte prese. Quando mi sono svegliato ho anche visto un altro damerino che origliava a una finestra aperta e, mentre stava entrando in casa, ho sentito urlare. Ho cercato subito di nascondermi mentre chiedeva cosa stesse succedendo. Quando mi hanno trovato i suoi uomini non mi ero ancora mosso.

    — In ogni caso la devo fermare per tutti gli accertamenti.

    La giornata seguente è un continuo susseguirsi di avvocati, lamentele, e telefonate per chiedere notizie sull’attività dell’anatomopatologo, per la causa della morte, e del medico legale per la dinamica dell’omicidio.

    Proprio quando tutto sembra essere arrivato a un punto morto, l’ispettore entra correndo nell’ufficio assegnato al magistrato allungandogli una serie di fogli.

    Letto con calma il contenuto dei documenti, il giudice solleva gli occhi verso l’agente e lo fissa per alcuni interminabili secondi. Chiede quindi di accompagnare di nuovo la fidanzata per poterle rivolgere altre domande.

    Arrivata la donna e dopo aver stoppato con un gesto brusco della mano le inevitabili lamentele degli avvocati, il magistrato fissa per un attimo la ragazza prima di iniziare:

    — Signorina, lei ci ha mentito. Siamo venuti a sapere che non solo conosce perfettamente il cameriere che ha tentato di aggredire il suo compagno, ma che è sua sorella! Questo la mette in una posizione molto difficile dal momento che, oltre ad avere l’occasione, risulta chiaro anche il movente per volere la morte del signor Ranieri: lei era fidanzata con l’uomo che, con le sue azioni, ha portato alla morte di suo padre. Non ci era riuscito suo fratello così ha deciso di prendere l’iniziativa di persona? Ha anche provato ad addossare la colpa al signor Laverti, ma, ironia della sorte, la versione di quest’ultimo è stata confermata proprio da suo fratello togliendo ogni dubbio su un suo possibile coinvolgimento.

    La donna, senza nessun tipo di emozione e con voce perfettamente ferma risponde freddamente: — Da tempo aspettavo l’occasione per poterlo fare. Ho passato gli ultimi tre anni della mia vita accanto all’assassino di mio padre sognando il momento in cui avrei potuto vendicarlo e quello stupido di mio fratello è riuscito come al solito a rovinare tutto per la sua incapacità di pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Aveva già rischiato di mandare tutto a monte con la storia della bottiglia ed è anche riuscito a fare in modo che rimanessi l’unica sospettata. Non male in una serata sola! Doveva solo aspettare che portassimo a termine la nostra vendetta come previsto, ma ha voluto fare come al solito di testa sua rovinando tutto. La vuole sapere una cosa? Non fosse arrivato Laverti avrei evitato la sceneggiata del coltello risparmiandomi anche tutto quel sangue sui vestiti.

    Detto questo, si alza senza dire una parola e segue gli agenti che la scortano fuori.

    IL SEGRETO DI SENENMUT

    Silvia Alonso

    Egitto, Mausoleo Djeser Djeseru -Tebe - 1873 d.c.

    Quando il professor Panofsky si trovò a contemplare quel tesoro fino ad allora ignorato dall’archeologia ufficiale, non poté credere ai suoi occhi. Per tutta la vita aveva visitato imponenti tombe e sfarzosi mausolei, per non parlare delle monumentali piramidi, ma quell’edificio racchiuso nel cuore del deserto, tra le montagne di rocce che facevano da lontana cornice alla Valle dei Re, poco distante dalle meraviglie di Luxor, nascondeva qualcosa di unico.

    Sapeva i rischi che stava correndo cimentandosi in quell’impresa che sia il governo egiziano che i colleghi gli avevano dipinto come folle, ma per nulla al mondo avrebbe desisito dal suo intento.

    Quello che il resto del mondo chiama follia, il visionario chiama nuovo inizio pensò tra sè, per darsi conforto in quell’ultima e difficilissima impresa che, forse, se tutto fosse andato come doveva, avrebbe cambiato le sorti dell’intera storia. I numerosi ostacoli che lui e il suo fedele assistente si erano trovati a fronteggiare lungo il cammino erano infatti stati tutt’altro che irrilevanti, e quasi certamente disseminati dai loro nemici allo scopo di dissuaderli.

