Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
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Premessa di Vieri Razzini
Edizioni integrali
Entrato ormai a far parte dell’iconografia popolare, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, oltre a essere una esplicita metafora della eterna lotta tra il bene e il male, è soprattutto un attacco che Stevenson ha voluto sferrare contro la repressiva e puritana letteratura inglese del periodo vittoriano. Ma ben più profonda è la volontà di indagine psicologica dell’autore, che ha concepito l’onesto e “positivo” Jekyll come un uomo fragile, incerto, drammaticamente lacerato tra impulsi contrastanti, costretto a celare quegli istinti che il crudele e vizioso Hyde soddisfa senza freni né dubbi. Il famoso romanzo di Stevenson è seguito da Il ladro di cadaveri, Janet la storta, I Merry Men, Olalla: l’arte straordinaria dell’autore rende anche questi racconti dei piccoli capolavori.
«La droga non aveva effetto discriminante; non era né diabolica né divina, soltanto apriva le porte della prigione della mia natura; e come i prigionieri di Filippi, quel che era chiuso dentro fuggì fuori. A quel tempo la mia virtù vacillava; la mia crudeltà, tenuta desta dall’ambizione, era all’erta e pronta a cogliere l’occasione; quel che ne nacque fu Edward Hyde.»
Robert Louis Stevenson
nato a Edimburgo nel 1850 e morto a Samoa nel 1894, è uno dei maggiori scrittori di lingua inglese. Tra le sue opere la Newton Compton ha pubblicato nella collana GTE L'isola del tesoro e Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde e altri racconti del terrore.
Robert Louis Stevenson
Robert Louis Stevenson (1850-1894) was a Scottish poet, novelist, and travel writer. Born the son of a lighthouse engineer, Stevenson suffered from a lifelong lung ailment that forced him to travel constantly in search of warmer climates. Rather than follow his father’s footsteps, Stevenson pursued a love of literature and adventure that would inspire such works as Treasure Island (1883), Kidnapped (1886), Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (1886), and Travels with a Donkey in the Cévennes (1879).
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Anteprima del libro
Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde - Robert Louis Stevenson
189
Titoli originali: The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, traduzione di Vieri Razzini;
The Body-Snatcher, traduzione di Massimiliana Brioschi (su licenza della Garden Editoriale);
Thrawn Janet, The Merry Men e Olalla, traduzioni di Riccardo Reim;
The Bottle Imp, traduzione di Gianni Pilo
Prima edizione ebook: giugno 2012
© 1992, 1993, 1996 Newton & Compton editori s.r.l.
© 2008 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-4287-9
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Gag srl
Robert Louis Stevenson
Lo strano caso del
Dr. Jekyll e Mr. Hyde
e altri racconti dell’orrore
Il ladro di cadaveri - Janet la storta - I Merry Men -
Olalla - Il Diavolo nella bottiglia
Introduzione di Riccardo Reim
Con una premessa di Vieri Razzini
Edizioni integrali
Newton Compton editori
Introduzione
The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde è — come il primo capitolo, Story of the Door, indica con chiarezza — innanzitutto la storia, appunto, di una porta, o meglio, «del conflitto tra una strada e una porta»¹. In una strada elegante, ridente, luminosa, ricca di vetrine scintillanti, di boiseries e di ottoni ben lustri, una strada pulita e animata dove la buona borghesia londinese può passeggiare tranquilla e soddisfatta di sé, esiste, imprevedibilmente, un tratto di muro decrepito con una vecchia, scrostata, indecorosa porta («non meno inquietante», secondo la bella osservazione di Ornella Volta, «della crepa sulla facciata notata da Poe al suo arrivo in casa Usher»²), particolare — segnale? indizio? — incongruo, inopportuno e disturbante:
The door, wich was equipped with neither bell nor knocker, was blistered and distained. Tramps slouched into the recess and struck matches on the panels; children kept shop upon the steps; the schoolboy had tried his knife on the mouldings; and for close on a generation no one had appeared to drive away these random visitors or to repair their ravages³.
