Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Helena
Helena
Helena
E-book486 pagine6 ore

Helena

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Helena è la storia di una giovane donna che, nei primi anni quaranta, affronta l'alta società portoghese moralista e perversa, frutto dell'oscurantismo in cui è precipitato il paese a causa di una severa dittatura.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita11 mar 2023
ISBN9781667452692
Helena

Correlato a Helena

Ebook correlati

Narrativa storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Helena

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Helena - Lídia Craveiro

    Capitolo 1

    Picture 2

    Lisbona, 1941

    - È un uomo molto... molto cavalleresco, non trova mia cara? - le disse a denti stretti la contessa Carminda, all'orecchio.

    Helena pensò ai cavalli. Cavalleresco d'altronde è una parola che si riferisce a un cavallo. Soltanto la contessa poteva fare un simile paragone. Non scoppiò a ridere perché la madrina non tollerava la mancanza di decoro ed educazione, quindi frenò la risata mettendo una mano davanti alla bocca, con una minuscola smorfia come se dovesse tossire per liberarsi da qualcosa andato di traverso per sbaglio.

    - È Ricardo che vi fa sorridere tanto... con quel suo aspetto così... così... solare? Gli darei dieci scudi[1] per i suoi brutti pensieri! - Asserì Carminda ad alta voce. La descrizione non si addiceva affatto alla sua reale persona.

    La contessa era talmente truccata da somigliare a un dipinto burlesco, allora Helena tremò, non di freddo, ma per paura di non trattenersi dal ridere a causa dell’audacia della donna in un ambiente di prim’ordine come quello.

    Era così tanto evidente? O l’anziana contessa Carminda Vilhena[2] era troppo perspicace?

    -  Signora Contessa, volete mettermi in imbarazzo? Non ho proprio l’età per avere certi pensieri!  - replicò per minimizzare.

    -  Insomma, mia cara! Non fate finta di non capire. Suvvia, detto tra noi, proprio quei pensieri sono il sale della vita. I brutti pensieri, capito? - e le diede un buffetto sulla mano, facendo risuonare tutti quei bracciali d’oro che sfoggiava, come i sonagli del serpente. - Tutti coloro che sono seduti a questa grande tavola, stanno in fila per diventare santi e scommetto tutti i miei bracciali d’oro puro - li agitò nuovamente -, che stiano facendo mille congetture su cosa possa esserci tra Ricardo e la vedova al suo fianco, ma sapete una cosa?

    Helena la guardò cercando di decifrare ciò che quella creatura nobile e raggrinzita volesse insinuare. Stare seduta a tavola con la contessa Carminda era sempre un’avventura al cospetto dei pettegolezzi e degli intrighi dei salotti.

    -  Qui lui è l’unica persona autentica. Tutti gli altri sono ipocriti. Credetemi. Li conosco tutti. Lui non nasconde il fatto che vada a letto con chi vuole. Tutti gli altri... beh... meglio non parlarne adesso - e si chinò verso quel che aveva nel piatto, con gli occhiali appoggiati al naso.

    Considerando la sua fama di pettegola e la lingua velenosa, Helena non dubitava che la contessa sapesse tante cose riguardo la vita delle persone di cui era intima conoscente.

    Ricardo Cabral de Santana sedeva al fianco di Isabel Carmona, giovane vedova e la madrina Catarina fulminava il figlio con lo sguardo. Catarina Santana voleva vederlo sposato, non di certo con una donna in quello stato civile.

    Isabel era una giovane smarrita, accettata in società e protetta dalla contessa. Nessuno avrebbe osato sfidare la contessa, forse per paura di ciò che avrebbe potuto scatenare se avesse svelato informazioni su tutti loro, che Helena tra l’altro ignorava completamente, ma soprattutto perché la maggior parte di essi le dovevano favori che non avevano prezzo, come ingenti somme di denaro e protezione in situazioni delicate. Fin da bambina Helena aveva sempre saputo che la contessa Carminda fosse molto amata e odiata, allo stesso tempo, dalla borghesia di Lisbona.

    Helena si prese la libertà di alzare lo sguardo verso l’altro lato della tavola e i suoi occhi incrociarono quelli di lui. Ricardo la salutò con un cenno del capo e lei rispose, non riuscendo a evitare di arrossire. Ricardo non la riconobbe, il padrino si era dimenticato di lei. Eppure era l’uomo più affascinante della festa e, non fosse stato per lui, nemmeno sarebbe valsa la pena di sopportare quella gente con la puzza sotto al naso che parlava soltanto di frivolezze.

