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Terra Per Emily: Un Mistero Per Emily Bernal
Terra Per Emily: Un Mistero Per Emily Bernal
Terra Per Emily: Un Mistero Per Emily Bernal
E-book396 pagine5 ore

Terra Per Emily: Un Mistero Per Emily Bernal

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Info su questo ebook

Emily Bernal può aver scambiato il frenetico mondo del rodeo per un lavoro da paralegale, ma il cambiamento non ha reso la sua vita più semplice. Tra la storia d'amore con il suo sexy capo avvocato Jack e la lotta per la custodia del figlio adottivo, si chiede se sia più semplice cavalcare un bucking bronco. Ma quando due adolescenti in fuga la implorano di aiutarla dopo aver assistito a un omicidio in un autogrill, l'ex regina del rodeo entra in azione. Mentre segue gli indizi lungo l'autostrada del Texas, non può fare a meno di notare che il suo ragazzo le sta nascondendo qualcosa. Quando l'indagine diventa mortale, l'unica possibilità per Emily di tenere in vita i fuggiaschi è quella di affrontare una cospirazione criminale che potrebbe fare di lei la prossima vittima? Emily ha oltre 1000 recensioni e una media di 4,6 stelle. Disponibile in formato digitale, cartaceo e audiobook. Terra per Emily è il secondo romanzo standalone dell'adrenalinica trilogia di Emily e il libro numero 5 della serie di gialli romantici What Doesn't Kill You. Once Upon A Romance definisce la Hutchins una ”scrittrice emergente e potente”. Se ti piacciono Sandra Brown o Janet Evanovich, amerai la Best Seller di USA Today Pamela Fagan Hutchins. Ex avvocato, Pamela si divide tra Snowheresville, WY e Nowheresville, TX.
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita16 ago 2023
ISBN9788835455042
Terra Per Emily: Un Mistero Per Emily Bernal

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    Anteprima del libro

    Terra Per Emily - Pamela Fagan Hutchins

    UNO

    Fili di luci colorate scintillavano su ogni superficie intorno alla sala da pranzo del Big Texas Steak Ranch, persino sulle corna delle teste di cervo imbalsamate e sulle orecchie di un coyote che sembrava in imbarazzo. Solo la testa di bufalo conservava la sua dignità. Insomma, lui e il Babbo Natale gigante in vetroresina alla porta di uscita. Volevo venire qui da quando il mio cowboy da rodeo di padre se ne andò prima della cena che mi aveva promesso per il mio diciassettesimo compleanno; tuttavia, alla luce delle notizie che avevo appena ricevuto, tutte quelle decorazioni di colpo erano un po’ troppo. Mi incastrai il telefono tra orecchio e spalla, stringendo con una mano il collo del poncho mentre con l’altra mi infilavo la cinghia della borsa sull’altra spalla.

    «Avanti,» sussurrai a Jack, il mio capo — un uomo che non riesco capire se sia un ranchero del New Mexico del sud o un avvocato di difesa penale del Texas occidentale. Aggiungi il fatto che è misterioso, ferito dentro, e mezzo Apache, e si riesce di sicuro capire perché la metà delle donne e quasi altrettanti uomini in entrambi i luoghi facessero di lui il protagonista della loro versione da mondo dei sogni di Cinquanta sfumature di grigio. Non io, però. Nei miei sogni, recitava con me in Le pagine della nostra vita.

    Un sopracciglio scattò verso l’attaccatura dei capelli, mentre rispondeva a un decibel normale. «Ma stiamo festeggiando, e non ci hanno ancora portato da mangiare.» I festeggiamenti riguardavano il mio attestato dei corsi per l’affidamento che avevo frequentato negli ultimi due mesi. «E ho davvero bisogno di parlarti di una cosa.»

    Al mio orecchio rispose l’investigatore dei servizi sociali Wallace Gray. «Ciao, Emily. Mi ero quasi arreso.»

    «Ho appena visto i tuoi messaggi.»

    Erano arrivati a raffica, così quando li avevo letti, avevo potuto scrollare l’intera storia. Due ragazzini che vivevano in una casa-famiglia dei servizi sociali, Greg e Farrah, erano scappati ed erano stati visti chiedere passaggi al Love’s Travel Stop, a neanche dieci minuti da dove mi trovavo io a fissare Jack. Il Love’s era una mecca per i camionisti che attraversavano il paese, e si trovava proprio sulla I-40 fuori Amarillo. I fuggiaschi rischiavano di trovare qualcos’altro oltre al passaggio che volevano dal tipo di persona che li avrebbe raccolti.