Da quella porta sordida e indecente — quasi, si direbbe, spurgo delle immondizie della casa — esce regolarmente Hyde (il cui nome, non bisogna dimenticarlo, foneticamente equivale al verbo to hide, nascondere, tenere segreto) per compiere, in perfetta tranquillità di spirito, quelle azioni che al rispettabile Henry Jekyll non sarebbero mai consentite. Azioni, è ovvio, riprovevoli e disgustose, alle quali si accenna solo genericamente (eccezion fatta per il famoso episodio della bambina gettata a terra e calpestata e quello del feroce assassinio di Sir Danver Carew), espressione di un alter ego proibito
, represso (anche sessualmente, ma su questo punto Stevenson diviene estremamente vago ed elusivo) dal bisogno di conformarsi ai dettami di una società che lo vuole pubblico esempio — come membro non solo di una classe sociale medio-alta, ma come quello della razza padrona
britannica — di austera virtù.
Nota acutamente David Punter:
Le difficoltà di Jekyll sono quelle dell’imperialista benevolo; esse non hanno nulla a che vedere con il problema politico di sanzionare la forza bruta, bensì con il mantenimento della dignità in circostanze avverse. È indicato a chiare lettere che il comportamento di Hyde è una versione urbana dell’«inselvatichirsi». Le particolari difficoltà incontrate dall’imperialismo inglese al suo declino erano condizionate dalla natura della supremazia che era stata fatta valere, non una semplice supremazia razziale, bensì una supremazia che era sempre stata vista come fondata sulla superiorità morale. Se un impero basato su una moralità decade, che cosa ciò implicherà per il particolare tipo di moralità interessata? Sono per l’appunto le «grandi prospettive» che producono morbosità nelle relazioni di Jekyll con i propri desideri. Da ciò, quindi, il nome del suo alter ego: nella misura in cui il dottore prende sul serio le sue responsabilità pubbliche viene a determinarsi la segretezza (hiddenness) della sua brama di piacere. Dato che l’uomo pubblico deve essere visto come irreprensibile, dovrà «celare» la sua natura privata, al punto di negare che faccia parte di lui⁴.
Il romanzo di Stevenson sembra riuscire a cumulare nelle sue pagine quasi tutte le paure e le fobie della tarda età vittoriana per ciò che è diverso, fuori dalle regole (e quindi, in un certo senso, indecifrabile e oscuro), senza contare che sfrutta — e questa fu una delle ragioni della sua immediata fortuna — le inquietudini pubbliche circa la violenza e la criminalità urbana (si pensi ai delitti, rimasti impuniti, di Jack lo Squartatore), il progresso scientifico e le rivelazioni di Darwin sull'evoluzione. Stevenson si guarda bene dall'impostare il rapporto tra Jekyll e Hyde come quello tra due opposti: Hyde non è l'opposto di Jekyll, ma qualcosa all'interno di Jekyll, qualcosa che è sempre esistito: il fatto che sia più piccolo del dottore, quasi un nano, sta a dimostrare come ne sia soltanto una parte; una parte gracile, poco sviluppata proprio per la repressione a cui è stata sottoposta (e infatti il protagonista ne parla con la simpatia di un padre indulgente: arriva a compatirne la bruttezza e, pur ammettendone la totale malvagità, cerca di salvarne l'indole originaria), ma che lasciata libera potrebbe crescere e prosperare, e quindi, forse, migliorare. Hyde è la regressione della specie, la terribile, onnipresente minaccia che, se l'evoluzione è una scala, esiste anche la possibilità di cominciare a ridiscenderla. E «non sarà una sorpresa che una tale minaccia non possa essere nominata nel testo», rileva ancora Punter rifacendosi a una tesi di Julia Briggs; «Jekyll dice che ha attirato su di sé un castigo e un pericolo che non posso nominare
, e nel parlare di Hyde si allude continuamente al fatto che possiede delle deformità sottaciute. Come in gran parte del gotico
, si ha qui un gioco dialettico fra l’indicibile e i metodi di verifica comprovati dalla complessità della struttura narrativa, ma i timori post-darwiniani hanno dato una nuova piega al concetto di degenerazione»⁵. Nel corso del racconto Utterson tenta una spiegazione di tipo moralistico (di un conformismo che fa tornare alla mente la rigida educazione presbiteriana di Stevenson: e qui ci sarebbe molto da discutere sulla sua figura ribelle
), legata alle turbolenze
giovanili del protagonista: «The ghost of some old sin, the cancer of some concealed disgrace; punishment coming pede claudo, years after memory has forgotten and self-love condoned the fault»⁶. Il fantasma della coscienza, dunque? O forse, più minacciosamente, si avanza l’ipotesi che «l’essere umano sarebbe il prodotto di un iniziale matrimonio misto, di una mescolanza fondamentalmente instabile che un incidente scientifico o psicologico potrebbe sempre tornare a separare?»⁷.