    -  Fate attenzione, mia cara. Non vi innamorate di lui. Fa strage di cuori, ma è un uomo - sospirando - che ha tutto al suo posto, da fuori a dentro. Ah... se fossi più giovane... - e non terminò la frase, lasciando Helena incuriosita e infastidita dal tenore della conversazione. Il riferimento al sesso, in pubblico, poteva permetterselo solo una persona come la contessa Carminda, che non parlava proprio a bassa voce. A volte usava la scusa di sentire male. Le signore della società non si azzardavano nemmeno a pensarla una cosa del genere, in presenza di altri, a meno che qualcuno leggesse loro la mente. Il sesso era un tabù tra le persone perbene e riguardava le prostitute. Erano tempi di pudore e persecuzioni. La morale dell’epoca trattava duramente i trasgressori.

    Helena alzando gli occhi dal suo piatto, si preparava a valutare Ricardo, attraverso lo sguardo della vecchia contessa. Quindi se lei affermava che lui avesse tutto al posto giusto, l’avrebbe verificato lei stessa: viso proporzionato e ben definito; struttura ossea armoniosa; labbra belle e mordaci; naso aquilino, fronte alta e occhi castani che quasi infiammavano la donna con cui stava parlando. Isabel Carmona era innamorata e raggiante, senza contegno. Se non fosse stata proprio la dama di compagnia della contessa, Helena avrebbe scommesso che la madrina nemmeno l’avrebbe ricevuta in casa, per quanto fosse volgare come donna. Sì, doveva ammettere che il padrino Ricardo fosse un uomo molto interessante, conversava con grande interesse con la vedova. Rimase a guardare la coppia senza riuscire a distogliere lo sguardo e, un’agitazione improvvisa, sconosciuta, le fece accelerare i battiti del cuore per qualche secondo. Lui era innamorato di quella donna, ne era sicura.

    -  Fate finta cara, fate finta di nulla - le consigliò la contessa.

    -  Signora Carminda, oggi state parlando soltanto per indovinelli. Non capisco dove vogliate andare a parare!

    -  Indovinelli? Via! Via! Li ho già sentiti chiamare con nomi più... sconvenienti.

    Helena aggrottò il sopracciglio e pensò che l’anziana, nonostante fosse spassosa, stesse diventando pian piano intransigente e inopportuna. Doveva allontanarsi da lei, oppure si sarebbe trovata in imbarazzo di fronte alle signore, amiche di Catarina Santana.

    Passata un’ora, le signore stavano finendo il dessert "lampreia de ovos"[3], invece gli uomini erano pronti per spostarsi in un’altra stanza della casa per i loro discorsi su politica ed economia, il tutto nel riserbo più assoluto, come dicevano loro.

    José Luís Santana era agitato. I suoi settant’anni si facevano sentire abbastanza, perché si agitava in certe situazioni che solo dieci anni prima avrebbe dominato con autorità.

    L’anziano commendatore Santana si alzò e propose un brindisi al ritorno in Portogallo del figlio Ricardo. Col passare degli anni, gli piaceva avere accanto la sua famiglia - soprattutto i figli - e ogni volta brindava al fatto di poterli riunire.

    Si avvertirono alcuni sorrisi beffardi tra i presenti. Alcuni perché erano a conoscenza delle inclinazioni politiche del figlio maggiore dei coniugi Santana; altri perché, da molto tempo, si era sparsa la diceria sulla distanza amorosa tra il commendatore e la moglie, molto più giovane del marito, la quale non aveva mai dato a vedere di amarlo. Catarina si era sposata per la sua famiglia influente e per ambizione.

    Ricardo lo ringraziò a voce alta, con il suo bel timbro che aveva risuonato in tutta la sala, mentre sollevava il calice. Helena imitò gli altri commensali e quando tutti brindarono, dall’altra parte del tavolo, lui sollevò il calice verso di lei, guardandola come una donna, con... desiderio e ammirazione. Helena non cedette e ricambiò, ma dentro tremava come un budino.

    Dopotutto, lui era il padrino più giovane ed era stato proprio così che l’aveva sempre considerato durante la sua infanzia, quindi non era dignitoso guardarlo come una donna guarderebbe un uomo. Eppure era quasi sicura del fatto che lui non si ricordasse di lei. Non lasciava intendere nulla a riguardo. Per Ricardo Helena era solo un’altra delle donne presenti in quel salotto, così desiderabile e disponibile da essere conquistata come tutte le altre.

    -  Allora mia cara, avete già capito?

