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I peccati del papa. Il XIII arcano
I peccati del papa. Il XIII arcano
I peccati del papa. Il XIII arcano
E-book107 pagine1 ora

I peccati del papa. Il XIII arcano

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Info su questo ebook

Il quinto e ultimo episodio del romanzo a puntate di Fabio Delizzos

Le indagini di Bellerofonte Castaldi, investigatore veneziano al servizio del papa

Roma 1756. Sono gli ultimi, scoppiettanti giorni di Carnevale e Bellerofonte Castaldi è a un passo dallo smascherare i peggiori assassini che Roma ricordi. Tutti gli indizi sembrano indicare che i colpevoli operino all’interno del tribunale dell’Inquisizione. E nemmeno il papa è immune dai sospetti. Ma chi sono realmente costoro? E qual è il motivo che li ha indotti a compiere delitti così efferati e perversi? La verità che si dispiegherà di fronte agli occhi di Bellerofonte avrà i contorni di un incubo. Inconfessabile al mondo, per lo stesso bene della Chiesa…

Fabio Delizzos

È nato a Torino nel 1969 e vive a Roma. Laureato in filosofia, copywriter freelance, per la Newton Compton ha già pubblicato con grande successo i romanzi La setta degli alchimisti, La cattedrale dell’Anticristo e La loggia nera dei veggenti.
LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2013
ISBN9788854158580
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    Anteprima del libro

    I peccati del papa. Il XIII arcano - Fabio Delizzos

    20

    Prima edizione ebook: novembre 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-5858-0

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli

    Foto: © Shutterstock.com

    Fabio Delizzos

    I PECCATI DEL PAPA

    5: Il

    XIII

    arcano

    LXII

    (Continua venerdì 27 febbraio)

    Il notaio Theodoli era seduto alla sua scrivania, la testa riversa sulla spalla, come fosse piegata dal peso della parrucca, le guance che gli cadevano come fettine di carne infarinate nella cipria, le mani incrociate sul ventre che si dilatava a ogni respiro.

    Dormiva profondamente e non aveva sentito bussare.

    Bellerofonte si avvicinò furtivo, posando i piedi a terra con delicatezza.

    Non era necessario svegliarlo per sapere qualcosa da lui: la sua memoria era lì, sul piano dello scrittoio, alla sua destra, racchiusa in un quaderno. A Bellerofonte sarebbe bastato dare uno sguardo lì dentro per trovare qualche informazione sull’arresto di mastro Daniel e degli altri giudei accusati degli infanticidi.

    Poteva destare stupore che si condannassero a morte degli innocenti in una città in cui le pratiche burocratiche di un tribunale importante come il Santo Uffizio erano affidate a persone assonnate e prive di memoria?

    Tenendo sotto controllo ogni piccola variazione del sonno irrequieto di Thedoli, che a tratti schioccava la lingua sul palato e poi compiva tutta una serie di movimenti, per accomodarsi meglio sulla poltrona, prese il quaderno, lo aprì e andò direttamente all’ultima pagina.

    Un brivido gli corse freddo lungo la schiena.

    L’appunto risaliva alla sera prima:

    È stato disposto l’arresto immediato di Daniel da Lucca, speziale giudeo con diritto di residenza fuori dal Ghetto…

    Il notaio aveva scritto l’indirizzo esatto insieme ad altri due luoghi in cui sarebbe stato possibile trovare il ricercato, uno dei quali era l’abitazione di una vedova, nel ghetto, non distante dal portone di piazza Giudia. La nota continuava dicendo che lo speziale era accusato di avere acquistato dei bambini da un barbiere di nome Gerolamo Salvigni e da criminali giudei. Secondo gli inquisitori del Santo Uffizio, era lui a preparare il sangue per la Pasqua anticristiana e a rivenderlo all’interno della comunità ebraica.

    Bellerofonte non riusciva a crederci.

    Non voleva.

    In fondo alla pagina, l’annotazione più recente. Per poco non gli cadde il quaderno dalle mani.

    Terza ora del mattino. Inizio attesa del ritorno dell’Inquisitore dal Monte Sacro. Contadini hanno detto di aver trovato un altro bambino morto.

    Abominio, sacrilegio!

    Se si fosse sbrigato, pensò, forse sarebbe riuscito a raggiungere l’inquisitore sul posto. Prima di precipitarsi fuori, sfogliò a ritroso il quaderno e buttò un’occhiata sulla pagina precedente.