Stevenson, come nota Emilio Cecchi, riprendendo un’osservazione di G.K. Chesterton, non riuscì mai a essere «una sola persona», tranne quando «completamente in alcuni suoi libri [...] saltuariamente in altri, tutte le cinque, sette o otto persone di Stevenson: il ragazzo, il cockney, il letterato, il pirata, il puritano, si riabbracciavano fraternamente e ridiventavano una»⁸: ma bisognerà pure dire che in lui il ribelle non riuscì mai a sovrapporsi completamente al moralista, così come il bohémien al gentleman, Tusitala
allo scozzese... Allo stesso modo, sotto il suo esuberante (e a volte un po’ facile) rapporto con il fantastico, l’orrido, il macabro (e più in generale l’avventuroso) traspare l’ansia della rivalsa da lui cercata nell’immaginazione verso l’esistenza segregata alla quale la salute malferma lo costrinse durante l’infanzia e l’adolescenza⁹. Certo, i suoi vagabondaggi
— soprattutto negli anni giovanili — risulterebbero, a segnarli su una carta geografica, assai più complicati ed estesi di quelli di David Balfour¹⁰, ma è ancora Chesterton a puntualizzare che «questo pellegrinaggio a zig-zag, [...] questo diagramma, per così dire, era solo un continuo spostamento da un ospedale all’altro», aggiungendo subito dopo: «Il ritratto che fa di se stesso, vagabondo su una strada in inverno con le dita livide dal freddo, è senz’altro un ritratto ideale: era proprio questa la libertà che non riuscì mai ad avere. Poteva solo spostarsi da un luogo all’altro; o persino da un'avventura all’altra. C’è una strana precisione nella semplicità di un suo verso infantile che dice Il mio letto è come una barchetta
. In tutte le sue svariate esperienze, il suo letto era una barca e una barca il suo letto»¹¹.
In quella «barchetta», Stevenson nel 1886 sognò, in una terribile notte d’incubo, quel «proverbio letto alla rovescia» che è appunto la storia di Henry Jekyll, che sta a dimostrare non la possibilità di scindersi dalla propria coscienza — come qualcuno potrebbe credere — ma, al contrario, l’impossibilità di dividersi in due. Come rileva Salvatore Rosati, «quella netta separazione tra persone pie e candidati all’inferno che gli fu instillata nell’infanzia, rese Stevenson particolarmente ricettivo verso questa psicologia di personalità sdoppiata, in cui il doppio
— o, secondo il termine tedesco originario, Il Doppelgänger — diviene complementare dell’altra parte della personalit໹²: The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde è indubbiamente il caso più vistoso, ma anche il più meccanico, e proprio per questo ancora privo della più sottile funzione di complementarietà che viene invece a essere la chiave di numerosi romanzi successivi, primo fra tutti lo splendido Master of Ballantrae. Viene in mente, subito, il celebre The Picture of Dorian Gray di Wilde (scritto appena cinque anni dopo, a riprova di come certe tematiche circolassero con insistenza in quell’epoca): quando Jekyll avvelena Hyde, quando Dorian Gray spara al suo ritratto, ci troviamo, inevitabilmente, di fronte a un suicidio.
