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La figlia del mercante: Harmony History
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La figlia del mercante: Harmony History
E-book238 pagine4 ore

La figlia del mercante: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1815
Figlia di un mercante arricchitosi con il commercio del tè, Lily vuole realizzare il sogno segreto di tutta la famiglia: diventare nobildonna grazie a un buon matrimonio. Educata a comportarsi come una vera signora, ma abituata a pensare con la propria testa e a badare agli affari come un uomo, sa di dover giocare bene le proprie carte. Di certo non può permettersi di provare dei sentimenti per uno come Jack Lovell, che possiede una miniera di carbone, è alla disperata ricerca di investitori per non fallire e che di nobile, purtroppo, ha soltanto l'animo! Nonostante il suo cuore gridi che è la cosa giusta da fare, Lily non vuole cedere alla passione, con il rischio di far naufragare tutti i suoi progetti. Poi però scopre che Jack non è quello che sembra.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788830502611
La figlia del mercante: Harmony History
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La figlia del mercante - Louise Allen

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Not Quite a Lady

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2006 Melanie Hilton

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-261-1

    1

    Sala da ballo di Almack’s

    marzo 1815

    «Mia cara, converrei con voi e sarei pronta a riderci sopra, se mio cugino non stesse facendo la corte a quella ragazza. Purtroppo, invece, le cose stanno proprio così, e io non riesco a trovarci nulla di divertente.» La voce altezzosa e nasale della donna che era appena entrata nella stanza apparteneva a Lady Angela Hardy.

    Lily, nascosta dietro il paravento della camera in cui le signore si ritiravano per riposare, l’aveva riconosciuta subito. Rimase immobile per qualche secondo, poi strinse le mani a pugno.

    «Oh, ma io capisco perfettamente e avete tutta la mia simpatia» convenne l’altra donna. «È così volgare... La vostra famiglia sarebbe devastata, se i sospetti che avete si rivelassero reali. E che orribili capelli! Per non parlare dei vestiti! Non mi meraviglia che non si sia ancora sposata.»

    «Con tutto quel denaro?» intervenne una terza signora, con voce aspra. «Oh, non sono d’accordo. Per quanto mi riguarda, sono molto stupita che nessuno le abbia ancora fatto la proposta, nonostante sia la nipote di un bottegaio, quei terribili capelli color carota e la sua età. In società ci sono sempre dei gentiluomini in cerca di una fortuna per risanare le proprie finanze. Ci sono disgrazie ben peggiori dei capelli rossi e della volgarità... E, perlomeno, i suoi genitori sono morti

    Lily, che si stava sistemando la giarrettiera, strinse il nodo talmente forte da rallentare la circolazione del sangue. Rialzandosi, poi, colse il proprio riflesso nello specchio e si spinse un riccio ramato dietro l’orecchio. Non erano color carota! E, di grazia, cosa c’era che non andava nel suo vestito? Niente, a parte il fatto che nessuna di quelle tre streghe si poteva permettere nulla di così elegante.

    Lady Angela e le sue due amiche, Miss Renella George e Lady Caroline Blackstock, non sembravano avere nessuna fretta di tornare nella sala da ballo.

    Con ogni probabilità non avevano alcun accompagnatore che le stesse aspettando, pensò Lily con poca simpatia, mentre cercava di sbirciare i loro movimenti attraverso la fessura di congiungimento dei due pannelli del paravento.

    Dall’espressione di Lady Angela, le sue amiche si sarebbero pentite del riferimento fatto all’età: Lily, l’oggetto del loro velenoso scherno, aveva ventisei anni, ma Angela dimostrava tutti i suoi venticinque, e ancora aspettava una proposta qualsiasi!

    Lily chiuse gli occhi, come suo padre le aveva insegnato, e cercò di calmarsi. Non lasciare mai che il tuo temperamento abbia la meglio sulla ragione, piccola mia, le aveva ripetuto spesso. Le persone con i capelli rossi come noi hanno lo svantaggio di un carattere focoso e devono cercare di non mettersi nella posizione di dare spettacolo. Cerca di stare calma. Vedrai che presto o tardi avrai la tua rivincita.

