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Il galateo del cuore
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E-book349 pagine4 ore

Il galateo del cuore

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Le 10 regole dell'amore

Come evitare le relazioni tossiche e riconoscere il vero amore

Che cosa vuol dire essere autentici? È giusto idealizzare la persona amata? Ogni relazione attraversa diverse fasi, dal corteggiamento alle inevitabili crisi, ma che cosa succede quando ci si conosce tramite un’app? E se ci si innamora di un collega sul posto di lavoro? Esiste un galateo del divorzio?
Sì, perché il galateo non è solo una forma di educazione, ma può anche diventare uno strumento per cominciare a vivere relazioni sane. In un’epoca di grande complessità, è indispensabile riappropriarsi di quell’indipendenza emotiva che consente di costruire le basi di un rapporto di complementarità. Prendersi cura del proprio cuore è infatti il primo passo per smettere di avere paura di soffrire e per vivere ogni relazione in modo più consapevole.
Questo libro propone dieci regole per imparare a gestire le emozioni e i sentimenti e a relazionarsi con gli altri solo dopo aver sviluppato la consapevolezza più importante di tutte: per amare qualcuno dobbiamo prima amare noi stessi.

La vera eleganza consiste nell’amare sé stessi

1. Ama prima te stesso
2. L’autenticità ti premia sempre
3. La vita reale è meglio della fantasia
4. L’amore non si cerca ma si trova
5. Ascolta il tuo cuore e fuggi dal narciso
6. Non vergognarti di piangere
7. Non devi accontentarti
8. Lascia andare chi fugge
9. Chiudi al momento giusto
10. Non aver paura di essere solo
Samuele Briatore
è presidente dell’Accademia Italiana Galateo. Dal 2019 è coordinatore del primo Corso di Alta Formazione di Galatei e Buone Maniere in Italia organizzato presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha collaborato con «la Repubblica», «Il Messaggero», «Il Tempo», «Adnkronos», «Il Fatto Quotidiano», «Ansa», «Horeca», «Ristorazione Italiana», «Elle» e «Rai News». Si occupa di training fisico e vocale per attori. Tiene corsi di galateo all’interno di prestigiose strutture museali italiane. Con la Newton Compton ha pubblicato Le regole delle buone maniere, Come usare le parole giuste in qualsiasi occasione e Il galateo del cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita24 set 2021
ISBN9788822756626
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    Anteprima del libro

    Il galateo del cuore - Samuele Briatore

    1

    Ama prima te stesso

    Complimenti: ti manca l’autostima

    L’autostima, ormai è chiaro, è qualcosa di profondo, sul quale è necessario lavorare per moltissimo tempo con fatica e dedizione, non solo lasciando andare gli spettri e le delusioni del passato, ma anche acquisendo una maggiore consapevolezza della propria interiorità e del proprio corpo. Uno dei passi più importanti nel percorso verso l’acquisizione di una solida autostima è anche uno dei più sottovalutati: imparare ad accogliere con gioia i sorrisi e i complimenti. Sembra quasi banale, eppure quando ne riceviamo, mettiamo in atto comportamenti quasi difensivi a cui non diamo troppo peso e che in realtà sono deleteri per l’autostima e lasciano trasparire la nostra insicurezza.

    La mancanza di autostima si cela dietro moltissime frasi che spesso utilizziamo in modo automatico. Il nostro lavoro è interessante? Ma no, è un lavoro noioso, sembra entusiasmante ma non lo è. La nostra casa è bella e accogliente per i nostri ospiti? Questa casa è un casino, mancano ancora tantissime cose, ora sembra un campo di battaglia. Quell’abito ci sta molto bene? Questo? Ma va’, l’ho comprato a una bancarella, è uno straccetto. Hai un magnifico sorriso? Non è vero, non prendermi in giro. Hai degli occhi bellissimi? Veloci abbassiamo lo sguardo per non mostrarli più.

    Negli anni nei quali viviamo, poi, il corteggiamento può avvenire anche virtualmente e può capitare che la persona che ci sta corteggiando lasci un commento sotto a una nostra foto su Instagram o su Facebook, oppure, in uno scambio su qualche app di incontri, risponda In questa foto sei incantevole. La reazione più frequente, per imbarazzo, timidezza e soprattutto mancanza di autostima, è quella di sminuire il complimento mortificando la persona che ce lo sta facendo e minando la propria autostima.