Verso la fine del secondo capitolo del romanzo, Search for Mr Hyde, viene avanzata, come si è visto, l’ipotesi che qualcosa di «non detto» possa risuscitare dal passato a reclamare Jekyll: quella «punizione divina» che pede claudo giunge a volte tardiva ma sempre inappellabile. Anche il reverendo Soulis di Thrawn Janet viene reclamato dal «non detto» e sottoposto a «una prova assai dura»: l’orribile cadavere vivente, alla fine, avanza letteralmente pede claudo verso la sua vittima, finché non sarà proprio la mano giustiziera del Signore a «colpire l’Orrore lì dove si trovava»; e al protagonista di The Body-Snatcher non si leggono in faccia «rum e peccati»? E The Merry Men non è forse la storia di un ossessionante rimorso dove, nell’allucinata conclusione, le cose divengono «decreti di Dio» e sono «fuori dalle mani dell’uomo»? E quell’ombra che si agita dietro l’indistruttibile vetro «temprato nelle fiamme dell’inferno» di The Bottle Imp non suscita, insieme al sorriso, una sottile inquietudine? E la residencia dove l’enigmatica Olalla si aggira tra le ombre dei suoi antenati, nella stregata atmosfera della sua «chanson de geste corrotta» (secondo la bella definizione di Giorgio Manganelli¹³), braccata dall’antica demenza della sua stirpe degenerata fino al vampirismo, non è, al tempo stesso, il luogo del terrore più cieco e quello della più luminosa redenzione?...
Il lato notturno
di Stevenson è una specie di dato caratteriale che accomuna tutte le persone
che egli fu, facendone subito riconoscere la stretta parentela: l’orrore viene reso quasi palpabile attraverso una serie di minimi particolari, resi con straordinaria sobrietà: gli occhi crudeli e ammalianti della donna del ritratto in Olalla; l’angoscioso inseguimento sulla spiaggia con cui si conclude The Merry Men; le scosse del calesse e la pioggia scrosciante che fa sinistramente affiorare il corpo nel sacco in The Body-Snatcher; il sottile «filo di lana ritorta» appeso a un chiodo da cui penzola, assurdamente, il cadavere deforme della vecchia in Thrawn Janet... Autentici gioielli di quel realismo irreale
in cui lo scrittore dà il meglio della sua arte, difficilmente uguagliabile per potenza e concisione.
RICCARDO REIM
¹ O. Volta, Premessa a «Il Dr. Jekyll», in Ead., Frankenstein & Company, Milano, Sugar, 1965.
² Ibidem.
³ «La porta, senza campanello né picchiotto, era sporca e sbrecciata. I vagabondi se ne stavano rannicchiati in quel vano e sfregavano i fiammiferi sui battenti; i ragazzini tenevano banco sui gradini; gli scolari avevano affilato i loro coltelli sulle cornici di legno; e per quasi una generazione nessuno era mai apparso a cacciar via questi sbandati o a riparare i loro danni» (trad, di V. Razzini).
⁴ D. Punter, The Literature of Terror. A History of Gothic Fictions from 1765 to the Present Day, Londra 1980 (trad. it. Storia della letteratura del terrore, Roma, Editori Riuniti, 1985).
⁵ Ibidem.
⁶ «Lo spettro di qualche vecchio peccato, il cancro di qualche vergogna nascosta; il castigo che arriva, pede claudo, anni dopo che la memoria ha dimenticato e l’amore di se stessi ha fatto perdonare l’errore» (trad. di V. Razzini).
⁷ Punter, The Literature of Terror, cit.
⁸ E. Cecchi, R. L. Stevenson ieri e oggi, introd. a R. L. Stevenson, Romanzi e racconti, Roma, Casini, 1950.
⁹ Vedi a questo proposito S. Rosati, Presentazione a «Racconti e romanzi brevi (1882-87)», Milano, Mursia, 1963.
¹⁰ È il nome del protagonista di Kidnapped, romanzo pubblicato da Stevenson nel 1886.
¹¹ La citazione di Chesterton è ripresa da Cecchi, R.L. Stevenson ieri e oggi, cit.
¹² S. Rosati, Presentazione ai «Romanzi (1885-1889)», Milano, Mursia, 1968.
¹³ G. Manganelli, Nota introduttiva a «Olalla», Torino, Einaudi, 1974.
Nota biobibliografica
CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
1850. Il 13 novembre nasce a Edimburgo Robert Louis Balfour Stevenson, unico figlio dell’ingegnere Thomas Stevenson e di Margaret Isabel Balfour. Il bambino si rivela subito cagionevole di salute, e durante l’infanzia e l’adolescenza si troverà più volte in pericolo di vita.