    La porta tornò ad aprirsi, lasciando entrare un gruppo di giovinette accaldate dalla danza campestre.

    Ora basta!, pensò Lily. Forse se ne sarebbe pentita, ma era stanca sia di interpretare la parte della fanciulla mite e umile, sia di fingere di non aver udito i commenti sulla sua famiglia, il suo denaro e il suo aspetto.

    L’abito di raso frusciò sul pavimento lucido mentre usciva allo scoperto. La sua apparizione ebbe l’effetto di zittire Angela, che la fissò a bocca aperta.

    «Lady Angela, Lady Caroline, Miss George.» Lily accennò una riverenza. «La vostra opinione è edificante come sempre, Lady Angela, ma, se mi permettete un consiglio, poco fa ho udito una delle patronesse fare un commento sulla vostra sfortuna, visto che non avete ancora ricevuto una proposta di matrimonio, neppure questa stagione.» Scosse il capo. «Sembrava pensare che ciò sia dovuto al fatto che avete la tendenza a esprimere un po’ troppo liberamente le vostre opinioni. Come vi ha descritta? Ah, sì... una zitella dal volto ingiallito dalla cattiveria.» Abbozzò un sorriso. «Se posso, credo che qualche applicazione del balsamo di Rowland Kalydor gioverebbe al vostro colorito... È ovvio però che non potrebbe fare niente contro la cattiveria.»

    Continuando a sorridere, passò accanto al gruppo di giovinette che, con le mani sulla bocca, trattenevano a stento le risate, ignorando la livida furia sulle facce del trio al quale si era rivolta. Mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, fece in tempo a sentire Lady Angela che borbottava: «Quella piccola e volgare intrigante! Non finisce qui, me la pagherà cara...».

    La musica e le voci degli ospiti coprirono il resto di quella minaccia e Lily s’incamminò per la sala da ballo di Almack’s. Si sentiva già in colpa per aver perso il controllo. Perlomeno, era stata tanto discreta da non rivelare il nome della patronessa che aveva pronunciato quel verdetto su Angela, e tutte, fatta eccezione per Lady Jersey, erano presenti quella sera, così sarebbe stato difficile capire chi fosse la responsabile.

    Mentre raggiungeva il suo chaperon in fondo alla sala, Lily vide una figura maschile alta ed elegante venirle incontro. Adrian. Finalmente. Era stato elusivo come solito quando lei aveva tentato di sapere se sarebbe stato presente quella sera, e Lily aveva giudicato meglio non testare la sua pazienza insistendo.

    Che un nobile si interessasse a lei era cosa notevole; che fosse anche giovane e bello come Lord Randall, e fosse sul punto di farle un’offerta di matrimonio, poi, era un miracolo.

    I suoi occhi blu, profondi e freddi, scrutarono l’intera sala, prima di rivolgersi all’uomo che lo accompagnava. Chi stava cercando? Lei, forse? O qualche membro della sua famiglia? Sua cugina Angela, per esempio? E quest’ultima gli avrebbe raccontato di quanto si fosse sentita insultata da Miss France? Certo che l’avrebbe fatto!

    Lily s’inumidì le labbra con la punta della lingua. Se si fosse lasciata sfuggire dalle mani Lord Randall avrebbe frustrato le ambizioni di suo padre, vanificato le aspettative per la futura posizione in società della sua famiglia e distrutto il destino che aveva accuratamente tracciato per se stessa. Adrian Randall era un personaggio molto importante, conosciuto da tutti sia per il suo lignaggio sia per i suoi debiti. Se avesse deciso di non sposare la nipote del bottegaio, era improbabile che qualcun altro avrebbe raccolto i suoi scarti.

    Adrian si stava dirigendo verso di lei, senza fretta, prendendosi il proprio tempo e salutando i conoscenti.

    Ricordando le severe restrizioni del suo chaperon e le raccomandazioni di sua zia, Lily contenne tutta la propria impazienza e lo aspettò senza scomporsi.

