Orange city
Di J.R. Olmes
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Anteprima del libro
Orange city - J.R. Olmes
Personaggi
1
La prima luce del mattino illuminava, con riflessi opachi, i raccoglitori automatici ormai completamente aperti.
La pioggia, come previsto, era arrivata puntuale pochi minuti prima dell'alba e sarebbe durata fino a sera.
I serbatoi interrati si stavano lentamente riempiendo e l'acqua, incanalata dagli enormi imbuti, gorgogliava pigramente attraverso i canali di filtraggio.
Thomas sorrise paragonandoli a quei buffi oggetti che nel passato servivano agli uomini per ripararsi dalla pioggia.
Aveva quasi finito il turno semestrale di responsabile dell'acquedotto e stava mentalmente organizzando l'itinerario che avrebbe percorso.
Immaginava di prendere la strada dei monti soffermandosi qua e là con la sua unità mobile fino a raggiungere le grandi pianure per poi dirigersi a sud fino ad Orange City.
La leggera vibrazione sottopelle lo riportò al presente segnalandogli che mancavano solo poche ore alla fine del mandato.
Diede un ultimo sguardo all'immensa distesa dei raccoglitori in funzione che, come enormi bocche aperte verso il cielo, suggevano il prezioso elemento con meccanica avidità. Poi oscurò il locale, raccolse gli oggetti personali e attivò il meccanismo che avrebbe messo in blocco le proprie credenziali di accesso quando sarebbe uscito dall’edificio. Dopo, gli inservienti avrebbero ripulito il tutto con cura e un nuovo supervisore avrebbe preso il suo posto.
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Sarah girò di scatto la testa perché, come sempre, non si era accorta dell'avvicinarsi del guardiano che veniva a darle un preciso resoconto delle attività svolte dalla sua squadra nella giornata.
- X 0195 a rapporto, - disse con voce metallica l’androide.
- Commenta pure i files, - rispose Sarah guardando nello stesso tempo il palmare dove erano apparsi i dati agronomici della sua zona.
Mentre ascoltava i commenti, ispezionò con cura X0195 e gli lasciò le consegne da trasferire al suo sostituto che sarebbe arrivato entro poche ore.
Sarah, che si trovava tra i campi coltivati e l'ufficio di comando, sentì cadere sul viso le prime gocce d'acqua, sorrise soddisfatta e rientrò nell'edificio.
Si accomodò sulla sua poltrona, stiracchiò sorniona i muscoli e iniziò a pregustarsi i mesi di vacanza che avrebbe passato con Thomas.
Fuori il mais ormai quasi maturo ondeggiava mosso da una leggera brezza che accompagnava la pioggia appena arrivata.
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Le notizie che arrivavano dal sud erano come sempre allarmanti, ma da quando era stata stabilita la data della partenza sembrava che le ostilità avessero preso un nuovo slancio.
Thomas, come tutti gli abitanti del nord, era perfettamente consapevole di appartenere alla parte fortunata del mondo. Nonostante il rigido controllo delle nascite, la popolazione mondiale aveva ormai raggiunto gli 11 miliardi e gli abitanti del sud premevano sempre più forte per oltrepassare le barriere di confine. Ogni giorno si registravano nuove incursioni e bande di disperati venivano braccate senza tregua.
Ma per fortuna era vicino il momento in cui si sarebbe lasciato alle spalle tutto questo per ricominciare una nuova vita con Sarah. Dovevano resistere ancora sei mesi ed arrivare ad Orange City, poi sarebbe cambiato tutto.
L'immagine olografica autenticata del suo sostituto si materializzò puntuale mentre il ronzio dell'allarme annunciava l'avvicinarsi di un essere umano. I quattro androidi presenti nella stanza si misero immediatamente in posizione di allarme.
Thomas azionò la procedura di riconoscimento e mentre aspettava il segnale verde di autorizzazione vide la porta aprirsi di scatto.