    A un complimento a una fotografia non dovremmo rispondere con Non è vero, sono venuto malissimo, oppure La mia amica è bravissima a fare foto o, ancora, È solo una fotografia. Quello scatto siamo noi, in un particolare momento; magari quello scatto ci ha reso particolarmente affascinanti: non c’è nulla di male. Accogliamo quel complimento, sorridiamo a noi stessi, accarezziamo il nostro cuore lasciandolo battere per quella conferma.

    Potrei andare avanti all’infinito con questa tipologia di esempi, ma il senso è chiaro: i complimenti devono essere interpretati come un dono e vanno accolti con un sorriso, non devono essere mai contraccambiati meccanicamente o, ancora peggio, sminuiti.

    Tre sintomi di scarsa autostima che uccidono la seduzione

    La seduzione passa da canali sottili, delicati e spesso fragili come la nostra autostima. Chi vorrebbe al proprio fianco una persona biasimante o piagnucolona? Nessuno. L’istinto tende piuttosto ad avvicinarci alle persone sicure di sé, che hanno obiettivi chiari e, soprattutto, hanno una profonda conoscenza della propria interiorità ed emotività. Insomma, per sedurre è necessario avere una solida autostima.

    Condensare in poche pagine tutti i suggerimenti utili a sviluppare la giusta autostima è molto difficile, ma possiamo provare a evidenziare alcuni comportamenti tossici che talvolta mettiamo in atto a causa della nostra fragilità e che contribuiscono ad allontanarci dal raggiungimento di un amore pieno e reale.

    Il primo sintomo di scarsa autostima è il bisogno continuo di conferme da parte dell’altra persona. Si tratta di un comportamento che uccide la seduzione, soprattutto nelle prime fasi del corteggiamento. Minimizzare un commento positivo su di noi e sulle nostre esperienze, o rispedire al mittente un complimento, oltre a essere un comportamento non troppo gentile mette in mostra tutta la nostra insicurezza. Nulla di male ad avere delle fragilità, intendiamoci, ma se dietro l’insicurezza nascondiamo le nostre armi di seduzione difficilmente riusciremo a trovare un partner.

    Un secondo sintomo è legato al modo di vestire. Si tende infatti a pensare che la seduzione risieda in elementi esterni come i vestiti e il trucco o lo svelamento di parti del corpo, con la conseguenza di indossare al solo scopo di piacere abiti non adatti a noi.

    Il nostro abbigliamento dovrebbe corrispondere alla nostra personalità e farci sentire a nostro agio in qualsiasi situazione. Per questo sono da evitare vestiti che ci impongono degli irrigidimenti corporei, durante i primi appuntamenti l’agitazione ci potrebbe fare apparire poco naturali e fluidi: aiutiamoci almeno con un abito confortevole. È meglio scegliere forme adatte al nostro corpo che ci valorizzino ed evitare gli eccessi. Un abbigliamento fresco e fluido è sempre la scelta migliore.

    Il terzo, infine, riguarda la tendenza a dire troppo, tutto, subito. È certamente bello condividere con il potenziale partner ogni aspetto della propria vita, ma raccontare di un problemino gastrointestinale o della collezione di gatti in ceramica al primo appuntamento potrebbe rompere la magia. Lo stesso vale per le proprie qualità. Non dobbiamo avere fretta di svelare tutte le nostre carte migliori o di avvisare l’altra persona dei nostri difetti: la seduzione passa anche attraverso la scoperta e la sintonia. Lasciamo che chi stiamo frequentando possa vivere il nostro fascino scoprendo a poco a poco quelle caratteristiche che ci rendono interessanti e inimitabili.

    Per sedurre, in sintesi, non ci sono formule magiche, situazioni perfette o momenti giusti, esistono solamente calma, sicurezza e autenticità. Impariamo a sedurre prima noi stessi, non come farebbe un narcisista, naturalmente, ma come una persona che ama davvero. Il vero amore è quello che si inebria dei pregi e riesce a tramutare i difetti in opportunità, quello che accetta la persona nella sua totalità e non la frantuma dividendola in pezzi buoni e in pezzi cattivi. È esattamente questo che dobbiamo fare con noi stessi: prendere consapevolezza di ciò che siamo e amarci nella nostra imperfezione e unicità. Solo così permetteremo alle altre persone di innamorarsi di noi.

