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La morte porta disgrazia
La morte porta disgrazia
La morte porta disgrazia
E-book192 pagine2 ore

La morte porta disgrazia

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Info su questo ebook

"Karrady serrò il pungo nella tasca del soprabito. Istintivamente, per la prima volta dopo quasi dieci anni, raddrizzò la schiena, sollevò la fronte che la condanna aveva abbassato sul vuoto di un abisso d'odio; fu contento di sentire salire dal fondo del cuore un desiderio bruciante di vendetta. Che cosa avrebbe fatto?".Cosa rimane da fare, dopo dieci anni trascorsi in una squallida cella, se non rintracciare il colpevole delle proprie disgrazie e trovare finalmente soddisfazione? In una Londra brumosa e irta d'insidie, popolata di investigatori privati, giornalisti ambiziosi e poi, ancora, farmacisti e meccanici, segretarie e infermiere attraenti, un ex carcerato torna finalmente in libertà dopo essere stato fregato da un complice. Giusto il tempo di riabbracciare la moglie e poi via, nella nebbia dei vicoli londinesi che si stagliano, come un labirinto, da Chelsea Bridge a Kingsland Road. Una storia di vendetta, di amore, di disperazione, in perfetto stile Enna!-
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2022
ISBN9788728523254
La morte porta disgrazia

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    Anteprima del libro

    La morte porta disgrazia - Franco Enna

    La morte porta disgrazia

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1952, 2023 Franco Enna and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728523254

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    PERSONAGGI PRINCIPALI

    CAPITOLO I

    Il cancello si richiuse con fracasso alle spalle di Phil Karrady. Il sergente Chipper rimase un istante attaccato alle sbarre per seguire con gli occhi l’uomo che si allontanava. Un po’ tardi disse: — In bocca al lupo, Karrady! — ma l’altro udì egualmente e senza voltarsi fece un cenno con la destra. Si sprofondò poi nel grigiore mattinale del viale seguendo il muro che correva con la strada. Una pioggerellina minuta scendeva dalle nuvole basse e grige che se ne stavano appiattite alle cime dei platani. Karrady però non aveva ombrello. Da nove anni, sessantadue giorni e undici ore non usava lo ombrello. Si lasciò spruzzare dalla pioggia quasi con una sensazione di voluttà, ma non sorrise. Aveva rughe marcate agli angoli della bocca, le labbra serrate in una smorfia di silenzio testardo — il silenzio di tanti anni.

    Prima di prendere la curva si volse a guardare. Il penitenziario era laggiù, oltre le mura di pietra gialla, giallo anch’esso nel grigiore di febbraio. Karrady si sentiva vuoto, irreale; la libertà non gli faceva più nessun effetto, lo lasciava freddo ed insensibile. Riusciva però a incuriosirlo. Che cosa era accaduto in quegli anni in Inghilterra? Le case, la gente e tutto il resto avevano subito cambiamenti?

    Dalla strada scorse una delle sentinelle che passeggiava sugli spalti aerei armata di fucile mitragliatore. C’era stato un tentativo di sommossa alcuni giorni prima, ma era fallito. George-il-nero non aveva avuto fortuna e lui, Karrady, non aveva voluto seguirlo. Non lo avrebbe seguito neppure se avesse dovuto scontare ancora dieci anni. Altri dieci anni, pensò!

    Riprese a camminare senza un pensiero nuovo. Laggiù doveva esserci la fermata dell’autobus, c’era almeno dieci anni primi. Quando giunse sul posto però non scorse nessuna segnalazione. Continuò a camminare con la sua valigia nella destra, il cappello calcato sulla fronte. Ecco, sì, c’era una gran curiosità in lui. Che non era stato di Pancras Miles? L’immagine di un uomo smilzo, calvo, dalla risata cattiva e dagli occhi stretti gli si parò davanti. Dopo tanti anni Karrady percepì l’odio serpeggiargli nel petto. Miles, Pancras Miles! Per lunghi mesi avevano lavorato assieme, lui e Miles. Poi la polizia aveva drizzato le orecchie e Miles per salvare la pelle aveva scaricato ogni responsabilità sul compagno.