    Era molto bello: magro e pallido, biondo e languido... in forte contrasto con il rosso cupo della capigliatura di lei, con i suoi vivaci occhi verdi e l’energia incontenibile che la contraddistingueva.

    Quando arrivò al suo fianco, Lily fu talmente brava che riuscì addirittura a sobbalzare per la sorpresa, un’interpretazione di innocenza che le sarebbe valsa il plauso del suo chaperon, se l’avesse vista. «Milord» La sua riverenza fu un altro trionfo di decoro acquisito con estenuanti lezioni di comportamento.

    «Lily.» C’era un bagliore caldo nel suo tono e, quando lui le sollevò la mano per portarsela alle labbra, indugiò qualche momento più del dovuto. «Siete davvero incantevole, stasera. Non credo di aver mai visto brillare tanto i vostri occhi.»

    Il cuore le balzò in gola e lo stomaco le si chiuse. Era nervosa, tutto qui.

    Zia Herrick, concentrata sulla sua missione di far sposare la nipote con un membro dell’aristocrazia, era stata piuttosto franca sulla questione. Dagli tutto quello che vuole, Lily. Qualsiasi cosa. Non è il momento di fare la ritrosa. Potresti non catturarlo, giocando pulito. È un gentiluomo e vedrai che, dopo, farà la cosa giusta. Dopotutto, una volta che sarete sposati, non avrà più importanza ciò che è successo prima.

    Il pensiero di dover dare ad Adrian tutto quello che voleva la faceva sentire a disagio e non poco in apprensione. Non era neppure sicura che lui le piacesse. Non che questo potesse essere di qualche ostacolo al matrimonio, come spesso le ricordavano la solerte zia e il suo chaperon. L’amore era fuori questione.

    Era la pronipote di un carpentiere, la nipote di un industrioso bottegaio e la figlia di un mercante di tè – un mercante di tè molto ricco – e doveva adempiere a un destino che era stato tracciato per lei fin dalla nascita. Lily doveva sposare un nobile e crescere dei figli che sarebbero stati gentiluomini. Era stata educata per quello scopo.

    Papà le aveva ribadito spesso che era stata fortunata a nascere femmina, perché un maschio avrebbe avuto più difficoltà ad abbattere la barriera sociale che divideva la nobiltà inglese dalla gente comune come loro.

    Purtroppo suo padre si era gravemente ammalato durante la loro ultima visita alle piantagioni in India, e Lily, alla sua morte, aveva seguito un lungo periodo di lutto, che aveva posticipato la sua presentazione in società, avvenuta quando aveva ormai venticinque anni. Ora poi, visto che un altro compleanno era passato, era soltanto grazie alle sue immense fortune che poteva ancora sperare in un buon matrimonio.

    L’apprensione le strinse la gola: se Lord Randall avesse reagito male di fronte all’indiscrezione che stava per confessargli, allora non avrebbe più avuto speranze. «Devo rivelarvi che ho appena perso la pazienza e agito con molta imprudenza» gli dichiarò.

    «Davvero?» Gli occhi azzurri di Adrian brillarono d’interesse. «Raccontatemi tutto.»

    «Vi arrabbierete con me.»

    «Potrebbe essere stimolante.» La sua voce si fece vellutata come una carezza. Lily non riusciva a capire cosa gli passasse per la mente, ma arrossì.

    «Ho insultato vostra cugina, Lady Angela» ammise lei senza mezzi termini. «Temo che sia stato per qualcosa che le ho sentito dire sul mio conto...»

    «Non aggiungete una parola.» Adrian alzò il palmo della mano delicata. «Angela è una bisbetica. Ha bisogno di un marito, ma con la sua lingua tagliente non ne troverà mai uno. Rimarrà zitella e non potrà incolpare altri che se stessa.»

    «Tuttavia io...» continuò Lily.

    Adrian le scoccò un’occhiata tagliente. Detestava essere contraddetto. «Angela è di una noia totale e io non gradisco che mi si annoi.» Osservò la sala affollata. «In effetti questa festa mi sembra alquanto tediosa. E ho in mente cose più interessanti da fare.»