1866. Pubblica The Pentland Rising, a Page of History.
1871-75. Viene avviato agli studi di ingegneria e ottiene un premio per uno studio su alcuni miglioramenti da introdursi nel servizio dei fari, ma la sua debole costituzione non gli consente di dedicarsi alla professione di ingegnere. Si dedica quindi agli studi giuridici, che completa nel 1875, pur non esercitando mai di fatto l’avvocatura.
1876. Terminati gli studi, si dedica completamente alla letteratura e viaggia a lungo per l’Europa. A Fontainebleau incontra Fanny Osbourne, che diventerà sua moglie. Intraprende un giro in canoa attraverso il Belgio e la Francia, che più tardi gli fornirà lo spunto per il suo scritto An Inland Voyage.
1878-79. Scrive Travels with a Donkey in the Cevennes. Riceve la notizia che Osbourne (che nel frattempo aveva fatto ritorno in California) è gravemente ammalata e per raggiungerla, trovandosi privo del denaro necessario per il viaggio, non esita a imbarcarsi con gli emigranti.
1880. Sposa Osbourne e si trasferisce per qualche tempo in un accampamento di minatori, che più tardi gli servirà da cornice per The Silverado Squatters. Nello stesso anno fa ritorno in Scozia con la moglie e il figliastro. Le sue precarie condizioni di salute, minato com’è dalla tisi, gli impongono un lungo soggiorno a Davos.
1881-82. Escono Virginibus Puerisque, New Arabian Nights, Familiar Studies of Men and Books, che raccolgono tutti i saggi, i racconti e gli studi che aveva pubblicato negli anni precedenti su vari giornali e riviste. Pubblica The Sea-Cook, l’opera che nella stesura definitiva prenderà il titolo di Treasure Island. Sempre per motivi di salute, si trasferisce nella Francia meridionale, nell’isolotto di Hyères.
1883. Pubblica The Silverado Squatters e Treasure Island, il romanzo di avventure che lo renderà celebre. Scrive The Black Arrow: a Tale of the Two Roses, che però verrà pubblicato più tardi, nel 1888.
1884. Rientra in Inghilterra e si stabilisce a Boumemouth.
1885. Escono Prince Otto, The Child’s Garden of Verses, More New Arabian Nights.
1886. Pubblica The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, consacrando definitivamente la sua fama, e Kidnapped, romanzo storico di ambientazione scozzese sulla scia della tradizione di Walter Scott.
1887. Si imbarca il 17 agosto per New York e per circa un anno soggiorna in varie località degli Stati Uniti. Pubblica, tra le altre cose, The Merry Men e scrive Pulvis et Umbra, uno dei suoi migliori saggi.
1888. Il 28 giugno si imbarca per una crociera sul Pacifico. Visita molte isole e soggiorna per sei mesi a Honolulu.
1889-90. Esce The Master of Ballantrae. Stevenson sbarca per la prima volta nelle isole Samoa e nel 1890 si stabilisce definitivamente a Vailima, dividendo il suo tempo tra la cura di una piccola azienda agricola, l’assistenza agli indigeni e il mestiere di scrittore.
1892. Pubblica The Wrecker, scritto in collaborazione con Lloyd Osbourne.
1893. Pubblica Island Nights’ Entertainments, War in Samoa e Catriona, dove prosegue la narrazione delle avventure di David Balfour, il protagonista di Kidnapped.
1894. Pubblica, nel settembre, The Ebb-Tide, anche questo scritto in collaborazione con Lloyd Osbourne. È l’ultimo suo libro che Stevenson vede stampato: nel dicembre di quello stesso anno lo scrittore muore improvvisamente, stroncato da un colpo apoplettico. Viene sepolto sul monte Vaea, la vetta più alta dell’isola, secondo i suoi desideri. Morendo lascia incompiuto Weir of Hermiston, romanzo di ambientazione scozzese, che verrà pubblicato postumo nel 1896.
LE OPERE
Edizioni originali
The Pentland Rising, a Page of History (1866).
