Di passione e d'ombra: Harmony History
Di Mary Brendan
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Info su questo ebook
Bello, ricco, con una brillante carriera militare alle spalle, il colonnello Etienne Hauke è uno degli scapoli più ambiti della buona società londinese. La-sciato l'esercito, lo attende un matrimonio che gli porterà una ricca dote e degli eredi, permettendogli nello stesso tempo di mantenere il lungo e soddisfacente rapporto con la sua aristocratica amante. Il progetto, studiato nei minimi particolari, subisce però un cambio radicale quando a Etienne, recatosi in Irlanda per far visita al vecchio amico e compagno d'armi Connor Flinte, viene presentata la di lui cognata, Isabel, vedova con un figlioletto di sette anni. Il colonnello e la giovane, infatti, si erano già incontrati una volta, fugacemente e in circostanze straordinarie... otto anni prima.
Mary Brendan
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Di passione e d'ombra - Mary Brendan
Immagine di copertina:
Bruno Faganello
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Unknown Wife
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2003 Mary Brendan
Traduzione di Marina Boagno
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-868-1
Prologo
«Non uscite stasera. Restate a casa e dedicate un po’ di tempo a me e ai nostri figli, prima che vadano a letto.»
La donna avrebbe anche potuto essere sorda, per l’attenzione che prestò alle parole del bell’uomo alto che le aveva pronunciate. Lui la osservò pazientemente dalla porta del proprio studio, mentre lei si acconciava i folti riccioli per farli ricadere in modo attraente sulle eleganti spalle candide, voltando la testa da una parte e dall’altra per esaminare la propria immagine riflessa nell’elaborato specchio del vestibolo.
«Santo cielo, volete guardarmi? Rispondetemi!»
Le bellissima donna bruna si voltò di scatto, in un fruscio di raso vermiglio.
«Che cosa avete stasera, Benjamin?» chiese. «Mrs. Smith è indisposta? Se credete che voglia giocare alla famiglia felice solo perché la vostra amante non è disponibile, siete più stupide di quanto immaginassi.» I suoi occhi avevano un’intensità felina. «Può darsi che la vostra chère amie non sia disponibile, ma il mio amico lo è» disse a voce bassa, di gola, con insultante indifferenza. «Lord Ballantine deve arrivare da un momento all’altro per portarmi all’opera.»
Il marito le si avvicinò e le afferrò il braccio.
«Il vostro cicisbeo può aspettare, o ricorrere alla successiva sgualdrina della sua lista. Non siete certo l’unica sua conquista. Quanto alla mia amante, non è indisposta, e sarebbe felice di vedermi, come sempre. Il che è più di quanto si possa dire della mia signora.» Passò le dita sui segni lasciati sulla pelle delicata di lei, come per scusarsene. «È tempo che voi e io cerchiamo di ricostruire il nostro rapporto. Ormai i bambini sono abbastanza grandi da avvertire questi disaccordi. Non hanno chiesto loro di venire al mondo, o di vivere in un’atmosfera così squallida.»
«I bambini! Sempre la stessa storia. Dovremmo vivere la nostra vita per compiacere i bambini! A volte rimpiango di non essere tornata in Francia. Sfidare il destino sul patibolo come la mia famiglia sarebbe stato preferibile a subire il vostro tocco disgustoso.»
Il marito le lasciò il braccio, con un sorriso ironico.
«Voi? Subire il mio tocco disgustoso? E quando mai è successo, mia cara? Ditemi, riuscite a ricordare l’ultima volta in cui mi avete accolto nel vostro letto? Che io sia dannato se ricordo di aver goduto dei miei diritti coniugali negli ultimi cinque anni...»
Sotto l’impeccabile maquillage la donna sbiancò.
«E che io sia dannata, mon cher, se riesco a ricordare di avere mai goduto dei miei diritti coniugali. Avete il vostro erede» sibilò. «E anche una figlia. Ho assolto tutti i doveri che potevo e volevo, per voi.» Gli passò accanto, diretta alla porta sulla strada. Ai piedi delle scale, si fermò. «Perché ti nascondi lì? Stai spiando tua madre? A letto, all’istante! Domani tornerai a scuola, e non sarà mai troppo presto.»
Il bambino non disse nulla, limitandosi a fissare la madre con i suoi occhi scuri, vellutati. Poi guardò il padre, attraverso le sbarre della balaustra.
«Di sopra, immediatamente!» La voce della donna era stridula. «Vuoi che dica al maestro che hai bisogno di una lezione di buone maniere e disciplina?»