    «Ho pensato che avresti voluto saperlo,» disse. Di recente io e Wallace ci eravamo interessati in modo particolare alla coppia, quando per caso li avevamo messi in fuga da una casa abbandonata mentre cercavamo una bambina scomparsa. Allora erano scappati via anche da noi.

    «Certo. Grazie.»

    «Il loro assistente sociale passerà a prendermi tra dieci minuti.»

    «Chi è?»

    «Byron Philly. Non credo che tu lo conosca.»

    «Ah-ah.»

    «Ho bisogno d’aiuto. Non possiamo arrivare lì prima di mezz’ora. C’è qualche possibilità che tu possa arrivarci prima, e vedere se riesci a trovarli?»

    Non mi andava l’idea di Greg e Farrah lì fuori al freddo. «Possiamo essere lì tra dieci minuti.»

    «Possiamo?»

    «Sono con Jack.»

    «Spero che tu intenda con Jack, e non solo con lui, se capisci cosa voglio dire.»

    Capivo, anche se dopo un’incredibile e alticcia pomiciata che era sembrata portare a qualcosa, avevo rovinato tutto con Jack, che non sembrava forte con le seconde possibilità. Quanto a me, mio marito Rich ops-preferisco-gli-uomini-che-si-vestono-da-donna non era ancora ufficialmente un ex. Sarebbe successo da un giorno all’altro, comunque.

    Una cameriera si avvicinò disinvolta al nostro tavolo. Dalle piccole dimensioni, non doveva consumare molti pasti in quel posto, o comunque non la cena a base di bistecca da 2 chili. Posizionò il vassoio sul supporto con il fianco, in un modo stranamente provocante, poi lo bilancio con un carico di cibo. Jack finse di guardare il telefono invece del suo fondoschiena. Le mani ormai libere, si gettò una lunga treccia dietro la spalla e si voltò verso di noi con un sorriso elettrico, tra un lampeggiare di metallo.

    «Chi ha chiesto al sangue e chi ha chiesto...» si voltò per guardare di nuovo il vassoio e si accigliò, come ancora incredula — «Pomodoro cuore di bue alla griglia?»

    Essere vegetariana nella capitale dei bovini di tutto l’universo non è facile. Posai la mano davanti al microfono dell’iPhone. «Dobbiamo andare. Il conto, per favore.» Poi, al telefono: «A dopo.» Riattaccai.

    Gli occhi castani della cameriera formarono due O, ma prese un palmare per le ordinazioni e batté su un paio di tasti. «Il conto arriva tra un istante.» Sorrise di nuovo. «Tornate, mi raccomando, quando avrete più tempo per godervi la cena.»

    Jack fece un sospiro, lungo e vibrato, e tirò fuori il portafoglio.

    Il tragitto al buio sulla via di accesso al Love’s della I-40 richiese solo cinque minuti visto che avevo teso la mano per avere le chiavi di Jack quando eravamo saliti sulla sua Jeep Wrangler — una mostruosità dai pannelli rappezzati in colori né naturali né destinati a essere usati insieme nell’industria automobilistica — e Jack era stato costretto a darmele. Feci svoltare la Jeep nell’arcobaleno giallo, rosso e arancione del complesso del Love’s, e l’auto sobbalzò e sguazzò nella neve marrone e sciolta dell’inizio della giornata. Altri fiocchi stavano iniziando a cadere, però, e presto ci sarebbe stata una nuova coltre bianca. Condussi la Jeep attraverso il piazzale in cemento davanti alle pompe e i negozi non commerciali, e oltre, verso le pompe per i mezzi pesanti e gli ettari di parcheggio notturno per i camion.

    Proseguii verso una fermata. «Dove pensi che dovremmo guardare?» chiesi.

    «Non sapevo che ti interessasse ciò che penso. Sai, visto che mi hai quasi rapito dalla mia cena.»

    Gli lanciai un’occhiata di sbieco, ma sorrisi. «Potresti aiutarmi a trovare i ragazzini?»

    «Un prigioniero ci mette più di un quarto d’ora a sviluppare la sindrome di Stoccolma.» Con la coda dell’occhio, vidi la sua fossetta unica rientrare per un nanosecondo.