I quattro individui che entrarono erano del tutto diversi dall'immagine del sostituto.
Erano uomini di corporatura robusta ed estremamente trascurati nell'aspetto. Uno di loro impugnava un faser che puntava dritto alla sua testa.
Gli androidi impugnarono le armi e scattarono in posizione di difesa, ma prima che potessero fare da scudo a Thomas con i loro corpi, quello che sembrava il capo gli si lanciò contro facendo rotolare entrambi per terra. Senza neanche capire come, si ritrovò con un utensile appuntito puntato alla gola mentre una voce gli urlava nelle orecchie:
- Richiama le guardie o ti faccio fuori.
Con voce tremante, Thomas diede l'ordine di stop e gli androidi si arrestarono immediatamente.
- Ma come avete fatto ad entrare…che cosa volete? - chiese poi con voce stentorea.
- Silenzio o ti ammazzo, - lo zittì immediatamente quello che lo stringeva alle spalle premendogli sulla gola l'oggetto appuntito.
Poi sentì un dolore alla nuca e tutto si fece buio.
2
Sarah, dopo aver sbrigato le incombenze legate al passaggio di consegne, impostò l'itinerario della sua unità mobile per dirigersi al ristorante dove aveva appuntamento con Thomas e si fece una doccia.
Mentre gli asciugatori entravano in funzione si guardò soddisfatta nello specchio; constatò che il suo corpo allenato non aveva un filo di grasso e che i suoi seni continuavano a sfidare la legge di gravità senza apparente difficoltà.
Si vestì in fretta e scese agilmente dal veicolo che nel frattempo aveva raggiunto la destinazione assegnata.
Entrò nel locale annusando le fragranze che uscivano dalla cucina ed un cameriere l'accompagnò al tavolo che aveva prenotato.
Mentre le immagini tridimensionali del menù cominciavano ad apparire, controllò ancora una volta l'ora e si decise a chiamare Thomas.
Stava per selezionare l’icona sul display del bracciale multifunzione quando lo vide apparire in fondo al locale.
Gli sorrise e sorseggiò un po’ di vino dal calice che il cameriere le aveva portato per ingannare l’attesa.
Invece di sedersi, Thomas girò intorno alla sedia e accarezzandole i capelli disse:
Sarah, che non l’aveva mai sentito chiamarla con quell’appellativo, restò sorpresa.
Una stretta alla spalla la fece trasalire.
Lei, presa dal panico, si alzò in fretta, eseguì velocemente la transazione sfiorando il lettore al bordo del tavolo e salutò il cameriere scusandosi per un impegno improvviso. L’uomo che aveva creduto essere Thomas la seguiva da vicino puntandogli chiaramente un’arma addosso tenendola nascosta sotto la giacca.
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Quando riprese conoscenza i quattro uomini erano ancora lì e la testa gli pulsava provocandogli delle fitte che gli facevano lacrimare gli occhi.
Thomas si snebbiò la vista e provò a parlare: - Che cos…volete da me? - riuscì a grugnire con la bocca impastata.
Dovevano essere passati solo pochi attimi dal loro ingresso perché quello che lo aveva assalito stava ancora massaggiandosi un braccio che probabilmente aveva picchiato quando erano rotolati a terra.
Ma perché avevano tirato in ballo Sarah, pensò Thomas, e cosa volevano da lui?
Non riuscì a dare forma ai pensieri che subito quello si affrettò ad aggiungere.
Gli androidi che erano rimasti bloccati dall’ordine di Thomas osservavano la scena come cani in attesa di un boccone.
Gli conveniva assecondarli, pensò Thomas, ora che aveva appreso che Sarah era nelle loro mani.
Poi l’energumeno che gli altri chiamavano Beat, riprese a parlare:
Thomas si alzò con riluttanza e obbedì agli ordini.