Il bambino riportò di scatto lo sguardo su di lei, ma la donna non gli prestava già più attenzione, perché un anziano maggiordomo si era materializzato nell’atrio.
«La carrozza di lord Ballantine sta aspettando, signora» la informò in tono neutro.
Con un’ultima occhiata in tralice al figlio, si drappeggiò la bandoliera di raso attorno alla figura minuta, dichiarando: «Sono figlia di un conte la cui augusta discendenza è vecchia di secoli, eppure ho un figlio insolente, e un marito troppo codardo per punirlo».
«E io sono figlio di un conte la cui nobile progenie supera di gran lunga la vostra, eppure ho una moglie che mi espone allo scandalo perché si comporta come una volgare...»
L’uomo strinse le labbra, notando con la coda dell’occhio le dita del figlio stringersi attorno alle sbarre.
«Tu sei un figlio cadetto... un nessuno...» ironizzò lei da sopra la spalla, uscendo.
Il maggiordomo si fece avanti per chiudere le grandi porte, poi sparì con discrezione nell’ombra.
L’uomo tese una mano e il bambino corse da lui a piedi nudi, sulle fredde lastre del pavimento, e si strinse al suo fianco. Lunghe dita aristocratiche si posarono sulla testolina bionda. Quando l’uomo parlò, la sua voce era rotta dalle lacrime.
«Quando sarai un uomo, Etienne, scegli con attenzione tua moglie. In un matrimonio devono regnare la ragione e il rispetto. Sposarsi per lealtà o per dovere... o anche per amore, non è saggio. Fare la cosa giusta è spesso molto sbagliato.»
1
Irlanda, 1822
Se si fosse trovato in qualunque altro luogo che non fosse l’Irlanda, quei limpidi occhi da cerbiatto fissi nei suoi, solenni e sfrontati nello stesso tempo, forse lo avrebbero turbato. Aveva avuto molte donne, in molti paesi, ma l’Irlanda? Oh, diavolo, non aveva mai messo piede sul suo suolo fangoso. Eppure... eppure... c’era qualcosa di familiare nel viso di quel bambino.
Il piccolo ricambiava quietamente il suo sguardo, senza curarsi del gelido nevischio che gli incollava i capelli biondi alla testa.
Lo stallone nitrì, alitando una nuvola di vapore. Un attimo prima, il bambino era piombato sulla strada inseguendo il berretto, ridendo, perché una folata di vento gliel’aveva portato via. La sua comparsa improvvisa aveva costretto il cavallo a un repentino scarto, che aveva quasi disarcionato il cavaliere.
L’uomo, accigliato, fissò il bambino. Aveva corso il rischio di calpestarlo, o di rompersi l’osso del collo. Con un gesto brusco additò il berretto con la mano inguantata. Il bambino lo raccolse prontamente. Non aveva paura. Anzi, sorrideva.
«Dovresti stare attento. Questo stallone avrebbe potuto ridurre in poltiglia un piccoletto come te.»
Il bambino non si scompose. Gli occhi erano vivaci nel visetto tirato per il freddo.
«Come si chiama?» chiese, accarezzando il fianco dello stallone.
«Storm.»
«E voi, come vi chiamate?»
«È buona educazione chiedere: "Come vi chiamate, signore"» replicò l’uomo, secco, cominciando ugualmente a presentarsi. «Etienne...»
Il resto si perse, soverchiato da una voce femminile estremamente gutturale.
«Santa Maria, ho girato l’occhio un momento e sei sparito. Che cosa dirà tua madre, se scopre quello che hai combinato oggi, e... Ma guardati! Sei fradicio!»
Una donna che si teneva saldamente la cuffia e si stringeva nel mantello si stava avvicinando a loro. Afferrando la mano del bambino, lo tirò indietro, al riparo, rivolgendo uno sguardo tagliente al forestiero in sella al possente stallone.
Etienne seguì con lo sguardo il bimbo che si allontanava, ficcando la punta degli stivali nei cumuli di terra ghiacciata formati dalle ruote dei carri e facendone volare via delle zolle. Lontani ricordi d’infanzia si agitarono nella sua mente, increspandogli le labbra. Tirò le redini, rimpiangendo per l’ennesima volta di non avere preso la diligenza al Fiddle and Flute. Se non fosse stato perché il maniscalco non aveva ferrato abbastanza in fretta il cavallo di testa, in quel momento sarebbe stato comodamente in viaggio per Waterford. Si sentiva nervoso, irritato, e non solo perché era bagnato, affamato e infreddolito. Non riusciva a liberarsi dalla curiosa sensazione, che gli gravava addosso come la neve che gli appesantiva il mantello, che fosse accaduto qualcosa di straordinario. Abbassandosi il cappello sulla fronte, imprecò e incitò il cavallo. Era solo un bambino, il marmocchio di un contadino irlandese. Non aveva niente a che vedere con lui. Del resto, non aveva mai messo piede in Irlanda prima di allora, si rammentò, spronando il cavallo in un furioso galoppo.
