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Un lento nella notte: Harmony Collezione
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Un lento nella notte: Harmony Collezione
E-book184 pagine2 ore

Un lento nella notte: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Per ricaricare la propria creatività, il musicista Gabriel Morrison decide di trascorrere un periodo di riflessione immerso nel clima caldo di South Bass, isoletta dell'Ohio. Certo però non avrebbe mai pensato di trovare una fonte di ispirazione tanto ricca. E in così poco tempo.

Meg Burton lavora come cuoca nel ristorante dell'albergo dove alloggia Gabriel. Non appena lo vede, capisce il significato dell'espressione amore a prima vista. Anche lui sembra interessato. Ma allora perché, nel bel mezzo di ogni appuntamento, se la dà a gambe senza spiegazioni?

LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2013
ISBN9788858916582
Un lento nella notte: Harmony Collezione
Autore

Connie Lane

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un lento nella notte - Connie Lane

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Christmas at Cupid’s Hideway

    Harlequin American Romance

    © 2003 Connie Laux

    Traduzione di Paola Ingenito

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-658-2

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    Martedì, mezzogiorno

    «Gabriel? Sono io, Latoya. Non sei più passato da quando hai lasciato l’ufficio la scorsa settimana e ho un mucchio di messaggi per te. Se stai guidando verso est... be’, non cercherò neppure di scoprire il fuso orario. So solo che deve essere pomeriggio. È una bella giornata di luglio, ma sto mangiando il mio pranzo alla scrivania. Come al solito. Chiamami.»

    Martedì, più tardi

    «Gabriel? Latoya. Non ti ho sentito. Dennis dice che significa che hai trovato una macchina o una donna cui non hai saputo resistere. Quando hai fatto... quello che stai facendo, chiamami. Ci sono parecchi messaggi, incluso un paio dai tizi della Tasty Time Burger di New York. Sono ansiosi di parlarti.»

    Mercoledì mattina

    «Di nuovo io. Puoi chiamarmi quando vuoi.»

    Mercoledì pomeriggio

    «So che ascolti i messaggi, Gabriel. Qualunque ora sia dove sei, ti dico una cosa soltanto... a New York stanno ancora lavorando. Il quartier generale della Tasty Time Burger ha già telefonato tre volte. E questo nelle ultime due ore. Sono quasi a corto di scuse, quindi fammi un favore. Chiamami.»

    Venerdì, l’alba

    «Gabe? Sono Dennis. Dannazione, mi stai rendendo nervoso. E Latoya ha sfiorato un colpo apoplettico. Dice che non sei mancato mai così tanto senza farti sentire. Nemmeno quella volta che sei andato in Messico con come-si-chiama-lei. Sai, la donna che ha fatto quella sitcom in TV. Se puoi controllare i messaggi quando hai una bionda esplosiva tra le braccia, mi spieghi perché non lo hai fatto questa settimana?»

    Venerdì pomeriggio.

    «Ancora Dennis. Perché ho la sensazione di parlare da solo? In ufficio abbiamo azzardato dei pronostici. Il più gettonato è che sei stato rapito dagli alieni. E non immagino perché ti dovrebbero volere. Smettila di scherzare e chiamami. La Tasty Time Burger mi sta addosso. Faccio da intermediario per te, ma diventa sempre più difficile e si stanno indispettendo. Fa’ la cosa più semplice, chiamali direttamente. Canticchia qualche battuta del nuovo jingle. Da’ loro un’idea del testo. Lo so, a voi tipi artistici non piace essere disturbati mentre lavorate. Ma io gli ho potuto spiegare poco. Ho detto che hai deciso di andare a New York per chiarirti le idee ed escogitare la migliore campagna pubblicitaria della storia dei fast food. Ho assicurato che stai scrivendo una bomba, il tuo miglior jingle in assoluto. Lo farai, vero, Gabe? Gabe?»

    1

    Non salvava i messaggi vocali. Perché disturbarsi? L’ultima cosa che occorreva a Gabriel Morrison era l’ostica accoppiata di Dennis e Latoya. Posò il cellulare sul sedile del passeggero della sua Porsche e, desideroso di concentrarsi su tutto fuorché il lavoro e l’ufficio di Los Angeles, accese la radio.

    Ama i miei Tenerini.

    A forma di bastoncini.

    Mangiali tutti.

    Non sono unti, sono asciutti.

    Appoggiò la testa sul volante e brontolò.

    Era già abbastanza scocciante essere bloccato nel traffico, avere l’aria condizionata guasta e il secco di benzina; inoltre, stava guidando o meglio, oziando nella corsia centrale tra due camion con rimorchio che gli precludevano ogni possibilità di respirare aria pulita, seppure con la capote abbassata. Per finire, ogni volta che controllava, c’erano altri messaggi. Messaggi che era sempre più arduo eludere.

    E ora gli toccava ascoltare la pubblicità dei Tenerini. L’insulto, oltre alla beffa.