    -  No signora Carminda - mentì.

    L’anziana signora aveva intuito il suo malessere. Era evidente a tal punto, oppure la contessa era più furba di una vecchia volpe abituata a entrare nel pollaio senza essere scoperta?

    Non voleva ammettere che avesse notato una certa lascivia nello sguardo di Ricardo. Fu un errore non avergli rivelato la sua identità quando si era accorta di non essere stata riconosciuta. Comunque lui non aveva chiesto e lei amava gli indovinelli, i giochi di seduzione e un certo mistero intorno a sé, ogni volta che qualche ricco giovanotto aveva pensato che lei fosse di famiglia e osasse corteggiarla.

    Proprio così riusciva a ottenere quasi sempre tutto dai padrini: era sempre riuscita a lusingare Catarina Santana con il suo sguardo temerario.

    A conoscerlo bene, se Ricardo fosse stato ancora lo stesso uomo, partito da lì quando lei aveva dodici anni, presto sarebbe andato in Alentejo[4] e lei sarebbe rimasta a Lisbona. Ricardo era uno spirito libero e inquieto, non ci sarebbero più state occasioni conviviali. La madrina l’avrebbe obbligata a restare nella capitale finché avesse avuto bisogno della sua compagnia ed era la sola ragione che la tratteneva in quella casa.

    -  Siete sempre stata pessima a mentire, mia cara - le disse all’orecchio la contessa Vilhena. Helena trasalì e quasi saltò sulla sedia, ma reagì immediatamente.

    -  Avrò imparato da voi signora! - rispose irriverente.

    Conosceva molto bene Carminda Vilhena, a volte la considerava quasi come una specie di nonna acquisita.  Soprannominata la Contessa per aver ereditato il titolo e lo stemma di famiglia, era il personaggio più insolito di Lisbona. Ormai nessuno si vestiva più in modo così bizzarro, con piume, penne, fronzoli e balze, come se vivesse nel secolo passato.

    Carminda era il simbolo di Principe Real[5] e poteva addirittura essere la mascotte delle marce dei santi popolari[6].

    - Ah meno male che vi ho insegnato qualcosa, detesto le donne imbecilli. Voi signorina avete la giusta tempra, ma dovete imparare a difendervi, altrimenti diventerete come una di quelle cretine laggiù - e indicò con avversione un gruppo di giovani donne che ridacchiavano e guardavano Ricardo di soppiatto.

    Catarina aveva dato per concluso il banchetto, invitando le signore a spostarsi nel salone del tè e i signori nella sala da gioco per dilettarsi con sigari, sigarette e cognac.

    Helena approfittò del momento per svignarsela in giardino nel retro della villa. Le chiacchiere delle amiche della madrina la annoiavano a morte e non di rado, si era trovata a pensare cosa avessero in testa quelle donne, oltre ai pettegolezzi e alle modelle delle riviste femminili francesi, che arrivavano nella capitale portoghese sempre più raramente, a causa della guerra.

    Lisbona le piaceva per la scoperta e l’opportunità di imparare cose nuove, ma gli obblighi non erano di suo gradimento, sembrava che la gettassero in pasto agli squali in alto mare.

    Nonostante avesse studiato e convissuto con altre giovani ragazze più benestanti di lei, continuava ad avere difficoltà a familiarizzare con la classe sociale dei Santana.

    Era figlia di gente povera, molto povera - personale di servizio e difficilmente avrebbe superato quel livello poiché non veniva accettata come membro della famiglia, ma come una cameriera privilegiata. La figlia degli inservienti veniva accettata soltanto nei salotti perché era la dama di compagnia di Catarina e sentiva bisbigliare dalle amiche di Catarina, innumerevoli volte, di non mettersi strane idee in testa, come far colpo sui figli di qualcuna di loro.

    Percorse il corridoio fino alla porta che si affacciava direttamente alle scale fino al fiorente giardino, ma prima di uscire, sbirciò nel salone dei giochi dove gli uomini giocavano a biliardo, a carte e discutevano di politica di nascosto perché era il tempo della dittatura. Un passo falso sarebbe costato la vita a qualcuno, nonostante lì fossero tutti sostenitori assoluti di Salazar[7], ripetendolo in continuazione in caso ci fossero dei dubbi.

    Un passo falso, una critica, un’osservazione fatta male al regime, sarebbe stato fatale per chiunque.

    La polizia politica era infiltrata dappertutto e il Primo Ministro non era il tipo da perdonare un tradimento.