«Mi hai invitato qui solo per vedermi morire di polmonite?»
Connor Flinte, conte di Devane, voltò le spalle al nevischio che oscurava la vista dalla finestra, sorrise all’uomo che stava entrando nella sua ampia e accogliente biblioteca e gli andò incontro per stringergli la mano, con un genuino sorriso di benvenuto.
«È questo il modo di salutare il tuo compagno d’armi che non vedi da tanto tempo? Bella gratitudine per la mia ospitalità!» scherzò con tutto il suo fascino e il suo accento irlandese.
«Be’, Conn, devi ammettere che questo tempo è orribile, anche per febbraio. L’Irlanda è sempre così maledettamente umida?»
Il conte di Devane inarcò un sopracciglio.
«Umida? Oh, andiamo! Questo è niente. Dovresti vedere quando piove. Ma, seriamente, è bello rivederti, Etienne. Perché Gallagher non ti ha annunciato?»
Connor guardò in direzione della porta, accigliato. Il suo coscienzioso maggiordomo non era in vista.
«Oh, gli ho detto di non disturbarsi. Il tetto del tuo portico fa acqua, quando sono arrivato stava organizzando il posizionamento dei secchi, con un paio di valletti. Mi ha fatto ricordare che il tetto di Redgrave Park ha bisogno di riparazioni...»
«Pensi di andare direttamente a Redgrave Park, da qui, o hai intenzione di passare a Mayfair?» domandò al suo ex commilitone. «Se vai a Londra, recapiteresti una lettera urgente al mio legale a Cheapside?»
L’espressione di Etienne si fece arguta.
«Oh, credo che potrei fare una puntata a Mayfair, andando nel Suffolk. E ti farò da postino, certo.»
«Come sta lady Avery? È ancora pazza di te?» si informò Connor, malizioso, accennando alla bellissima vedova che era l’amante del suo amico da almeno un lustro. Molti uomini ricchi e influenti quanto Etienne avevano cercato di conquistare il suo affetto e di portargliela via, ma lei era rimasta fedele al suo colonnello anche, si diceva, durante i lunghi mesi che lui aveva trascorso all’estero per servizio.
«Sono sicuro che sta benissimo» rispose lui con un sorriso. «A giudicare dal suo ultimo billet-doux, sarà felice di vedermi. Sarebbe scortese deluderla, dopo un’assenza di sei mesi.» Si fece di nuovo serio. «Dovrei anche far in modo di vedere miss Caroline Greenwood, prima di andare a Redgrave Park.» Di fronte all’espressione interrogativa di Connor, chiarì: «È tempo di pensare a una moglie e a eventuali eredi. L’ultima volta che sono stato a Londra, ho prestato una certa attenzione a miss Greenwood. Sembra docile, ed è abbastanza graziosa. Non arrossisce, né balbetta o ridacchia troppo spesso. Sarà una padrona di casa adeguata. È giovane... sui diciannove anni, direi». Rise. «E i suoi genitori sono più che disposti a pagare i conti. Hanno accennato a una dote di centomila sterline. Ora che sono tornato in patria definitivamente, immagino che conteranno che riprenda il discorso da dove l’avevo lasciato. E credo che lo farò.»
«Una vera storia d’amore...» brontolò Connor.
Etienne gli scoccò un’occhiata da sotto le folte sopracciglia scure.
«Che cosa ha a che fare l’amore con tutto questo?» ribatté, con uguale sarcasmo. «Lady Avery sta benissimo, come sempre. Il mio matrimonio non la preoccuperà.»
Come se ricordasse solo allora il suo ruolo di anfitrione, Connor invitò il suo ospite a sedersi su una comoda poltrona accanto all’enorme camino di pietra. Con un pesante sospiro, Etienne sistemò la sua alta figura sui cuscini, allungando pigramente una gamba muscolosa sull’Aubusson e appoggiando la testa sul morbido cuoio mentre accettava il bicchiere di cristallo con una generosa dose di brandy che l’amico gli stava tendendo.