    Non è amore ma ossessione

    Il famoso medico Avicenna, uno degli scienziati più famosi del mondo islamico, intorno all’anno 1000 scriveva: «L’amore è un pensiero assiduo, di natura melanconica, che nasce a causa del pensare e ripensare le fattezze, i gesti, i costumi di una donna; esso non nasce come malattia, ma diviene malattia quando, non essendo soddisfatto, diventa pensiero ossessivo».

    Può succedere che il nostro pensiero vada continuamente a una persona, soprattutto se la relazione si è interrotta o non è mai decollata. Cerchiamo di scacciare quel pensiero ma, come un tarlo, esso torna più insistente a riempire la nostra testa di domande: Perché questo allontanamento?, Cosa sarebbe successo se non avessi detto...?, o ancora Sarebbe stato diverso se avessi scritto un messaggio?. Un attimo prima pensiamo che non troveremo mai più un’altra persona all’altezza del vecchio amore e quello dopo iniziamo a pensare di avere un problema o di vivere una situazione assurda, che non si può capire.

    Nessuna pazzia, nessuna stranezza: capita a più persone di quante si creda e, per fortuna, è un momento passeggero. Quanto passeggero è soggettivo, ma posso assicurarvi che ne uscirete più forti e consapevoli.

    Per superare un’ossessione, però, dobbiamo innanzitutto ripartire da noi stessi, dalla conoscenza delle nostre emozioni e dai consigli del galateo del cuore.

    Per prima cosa dobbiamo riflettere sulle conseguenze di queste ossessioni. Che siano amori impossibili, o il frutto di una vera e propria dipendenza affettiva, un’attrazione tossica può innescare atteggiamenti compulsivi e distruttivi come controllare decine di volte al giorno i profili social dell’altra persona o pensare morbosamente a creare occasioni per incontrarsi casualmente con essa.

    La prima regola del galateo del cuore è proprio quella di non cadere nei tranelli che la nostra ossessione ci pone davanti, e mettere in atto comportamenti equilibrati. Se è forte la tentazione di passare sotto casa della persona amata per vedere se le luci sono accese o percorrere le sue stesse strade nella speranza d’incontrarla, meglio ripensarci. Il rispetto per il prossimo e per sé stessi viene prima di tutto. D’altro canto, come ci sentiremmo noi se l’ex ci inviasse continui messaggi o arrivasse a compiere azioni più gravi come creare falsi profili social per monitorare il nostro comportamento e le nostre attività? Ricordiamoci che questi atteggiamenti, oltre a non produrre i risultati sperati, possono essere nocivi per l’altra persona e, in qualche caso, anche contro la legge! Se un amore finisce o se la persona che amiamo non contraccambia non si può imputare la colpa a nessuno, né all’altra persona né a sé stessi. Dobbiamo solo accettarlo e andare avanti.

    La seconda regola è amarsi. Spesso le ossessioni si innescano quando abbiamo vicino un partner o un amante poco limpido ed empatico, ambiguo e confuso, che risveglia le nostre insicurezze e ci spinge a cercare (ossessivamente) rassicurazioni sul nostro valore, anche solo un’approvazione fugace. Imparare a volersi bene e avere rispetto per sé ci aiuterà a fuggire dalla gabbia dorata, di pensieri e frustrazioni, che abbiamo costruito con le nostre stesse mani.

    Infine, accogliamo i nostri pensieri senza giudicarli. Accettiamo le mille domande che ci affiorano alla mente in queste occasioni e lasciamole fluire, senza però sforzarci di fornire risposte, soprattutto per le questioni che non dipendono da noi. Piuttosto convogliamo le energie verso qualcosa di positivo, che amiamo fare, che ci faccia sentire appagati e sereni, o verso qualcosa di nuovo come un corso, uno sport o un’attività di piacere. E se questi consigli non sono sufficienti a farci uscire dal limbo di dubbi e angoscia, valutiamo anche l’idea di farci aiutare da uno specialista che ci guidi nel nostro percorso di rinascita.

    La bellezza dell’imperfezione

    Un’infanzia difficile, con qualche chilo di troppo o brufoli in eccesso; una personalità introversa oppure troppo estroversa e soggetta a continui giudizi; difficoltà negli sport di gruppo: l’elenco potrebbe continuare a lungo.

    Bambini imperfetti, adolescenti imperfetti. E da adulti? Ancora imperfetti, almeno nella nostra percezione.