    Karrady rise al ricordo della faccia di Miles che lo accusava davanti alla giuria. Fu una risata amara e secca che avrebbe dovuto atterrire l’altro se si fosse trovato presente.

    Karrady serrò il pugno nella tasca del soprabito. Istintivamente, per la prima volta dopo quasi dieci anni, raddrizzò la schiena, sollevò la fronte che la condanna aveva abbassato sul vuoto di un abisso di odio; fu contento di sentire salire dal fondo del cuore un desiderio bruciante di vendetta. Che cosa avrebbe fatto? Oh, non voleva rivedere Margaret, e neppure il piccolo Puppy… Piccolo Puppy! Dieci anni prima aveva sei anni ed oggi…

    Si passò una mano sulla faccia, posò la valigia e fece per accendere una sigaretta. Si accorse di non averne. Aveva lasciato nel magazzino del penitenziario le sue. Decise di comprarne alla prima osteria. Riprese la strada con passo svelto. Ora si sentiva diverso, quasi più tranquillo; certo meno indifferente di pochi minuti prima. Ma non aveva ancora deciso nulla.

    L’osteria si chiamava «Vecchio Tamigi» ed era scavata in un casamento di pietra porosa, dalle mura coperte di piante rampicanti. Per una porticina a vetri si entrava nel locale, una stanza dal soffitto basso, dalle pareti zoccolate con legno scuro che davano una sensazione di calore. In mezzo alla stanza c’era una stufa a legna e dietro la stufa il banco; poi tavoli sparpagliati qua e là con poca gente in quell’ora mattutina.

    Karrady passò da quella porta e andò a sedere a un tavolo dietro la finestra. Si passò ancora la mano sulla faccia e aspettò che qualcuno si facesse vivo per servirlo. Tre uomini chiacchieravano ad alta voce ad un tavolo vicino. Uno di costoro strillava più di tutti. Parlavano di politica ed era Attlee a farne le spese.

    — Ehi! — disse Karrady.

    L’uomo che strillava si voltò di scatto con una smorfia di disappunto. Anche gli altri due fissarono lo sconosciuto.

    — La pensate diversamente voi? — chiese aggressivo.

    — Non ne so niente, ma vorrei bere qualcosa — rispose Karrady. — Non c’è nessuno qui?

    — C’è Burt, ma dev’essere a Brixton — disse l’uomo con una occhiata di curiosità. Poi chiamò: — Clizia, c’è gente! — Subito dopo riprese il filo del discorso, se discorso si poteva chiamare quel vociare rabbioso. — E i conservatori lo sanno e lasciano fare, ve lo dico io che di queste cose me ne intendo. Churchill è una vecchia volpe, e non ha fretta per niente…

    — La fretta dovremmo averla noi, invece — obbiettò un tipo di pascià senza harem.

    — Si, certo, dovremmo averla noi, ma l’ha anche lui, e come! Beh, vi dico questo: si è messo alla svolta e aspetta il momento giusto. Gli inglesi sono stanchi di stringere la cinghia. Guardate, per comprare questi calzoni ho dovuto vendere gli orecchini di mia moglie…

    Una donna grassa uscì dalla cucina e si diresse verso Karrady.

    — Che volete? — domandò passando uno strofinaccio sul tavolo.

    — C’è un telefono qui?

    — Sì.

    — Portatemi l’elenco telefonico e qualcosa per riprendere calore.

    — Un ponce?

    — Vada per il ponce.