The Charity Bazaar, an Allegorical Dialogue (1868).
An Appeal to the Church of Scotland (1875).
An Inland Voyage (1878).
Picturesque Notes on Edinburgh (1879).
Travels with a Donkey in the Cevennes (1879).
Deacon Brodie, or the Double Life (1880).
Not I, and other Poems (1881).
Virginibus Puerisque (1881).
Familiar Studies of Men and Books (1882).
Moral Emblems (1882).
New Arabian Nights (1882).
Treasure Island (1883).
The Silverado Squatters (1883).
Admiral Guinea (1884).
Beau Austin (1884).
Prince Otto (1885).
A Child's Garden of Verses (1885).
More New Arabian Nights: The Dynamiter (1885).
Macaire (1885).
The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (1886).
Kidnapped (1886).
Some College Memoires (1886).
The Merry Men and Other Tales (1887).
Underwoods (1887).
Thomas Stevenson Civil Engineer (1887).
Memoires and Portraits (1887).
Ticonderoga: a Poem (1887).
Memoir of Fleeming Jenkin (1887).
The Black Arrow: a Tale of the Two Roses (1888).
Misadventures of John Nicholson (1888).
The Master of Ballcintrae (1889).
The Wrong Box (1889).
Ballads (1890).
Father Damien (1890).
The South Seas (1890).
The Wrecker (1892).
Across the Plains (1892).
A Footnote to History (1892).
Island Nights' Entertainments (1893).
War in Samoa (1893).
Catriona (1893).
A Trio and Quartette (1894).
The Ebb-Tide (1894).
Opere postume
Vailima Letters (1895).
The Amateur Emigrant (1895).
Four Plays (1895).
Fables (1896).
Weir of Hermiston (1896 ).
Songs of Travel (1896).
Familiar Epistles in Prose and Verse (1896).
St. Ives (1898).
Letters to his Family and Friends (1899).
In the South Sea (1900).
Essays of Travel (1905).
Essays in the Art of Writing (1905).
Lay Morals (1911).
Records of a Family of Engineers (1912).
The Hanging Judge (1914).
Deacon Brodie, Admiral Guinea, Bean Austin, Robert Macaire furono scritti in collaborazione con W. E. Henley; More New Arabian Nights e The Hanging Judge in collaborazione con la moglie Fanny; The Wrong Box, The Wrecker, The Ebb-Tide in collaborazione col figliastro Lloyd Osbourne; St. Ives venne portato a termine da A.T. Quiller-Couch.
BIBLIOGRAFIA
La migliore edizione completa e annotata delle opere di Stevenson è la «Tusitala Edition», Works, London, Heinemann, 1923-27. in 35 volumi; buone anche la «Swanston Edition», a cura di A. Lang, London, Chatto & Windus, 1911-12 nonché l’edizione dei Works curata da L. Osbourne e F. Stevenson, London, Heinemann, 1922-23, corredata da un ricco apparato iconografico.
Tutte le opere di Stevenson sono ampiamente ristampate e reperibili in numerose edizioni. Anche nel nostro paese la fortuna dello scrittore non ha mai, o quasi, conosciuto arresti o flessioni. Tra le edizioni italiane delle opere si ricordano Romanzi e racconti, introd. di E. Cecchi, Roma 1950; Tutte le opere, introd. di S. Rosati, Milano 1967; Romanzi, racconti e saggi, a cura di A. Brilli, Milano 1982 (più volte ristampato). Delle edizioni italiane del Dr Jekyll and Mr Hyde si segnalano in particolare: Dr. Jekyll e mr. Hyde, Milano, Mondadori, 1974; Il dottor Jekyll e mister Hyde, Novara, De Agostini, 1988; Dottor Jekyll e mr. Hyde, Milano, Bompiani, 1990; Il dottor Jekyll e mr. Hyde, trad. e cura di B. Lanati, Milano, Feltrinelli, 1991; Lo strano caso del dottor Jekyll e signor Hyde, trad. e cura di L. Piré, Firenze, Giunti («Giunti Classici»), 1996.
