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Dolce Joanna: Harmony Collezione
Dolce Joanna: Harmony Collezione
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E-book161 pagine2 ore

Dolce Joanna: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Chi è Joanna Deiter? Il famoso scalatore Cal Freeman continua a chiederselo senza una risposta,se non quella che lui si sente follemente attratto da quella bellissima donna che ha salvato da un principio di assideramento. Per puro caso, infatti, ha anche conosciuto gli ex suoceri di Joanna, che la descrivono perfida e insensibile. Cal è spiazzato anche dal fatto che lui non si difende, neanche quando ripresasi del tutto, stanno per lasciarsi. Dopo alcuni mesi Cal scopre che...

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2015
ISBN9788858941942
Dolce Joanna: Harmony Collezione
Autore

Sandra Field

Prolifica autrice inglese, cura con particolare amore la sua piccola collezione di bonsai.

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    Anteprima del libro

    Dolce Joanna - Sandra Field

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Pregnancy of Convenience

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2002 Sandra Field

    Traduzione di Maria Teresa Delladio

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-194-2

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Cal Freeman attivò i tergicristalli e rallentò l’andatura del fuoristrada. Non che fosse servito a molto. La neve cadeva fitta contro il parabrezza, avvolgendolo in una nuvola bianca, e soltanto occasionalmente riusciva a vedere i paletti che delimitavano la strada.

    Incredibile, sulla cresta nordest dell’Everest la visibilità era stata migliore, pensò con ironia. Il freddo, però, era pungente allo stesso modo.

    Non si sarebbe mai aspettato simili condizioni atmosferiche nel Manitoba del sud, anche se era gennaio. Il suo amico Stephen gli aveva saggiamente suggerito di munirsi delle attrezzature di soccorso sapendo che doveva recarsi a casa Strassen, in una zona sperduta a parecchie miglia di distanza dalla città.

    La scalata sull’Everest era stata una delle spedizioni più importanti di Cal, e indugiò a ripercorrerla mentalmente. La lotta sugli aguzzi pinnacoli, i gelidi venti del nord, la decisione di conquistare la vetta senza l’ausilio dell’ossigeno... All’improvviso ritornò al presente e premette il piede sul freno. Che cosa c’era nel fossato alla sua sinistra? Una macchina?

    La neve vorticava furiosamente, creando quell’effetto biancastro che gli impediva di vedere chiaramente pur essendo dotato di un’ottima vista. Rallentando ulteriormente l’andatura, Cal scrutò attraverso il finestrino. Forse era stata soltanto la sua immaginazione. Dopotutto, lui e Stephen erano rimasti in piedi fino a tardi la notte precedente e forse avevano bevuto un bicchiere di Bordeaux di troppo durante la serata.

    No. Eccola di nuovo, di traverso nel fossato, il cofano contro il palo del telefono. Fermandosi sul ciglio della strada, Cal accese i lampeggianti. Non che si aspettasse di incontrare qualcuno con quel tempo da lupi. Infilatisi i guanti e il cappuccio del parka, aprì la portiera e si addentrò nella tormenta. Era sicuro di non trovare nessuno in quell’auto, comunque era sempre meglio controllare.

    Il vento gelido soffiava con forza, ma per fortuna lui era abituato a condizioni atmosferiche tanto avverse. Procedeva zoppicando sul terreno ghiacciato a causa di un vecchio infortunio al ginocchio. Certo sarebbe stata un’ironia del destino se lui, celebre alpinista, fosse scivolato rompendosi una caviglia in uno dei posti più piatti del mondo!

    L’auto era bianca, un colore pessimo in una notte come quella. Era una fortuna che non fosse scivolata completamente nel fossato, altrimenti né lui né nessun altro avrebbe potuto scorgerla.

    A un tratto Cal sentì il cuore perdere un colpo. C’era qualcuno riverso sul volante! Dimenticando il ginocchio dolente, accelerò l’andatura sentendo l’adrenalina pulsargli nelle vene. Il motore era spento. Da quanto tempo quell’auto si trovava lì? Strofinando la mano guantata contro il finestrino, Cal vide che al volante c’era una donna priva di sensi. Tentò di aprire la sua portiera, ma scoprì che era bloccata, come tutte le altre. Batté sui vetri, urlando con quanto fiato aveva in gola, ma la figura riversa sul volante restò immobile.