    Helena non aveva il permesso di accedere al salone degli uomini, ma gli argomenti di conversazione erano molto più interessanti di cappelli, vestiti, matrimoni e frivoli intrighi.

    Da bambina, Helena si nascondeva nel salone della villa, dietro le tende di velluto pesante - che attutivano i rumori -, ad ascoltare i discorsi del padrino José Luís con i figli e gli amici, su politica e affari. Anche le serate di gioco in autunno, dopo una giornata di caccia, tiravano sempre in ballo argomenti che le interessavano: una probabile guerra in Europa, l’avanzamento di Hitler, la complicità di Salazar con lo stesso Hitler, Franco e Mussolini, l’atteggiamento degli Stati Uniti e dell’Inghilterra verso il conflitto; argomenti trattati soltanto tra amici di fiducia, nella villa dell’Alentejo e, nonostante ciò, di nascosto, affinché nessuno li accusasse di cospirazione, eppure proprio nessuno sospettava che la pupilla dei Santana fosse interessata agli argomenti trattati dagli uomini. Le donne non discutono di questi argomenti, le diceva la madrina quando faceva qualche domanda sfrontata riguardo quel che succedesse in Portogallo. Catarina le diceva spesso di non averle permesso di studiare l’inglese e il francese perché lei parlasse di argomenti maschili e commentasse quel che leggeva nei giornali che arrivavano a casa per José Luís.

    Scese le scale con l’eleganza di una ragazza dell’alta società. Fortunatamente - diceva la madre - Helena aveva rinunciato ai modi mascolini ed era diventata una donna capace di far girare la testa agli uomini, quasi dall’oggi al domani. Eppure non avrebbe rinunciato a diventare avvocato, con rammarico di Alda, che cercava spesso di scoraggiarla da una tale follia, mentre Helena ribadiva le sue intenzioni ogni volta che i tre si sedevano a tavola.

    La madre le diceva che avrebbe dovuto ritenersi contenta di aver potuto frequentare la scuola. Nessuna ragazza, figlia della servitù, avrebbe potuto vantarsi di saper parlare le lingue straniere e saper scrivere.

    Era una ragazza fortunata, secondo la madre, il padre e la madrina Catarina.

    Certo che sì! Lo era. Era una gran fortuna aver studiato e poter frequentare i salotti della madrina, però non poteva far finta di niente e ignorare quel che accadesse intorno a sé.

    Man mano che percorreva il giardino fino in fondo, pensava che avrebbe dovuto averne almeno venticinque, invece dei suoi soli vent’anni compiuti da poco.

    Sarebbe partita alla volta di New York in America, la terra delle opportunità, come aveva sentito dire. Non si azzardava a condividere i suoi sogni con qualcuno, tantomeno con la madre. La serenità con cui si faceva spazio nella casa e nella vita in generale, non mostrava affatto l’uragano prorompente in quel corpo da donna, che gli uomini guardavano in modo allusivo e bramoso. Nessuno restava indifferente ai suoi occhi tra il verde e il castano, al portamento eretto e altezzoso e a quella pelle soave come una pesca setosa e luminosa.

    Le piaceva tanto il riflesso sui vetri della stufa invernale, adorava guardarsi allo specchio. Si era trasformata in un cigno da un giorno all’altro, non l’avrebbe mai immaginato. Da un po’ si guardava allo specchio e vedeva soltanto gambe lunghe e ossa sporgenti dalla pelle. All’epoca odiava il suo corpo, invece al giorno d’oggi era consapevole di quanto valesse la sua immagine.

    Se non fosse stata la figlia della cameriera, l’avrebbero già data in moglie a qualche uomo di potere. L’atteggiamento e l’apparenza non le mancavano e nemmeno l’istruzione.

    Le mancavano le origini importanti e anche il denaro, che poteva comprare tutto, anche l’amore.

    Camminò fino al pergolato di rose profumate e si sedette in fondo sulla panchina di granito. E là in quell’angolino nascosto, dava libero sfogo alle sue fantasticherie.

    Sognava a occhi aperti di attraversare l’oceano insieme ai rifugiati di guerra, iniziare la sua attività di panetteria, difendere i diritti delle persone nelle aule dei tribunali. Non voleva diventare la schiava dei padrini come i suoi genitori lo erano stati per una vita intera.

    Era riconoscente per tutto quel che avessero fatto per lei, nonostante non comprendesse il motivo di quel privilegio, visto che c’erano altri bambini figli della servitù e sicuramente non avevano ricevuto lo stesso trattamento; nonostante tutti gli agi concessi dai Santana, era consapevole della realtà della sua famiglia: erano poveri, inservienti in tutto e per tutto e sarebbe stato sempre così. Non l’avrebbe mai dimenticato.