    Quell’uomo aveva un buon senso dell’umorismo, dovevo dargliene atto, anche se di rado rispondeva in maniera diretta a una domanda. «Grazie per la lezione di psicologia, Patty Hearst.» Rilasciai il freno e avanzammo, con il sale che scricchiolava sotto gli pneumatici della Jeep che giravano lenti. «Va bene, stanno cercando di farsi dare un passaggio fuori città, quindi staranno sorvegliando i camionisti, anche se non vorranno farsi vedere.» Esaminai i tre lati del negozio che riuscivo a vedere. Nada. Neanche le decorazioni natalizie. Forse il Love’s non celebrava quel periodo.

    «Un bel po’ di attività per un mercoledì sera.» Jack si riferiva al fatto che in pratica i mercoledì sera Amarillo chiudeva per le funzioni religiose infrasettimanali.

    «Dubito che i camionisti a lunga percorrenza sulla strada vadano in chiesa il mercoledì sera.»

    Grossi tir erano in fila alle pompe e ricoprivano tutto il parcheggio che riuscivo a vedere. I motori rombavano, e le emissioni grigio scuro del diesel fuoriuscivano dai tubi di scarico doppi cromati su entrambi i lati della cabina di un camion, come sbuffi tondi di fumo dall’estremità di una sigaretta. La loro pesantezza fuligginosa mi faceva sentire sporca.

    Per un istante la ricerca dei due adolescenti mi catapultò indietro alla mia infanzia. Quando ero piccola, mio padre aveva incoraggiato la mia passione ossessiva per tutto ciò che era nativo americano insegnandomi a esplorare come un indiana. «Un vero esploratore si avvicina alla terra,» avrebbe detto, mentre scendevamo dall’auto. «Analizza gli odori.» Annusavamo insieme. «Tocca la terra.» Insieme, ci chinavamo e facevano scorrere le dita sulla terra o sull’erba. «Tutto qui, mia piccola Sacagawea,» diceva, poi mi prendeva sulle spalle per farmi fare un giro.

    Più di vent’anni dopo, abbassai il finestrino, mentre la mano mi prudeva dalla voglia di aprire lo sportello per potermi avvicinarmi alla terra, annusarla, e toccarla, ma non lo feci. L’aria fredda mi morse la pelle scoperta. Mi strinsi il poncho più alto sul collo mentre uno scoppiettio fitto risuonava in provenienza da qualche parte nel parcheggio dei camion. Io e Jack ci guardammo negli occhi duranti un lungo silenzio, poi nell’aria si udirono altri tre scoppi in rapida successione.

    «Motore di un camion?» chiesi, anche se non pensavo che fosse quello.

    «Forse sì, ma probabilmente spari.»

    Greg e Farrah erano lì da qualche parte. «Faremmo meglio a dare un’occhiata.»

    Accelerai davanti alle pompe per i camion e nella relativa oscurità del parcheggio. Fiancheggiai il bordo esterno, e guardammo in basso verso le file. Uno dopo l’altro, i camion mostravano solo cabine con tende oscuranti e rimorchi massicci con parafanghi personalizzati — Dallas Cowboy, Yosemite Sam, l’onnipresente donna che posa nuda. Svoltai verso il lato del parcheggio più distante dalla I-40. Sagome indistinte sfrecciarono tra due file dall’altra parte del parcheggio e nel campo sull’altro lato. Una sembrava più alta dell’altra, e sembravano tenersi per mano.

    «Eccoli lì!» Spinsi sull’acceleratore a tavoletta e schizzammo per il parcheggio, prendendo in fretta velocità.

    Una ruota prese una buca scuotendoci così forte che temetti di aver spezzato l’asse; la Jeep però continuò ad avanzare. Quando raggiungemmo il punto in cui le due persone erano scomparse, girai di scatto a sinistra. L’asfalto illuminato lasciò il posto al campo buio, e sobbalzammo su ciuffi di erba delle prateria e Dio sa cos’altro. Jack si teneva con una mano al tettuccio e con l’altra al bracciolo dello sportello. In quel punto la neve non si era sciolta, anche se non era profonda, e la Jeep ne sfondò la crosta mezza ghiacciata.

    «Non riesco a vedere nulla. Puoi illuminare con i fanali?» chiese Jack.