    Cal tornò al suo fuoristrada e afferrò una pala dal sedile posteriore. Riattraversò la strada e di nuovo batté sul finestrino senza ottenere alcuna risposta. Allora alzò la pala e colpì con forza il lunotto posteriore, che al terzo colpo andò in frantumi.

    Si affrettò ad aprire la portiera del guidatore e, afferrata la donna per la vita, la sollevò con cautela adagiandole la testa sulla sua spalla. Per la quarta volta ripercorse il terreno ghiacciato raggiungendo la sua auto.

    Depositò la sconosciuta sul sedile anteriore, la ancorò allo schienale con la cintura di sicurezza e con cautela ritornò a prendere il suo esiguo bagaglio. Quando finalmente si rimise al volante del suo fuoristrada, alzò il riscaldamento al massimo e si tolse il parka per depositarlo sul corpo esanime della donna. Soltanto allora si soffermò a osservarla.

    All’improvviso, la bufera, il freddo, il ronzio della ventola del riscaldamento sembrarono scomparire e Cal sentì il cuore balzargli nel petto. Mai aveva visto una donna tanto bella. Era bella da togliere il fiato. La pelle era liscia come la seta, i capelli così neri da avere riflessi bluastri e i lineamenti erano pressoché perfetti, dalle morbide curve delle labbra agli alti zigomi, alle sopracciglia squisitamente inarcate.

    Un fiotto di desiderio lo percorse. La voleva, con un’urgenza inequivocabile e inconsueta.

    Cal prese un profondo respiro cercando di riacquistare il controllo. Sulla fronte della sconosciuta c’era un gonfiore violaceo nel punto in cui aveva battuto la testa al momento dell’impatto col palo. Era esangue, fredda come una morta e respirava debolmente. Anche se era la creatura più bella che avesse mai visto non si spiegava come poteva avere quell’effetto sulle sue pulsioni. Era forse impazzito?

    Pronunciando un’esclamazione d’impazienza, Cal afferrò l’odometro. Meno di tre miglia dagli Strassen. La cosa più saggia era portarla subito lì. Prima sarebbe stata al caldo, prima avrebbe riacquistato conoscenza, senza contare che con tutta probabilità quella donna aveva anche una leggera commozione cerebrale.

    Cal ingranò la prima e procedette al centro della strada badando bene di non finire nei fossati laterali. Contava di arrivare a destinazione molto prima di quell’ora, e sperava di non avere messo in pensiero l’anziana coppia.

    L’oscurità avanzava rendendo sempre più scarsa la visibilità. Lanciando di tanto in tanto un’occhiata al passeggero la cui testa ora ciondolava sul petto, Cal ingranò la terza.

    Chissà chi era quella sconosciuta... La moglie di un agricoltore locale con uno stuolo di figli dai capelli neri? Perché non gli era venuto in mente di controllare se aveva la fede al dito?

    Ma che cosa sarebbe cambiato? Gli Strassen di sicuro sapevano come si chiamava e, dopo le necessarie telefonate, la donna sarebbe uscita dalla sua vita con la stessa rapidità con la quale era entrata.

    Lui ne aveva viste molte di belle donne in vita sua. Ne aveva anche sposata una con la quale aveva vissuto per nove anni. Perché, dunque, i lineamenti di quel viso lo avevano colpito come se fosse stato un adolescente inesperto?

    Cal imprecò allorché una folata di vento più violenta ammassò la neve sul parabrezza, impedendogli di vedere la strada. Aveva percorso circa nove miglia e mezzo da quando aveva lasciato la strada statale, e se le indicazioni degli Strassen erano corrette doveva procedere ancora per un mezzo miglio.

    Non era la prima volta che si trovava a pensare a quella vecchia coppia il cui unico figlio, Gustave, anche lui alpinista, aveva incontrato la morte appena tre mesi prima sulle cime dell’Annapurna.