    Per quanto possa essere stato forte il riscatto, per quanto lunga e faticosa sia stata la strada che con sacrificio e dedizione ci ha portato a diventare ciò che siamo, nel profondo ci sentiamo ancora come i bimbi insicuri e bisognosi di approvazione che eravamo un tempo.

    Questa sensazione di imperfezione si ripercuote su tutta la nostra vita e in modo predominante nelle relazioni amorose, spingendoci alla ricerca costante di conferme. In questa visione la felicità è là fuori, ma possiamo raggiungerla solo se c’è un’altra persona a offrircela.

    Il galateo può fornirci alcune suggestioni per una riflessione più ampia su questo argomento. Pensiamo, ad esempio, all’organizzazione di una festa o di una serata a casa nostra e allo stress che può comportare: cerchiamo e vogliamo la perfezione, desideriamo che tutto vada liscio e come abbiamo preventivato. Cosa accadrebbe se davvero tutto filasse liscio come l’olio? La nostra serata diventerebbe esattamente il contrario di quello che volevamo: noiosa e banale! Le feste più belle e divertenti sono quelle imperfette, in cui all’improvviso accade qualcosa di non immaginato e non pianificato.

    È bello e legittimo puntare al meglio in quello che facciamo, ma esigere la perfezione può diventare controproducente, e se da un lato ci dà l’illusione di avere tutto sotto controllo, dall’altro continua a minare la nostra autostima, incrementando la nostra ansia da prestazione e facendoci perdere la nostra autenticità.

    La nostra imperfezione è invece ciò che ci rende unici e riconoscibili, è il nostro marchio di fabbrica, la nostra caratteristica, quello che ci permette di definirci nella società. Se pensiamo che uno dei movimenti estetici più memorabili della storia del nostro Paese, il Barocco, deve il proprio nome alla parola francese baroque, che indica la perla irregolare, imperfetta, e per questo più ricercata e preziosa di tutte, capiremo bene come l’imperfezione sia da considerare un valore aggiunto.

    Certo, sta a noi riuscire a trasformare la nostra imperfezione in un punto di forza unico e speciale. Come fare?

    In primo luogo è necessario prendere consapevolezza delle nostre paure e, metaforicamente, abbracciare il bimbo interiore che è ancora lì, ferito, in un angolo del nostro io. Guardiamolo negli occhi e spieghiamogli come quelle imperfezioni si siano oggi trasformate in sensibilità, creatività, sensualità o potenza professionale. Osserviamo il percorso fatto ed evidenziamo a noi stessi tutti quegli aspetti della nostra personalità che si sono sviluppati grazie alla nostra bellissima unicità. Andiamo in profondità, per vedere che sotto la nostra pelle si nasconde qualcosa di bellissimo e fiero, una persona forte e consapevole, che può affrontare la vita nella consapevolezza della sua unicità abbracciando con coraggio e senza autocommiserazione tutto ciò che in passato è stato causa di sofferenza. Poi, proviamo a guardarci allo specchio, senza giudicare. Osserviamo le forme esteriori del nostro corpo e impariamo ad amarle per come sono. Cicatrici dell’acne, un po’ di sovrappeso, una statura non proprio svettante non definiscono chi siamo e, non ci crederete, ma non vengono quasi mai notate. Perché? La risposta è semplice: ognuno di noi è troppo impegnato a guardare i propri difetti per notare quelli degli altri! Siamo così terrorizzati dall’idea di non risultare perfetti agli occhi di chi amiamo che faremo fatica a ricordare le imperfezioni dell’altro.

    Dopo una bella serata passata insieme a qualcuno, probabilmente porteremo nei nostri pensieri solo l’atmosfera che quella persona è riuscita a creare e sorrideremo pensando a una sua battuta. Anzi, un modo buffo di parlare o un particolare del viso resteranno nella nostra mente come elementi di unicità che renderanno quella persona meravigliosamente diversa da tutte le altre.

    L’estetica tradizionale giapponese (detta wabi-sabi) insegna che la bellezza è racchiusa proprio nell’imperfezione; da questo punto di vista le nostre imperfezioni diventano elementi narrativi che raccontano la nostra storia e il nostro vissuto. Avere un giusto approccio alle nostre particolarità è fondamentale per innamorarci e far innamorare.

    Nel libro Il valore dell’imperfezione. L’approccio wabi sabi al design leggiamo che «attribuire valore all’imperfezione significa progettare prodotti capaci di invecchiare, di modificarsi, di essere riparati; significa stimolare il legame emotivo tra utente e prodotto, allungarne il ciclo di vita e, soprattutto, accettare la presenza di una variabile non controllabile che spesso cambia il finale del racconto».