    Rallentai e girai prima a sinistra per una ventina di metri, poi guidai facendo un cerchio enorme. Quando ritenni che avevamo fatto un giro intero ed eravamo tornati più o meno dove eravamo partiti, girai a destra e continuai ad attraverso il campo.

    Sbam — crunch! La Jeep finì contro qualcosa di immobile. Sbattei con la testa contro il volante, e mi morsi la lingua, forte. Un fluido caldo e ramato mi colò in bocca.

    «Nonna Papera!» urlai. «Stai bene?»

    Un enorme airbag sgonfiato ovattò la risposta di Jack.

    «Come?»

    L’airbag cadde. «Ho detto: A parte che non riesco a respirare.»

    «Oh.» Diedi un pugno al volante con una mano. «Li abbiamo persi, e ho distrutto la Jeep.» Mi voltai verso di lui. «Mi dispiace da morire.»

    Si spinse via l’airbag floscio dalle gambe. «Mi dispiace che il tuo airbag non si sia aperto.» Si voltò verso di me e nascose dietro un colpo di tosse quella che sembrava in modo sospetto una risata. «Sembri Count Chocula ¹.»

    Girai lo specchietto retrovisore verso di me e vidi due rivoli di sangue fuoriuscire da entrambi gli angoli della mia bocca. Mi misi quasi a ridere anche io. Jack allungò la mano per pulirmi il sangue vicino al labbro, e il calore del suo pollice mi bruciò la pelle. Annaspai, e lui balzò all’indietro.

    L’interno della Jeep sfrigolava e scoppiettava di elettricità mentre ci guardavamo. Poi lui interruppe il contatto visivo, rovistò nel vano portaoggetti in cerca di una torcia, e aprì lo sportello. Mi portai le dita alla gola, che testimoniarono il rallentare del mio cuore accelerato.

    «Vado a valutare i danni.» Jack balzò giù lasciando lo sportello socchiuso.

    Rabbrividii, per il freddo proveniente dalla sua improvvisa assenza. Ormai nevicava forte, e — sarebbe stato l’inverno più freddo e nevoso degli ultimi cento anni ad Amarillo — il vento ovviamente soffiava proprio di lato a una velocità che sembrava essere di un fantastilione di chilometri orari. Fiocchi di neve screziavano il sedile vuoto, sempre più vicini. Persone erano morte di ipotermia in condizioni più calde di quelle. Il riscaldamento era già al massimo. Mi chinai e chiusi lo sportello, o lo sbattei piuttosto, poi posai la guancia sul volante e guardai fuori nella notte dal finestrino laterale, tremando.

    Un viso bianco sotto un berretto di lana nero apparve come uno spettro dietro al finestrino. Strillai prima di riuscire a fermarmi. Era il ragazzino che stavamo inseguendo: Greg. Abbassai il vetro.

    «Ehi,» dissi. «Io ti conosco.»

    «Sì, mi conosci, Greg. Sono Emily. Ci siamo incontrati quando occupavate la casa abbandonata vicino al Llano Cemetery. Dov’è Farrah?»

    Un viso femminile con un occhio castano e un occhio verde incorniciato da corti capelli neri pixie si materializzò nell’oscurità dietro di lui, con il corpo che si fondeva con la notte. «Sei ferita?» La ragazzina indicò il mio viso insanguinato.

    Mi servii del dorso della mano per pulirmene un po’. Mi guardai la mano. Ora sopra c’erano strisce di sangue. «No, sto bene. Il mio amico sta controllando se anche la Jeep sta bene, però.»

    «Non sta bene,» disse lei.

    «La parte anteriore è, diciamo, devastata,» disse lui.

    Puah! E io che cercavo di racimolare abbastanza denaro per trovare un posto tutto mio — cioè, non con mia madre. «Voi due avete creato un po’ di scompiglio.»

    Greg emise un suono di disapprovazione. «Forse.»

    «Come lo descriveresti, allora’»

    «Non permetterò che a Farrah accada due volte la stessa cosa.»

    «Che vuoi dire?»

    Farrah posò la mano sull’avambraccio di Greg. «Va tutto bene.»

    Lui scosse la testa. «No invece. Nessuno crede a quello che ti ha fatto quel, quel…» — alzò le mani — «… Mostro.» Mi fissò. «Dovrebbe essere in prigione. Perché devono accettare la sua parola contro quella di Farrah?»