    Allora perché restare là a vivere in quella famiglia, che nemmeno era la sua, ma che considerava tale il più delle volte, pur sapendo che in futuro sarebbe stata mandata via?

    Ormai laggiù sulla ghiaia del giardino, ancora riusciva a sentire le risate degli uomini provenire dal salone, attraverso le finestre aperte e la musica soave dalla sala del tè; conosceva bene il tenore dei discorsi delle signore e delle loro figlie. Così belle e così sciocche. Gli argomenti di quelle conversazioni tra signore non le interessavano tanto da sprecare più di qualche secondo a pensarci. Erano tematiche troppo banali per chi invece doveva preoccuparsi di mettere il cibo in tavola. La madrina e le sue amiche parlavano soltanto di moda. Non avrebbero mai parlato di politica, letteratura o storia come gli uomini presenti nella sala da biliardo, perché erano state istruite a non pensare ad altro se non alla gestione della casa, al benessere dei mariti e dei figli.

    **

    - Ricardo, figliolo, perché non andate nel salone a far compagnia a vostro padre?

    Catarina prese il figlio sottobraccio e lo sollecitò in quella direzione.

    - Mamma lo sapete che non condivido il pensiero dei signori lì presenti. La mia visione del mondo e della nostra società non è così... - non terminò la frase, liberandosi dal suo braccio con una carezza sulla mano.

    Catarina mal sopportava che il figlio fosse contro il governo. L’aveva educato con tanta premura per poi vederlo alla stregua dei reietti ed esclusi del suo paese.  Non sopportava quella inclinazione di Ricardo. Non avrebbe mai accettato un figlio che non fosse fedele al proprio paese. Quindi o Ricardo cambiava o sarebbe dovuto partire presto per la loro tenuta in Africa. Lei non avrebbe permesso che infangasse la famiglia nuovamente.

    - È meglio che stia alla larga, così eviterò problemi. - rispose Ricardo, abbracciando la madre e dirigendosi verso le scale del giardino.

    Era arrivato a Lisbona quella mattina e a dire il vero era già stufo della gente lì. Gli mancava la libertà dell’Africa, era più felice nella giungla, non doveva scontrarsi sempre con la malvagità umana come accadeva nella metropoli. In ogni caso non era un tipo solitario e nonostante non lo ammettesse, aveva sentito la mancanza della famiglia durante gli anni che era stato assente. Gli era mancata la testardaggine della madre, il parlare calmo e risoluto del padre, il fratello e la ragazzina dagli occhi dolci che viveva in casa come fosse della famiglia.

    Con la possibilità che scoppiasse la guerra, iniziava a temere quel che potesse accadere al Portogallo, un posto strategico e ambito da tutti. Lisbona, con il suo porto marittimo, facilitava il passaggio delle navi verso l’oceano Atlantico e lo scambio di informazioni tra inglesi, americani, francesi e tedeschi. Si trovavano tutti in città per lo stesso motivo: spionaggio.

    Ricardo stava scendendo ormai l’ultimo gradino, quando la madre lo chiamò dall’alto della veranda d’accesso al rigoglioso giardino privato della famiglia e gli disse: - Figlio mio! Ritengo giusto che tu mantenga per te le tue opinioni, ma non puoi smettere di farti vedere in società. Tutti quegli anni in quella fattoria ti hanno reso un asociale? - gli domandò Catarina.

    Ricardo sorrise e guardò oltre verso l’infinito.

    - Magari sì, mamma. Ho bisogno del mio spazio e non so se sarà qui. Tornerei in Africa anche adesso. Lì mi sento libero, anche di pensare. Non c’è niente di peggio per un uomo di vedersi strappare la libertà.

    Non si mise a spiegare che in Africa era uno sconosciuto, un altro bianco dei tanti che vivevano da quelle parti e che il suo obiettivo era di fermarsi ma non aveva nulla a che fare con la coltivazione del caffè. Se Catarina l’avesse saputo sarebbe svenuta e stavolta non sarebbe stato per finta come faceva spesso quando la contrariavano.

    Ricardo si allontanò dalla madre sorridendo e sparì dietro gli alberi di jacaranda che spargevano fiori viola dando un aspetto esotico al selciato.