    Cal si era premurato di fare tutta quella strada per portar loro l’attrezzatura da roccia e gli effetti personali che Gustave aveva con sé in quell’ultima spedizione. Era un atto di carità dovuto, che però non vedeva l’ora di mettersi alle spalle.

    Il progetto originario era quello di restare in loro compagnia per un po’ e quindi di ritornare in città in serata. Purtroppo però ci si era messo di mezzo il tempo e forse sarebbe stato costretto a pernottare da loro. La cosa non lo allettava, anche perché lui non aveva mai conosciuto Gustave Strassen.

    Un fioco bagliore in lontananza lo avvertì che stava per arrivare. Poco dopo, infatti, parcheggiò di fronte alla casa. Non era una costruzione solida come si era aspettato. Lasciando il motore acceso, Cal salì la breve rampa di scale e suonò il campanello.

    La porta si aprì immediatamente. Un uomo massiccio con una barba brizzolata lo invitò a entrare.

    «Si accomodi, signor Freeman. Con questo freddo non indossa una giacca a vento?»

    «Signor Strassen» iniziò Cal, «ho in auto una donna che è finita fuori strada. Ha battuto la testa e ha bisogno di soccorso. Posso portarla dentro?»

    «Una donna? Che vuol dire?»

    Ma che razza di domanda era quella? «Una giovane donna» replicò Cal. «Inesperta a guidare in tali condizioni atmosferiche. È finita nel fossato. Vado a prenderla.»

    «Ma noi...»

    Cal, però, non si era fermato ad ascoltare le sue rimostranze e si stava già dirigendo verso l’auto. Tentando di tenerla coperta il più possibile, prese la giovane in braccio e col piede richiuse la portiera. Il vento gonfiò il cappuccio del parka facendoglielo scivolare dalla testa.

    In quel momento la donna mosse le palpebre ed emise un flebile gemito, come se volesse parlare.

    «Va tutto bene» l’anticipò lui. «È in salvo adesso e non deve preoccuparsi.»

    Dieter Strassen era ancora fermo sulla porta quando Cal fu di ritorno, ma non sorrideva più. «Questa donna non è la benvenuta in casa nostra.»

    «Come, prego?» replicò Cal arrestandosi di colpo.

    Una voce stridula parlò da dietro Dieter. «Fuori di qui! Non voglio più vedere quella donna in vita mia. Mai più, mi ha capito?»

    Cal intuì all’istante che chi aveva parlato doveva essere Maria Strassen, la madre di Gustave. Bassa, esile, coi capelli grigi raccolti in un severo chignon, la donna aveva alzato una mano come se avesse voluto sbatterlo fuori nella tormenta.

    Lui e il suo carico.

    «Non so che cosa sia successo» esordì pacato Cal, «ma questa donna ha bisogno subito di cure. Probabilmente ha una commozione cerebrale ed è semiassiderata. Ha bisogno di mangiare qualcosa di caldo e di un letto. Voi potete di sicuro fornirglieli.»

    «Sarebbe stato meglio che fosse morta» fu lo scioccante commento dell’uomo.

    «Come nostro figlio» aggiunse la donna. «Il nostro caro Gustave.»

    «Quanto dista la prossima abitazione?» s’informò Cal.

    «Quattro miglia» spiegò Dieter.

    «Capisce bene che non posso arrivare laggiù. Non con questo tempo. Non so chi sia questa donna e che cosa abbia fatto per guadagnarsi il vostro odio, ma...»

    «Se la odiamo, signor Freeman, è per delle ottime ragioni» si giustificò Dieter.

    «Ha sposato il nostro Gustave» aggiunse Maria. «Lo ha sposato e distrutto.»

    Cal guardò la donna nelle sue braccia e restò senza parole. All’improvviso tutto quadrava. Come se fosse stato afferrato in una macchina del tempo, si trovò catapultato in un campo base ai piedi del lato sud del Monte Bianco, appena quattro settimane prima.

    Faceva particolarmente caldo per essere dicembre e Cal, a piedi nudi, godeva del contatto con l’erba umida dopo una giornata trascorsa ad arrampicarsi.

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