    Spense la radio e tamburellò con le dita contro il cruscotto arroventato dall’intensità del sole pomeridiano.

    Buffo, aveva sempre pensato che l’Ohio fosse un luogo freddo. Se era ancora nell’Ohio.

    Si sgranchì le spalle e guardò attorno. Nessun cartello che desse idea di dove si trovasse, ma scorse un varco nel traffico. Era qualcosa. E, al momento, qualcosa era meglio di niente.

    Il grosso camion davanti a lui cominciò ad avanzare e Gabe attese la sua opportunità. Lasciò che lo spazio tra i due veicoli si allargasse e, mentre il camion alla sua destra stava ancora con i freni tirati, spinse sull’acceleratore e balzò nel varco. Si rivelò essere una rampa d’uscita e, una volta fuori dall’autostrada, cercò una stazione di servizio. Più facile a dirsi che a farsi. Quando vide l’insegna, era in un’altra coda. Che non si muoveva più svelta della precedente.

    Quantomeno, non c’erano camion con rimorchio.

    Diede un’occhiata al minivan accanto a lui. Era stipato di bagagli e, mentre i due adulti sui sedili anteriori sembravano rassegnati all’attesa in fila per chissà quanto tempo, i tre piccoli passeggeri di dietro erano stufi. Saltavano sui sedili e si lanciavano un animale di peluche.

    «Ciao, turista!» Il bambino sul lato non doveva avere più di sette anni e sventolò un cane di pezza in direzione di Gabe.

    Gabe si rannicchiò. Riconobbe subito Duke il Cane. Come molte persone avrebbero fatto.

    Dopo appena sei settimane di messa in onda, la pubblicità di cibo per animali sulla falsariga della canzone Amami con Tenerezza era diventata una sorta di icona culturale. Un delizioso, tenero Duke, star della pubblicità, era disponibile in grandezza reale in tutti i negozi di giocattoli. E una variante in miniatura veniva distribuita in quantità da record insieme ai pasti per bambini in una popolare catena di fast food.

    I bimbi nel minivan avevano la versione Cadillac: un Duke quasi in grandezza reale, completo di tuta di lustrini e parrucca di penne d’anatra, l’abbigliamento che indossava nello spot mentre intonava le ormai famose parole di un motivo abbastanza orecchiabile da far cantare tutta la nazione. E abbastanza differente dall’originale da evitare sgradevoli cause legali.

    «Ciao! Guarda il mio cane. Non è carino?»

    «Amami con Tenerezza! Amami con Tenerezza!» cantavano le sorelline appresso al piccolo.

    E Gabe fu sicuro che da qualche parte tra Los Angeles e ovunque si trovasse in quel momento sarebbe dovuto morire. Morire e andare all’inferno.

    Girò alla prima svolta e corse con la velocità che lo stato, e ora sapeva che si trattava dell’Ohio, consentiva.

    Pochi minuti dopo si ritrovò all’imbocco di un attracco di vaporetto.

    «Isole? Nell’Ohio?» Era una novità, per lui, ma non si fermò a riflettere troppo. E neppure esitò. Pareva che il vaporetto fosse pronto a salpare dal molo, e si unì alle ultime macchine in attesa di imbarcarsi.

    A quel punto, non gli importava dove fosse diretto. Ovunque era meglio di nessun posto. E nelle ultime settimane era corso verso nessun posto.

    «Che intendi per una nuova prenotazione?» Meg Burton aprì lo sportello del forno ed estrasse una teglia di biscotti glassati. Li posò sul bancone della cucina del Rifugio di Cupido e si voltò verso la nonna. «Non puoi averne altre. Hai tutto prenotato da mesi. È il Natale di luglio.»

    Maisie Templeton inspirò l’aroma e sorrise in segno di approvazione. «I Crawford hanno disdetto.» Maisie era la persona meno inibita che Meg conoscesse. Era ultrasettantenne, ma ciò non le impediva di coltivare la sua passione: il Rifugio di Cupido, un bed & breakfast sull’isola rinomato per lo stile unico, la clientela fidata e il fatto che l’anziana proprietaria non solo incoraggiava il romanticismo, lo istigava.

    Eppure, al semplice citare i Crawford, persino le guance di Maisie arrossirono sotto il fard rosato. «Sono venuti la scorsa estate, in questo periodo. Erano quelli che...»

    «Quelli per cui abbiamo dovuto chiamare la polizia!» Meg li ricordava benissimo. Come chiunque altro a South Bass Island. I Crawford e i loro exploit erano leggendari negli annali del pettegolezzo locale. Gente di età media, di aspetto medio. Mite. O almeno era ciò che Meg aveva pensato quando li aveva visti.

    Chi avrebbe immaginato che un piccolo gioco con un paio di manette di pelliccia e una bottiglia di olio per massaggi all’essenza di menta, che avevano acquistato nel negozio di gadget del Rifugio, li avrebbe portati a rimenare incastrati nell’armadio della stanza Amami con Tenerezza?