Biografie
R. ALDINGTON, Portrait of a Rebel: the Life and Works of R.L. Stevenson, London 1957 (trad. it. Ritratto di un ribelle, vita e opere di R.L. Stevenson, Milano 1963).
D. DAICHES, Robert Louis Stevenson, Glasgow 1947.
J.C. FURNAS, Voyage to Windward: the Life of R.L. Stevenson, London 1952.
G.B. STERN, R.L. Stevenson, London 1961.
L. COOPER, R.L. Stevenson, a Pictorial Biography, London 1969.
Studi critici
M. ELWIN, The Strange Case of R.L. Stevenson, London 1950.
DAICHES, Stevenson and the Fiction of Adventure, Cambridge (Mass.) 1964.
M. EIGNER, R.L. Stevenson and Romantic Tradition, Princeton 1966.
J.P. HENNESSY, R.L. Stevenson, London 1974.
M. LASCELLES, The Story-Teller Retrives the Past: Historical Fiction and Fictitious History in the Art of Scott, Stevenson, Kipling, Oxford 1980.
A. NOBLE, R.L. Stevenson, London 1983.
Contributi italiani
M. PRAZ, Successo di Stevenson, in Cronache letterarie anglosassoni, vol. I, Roma 1950.
E. CECCHI, Introduzione ai «Romanzi e racconti», Roma 1950.
M. PRAZ, Weir of Hermiston, in Saggi di letteratura e arte, Milano 1952.
C. PAVESE, R.L. Stevenson, in La Letteratura americana e altri saggi, Torino 1953.
L. BABINI (a cura di), Le nuove notti arabe e altri racconti, Roma, Casini, 1953.
G. MANGANELLI, Introduzione a «Il signor di Ballantrae», Torino 1965.
S. ROSATI, Introduzione a «Tutte le opere», Milano 1967.
GIACHINO, Introduzione a «Il principe Otto», Milano 1968.
I. CALVINO, Introduzione a «Il padiglione sulle dune», Torino 1973.
G. BONACINA, Introduzione a «Il meglio di Stevenson», Milano 1973.
BINNI, Introduzione a «Il Master di Ballantrae», Milano 1974.
M. D’AMICO, Introduzione a «Il principe Otto», Milano 1982.
HENRY JAMES, R.L. STEVENSON, Amici rivali: lettere 1884-1894, prefazione di Guido Almansi, Milano 1987.
ROBERTO MUSSAPI, Tusitala: verso l'isola del tesoro, Milano 1990.
CLOTILDE DE STASIO, Introduzione a Stevenson, Roma 1991.
ROSELLA MALLARDI, Il nuovo romance di R.L. Stevenson: saggi su The new Arabian Nights, Treasure Island, The stange case of Dr Jekyll and Mr Hyde, The Master of Ballantrae, The Enchantress, Bari 1996.
ROBERTO MUSSAPI, Tusitala, il narratore: vita di Robert Louis Stevenson, Milano 2006.
LO STRANO CASO
DEL DR. JEKYLL E MR. HYDE (1886)
Premessa
Quell’«infelice Henry Jekyll.»
Nati dalla fantasia degli scrittori e fatti vivere nelle pagine di un libro, certi personaggi della letteratura hanno un destino singolare: col passar del tempo assurgono all’altezza di caratteri universali e, tralasciata del tutto la loro matrice artistica, cominciano a vivere una vita propria e imbarazzantemente perenne, fino ad entrare nel linguaggio di tutti i giorni.
Quanti usano termini come donchisciottesco
, bovarismo
, edipico
senza aver mai letto Cervantes o Flaubert o Sofocle? La stessa sorte è toccata al dottor Jekyll: in inglese l’espressione «to be a Jekyll and Hyde» è comunissima e viene usata per indicare che qualcuno ha una personalità ambigua o conduce una doppia vita. Ma certo non tutti coloro che usano quella frase hanno letto il pur famosissimo racconto di Stevenson. Non solo. Del doppio
di Jekyll, Edward Hyde, si è creata un’iconografia popolare che ben poco ha a che vedere con l’immagine che l’autore ne dà nella sua storia. Hyde evoca nella fantasia dei più la figura di un mostro peloso e feroce, bieco e terrificante: una specie di sanguinaria belva umana assai vicina al vampiro o al licantropo. A ciò hanno notevolmente contribuito le trasposizioni hollywoodiane del racconto di Stevenson: prima John Barrymore, poi Fredric March e Spencer Tracy hanno fatto di Hyde un essere dall’aspetto orrifico; e ancor oggi, sulle copertine delle edizioni pocket
del racconto egli è raffigurato come una creatura da incubo, mostruosa, i denti aguzzi e le gengive scarlatte scoperte in un ghigno satanico, il viso segnato da rughe deformi illuminate da riflessi verdastri, lo sguardo belluino e demente; insomma qualcosa di assai più simile a King Kong che al personaggio inventato dallo scrittore scozzese.