    Sapevo che Farrah aveva dichiarato di aver subito abusi sessuali, e che i servizi sociali stavano investigando sul padre — anche se non mi sembrava giusto pensare a lui in quel modo — della loro ultima famiglia affidataria, anche se non erano ancora giunti a una conclusione. «Mi dispiace...»

    Farrah si mise tra me e Greg. «C’è un ragazzo più grande nella casa-famiglia. Stava per accadere di nuovo. Non sono stupida. Allora Greg ha detto che dovevamo andare.»

    Udii uno sferragliare proveniente dalla parte anteriore dell’auto. «Posso capirlo.» Meglio di quanto potesse immaginare, grazie a uno zoticone ubriaco della squadra di rodeo della Tarleton. Mi aveva palpato le tette e si era beccato un ginocchio nelle palle. Forse ero quindici chili più pesante di lei, però, e venti centimetri più alta. All’improvviso, compresi davvero la sua fragilità per la prima volta da quando avevo ascoltato la sua storia raccontata in terza persona da Wallace. «Ma dove andrete?»

    Anche Greg si fece avanti. Erano entrambi così vicini che avrei potuto toccare le loro guance. «Staremo bene. Posso prendermi cura di lei.»

    Qualcosa di affilato mi squarciò il petto. «Lasciate che vi aiuti.»

    «Non puoi. Nessuno può.»

    «Posso provarci.»

    Farrah sorrise solo con la bocca. «Grazie. Davvero. È...» La sua voce si affievolì.

    Feci un cenno al sedile posteriore. «Saltate su, al calduccio.»

    Entrambi i ragazzini fecero un passo indietro, scuotendo le teste. «Volevamo vedere se stavi bene. Dobbiamo andarcene.»

    «Aspettato! Prendete almeno il mio bigliettino da visita. C’è il numero dell’ufficio e il numero del mio cellulare. Chiamatemi se avete bisogno di qualcosa, per favore

    Presi un bigliettino dal taschino laterale esterno della mia borsa, dove avevo imparati a riporli per accedervi facilmente. A quanto sembrava, le persone che avevano bisogno di un avvocato penalista avevano spesso fretta di andare da qualche altra parte. Il bigliettino riportava gli indirizzi di entrambi gli uffici dello studio di Jack, quello di Amarillo e quello del New Mexico. L’ho misi fuori dal finestrino. La neve cadeva e si scioglieva sulla mia mano nuda. Il vento faceva sventolare il bordo della sciarpa, e tenni stretto il sottile cartoncino tra il pollice e l’indice.

    Greg balzò in avanti e mi strappò il bigliettino, poi si ritrasse altrettanto in fretta. I due ragazzini fecero un altro passo indietro e la neve e la notte li inghiottirono per intero.

    Jack risalì in auto, portandosi dietro una folata di aria ghiacciata e una striscia di neve caduta. «Hai colpito una specie di montante in cemento.»

    «Mi dispiace tantissimo. Pagherò io le riparazioni.»

    «Non c’è n’è bisogno.» Le sue labbra si contrassero. «Non hai nemmeno ammaccato il paraurti.»

    Per una istante non capii cosa intendesse. Greg aveva detto che parte anteriore era devastata e avevo sentito un rumore metallico. Allora un bagliore caldo si diffuse dal mio petto verso l’esterno quando mi resi conto che Jack fingeva che non avessi causato alcun danno, e potei solo immaginare che in quel modo intendesse impedirmi di pagare le riparazioni. Un gesto davvero gentile, visto lo stato delle mie finanze, di cui era al corrente. Stetti al gioco. «Sul serio? Cavolo. Abbiamo colpito il cemento davvero forte.»

    Jack pestò gli stivali sul pavimento. «Colpo di fortuna.»

    Il bagliore si diffuse di più, facendosi più caldo. «Hai visto i ragazzini?»

    «No, spiacente.»

    «No, intendo, erano proprio qui, al mio finestrino. Non mi hai sentita urlare?»

    «Non ho sentito nulla a parte il vento.» Si allungò per guardare fuori dal mio lato. «Ora non vedo nessuno.»

    Per quanto scrutassi nell’oscurità e nella tormenta di neve che li avevano inghiottiti, anche io non vedevo nessuno.