    Ora iniziamo ad amarci guardandoci da tutti i lati; amiamoci nella nostra completezza e nella nostra unicità. Solo noi potremo fornire agli altri la narrazione di noi stessi: sta a noi giocare la partita e trasformare le minacce in opportunità, i punti di debolezza in punti di forza.

    Incapacità di amarci

    Dobbiamo toglierci dalla testa una volta per tutte l’idea che amare sé stessi voglia dire essere egoisti e narcisisti, o che sia una caratteristica delle persone egocentriche, troppo concentrate su sé stesse e miopi nei confronti dei bisogni e delle esigenze altrui.

    Essere egoisti vuol dire esattamente il contrario. Come sostiene lo psicologo e psicanalista Erich Fromm, gli egoisti sono incapaci di amare gli altri, ma soprattutto sono incapaci di amare sé stessi, anzi si detestano profondamente e cercano di appagare il loro bisogno di amore mettendosi al centro dell’attenzione o costruendo un’immagine grandiosa di sé.

    Amare sé stessi, quindi, non è un’azione colpevole o un atteggiamento scorretto, ma un presupposto fondamentale per affrontare l’amore e le relazioni in modo sano e per abbracciare le buone maniere del cuore nella loro totalità.

    Se non ci amiamo, come possono amarci gli altri? La risposta a questo quesito dovrebbe essere il primo mattoncino sul quale costruire una nuova consapevolezza di noi stessi.

    Pensiamo ad esempio al comandamento d’amore alla base della tradizione cristiana, che afferma: «Ama il prossimo tuo come te stesso»: senza amore verso noi stessi sarà difficile riuscire ad amare ed essere amati a nostra volta.

    Le ragioni per cui non ci amiamo o non riusciamo ad amarci possono essere molteplici e la psicologia offre un ventaglio grandissimo di opzioni e variabili; sicuramente la nostra infanzia e il nostro passato hanno influito e influiscono ancora nel nostro presente. Per poter superare questi blocchi, il percorso più idoneo è certamente quello da intraprendere con uno psicologo. Per il galateo del cuore, invece, è importante gettare le basi per approcciarsi con buone maniere alla relazione con noi stessi e, di conseguenza, a quella con il prossimo.

    Per iniziare ad amarci è necessario conoscerci e rispettarci ogni giorno, apprezzando il nostro percorso e le nostre scelte. Solo conoscendoci a fondo riusciremo a costruire un rapporto autentico con noi stessi e impareremo a non cadere in trappole e prigioni affettive. Spesso, la scarsa capacità di amare noi stessi ci fa sentire incompleti, imperfetti, e ci spinge alla ricerca di una persona che possa sopperire a quelle che sentiamo come nostre mancanze e non come elementi di unicità.

    Soltanto conoscendoci approfonditamente riusciremo a esplorare lati di noi ancora sconosciuti – le nostre reazioni, le nostre emozioni e i nostri sentimenti – e ad amarci e farci amare per quello che siamo, uscendo finalmente dalla schiavitù di provare amore verso chi, semplicemente, prova interesse per noi. Questo è uno dei potenziali rischi: non scegliere la persona da amare ma subirla, ossia innamorarci solo delle persone che già mostrano di provare qualcosa per noi, rendendoci costantemente passivi nella relazione. Dietro questa situazione si nasconde l’idea (conscia o inconscia) di non meritare amore. Ma chi di noi non merita amore?

    Per iniziare un percorso sano con una persona è quindi necessario lavorare sulla propria autostima e accettare la persona che siamo, smettendo di colpevolizzarci per non essere la persona che vorremmo. Questo, ovviamente, non significa non cercare di migliorarsi e tirar fuori la parte migliore di noi, ma rispettare quello che siamo e cercare la felicità nel presente, non in un futuro ipotetico e potenziale.

    Cosa significa iniziare ad amare sé stessi? Essenzialmente vuol dire liberarsi dai condizionamenti e dai giudizi esterni, divenendo padroni del proprio destino e artefici del proprio benessere. Nei corsi di galateo e buone maniere emerge prepotentemente, in ogni lezione, il bisogno di avere consapevolezza di sé per raggiungere l’eleganza. Essa, infatti, presuppone un amore incondizionato verso sé stessi e una grazia di comportamenti in primo luogo verso il proprio cuore.