    Meg represse una risata, ma solo perché ricordava quanto era rimasta scossa Maisie dall’episodio. Non che si fosse imbarazzata. Occorreva più della fantasia sfrenata di Mary e Glenn Crawford per imbarazzare Maisie. No, sua nonna era stata sinceramente addolorata. Dopotutto, credeva che fosse suo dovere assicurarsi che gli ospiti si godessero la loro permanenza. E la circostanza che avessero dovuto chiamare, oltre alla polizia, metà dei volontari dei vigili del fuoco per liberare la coppia...

    Con un mezzo sorriso, Meg si girò verso i biscotti. Testò la temperatura con un dito e li sollevò dalla piastra con una spatola. «Sono stati arrestati da qualche parte per qualcosa che si sono inventati?»

    «No, non arrestati.» Maisie si versò del caffè. «Devono apparire in uno show in televisione, I momenti più imbarazzanti della vita

    Meg si pulì le mani sul grembiule. «Ah. Dunque, quanti ospiti abbiamo in più domani per colazione?»

    «Uno.» Maisie aggiunse tre cucchiaini di zucchero e abbastanza crema di latte da far innalzare all’istante il colesterolo di una persona normale. Ma se c’era una cosa che Meg sapeva della nonna era che non era normale. E come per confermarlo, Maisie sogghignò sopra l’orlo della tazza.

    «Un uomo.» Gli occhi azzurri brillarono. «Un uomo di nome Gabriel Morrison. Da solo.»

    Non c’era motivo per cui Meg dovesse mettersi sulla difensiva. Il che non spiegava il fatto che le spalle le si irrigidissero e lo stomaco le si contrasse. «E allora? Me lo stai dicendo perché...»

    «Te lo dico perché non capita spesso di avere un uomo da solo al Rifugio. È un posto romantico, da luna di miele. Di solito, i nostri ospiti sono coppie. E quando vengono qui, hanno pensieri solo per...»

    «So qual è la cosa per cui hanno pensieri.» La stessa per la quale Meg cercava di non averne da quando era tornata sull’isola, dopo aver cercato di vivere sulla terraferma. Invece di spiegarlo a Maisie, come innumerevoli altre volte, si diresse al frigorifero. Contò le uova, si accertò che ci fosse burro a sufficienza e gli ingredienti per preparare i suoi famosi fagottini della colazione. Poi, richiuse lo sportello.

    Appoggiata al tavolo di marmo su cui la nipote faceva il pane, Maisie ebbe il fegato di apparire innocente come i cardellini che volavano oltre la finestra.

    «Quello cui pensano non è quello cui io voglio pensare» le ricordò Meg. «Ho smesso di aspettare il Principe Azzurro. Ha lasciato la casa, l’isola, lo stato e il continente. Oltretutto, che questo Gabriel Morrison verrà qui da solo non significa niente. Potrebbe incontrarsi con qualcuno.»

    «Non penso. Ha chiesto una stanza all’albergo vicino al parco, dove era tutto prenotato.»

    «E con questo?»

    «Avrebbe chiesto una stanza per due. E quando Janice ha telefonato per sapere se noi ne avevamo di disponibili...»

    «Tu glielo hai domandato.»

    «Certo.» Maisie rizzò la schiena e spinse indietro le spalle ossute. «È mio dovere. Devo sapere chi alloggia qui. E se un uomo porta una donna, è mio compito ricordargli che abbiamo una vasta scelta di articoli, nella Capanna dell’Amore, ideati per soddisfarli.»

    «Già.» Questa volta Meg non trattenne la risata. «Proprio come hanno soddisfatto i Crawford, vero?»

    «Erano sorridenti, quando se ne sono andati. Ma questo non conta. I Crawford erano l’eccezione alla regola.» La nonna scrutò Meg dalle unghie dei piedi laccate che le spuntavano dai sandali ai capelli rossi e ricciuti raccolti in una treccia. «Come una bella ragazza che si rifiuta di uscire e cercare di incontrare un uomo.»

    «Nonna, te l’ho detto. Non sono ancora pronta. Magari un giorno, quando troverò qualcuno di diverso.» Anche se era una storia vecchia, Meg avvertì il familiare dolore della solitudine. «Qualcuno che non sia Ben.»

    Prima che l’altra potesse rammentarle, come sempre, che il passato era passato, il campanello sopra l’ingresso principale suonò, annunciando il loro ospite. Maisie scelse quel momento esatto per affrettarsi nella dispensa e fece un cenno con la mano. «Vuoi andare tu, Meg, per favore?»

    Meg sospirò e si tolse il grembiule dalla testa. Riconosceva le battaglie perse; aveva combattuto, e perso, con Maisie per tutta la vita. Non che fosse risentita di quella ostinazione; benché la nonna si intromettesse, era mossa da buone intenzioni.

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