    DUE

    Fermai la Jeep sul bordo del parcheggio dei camion vicino a dove si era radunata una folla. Luci blu e rosse lampeggiavano in tutte le direzioni. La curiosità mi afferrò, e feci qualche passo avanti per avvicinarmi alla folla che si aprì per lasciar passare due paramedici e una barella. Attraverso il varco, vidi una persona grande e nera a terra, con la testa in una pozza di sangue. Non si muoveva, e la gente intorno a lui aveva il piglio silenzioso che ero abituata ad associare alle tragedie. Rabbrividii. Dietro il corpo, una donna sbirciava attraverso le tendine di quello che sembrava lo scomparto letto della cabina di una motrice targata TUCK69.

    «Scena del crimine, signora, faccia un passo indietro,» disse una poliziotta. Era infagottata fino agli occhi con una sciarpa pesante, attraverso la quale gridava per farsi sentire. Aveva un rotolo di nastro giallo in una mano.

    «Cos’è successo?»

    «Hanno sparato a un uomo.»

    Quindi il suono che avevamo sentito era stato un sparo. «È morto?»

    «Temo di sì. Ora, si sposti. Ci lasci spazio per fare il nostro lavoro.»

    Indietreggiai, ancora ipnotizzata dal sangue sullo strato di neve fresca nel parcheggio.

    «Non è Wallace quello?» chiese Jack, attirando la mia attenzione.

    Mi voltai, e lui indicò versò il negozio Love’s. Un'altra folla si era formata sotto la pensilina del controllo del gas dei mezzi pesanti. Tra la gente c’era un uomo alto e magro con i capelli biondo sabbia.

    «È lui.»

    Wallace alzò una mano mentre ci dirigevamo verso di lui, poi se la posò sul fianco e scosse la testa, con le mèche in risalto che gli dondolavano perfette sulle palpebre. Riusciva sempre a sembrare a posto, mentre io avevo l’aspetto dell’Abominevole uomo delle nevi. Mi aggiustai la frangetta, sperando di rendermi presentabile, e della neve mi caffe sul viso.

    «Perché ci avete messo così tanto?» chiese Wallace.

    «Stavamo seguendo i ragazzini,» gli dissi.

    «Li avete trovati?»

    «Sì. E li abbiamo ripersi. Sono andati via.»

    Qualcosa nelle mie parole mi dilaniò. Avevo perso un bambino mio in ottobre, un aborto e, allo stesso tempo, avevo perso l’unica tuba di Falloppio che avevo, o comunque una buona parte di essa, il che significava che ero sterile. Neonati. Bambini. Perdita. Pensarci rallentava il tempo, e mentre guardavo la neve cadere riuscivo a vedere ogni singolo fiocco nel cielo intorno a me, sospesi fino a essere quasi immobili. Dovevo farmela passare: l’avevo quasi superata, e non potevo lasciare che gli altri si accorgessero che mi distruggeva ancora. Tirai un sospiro profondo, ed espirai piano per la bocca.

    Jack, che mi era rimasto accanto come un indiano in legno da negozio, ruppe il silenzio. «Mi ha distrutto la Jeep.»

    Questa volta Wallace si voltò verso di lui. «È un inferno su ruote, ma ho sentito dire che è molto più brava a cavallo.»

    Jack emise una specie di rumore, a metà tra uno sbuffo e una risata.

    Wallace ci presentò un tizio grosso con l’acne e i capelli flosci che si era materializzato al suo fianco. «Lui è Byron Philly, ragazzi. Nonostante il fatto che ricorda un brutto episodio de I quattro della scuola di polizia, in realtà è sposato, padre di tre figli e un adulto responsabile.»

    «Piacere di conoscerti, Byron. Sono Emily Bernal, assistente legale della Williams and Associates. Lavoro per lui.» Incurvai il pollice verso il mio capo.

    «Jack Holden.» Jack strinse la mano di Byron.

    «Byron Philly. Scusate.» Scosse la testa, come per cercare di schiarirsela. «Abbiamo un neonato a casa e nessuno riesce a farsi la doccia o a dormire. Piacere di conoscervi. Ora, in che direzione sono andati i miei ragazzi?»

    Feci un gesto alle nostre spalle. «Hanno attraversato il campo.» La neve cadeva più veloce, e potevo sentire i fiocchi toccarmi il naso.

    «Potresti dire se avevano i vestiti adatti al clima?»