    La donna si allontanò, gli portò un librone unto e sgualcito che gettò sul tavolo e scomparve dietro la porta della cucina. Karrady si mise a sfogliare. Un turbamento strano lo prese al contatto di quelle pagine, ma riuscì a dominarsi. Lentamente scelse la M e fece scorrere il dito fino a Miles. A questo punto la donna fece ritorno col ponce. Karrady gettò una moneta e fece segno di tenere il resto. L’altra se ne andò strisciando i piedi. Karrady non bevve subito, restò a fissare le lettere nere di quel foglio macchiato ed il pensiero di lui vagava lontano, verso una immagine segreta. Miles, Pancras Miles — dicevano le lettere —, 82 Old Street.

    Fuori la pioggia cadeva con la stessa lentezza. Karrady guardò il paesaggio, vide la pioggia e i platani della strada. Una macchina passò rombando alla volta della capitale, era di color nero.

    Bevve un sorso di ponce. Sentì il liquore spanderglisi nello stomaco e ne provò ristoro. Fece l’atto di cercare le sigarette, si ricordò che ne era sprovvisto, chiamò forte:

    — Clizia.

    La donna riapparve con la sua faccia scura.

    — Che c’è? — chiese.

    — Avete sigarette americane?

    — Che domande! — fece la donna.

    — Datemi delle Camel allora. — La donna gliele portò. Karrady pagò e riprese: — Da queste parti una volta c’era la fermata del bus.

    — L’hanno spostata; ora è qui. — La donna lo guardò come se lo vedesse allora per la prima volta. Karrady vide che aveva un occhio strabico, il sinistro. — Venite da lontano?

    — No, ma vorrei andare a Londra.

    — Non siete di queste parti?

    — Non sono di queste parti — mormorò Karrady.

    — Bene, fra venti minuti passerà il bus per Londra.

    — Ah! — fece Karrady accendendo una sigaretta.

    La donna si allontanò. Uno dei tre uomini diceva con gravità: — Per il momento il fardello più grave è risolvere la crisi. Non credo che i conservatori potrebbero fare meglio.

    — Questa è la più grossa sciocchezza che ho sentito dire da venti anni a questa parte — sbraitò l’uomo che aveva parlato con Karrady.

    L’uomo che sembrava un pascià rise tenendosi la pancia.

    — Beh, non saranno le vostre chiacchiere a decidere — disse gondolando; — per me, mi basta poter abitare nella mia pelle.

    Karrady vuotò il suo bicchiere. Gli occhi gli andarono ancora sulla pagina sgualcita del librone. Miles, Pancras Miles! No, non voleva fare pazzie, ci avrebbe pensato meglio. Doveva agire con prudenza, doveva evitare di tornare laggiù, o peggio.

    La porta si aprì. Un uomo giovane con cappello e soprabito color paglia entrò con una folata d’aria fredda. Aveva baffetti sottili, biondi, sulle labbra sottili, pallide.

    — Quella porta! — gridò il pascià.

    Il nuovo venuto richiuse, si portò vicino alla stufa e stese le mani sul tubo arrossato.

    — Salve! — disse.

    Nessuno gli rispose. Karrady non lo aveva notato neppure.

    — Brutta giornata — disse ancora il nuovo venuto.

    Karrady levò gli occhi a guardarlo. La sua attenzione si fermò sulle mani del giovane. Erano belle mani, bianche, nervose, sottili.

    — Salve! — fece costui.

    Karrady salutò con un lieve cenno del capo. L’altro andò a sederglisi di fronte dicento: — Un tempo maledetto! E quel ch’è peggio abbiamo anche la crisi. Bevete qualcosa?

    — No, grazie. Dovrete sudare per avere qualcosa.

    Il giovane gridò: — Brandy, brandy!

    La donna apparve dicendo: — C’è il bus.

    — Al diavolo! — borbottò il giovane alzandosi.

    Karrady lo imitò, prese la sua valigia, gettò il resto della sigaretta in un angolo.