    Sarebbe rimasto a Lisbona un paio di giorni e poi si sarebbe spostato a Vale de Marias. L’Alentejo era il suo rifugio. Di sicuro non era un uomo di città, ne era consapevole. Si sentiva realizzato nel coltivare la terra e prendersi cura dei suoi cavalli, al di là di altre occupazioni che tutti ignoravano, e se la cavava piuttosto bene.

    Tra i suoi pari era conosciuto per essere coraggioso ed efficiente nei suoi incarichi riservati, per questo  l’amico Alex l’aveva ingaggiato dopo aver confidato in lui pienamente.

    I profumi del giardino gli ricordarono l’infanzia. Correva qua e là con Antonio, nascondendosi dalla madre. C’era profumo di rose. L’aroma più intenso veniva dal pergolato, doveva aveva trascorso tanti pomeriggi a leggere libri d’azione quando era adolescente.

    Man mano che si avvicinava al suo angolo preferito l’aroma dei gelsomini e del rosmarino invadevano le narici in un’esplosione di profumi. Si sarebbe seduto a fumare una sigaretta fino a che gli invitati non fossero andati via. Non voleva voleva proprio che una decina di ragazze e le rispettive madri si presentassero come un buon partito. Non era in vendita e non gli interessava più di tanto sposarsi, quando il mondo era pieno di donne bellissime e disponibili con cui andare a letto senza doversi sposare con qualcuna.

    Helena avvertì dei passi venire verso il pergolato e sobbalzò. Ecco che era finita la tranquillità del suo rifugio segreto.

    Che cavolo! Chi poteva mai ricordarsi di invadere il suo momento di meditazione? Allungò il collo e lo vide.

    Si aggrappò subito al groviglio dei rami fini e verdi, ornato di piccole rose aperte, prima di essere vista.

    Ricardo fece un altro passo in avanti e si fermò. Eccola là. La ragazza misteriosa i cui occhi gli sembravano familiari, che tuttavia era un’estranea e questo lo infastidiva tantissimo.

    Aveva degli occhi che mandavano in confusione qualsiasi uomo, fino a fargli commettere qualche follia, tipo rubarle un bacio all’improvviso o farla stendere sul manto erboso e fornicarla proprio lì, ma a parte questo, era uguale alle altre: una trappola per incastrarlo.

    Però! Aveva anche un bel paio di gambe e un busto niente male - pensò sorridendo dentro di sé. Poteva anche andarci a letto in quel momento, ma solo quello, poi l’avrebbe mandata via.

    - Buon pomeriggio signorina - la salutò a denti stretti.

    - Buon pomeriggio signore...

    Arrossì leggermente davanti a quell’individuo alto e imponente e si azzardò a guardarlo a testa alta. Per poco non si lasciò sfuggire il suo nome.

    Non lo vedeva da almeno otto anni. Era una bambina quando lui partì, ma Ricardo aveva già lineamenti da uomo adulto, invece lei aveva iniziato a crescere solo a partire da quel momento. A dodici anni era una ragazzina impacciata e lui non se ne ricordava per niente.

    - È bello questo posto, vero? - domandò Ricardo, con tono irritato.

    - Sì. È il mio posto preferito. - rispose lei in modo provocatorio.

    Lo era anche per lui.

    Sapeva bene quanto gli piacesse sedersi per ore a leggere quando era giovane. Se lo ricordava intento a leggere sotto il pergolato, durante i periodi che trascorreva a Lisbona, quando la madrina la portava con la famiglia. Lo spiava di nascosto dietro qualche siepe e quando fosse cresciuta immaginava di sposarsi con lui.

    Ricardo annuì con la testa. Gli aveva rubato il posto. Tuttavia doveva riconoscere che la ladra era bel... bocconcino ma, per così dire, di poche parole.

    - Allora a più tardi - disse, dando a intendere di voler trovare un altro posto, perché non stava bene per un gentiluomo, cacciare una ragazza dal pergolato.

    - C’è posto per entrambi - e Helena gli indicò la panchina di fronte, con tutta l’audacia che riuscì a tirar fuori.

    Helena si ricordava bene del padrino Ricardo - come lo chiamavano Alda e Josué - un ragazzo che trascorreva tutte le vacanze scolastiche in Alentejo e che al di là di giocare insieme, le aveva trasmesso l’amore per la lettura.

    Compariva furtivamente in biblioteca, sapendo che nel pomeriggio lo avrebbe trovato a leggere. Ricardo si sedeva sulla poltrona e le leggeva le storie dei libri sugli scaffali e, quando imparò a leggere anche lei, il suo posto preferito divenne la biblioteca della villa, libera solo per lei, per la maggior parte dell’anno quando non c’erano i Santana.