    Lo sguardo gli si accese di un bagliore di lussuria e lo stomaco di Lily si contorse, non proprio per il piacere. Sbatté le palpebre fingendo di essere compiaciuta, avvertendo la carezza dei lunghi orecchini di diamanti sul collo, a ricordarle ciò che valeva.

    «Più interessante? Ad Almack’s?» Udì la propria risata e le sembrò più che mai falsa. «Non è possibile.»

    «No. Non qui. Venite con me, Lily.» Le dita di Adrian le accarezzavano l’interno del polso, mentre le si faceva scandalosamente vicino. La sensazione di apprensione mista a un vago disgusto crebbe in lei.

    «Dove volete andare?»

    Lui soffocò una risata. «Pensavo che potessimo conoscerci un po’ di più, prima di fare l’annuncio al pubblico.»

    «Milord, mi state forse facendo una dichiarazione?»

    Adrian l’attirò dietro una pesante tenda di broccato, nascondendo entrambi da sguardi indiscreti. «Sarebbe benaccetta, mia cara?» Le sue labbra erano molto vicine a quelle di Lily, ora. «Lily, mia dolce Lily...»

    Lei sentì il suo respiro caldo sulla guancia.

    «S... sì. Dovreste saperlo, milord.» Sarebbe stata una sciocca a tirarsi indietro ora, dopo tutte le settimane trascorse a incoraggiare Adrian Randall. E lui era proprio quello che il suo dovere le imponeva: aveva un titolo, era alla moda e godeva di ottime conoscenze che le avrebbero dato accesso all’irraggiungibile mondo dell’aristocrazia.

    «Venite con me, allora. Dobbiamo... parlare di molte cose. Da soli.»

    «Volete accompagnarmi a casa?» Non era quello che intendeva e Lily lo sapeva. Ma, come diceva sempre la zia, bisognava giocare bene le proprie carte.

    «Forse...» Adrian sorrise e nei suoi occhi c’era un bagliore di divertita malizia.

    «Ma il mio chaperon? Lady Billington...»

    «Vedrete che Jane Billington chiuderà un occhio.» Le accarezzò con delicatezza la curva del collo, mentre il suo sguardo si faceva languido e infuocato dal desiderio.

    Che sia questo l’amore?, si chiese Lily. Di sicuro non mi sentirei così, altrimenti.

    «E va bene.» Dove l’avrebbe portata?

    «Andate a dire alla cara Lady B. che avete un forte mal di testa e che vi riaccompagno a casa.» Le prese il braccio, guidandola nella sala. «Vi porto da lei.»

    Quando stavano per giungere all’angolo delle patronesse, Lady Angela tagliò loro la strada.

    «Adrian! Questa poco di buono...»

    «Non credi che dovresti smettere di bere succo di limone, Angela?» commentò Adrian, ironico. «Non ho voglia di ascoltarti, cugina. E... sta’ attenta che questa espressione ti fa venire le rughe!»

    Lily visse la partenza da Almack’s in un turbine di sogno: il volto livido di rabbia di Angela; l’espressione condiscendente e saputa di Lady Billington che ordinava a un servitore di portare il mantello della sua protetta; la voce di zia Herrick che le risuonava nella testa... Non ti puoi permettere di giocare pulito come le figlie degli aristocratici, Lily cara. Il tuo denaro può essere un forte incentivo, certo, ma devi indorare la pillola e far superare alla gente lo scoglio della tua nascita. In fondo, stai comprando il tuo buon nome e devi sborsare fino all’ultimo penny per farlo.

    Adrian l’aiutò a salire in carrozza, tenendole semplicemente la mano sul braccio. «A casa, Granger!»

    Il veicolo si mosse nella notte nebbiosa, attraversando St. James Square. Doveva indorargli la pillola. No, di certo Adrian non voleva solo il suo denaro.

    Adrian si spostò accanto a lei, prendendole una mano tra le proprie. Forse l’avrebbe baciata?