    — Mi chiamo Lorough, Edward Lorough — disse il giovane seguendo l’altro verso l’uscita. Con grande strepito, l’autobus si fermò davanti alla porta a vetri: questi furono appannati da una nuvola di fumo nero. Karrady grugnì, lasciò scendere due donne e salì nell’autobus. Il giovane lo seguì dicendo: — È proprio un tempaccio maledetto. Sapete, sono stato in Francia e laggiù ho visto un sole che non vi dico. Come avete detto che vi chiamate?

    L’autobus partì con uno strattone. Sulla strada rimase un filo di fumo nero, all’estremità del quale galleggiava la faccia scura della donna del «Vecchio Tamigi».

    CAPITOLO II

    Scese a Chelsea Bridge. Nonostante tutto, riteneva necessario incontrarsi con Margaret e con Puppy. Non credeva che la decisione presa nei riguardi di Miles sarebbe venuta a cadere una volta che si fosse trovato di fronte ai suoi cari. Aveva un desiderio vivissimo di rivederli. Socchiuse gli occhi, rivedeva il volto sorridente della moglie — Margaret, coi suoi begli occhi azzurri dalle lunghe ciglia biondoscure, con la sua femminilità timorosa e pur sapiente di segrete intuizioni; rivedeva la faccia paffuta del piccolo Puppy — Stephen Karrady, ormai sedicenne. Phil non aveva mai permesso che la moglie portasse il figlio al penitenziario. Puppy doveva ignorare la disgrazia, doveva credere il padre in viaggio di esplorazione nella lontana India, un viaggio piuttosto lungo, pensava un viaggio che era durato quasi dieci anni. E doveva ringraziare la propria buona condotta, determinata principalmente dalla indifferenza che più tardi si era radicata in lui, se gli avevano condonato un anno e qualche mese. Per Miles c’era sempre tempo.

    Si sentì più tranquillo. Entrò in un ufficio postale e spedì un telegramma alla moglie: «Arriverò stasera, Phil». Poi chiamò un tassì e si fece portare in Guilford Street. All’angolo di Grays Inn Road proseguì a piedi, svoltò nella Euston Road, prese la Eversholt Street. Le campane della chiesa di St. Pancras suonavano armoniosamente. Karrady amava quel suono amico, ma il fatto che quelle campane appartenevano alla chiesa dedicata al santo che portava lo stesso nome del suo nemico gli sembrò un insultò.

    Entrò al numero sedici. Un paio di occhiali cerchiati di metallo dorato sbirciarono dalla portineria.

    — Chi cercate? — disse una voce stridula.

    — Il dottor Smith.

    — Primo piano.

    Karrady salì, bussò ad una porta che recava la scritta: «Dr. A. E. Smith, medico-chirurgo Entrate», poi passò dentro e si trovò di fronte ad una infermiera giovane e formosa in camice bianco.

    — Il dottor Smith?

    — Avete un appuntamento?

    — No, ma ditegli che c’è Phil.

    La ragazza abbandonò sopra un tavolinetto il giornale a fumetti che stava leggendo con grande interesse, uscì, riapparve subito dopo dicendo: — Accomodatevi, signore.

    Karrady entrò nell’altra stanza. Un uomo basso e robusto in camice bianco gli andò incontro a braccia larghe esclamando: — Phil, brutto scimmione!

    — Salve, Al.

    Vi fu una lunga commossa stretta di mano. I due uomini si guardavano negli occhi che l’incontro aveva reso lucidi. Infine il dottore si staccò bruscamente, indicò una sedia a Karrady e, quando questi si fu seduto, gli si mise di fronte col mento tra due dita.

    — Ti hanno regalato un anno e più? — mormorò il dottor Smith.

    — È così.

    — Stai bene?

    — Ma certo. Il cuore non mi dà fastidio da anni.

    Il medico insinuò la sinistra sotto il soprabito dell’amico e la lasciò per un poco in direzione del cuore.

    — La calma

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