    La famiglia trascorreva tanto tempo a Lisbona, la madrina diceva che il clima era più mite, ma sua madre non le credeva, sapeva bene che la signora Catarina era poco avvezza alle faccende di campagna. Non sopportava gli animaletti e ogni volta che qualcuno dei figli degli inservienti spuntava fuori con qualche lucertola o biscia, si chiudeva in casa e non si faceva più vedere finché non fosse sicura che il marito avesse fatto sparire quegli animalacci.

    Ricardo sorrise e fece due passi avanti. Aveva ragione, c’era un’altra panchina. Perché no?

    - Affare fatto.

    Ricardo non la riconosceva affatto, Helena ne ebbe conferma in quel momento. Chi si sarebbe ricordato di quella ragazzina scheletrica e dai capelli arruffati che saltellava qua e là per la tenuta di Vale de Marias?

    - Mi scuso per non essermi presentato. Ricardo Santana - e porse la mano.

    - Molto piacere, signor Ricardo. Anche a voi non piacciono le feste?

    - Questa no. Le conversazioni sono... leggere - rispose lui, ma non aveva intenzione di attaccare bottone con una sconosciuta.

    - Inutili, vorrete dire - ribatté Helena guardandolo con franchezza.

    Ricardo fece una risata. Eccola là una donna che sapeva il fatto suo ed esprimeva la sua opinione.

    A quanto pareva, oltre a essere spiritosa era anche bella e intelligente, fatto raro per le donne che la madre continuava a invitare nei suoi salotti, le cui uniche preoccupazioni erano le feste dell’alta società e i pettegolezzi sulla vita altrui.

    Helena lo vide sorridere e si ricordò degli scherzi dell’infanzia. Lo stesso sorriso, le sembrò affascinante. Non aveva mai pensato in quel modo a un ragazzo ma Ricardo non era un ragazzo della sua età, era un uomo adulto e interessante. Helena si soffermò a osservare gli occhi color castano chiaro, i capelli castano scuro pettinati con la brillantina e il corpo atletico e abbronzato, forse dal sole dell’Africa - pensò.

    Magari aveva qualche ragazza indigena sola soletta e chissà quanti figli sparsi qua e là - divagò. La cuoca  della tenuta, Noémia, lo diceva da sempre.

    - Vedo che non vi fate problemi a chiamare le cose col loro nome senza problemi - concluse.

    - Non sempre. Ho solo portato a termine il vostro pensiero.

    - E piuttosto bene, nonostante siate un po’ avanti  rispetto ai tempi attuali. Che ne pensate dei tè di beneficienza?

    Helena venne colta alla sprovvista, ma si comportò con prudenza. Non avrebbe risposto a vanvera come poco prima.

    - A dire il vero... - esitò e cambiò subito argomento - penso che la madrina sia un’ottima persona.

    - Madrina?

    - La signora Catarina. È così che mi rivolgo a lei.

    - Ah! Curioso. Voi mi ricordate qualcuno signorina...

    - Qualcuno chi? Non ditemi che...

    Helena sperò che fosse lei, ma lui non la riconobbe affatto.

    - E penso anche che siate molto brava a sfuggire agli argomenti, al di là di essere bravissima a discutere - disse interrompendola mentre tirava fuori una sigaretta dal portasigarette d’argento.

    La accese e gliela offrì. Helena accettò come se fosse la cosa più naturale del mondo che un uomo le porgesse una sigaretta accesa.

    Ricardo ne accese un’altra per sé e tra le boccate di fumo, la guardò con insistenza. Conosceva così tante donne che ormai faceva confusione.

    - Immagino che fumiate di nascosto - osservò.

    - Ovvio. Come tante donne della mia età. Se le amiche della madrina mi vedessero con una sigaretta in mano, avrebbero un mancamento. L’unica donna che ha il coraggio di fumare in pubblico è la contessa.

    Ricardo annuì con un sorriso malizioso. La contessa. La sua madrina Carminda.

    La madrina Carminda, la madrina Catarina... quante madrine - pensò. Chi poteva essere quella figlioccia della madre che non conosceva? Ricca non era. Il vestito che indossava era semplice e dismesso.

    - Ancora non mi avete detto il vostro nome...

    - E già. Non me l’avete chiesto - e si aggiustò i capelli dietro le orecchie, da civettuola, dove c’era un piccolo bocciolo di rosa che risaltava sui capelli sciolti, senza aggiungere altro. Aveva imparato quel gesto da un film che aveva visto al cinema.