    Invece, gliela voltò per portare le labbra sull’incavo del polso, laddove finivano i bottoni del guanto.

    Le sue labbra erano bollenti e sembrarono scottare ancora di più quando la prese tra le braccia e iniziò a baciarle il collo.

    Lily s’irrigidì, poi cercò di rilassarsi. Quello era l’uomo che avrebbe sposato e non doveva intimidirsi. Ma nessuno prima di allora aveva cercato di fare l’amore con lei... Era così strano!

    No. Non era strano, comprese all’improvviso. Era orribile.

    Lily cercò di far fronte al panico e di indietreggiare un poco. Il vestito di raso scivolava sulla pelle del sedile, dandole ancor di più la sensazione di perdere l’equilibrio. Adrian respirava con affanno. Le sue labbra – ora che le percorrevano la pelle dal collo alla scollatura – non erano più calde, ma umide. E le sue mani sembravano essersi moltiplicate.

    In risposta ai lamenti di lei, la premette ancor di più sul sedile, schiacciandola con il peso del proprio corpo, mentre ignorava le sue soffocate proteste.

    «No...» riuscì a dire Lily. «Adrian...»

    Ma lui aveva già una mano sotto il suo vestito e frugava tra la stoffa per trovare la pelle nuda delle sue cosce con pratica destrezza.

    In preda al panico, Lily cercò di respingerlo, senza più avere fiato per le proteste.

    La carrozza svoltò a un angolo e Adrian cadde giù dal sedile, imprecando.

    «Adrian, per favore no, non così...»

    «Oh, sì, proprio così, invece.» La luce di un lampione illuminò per qualche istante l’interno dell’abitacolo. Adrian era rosso in volto, accaldato, respirava con affanno e aveva un’espressione che, nonostante la sua innocenza, Lily non faticò a interpretare. Era eccitato dalla sua paura, dalla fatto che qualcuno potesse vederli e soprattutto dalle sue proteste.

    Lo sentì ridere, poi la sua mano le afferrò il mantello, aprendolo. «Sta’ ferma, non ti farò male.» Invece gliene stava facendo. Senza troppa grazia, l’afferrò per la scollatura del vestito e l’attirò verso di sé. «Non fare la difficile, Lily.» Ancora la bocca di Adrian si chiuse sulla sua.

    Doveva trovare qualcosa con cui difendersi, pensò Lily, tastando con una mano le pareti dell’abitacolo. Finalmente, le dita si chiusero intorno alle frange della corda della campanella e, singhiozzando per il sollievo, la tirò con tutta la forza che le rimaneva. La carrozza si fermò.

    «Che diavolo succede?» Adrian si scostò un poco e si affacciò fuori dal finestrino. «Granger, che diavolo ti è preso?»

    Lily colse al volo l’occasione e afferrò la maniglia del portello dal lato opposto, saltando giù, sulla strada, quasi inciampando nell’abito. Dove si trovava? Era come essere finita in un incubo: non riconosceva gli edifici e la nebbia confondeva ogni cosa.

    Non era da sola. C’erano molte altre carrozze in giro per la piazza. Piccadilly! Perlomeno sapeva dove si trovava.

    «Torna subito qui, Lily!» Adrian stava scendendo dal predellino e, nel tentativo di riacciuffarla, era riuscito ad afferrarle un lembo del mantello da sera.

    Lily raccolse le gonne e cercò di correre, ma subito venne sbilanciata dal mantello, che si affrettò a slacciare e a lasciare dietro di sé.

    Doveva cercare un posto dove nascondersi. Attraverso la nebbia vide la luce provenire da una vetrina. Era l’Hatchett’s Coffee House, o almeno così diceva l’insegna. Lì sarebbe stata in salvo!

    L’uomo alto che sedeva in un angolo dell’Hatchett’s si sporse in avanti e fissò per qualche istante la porta del locale che si richiudeva. Il suo volto non tradiva alcuna espressione, come quando aveva salutato, stretto le mani e augurato

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