    Ci pensai su, con gli occhi chiusi. Avevo dato una bella occhiata a Greg. Berretto nero. Giacca da aviatore rivestita in pelle sintetica. Guanti? Non ne ero sicura. Così come per Farrah, non avrei potuto dirlo. Si era fusa con l’oscurità, e una volta scomparsa, mi ero concentrata su ciò che aveva detto, non su ciò che indossava. Ma persino cappelli, cappotti e guanti non sarebbero stati di grande aiuto in una notte come quella. «Cappotti e cappelli. A parte questo, non potrei dirlo. Il tempo sembra peggiorare sempre più.»

    Fece una smorfia. «Vado ad aggiornare la polizia.» Byron si diresse verso l’ingresso del Love’s e un gruppo di uomini e donne in uniforme blu.

    Mi voltai verso Wallace, che ammirava Jack mentre si mangiava un’unghia, il che ovviamente lo rendeva focoso e sexy. Wallace agitò le sopracciglia in direzione di Jack a mio vantaggio. Benedetto Wallace. Non la smetteva mai di provare a favorire un incontro tra noi, e dovevo ammettere che speravo ci riuscisse. Anche se alzai gli occhi al cielo.

    «Be’, vi siete persi un bel movimento,» disse Wallace. Uno dei camionisti è stato sparato e ucciso nel parcheggio.»

    «Già, ho visto la scena. Raccapricciante.»

    Jack abbassò una volta il mento. «Sì. Credo che abbiamo anche sentito gli spari.»

    Dissi a Wallace: «Direi che ci abbiamo quasi guidato sopra, ma poi i ragazzini sono arrivati correndo, e abbiamo dimenticato gli spari.»

    Una donna minuta si avvicinò dalla direzione del parcheggio dei camion. Camminava senza fretta, quasi a caso, ma i suoi occhi scattavano a destra e a sinistra, a destra e a sinistra, a destra e a sinistra mentre sceglieva il percorso sul suolo innevato con stivali dal tacco a zeppa altissimo. La pelle sintetica si estendeva fino alle cosce dove arrivava quasi a una gonna a tubino zebrata. Il centimetro di pelle scoperta era protetto solo da una calza a rete. Sopra indossava una giacca che le arrivava in vita con strisce nere di un materiale che non era pelliccia. Eyeliner, unghie, e lunghi capelli lisci erano neri come la giacca.

    Puntò su Wallace, chiamandolo. «Ehi, io ti conosco, vero?»

    Mentre si avvicinava, mi accorsi che il trucco non riusciva a nascondere la testimonianza di una vita dura, che il tempo le aveva inciso intorno alla bocca e agli occhi. Trentacinque anni o più, tirando a indovinare.

    Wallace la valutò per alcuni istanti. «Sì, credo di sì, ma non riesco a ricordare dove.»

    «Be’, faccio la ballerina. Vai mai nei club?»

    «Per caso balli al Polo Club?»

    «Sì.»

    «Deve essere quello. Ci sono stato non molto tempo fa per un indagine.»

    Gli occhi della donna si spalancarono a tal punto che temetti che sarebbero rimasti bloccati in quel modo. «Sei uno sbirro?»

    «Non quel tipo di indagine. Lavoro per i Servizi sociali.»

    Lei espirò. «Uff! Be’, meno male.» Gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Wallace spalancò gli occhi. Mi venne la pelle d’oca dietro al collo. Non mi piacevano i segreti se non mi includevano.

    Dopo una buona trentina di secondi trascorsi a scambiare sussurri, Wallace tornò a includere me e Jack nella conversazione. «Accompagno la signora...»

    «Puoi chiamarmi Ivanka.»

    Un nome dell’Europa dell’est con quell’accento? Non pensavo proprio.

    «... Ivanka alla mia auto per darle un passaggio a casa.»

    «Buona notte, allora,» dissi.

    Ivanka si lanciò un’altra occhiata alle spalle in direzione del Love’s poi gli prese il braccio, allontanandolo. Era difficile dire chi dei due avesse la miglior oscillazione nella camminata, ma diedi il vantaggio a Wallace.

    Guardai Jack che inarcò il sopracciglio sinistro.

    Mi accigliai. «Mi chiedo di cosa si tratti.»

    Byron venne verso di noi con un agente in uniforme. Mentre si avvicinavano, però, Byron si staccò per seguire Wallace e la donna. Il poliziotto continuò a camminare. Indossava un cappotto della Dipartimento di Polizia di Amarillo, che sembrava caldo quando il berretto il lana blu con sopra la testa di una civetta bianca, il logo portafortuna della Rice University. Gli invidiai cappotto e berretto. Stavo morendo di freddo. Avevo iniziato a perdere sensibilità alle dita dei piedi. Mi ero messa calzini sottili sotto gli stivali, non aspettandomi di trascorrere la serata fuori alle intemperie. Pestai prima un piede poi l’altro per riscaldarli.