    E funzionava. Sì che funzionava!

    All’improvviso si sentì una sciocca che cercava di sedurre un uomo. Che idea folle! Tutto ciò che detestava delle altre ragazze della sua età, disposte a qualsiasi cosa per accaparrarsi un uomo di potere, lo stava facendo anche lei.

    Da quel momento si sarebbe comportata in modo tale da non mettersi nei guai.

    All’improvviso una folata di vento freddo del tardo pomeriggio si alzò sferzando i fiori e staccando i petali delle rose che volteggiavano in aria. Helena si alzò, spense la sigaretta e sbirciando le sue mani, passò davanti a Ricardo, si strofinò le braccia per il freddo affrettando il passo per allontanarsi da lui il prima possibile.

    - Devo andare. A presto signor Ricardo. -

    Si allontanò velocemente verso casa, lasciandolo là seduto a guardarla senza troppe spiegazioni.

    Helena sorrise mentre si allontanava. Non vedeva l’ora di vedere la sua faccia quando avesse saputo chi era davvero.

    Amo come l'amore ama. Non conosco altra ragione di amarti che amarti. Cosa vuoi che ti dica oltre a dirti che ti amo, se ciò che ti voglio dire è che ti amo?

    Fernando Pessoa

    Capitolo 2

    Picture 3

    L’orologio sulla parete segnava le undici di sera. Ricardo contò i rintocchi in silenzio. Era seduto lì da due ore cercando di scoprire come facesse a conoscere quella ragazza sfrontata e irriverente che, al contrario di tante altre donne, non si era gettata subito tra le  sue braccia.

    In casa regnava il silenzio e il levriero afgano ormai anziano era sdraiato ai suoi piedi a fargli compagnia in cambio di qualche coccola.

    Era ora di andare.

    Già da tanto tempo non andava con una donna e non poteva resistere alla tentazione.

    Accese un’ultima sigaretta e fece una boccata, mentre rifletteva sul da farsi. Anche una giovane donna aveva le sue necessità e Isabel non era l’eccezione, tanto meno un uomo come lui! Si alzò, spense la sigaretta nel posacenere di stagno e si diresse all’ingresso.

    - Signore tornerete o posso chiudere a chiave la casa?

    Martinho, il capo della servitù e quello abbastanza grande in casa da permettersi di mettere in discussione la vita del signorino, comparve dalla zona di servizio. Aveva sentito dei passi e pensò di intercettarlo.

    - Non chiudete la porta Martinho, sarò di ritorno tra circa due ore.

    - Come volete signore - e si allontanò trascinando i piedi verso la zona da cui era apparso.

    Ricardo uscì e chiuse la porta con sé. Caspita! Otto anni pesano tanto nella vita di una persona. Non avrebbe mai detto che Martino fosse così grande da trascinare i piedi camminando.

    Si perse nella notte verso la piazza dove viveva Isabel Carmona, tragitto che conosceva fin da quando erano entrambi molto giovani.

    Helena, che da parecchie ore pensava a un modo per chiarire l’equivoco, proprio perché sapeva che non avrebbe potuto mantenere a lungo la farsa, lo vide uscire di casa e camminare sul marciapiede fino a sparire nella notte. Dopo quel che aveva osservato a cena, non era difficile intuire quale fosse la sua destinazione e cosa avrebbe fatto.

    Aveva già avuto a che fare con dei ragazzi interessati a lei, erano tutti provenienti dalla campagna, un po’ contadini, ma nessuno aveva suscitato il suo interesse. Non voleva certo un marito analfabeta, cercava qualcuno con cui condividere le idee e che ammirasse come ammirava Ricardo. Una fortuna per la donna che l’avesse sposato. Sua madre le diceva sempre che non concedesse la sua virtù a un uomo qualunque, perché lei era speciale e si meritava un matrimonio con un uomo perbene e istruito.

    Helena sospirò e tornò a dormire. Per quanto si sforzasse non riusciva a vedere in quell’uomo, il padrino tenero e amichevole che l’aiutava nei compiti e la incoraggiava a leggere, quando era piccola. Aveva smesso di conoscerlo. Ricardo era un altro uomo, si era trasformato o magari lei era cambiata così tanto negli ultimi otto anni.

    Al piano superiore nella camera matrimoniale, Catarina si rigirava nel letto.

    - Dormi tesoro. Che ti prende?

    - Tuo figlio non è cambiato per niente. È appena arrivato e già ha trovato un altro posto per andare a dormire. È

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1