Hyde in realtà non è affatto un mostro in senso tradizionale: l’immagine che Stevenson ne fornisce è assolutamente svincolata sia dall’iconografia del demonismo medioevale che dalla prassi del racconto nero o gotico
del romanticismo inglese avente per caposcuola la Mary Shelley di Frankenstein. Il male puro
che Hyde incarna traspare all’esterno, nella sua persona, in qualcosa di indefinibile, una forte repulsione fisica che chiunque lo avvicini avverte senza saperne spiegare il motivo preciso ed è perciò tanto più forte: il perfido Hyde emana e riflette sugli altri il male che ha dentro, ma il corpo non mostra alcuna apparente deformazione.
Questa straordinaria intuizione artistica avverte il lettore fin dalle prime pagine del racconto di non trovarsi davanti a un semplice «tale of terror», ma a qualcosa di più e di diverso.
The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, scritto di getto nel 1886 e nato da un incubo notturno realmente sofferto da Stevenson, è infatti, sotto l’apparenza di thriller
condotto con abilissimo mestiere, la rivelazione (che anticipa in modo folgorante gli studi freudiani sull’inconscio) di quanto di sordido esiste nella natura umana. «Vi prego di intendere nefandezza», scriveva Stevenson all’amico Henry James in una lettera del 1886, «nel senso giusto, non necessariamente come qualcosa di ignobile: il sordido può avere una sua dignità. In natura di solito ce l’ha.»
Nella storia del dottor Jekyll, uomo retto, onesto, generoso che attraverso una scoperta scientifica riesce a trasformarsi a suo piacimento in un essere, Hyde appunto, totalmente diverso, crudele, vizioso, violento, finché il lato malvagio si impadronisce completamente di lui fino a farlo soccombere, si è vista tradizionalmente una metafora della eterna lotta fra bene e male. Ma questa interpretazione, oltre ad essere solo parzialmente plausibile, è anche fortemente restrittiva e non servirebbe affatto a spiegarci il fascino così moderno e sottile del racconto di Stevenson.
Il dottor Jekyll non rappresenta e non è il bene
: anzi, come ogni essere umano, è «un incongruo miscuglio di bene e di male», influenzabile, fragile, soggetto agli impulsi più disparati. Ed è proprio da qui che nasce il suo dramma, come dice egli stesso nella lunga confessione finale:
Giorno per giorno mi avvicinai alla verità la cui scoperta doveva portarmi a un così spaventoso naufragio: che l’uomo non è in verità uno ma duplice [...] Azzardo l’ipotesi che l’uomo sarà infine conosciuto come un conglomerato di svariate entità, incoerenti e indipendenti l’una dall’altra [...] Due nature lottavano nella mia coscienza e a ragione potevo dire di essere l’una o l’altra: ma questo si doveva al fatto che ero radicalmente tutt’e due; e da moltissimo tempo, assai prima che il corso delle mie scoperte scientifiche avesse cominciato a suggerirmi la più remota possibilità di un tale miracolo, avevo imparato ad accarezzare, come un meraviglioso sogno ad occhi aperti, l’idea di separare questi elementi [...].
Il malvagio Hyde è dunque il risultato degli esperimenti di Jekyll su se stesso: ma la separazione degli elementi del bene da quelli del male è apparente: perché se Hyde è veramente e soltanto male allo stato puro, in Jekyll, anche quando torna ad essere se stesso dopo le metamorfosi notturne e si pente delle proprie turpitudini e si dedica alla