    L’agente si fermò davanti a noi. «Emily Bernal e Jack Holden?»

    Il tizio aveva un aspetto familiare. Jack richiamò al mia attenzione e alzò lo stesso sopracciglio che aveva alzato un istante prima. Anche lui lo riconosceva?

    «Emily sono io. Ci siamo già incontrati?»

    L’agente tirò fuori un piccolo taccuino a spirale e una penna senza guardarmi. «Possibile. Sono l’agente Samson, e ho bisogno che risponda ad alcune domande su Greg Easley e Farrah Farud.»

    «Va bene.» Lo fissai, mentre la mia mente sfogliava uno schedario di visi.

    Maschio bianco. Occhi gonfi e cerchiati di nero. Monociglio. Capelli slavati striati di grigio. Era alto come Jack, forse un metro ottantacinque, anche se non snello come Jack. Ma il tizio che gli occhi della mia mente raffigurarono aveva quindici centimetri di Wonder Bread ¹ che gli sporgevano dal ventre e sulle gambe sottili. In quel momento, quell’uomo sembrava magro sotto la giacca. Tuttavia, sapevo che si trattava dello stesso uomo.

    Quindi lo conoscevo, ma dove lo avevo conosciuto? Confrontai posti, in cerca di corrispondenze, e ne ottenni una. Aveva interrogato me e Wallace nell’appartamento di una testimone quando la bambina che cercavamo era stata rapita. Non una bambina qualsiasi, ma Betsy, quella che avrei adottato non appena il grande stato del Texas mi avrebbe dato l’approvazione, se tutto fosse andato come previsto. Jack — del quale potevo dire che conosceva di sicuro anche lui l'agente— non disse nulla a proposito, così non dissi altro nemmeno io.

    «Ho sentito dire che avete visto Greg e Farrah stasera, gli adolescenti in fuga?» L’agente Samson rimase con la penna in bilico.

    Jack indicò me. «Ho visto due sagome correre via dal parcheggio. Lei ha visto più di me.»

    Annuii e indicai il campo dove ci eravamo schiantati con la Jeep. «Ho parlato con loro, circa dieci minuti fa, in mezzo a quel campo. Sono andati via da lì.»

    Samson mi guardò strizzando gli occhi. «Di cosa avete parlato?»

    «Sono andata a finire con l’auto su qualcosa in cemento, loro si sono avvicinati e hanno chiesto se stessimo bene. Ho detto sì, e poi sono scappati.»

    «Verso dove?»

    «Non ne ho idea.»

    «In che direzione?»

    «Mi dispiace, era così buio e nevicava così forte che non saprei dire.»

    L’agente si accigliò e scrisse qualcosa. «Quando li ha visti la prima volta, quando sono scappati dal parcheggio?»

    «Sul retro, circa a metà strada.»

    «E lei dove si trovava?»

    «Ero anche io sul retro, ma eravamo abbastanza lontani. Abbiamo fatto il giro verso il retro.»

    Due donne si affrettarono davanti a noi, vestite come Ivanka, ma una era più magra di Ivanka e l’altra aveva denti orribili. Abbassarono lo sguardo e presero le distanze da Samson, che fece una smorfia alle loro spalle. «Maledette lucciole da parcheggio. Sono loro la metà del problema da queste parti.»

    Non avevo mai sentito quell’espressione. Guardai Jack, che sussurrò: «Prostitute.» Oh. Oh.

    Samson stava parlando di nuovo. «Avete sentito spari qui stasera?»

    Annuii «Sì, vari spari. Prima che i ragazzini arrivassero di corsa.»

    L’agente sollevò un istante lo sguardo. «Avevano qualche arma?»

    «No, non che io abbia visto. Sembravano solo spaventati e giovani e infreddoliti quando ho parlato con loro nel campo.»

    «Ha visto qualcun altro quando sono scappati dal parcheggio?»

    «No.»

    Si voltò verso Jack. «E lei?»

    «No.»

    «Per caso avete assistito alla sparatoria» — indicò la scena dell’omicidio — «o avete visto

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