    Per nulla al mondo però avrebbe rinunciato a quanto in quel momento i suoi occhi, ancora increduli, stavano a poco a poco decifrando, nell’intento di riconsegnare alla luce quello che per secoli, forse addirittura per milenni, era rimasto avvolto dalle tenebre.

    Tremante per l’emozione, rivolse in alto la lampada a olio in modo da rischiarare meglio quanto la volta sopra il suo capo era in procinto di rivelargli. Trattenne a stento il respiro, cercando di non sobbalzare, perché la sorpresa di quanto stava per scoprire rischiava di far infrangere al suolo la sua unica fonte di illuminazione.

    Al centro del soffitto, un geroglifico univa a cerniera le immagini del riquadro superiore con quelle della parte inferiore.

    Parebbe la rilegatura di un libro, pensò, ma le verità che esprime sono molto più potenti di qualsiasi altro collante, capaci addirittura di unire con pochi ideogrammi mondi apparentemente distanti nello spazio e nel tempo.

    I concetti espressi da quei geroglifici, convenzionalmente considerati come una lontana lingua morta, dai più ormai dimenticata, sotto la flebile luce della sua lampada risaltavano invece vivi e pulsanti come dei radar, e in quel momento stavano facendosi strada nella sua mente, segnalandogli percorsi di conoscenza prima di allora inimmaginabili.

    Lesse con estrema attenzione ogni singolo geroglifico, da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso e poi dal basso verso l’alto, per accertarsi che quanto sfiorato dal suo intuito non fosse il mero frutto di un’allucinazione dovuta al caldo torrido. Poi, scandì ad alta voce le parole risultanti da quella traduzione, affinché anche il suo assistente le potesse intendere.

    Avendo percorso tutti gli scritti dei saggi, non ignoro nulla di quel che è successo a partire dal primo giorno. Senenmut.

    Fissò il ragazzo, mentre nel suo intimo si prometteva di custodire con la vita quanto si stava accingendo a rivelargli di lì a poco.

    — Incredibile. Samuel, ti ricordi di quel testo che abbiamo letto le scorse settimane nella piramide di Giza?

    — Certo, professore: Vivi e sii giovane di fianco a tuo padre Orione nel cielo.

    — Esatto! Direttamente sopra alle nostre teste, proprio davanti ai nostri occhi, ecco la conferma illustrata di quanto riportato dalle piramidi: Il Duat ha afferrato la tua mano nel luogo dove si trova Orione… capisci? A mille anni di distanza, queste stesse verità vengono nuovamente chiarite fornendo ai posteri una specie di dettagliata mappa celeste. La cintura di Orione, qui raffigurata proprio sopra il dio Osiride, simbolo di rinascita, sembra corrispondere a una specie di via iniziatica per una nuova vita oltre quella terrena.

    Fissò negli occhi il suo discepolo, consapevole che tutto quel concentrato di verità alternative, totalmente fantascientifiche rispetto ai dati considerati oggettivi dalla storiografia ufficiale, avrebbero potuto sconvolgerlo. Ma il sangue freddo di Samuel pareva aver superato la prova, come se da sempre anche lui avesse sospettato dell’esistenza di quanto ora, innanzi ai loro occhi, si stava chiaramente disvelando. La preesistenza di civiltà molto più antiche alla loro, e in qualche modo il loro collegamento col cielo.

    — Vuol dire che…

    — Che Orione corrisponde al concetto di Duat, l’Aldilà egiziano, e che l’uomo sepolto in questa tomba, Senenmut, che era venuto a conoscenza di tali verità, non era solamente un architetto di grandissima levatura, ma addirittura un iniziato! Deve aver avuto accesso agli scritti segreti del tempio di Karnak. Questo spiegherebbe tutto. Anche la successiva damnatio memoriae imposta dai faraoni dopo la morte della regina Hatshepsut.

    Il ragazzo scosse vigorosamente la testa, incredulo.

    — Ma che interesse avevano gli antichi a occultarne gli scritti?

    — Gli stessi che oggi spingono i nostri nemici a

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