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Sarah si svegliò completamente al buio. Spaventata cercò di ricordare quando aveva perso conoscenza, ma non riusciva a capire quando era successo. Probabilmente l’avevano narcotizzata mentre era stata costretta a salire sull’unità mobile del suo rapitore anche perché era l’ultima cosa che ricordava.
Il mezzo era chiaramente in movimento anche se lei non aveva ovviamente la più pallida idea di dove la stessero portando.
Cercò di muovere le braccia ma erano bloccate come tutto il resto del corpo. Probabilmente, immaginò, le avevano puntato contro un immobilizzatore a impulsi.
Provò allora a chiamare a voce alta:
Subito apparve un uomo della stessa corporatura di Thomas. Il volto però era completamente diverso e i capelli erano biondi e tagliati cortissimi. Sul viso erano ancora presenti i segni lasciati da un collante che l’individuo doveva aver usato per fermare la maschera attraverso la quale l’aveva ingannata.
L’uomo le girò intorno puntandole contro il bracciale multifunzione in modalità di ripresa olografica. Visionò velocemente le immagini e le inviò a qualcuno.
La guardò con interesse squadrandola dalla testa ai piedi, poi si girò e senza rispondere ritornò nella camera adiacente lasciando accesa la luce.
Sarah ne approfittò per dare un’occhiata alla stanza. La tonalità di colore lasciata sulle pareti dall’uomo le sembrò subito troppo aggressiva così come le immagini selezionate per abbellire le pareti. Ma, oltre a questi particolari, sembrava in tutto e per tutto una normalissima camera multifunzione di una banalissima unità abitativa mobile. I comandi a riconoscimento corporeo erano assolutamente standard e la qualità dei materiali di assemblaggio ed insonorizzazione tristemente mediocre.
Probabilmente arredate così ce n’erano a milioni. Provò di nuovo a divincolarsi ma non ci fu nulla da fare. Mentre due lacrime le rigavano le guance chiamò ancora ad alta voce facendo capire che non riusciva più a trattenersi; se non le avessero permesso di usare i raccoglitori avrebbe sprecato liquidi preziosi sulla poltrona dove era immobilizzata.
Funzionava sempre, la rigida educazione ricevuta da tutti gli abitanti del pianeta per evitare qualsiasi spreco di liquidi riciclabili, spinse l’uomo a liberarla momentaneamente dal raggio immobilizzatore per consentirle di espletare le proprie funzioni senza perdere neanche una goccia del prezioso liquido. Lei si diresse subito nella parte della camera dedicata alle funzioni corporali e oscurò con un gesto automatico la parete.
Quando dopo pochi istanti rientrò nella stanza l’uomo l’osservava da dietro una parete che aveva reso trasparente. Con un gesto brusco della mano, il suo guardiano le ordinò di tornare a sedersi e la immobilizzò nuovamente.
Sarah lo fissò con uno sguardo carico di rabbia mentre la parete tornò ad assumere un colore rosso opaco.
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Beat portò Thomas fuori dagli uffici dell’acquedotto alle 21,00 in punto. Si fece accompagnare dagli altri due banditi e lasciò all’interno Storm che ormai aveva preso possesso della postazione.
Sentiva dei brividi di freddo mentre lo strattonavano verso un’unità mobile posizionata lì vicino. Per strada non c’era nessuno e lo fecero salire sul mezzo senza troppe gentilezze.
Una volta a bordo Beat impostò velocemente una rotta e il veicolo si mosse silenzioso.
Era successo tutto così in fretta che Thomas non aveva ancora avuto il tempo di pensare con lucidità. Sapeva solo che Sarah era nelle loro mani e che volevano qualcosa da lui.
Si fece quindi coraggio e disse: - Adesso basta. Ditemi cosa volete da me e facciamola finita!
Beat lo guardò sorridendo e rispose:
- E’ molto semplice, devi solo rendere inutilizzabile la rete idrica nazionale e poi vi lasceremo andare.
L’energumeno lo guardò torvo e rispose strofinando il mento con la mano destra:
Thomas rimase stordito ed un rivolo di