Sorseggiando il brandy Etienne tornò con il pensiero alla cosa, o meglio, alla persona, che lo incuriosiva di più. Si raddrizzò sulla poltrona e si chinò in avanti, con i gomiti sulle ginocchia.
«Se proprio vuoi parlare di storie d’amore... be’, sai che non sono qui, rischiando la polmonite, per vedere te. Dov’è la tua bellissima moglie?»
Alla menzione di Rachel, i bei lineamenti duri di Connor si addolcirono in un sorriso.
«È andata a far visita ad alcuni amici al villaggio, con sua sorella. E tua madre sarà qui da un momento all’altro.»
«Mia madre?»
«Claudine ultimamente è ospite a casa Ormonde. Non lo sapevi?»
Etienne si strinse nelle spalle.
«No. Ormonde è cugino di mio padre. So che mia madre ha un debole per lui da molto tempo...»
«Sbaglio, o avverto una punta di animosità?»
Etienne finì il brandy, prima di rispondere.
«Per me non fa alcuna differenza con chi decide di passare il suo tempo, non siamo intimi, lo sai. Sono sempre stati i miei nonni i soli a tenerci uniti. E Cambridge è un altro posto in cui devo andare prima di tornare nel Suffolk, per vedere come stanno. Hanno entrambi ottantadue anni.»
«Per quanto tempo puoi fermarti, Etienne?»
Lui scoccò un’occhiata all’amico. Quello che gli lesse sul viso gli strappò un sorriso.
«Mi pare di vedere un uomo che desidera disperatamente un po’ di compagnia maschile, anche se ha una lettera urgente da recapitare al di là del mare al suo legale. Sei in minoranza, Conn?»
«Per la verità la lettera non è poi così importante, ma la tua compagnia lo è. Ho pensato, chiedendo scusa a lady Avery, che potrei trattenerti almeno per una settimana per fare da cavaliere a tua madre e a mia cognata.»
Etienne scoppiò a ridere.
«Per l’amor del cielo! Da quanto tempo sei sposato? Tre mesi... sei al massimo... è la durata di una luna di miele, ma se non ricordo male tu sei al guinzaglio da più di un anno e mezzo. Ed è decisamente troppo, per questo genere di cose!»
«Mia cognata è molto simpatica, ma a volte un uomo ha il desiderio di passare un po’ di tempo solo con sua moglie anche durante il giorno.»
«Oh, capisco» lo rassicurò Etienne con un sogghigno, «ed essendo un vero amico, sarò felice di accontentarti per una settimana. Dopo, io ho il desiderio di passare un po’ di tempo a Londra con lady Avery... capisci, vero?»
Connor rispose con una risata.
Isabel Forrester si sfilò i guanti umidi dalle lunghe mani snelle mentre rispondeva alla sorella.
«Verrò in salotto, te lo prometto. Prima, però, devo andare a vedere come sta Marcus. Stamattina, prima di colazione, non si sentiva bene. Ero preoccupata a mandarlo a scuola con questo tempo, ma ha un modo tutto suo di esagerare, quando gli conviene.» Sospirò. «Chissà se Noreen ha ricevuto altre lamentele da padre Maguire?»
Rachel era troppo eccitata dalla novità per prestare molta attenzione ai problemi del nipote.
«Be’, non metterci troppo. Gallagher dice che il colonnello Hauke è già arrivato. L’ho visto qualche volta, molto tempo fa, e ne ho un ottimo ricordo.»
«Ne sono sicura, cara» ribatté Isabel, asciutta, sapendo anche troppo bene che Rachel era inguaribile, quando si trattava di combinare un matrimonio per lei... o per qualunque altra fanciulla, «ma tieni presente che, a quest’ora, il tempo lo avrà notevolmente cambiato. Denti guasti, capelli radi...»
«Se dovesse avere problemi del genere, allora dovrai assolutamente vendergli un vasetto della tua pomata per la ricrescita. Ti chiederà di sposarlo prima della fine della giornata!»
Isabel sorrise. Poco tempo addietro, con le erbe dell’orto, aveva composto una pomata per una donna del villaggio che aveva appena partorito. Quando la caduta dei capelli era diminuita la donna se ne era felicitata con lei, ma Isabel pensava che fosse merito più del fatto che la sua salute si era fortificata, ora che il bambino veniva svezzato, che di qualche cura miracolosa a base di rosmarino e lavanda.
Sapendo che suo marito l’aspettava per dare il benvenuto, a Wolverton Manor, a uno dei suoi più vecchi amici, Rachel Flinte, contessa di Devane, consegnò