    Innamorarti di te

    Credo che ora sia abbastanza chiaro quanto possa essere importante iniziare ad amarsi, ad apprezzarsi, a volersi bene. Se non ci amiamo, come detto, uno dei rischi è quello di non scegliere mai tra le opportunità che la vita ci offre, ma di accontentarci unicamente di chi dimostra un interesse per noi, autoimponendoci una schiavitù. Non solo. A ben vedere, la storia d’amore più lunga, turbolenta e passionale della nostra vita sarà proprio quella con noi stessi. Ma cosa vuol dire davvero amarsi?

    Ultimamente si tende a pensare che amare sé stessi voglia dire mangiare sano, fare sport, concedersi giornate di shopping o qualche sfizio. Queste azioni possono sicuramente rinsaldare il rapporto con noi stessi, ma quello che serve per amarsi davvero è molto diverso. Si tratta di una serie di pratiche più piccole (e più economiche!), ma decisamente più impegnative e profonde.

    Basta pensare a cosa facciamo e come ci relazioniamo con la persona che amiamo e riportare a noi queste attitudini e queste azioni per comprendere qual è il percorso da intraprendere. In ogni caso il galateo del cuore suggerisce di iniziare da questi cinque punti:

    Tempo. Quando siamo innamorati desideriamo passare del tempo con il partner e cerchiamo ogni incastro possibile per incontrarci, vederci, sfiorarci, anche solo per qualche istante. Siamo disposti a grandi viaggi, a sacrificare ore di sonno e rimandare impegni. Eppure, quando si tratta di noi sembra che il tempo non sia mai sufficiente e tendiamo a procrastinare tutto quello che ci riguarda più direttamente. Concediamoci del tempo attivo per guardarci negli occhi, lasciare fluire il pensiero, far esplodere la nostra creatività o più semplicemente per stare in una stanza soli con noi stessi. Proviamo a spegnere la televisione, a mettere via per una decina di minuti il libro, il pc o il cellulare, e rimaniamo in silenzio con il nostro io. Con il nostro partner vorremmo trascorrere del tempo in un luogo con poche distrazioni, per conoscersi meglio e ascoltare le sue parole. Facciamolo anche con noi stessi.

    Ascolto. Quando siamo innamorati ascoltiamo l’altra persona anche per ore. Vogliamo capire perché sta male e aiutarla in tutti i modi, desideriamo che condivida con noi i suoi successi, la sua felicità e le sue vittorie. Quante volte vedendo uno sguardo adombrato abbiamo chiesto «A cosa pensi?», alla ricerca di una sana condivisione. E di contro, quante volte, quando abbiamo provato euforia o tristezza, ci siamo fermati a chiederci Cosa penso? Cosa sento?. Sembra paradossale, ma molto spesso abbiamo una visione più chiara delle emozioni altrui che delle nostre. Quando ci ascoltiamo facciamolo con cura e con interesse, non sminuiamo i nostri pensieri e i nostri malesseri, non ridimensioniamo le nostre gioie. Proviamo ad ascoltare la nostra storia con i suoi insegnamenti, a riconoscere i nostri successi, ad accorgerci di come abbiamo brillantemente superato i periodi bui e quanto siamo diventati migliori nel tempo.

    Sbagli. Il nostro compagno o la nostra compagna commette un errore o ci ferisce e ci arrabbiamo, dando il via a un piccolo conflitto che, dopo poco, con un semplice gesto o una scusa, saremo pronti a perdonare. Perché non riusciamo a essere così accoglienti e indulgenti anche con noi stessi? Non sempre riusciamo a guardarci negli occhi e a perdonarci gli errori e gli sbagli del passato o a confortarci per i nostri piccoli inciampi, ma possiamo intraprendere un percorso di perdono accettando l’idea che gli sbagli non sono elementi oscuri di cui vergognarsi o di cui continuare a incolparsi, ma momenti di crescita e conoscenza. Per provare ad accettare gli errori si può provare a scriverne alcuni cercando di ricostruirne cause, motivazioni, contesto e possibili alternative, così da utilizzarli come una lezione per agire meglio in futuro. Ammettere gli sbagli senza cercare scuse o attenuanti può aiutarci a gettare le basi per un rapporto d’amore autentico e sincero con noi stessi; mentirsi non ha alcun senso se non quello di continuare a scappare da quello che si è.

    Rispetto. Quando ci

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