    Gerolamo Salvigni,

    Bestemmiatore incallito…

    Soggetto dal comportamento lascivo…

    Trovato in possesso di strumenti da fattucchiere… uso diabolico del crocifisso… fatture malefiche a danno di servitori di Cristo e della Chiesa tutta…

    Nonché castratore clandestino…

    …sospettato di vendere i bambini destinati a morte certa in conseguenza di evirazioni andate male e di vendere detti bambini ai giudei…

    …il suo cuore non ha retto alla grande emozione dell’arresto, avvenuto in presenza di…

    Con la mano che oscillava rimise il quaderno sul ripiano della scrivania.

    Indietreggiò tenendo gli occhi fissi sul notaio Theodoli che continuava a ronfare e a borbottare frammenti incomprensibili di parole.

    Arretrò in silenzio, strisciando con la leggerezza di un serpente fino alla porta che aveva alle spalle.

    Non dovette trattenere il fiato: era rimasto senza.

    Stava per afferrare l’anta della porta, che aveva lasciato socchiusa, e sgusciare via, quando Theodoli all’improvviso sussultò e spalancò gli occhi.

    «Avanti!», disse volgendosi di soprassalto verso la porta.

    Bellerofonte piegò il capo in modo ossequioso e gli mostrò il migliore dei sorrisi che poteva riuscire a sfoggiare in una simile situazione.

    «E voi chi siete?», domandò Theodoli. Si raddrizzò la parrucca sulla testa. «Cosa volete?».

    Bellerofonte fece un inchino pieno di sussiego. «Perdonate, ho bussato alla porta sbagliata».

    LXIII

    Pochi minuti dopo usciva da Roma passando dalla Porta Pia e si lanciava al galoppo su quella lunga riga intagliata nei campi che era la strada Nomentana.

    Nella mente gli risuonava una domanda, con insistenza: il papa era coinvolto nell’omicidio del rettore?

    Sembrava impensabile, e non perché si trattasse di un papa: era stato lui a chiamarlo a Roma, lui a chiedergli di indagare sulla morte del rettore e a insistere perché non demordesse di fronte a niente e a nessuno.

    No, non aveva alcun senso.

    Guardò in lontananza. Ora, sulla linea dell’orizzonte, riusciva a vedere con chiarezza il profilo dentellato del ponte sull’Aniene e quello del Monte Sacro che emergeva sullo sfondo.

    Sentiva già l’odore umido del fiume.

    Poi vide la polvere, un alone bianco come fumo che si spandeva sul panorama. Un attimo dopo avvistò quattro, forse cinque cavalli sul fianco della collina, e dalla croce in testa al gruppo, portata da un uomo vestito di bianco, come gli altri due che gli camminavano a fianco, capì che erano gli uomini del Santo Uffizio.

    LXIV

    «Ho un lasciapassare del papa». Bellerofonte accennò una riverenza e porse il rotolo di carta. «Mi chiamo Bellerofonte Castaldi, notaio del tribunale del Governatore».

    L’inquisitore, un uomo corpulento, completamente calvo e privo delle sopracciglia, una barbetta bianca e sottile sotto il mento, corrispondente alla descrizione fattagli da padre Orsolini del domenicano che si era recato all’obitorio, fece un cenno distensivo agli sbirri e prese il foglio che gli veniva mostrato. Come un camaleonte, con un occhio lesse il lasciapassare, con l’altro fissò l’intruso. «E perché il papa dovrebbe voler interferire con il nostro lavoro?». Restituì il foglio recante il sigillo papale. «Forse non si fida abbastanza del Santo Uffizio?».

    Bellerofonte annusò l’aria con indifferenza, rivolse un mezzo sorriso agli altri due domenicani, ricevendone smorfie poco amichevoli, prese la tabacchiera dalla tasca e inalò, due annusate decise, producendo il solito rumore secco, come due colpi di scopa sul selciato. «Sono stato io a trovare le prime due piccole vittime di quest’orco. Proseguo le mie indagini per conto della sacra persona di papa Lambertini. Spero di non arrecare alcun disturbo al vostro operato».

    L’inquisitore lo fissò, diffidente, le labbra strette e gli occhi che lampeggiavano fra le ciglia appassite. «E voi, come avete fatto a sapere che venivamo qui per vedere il cadavere di un bambino?»

    «È un altro maschio?»

    «Perché vi impicciate?»

    «Come vi ho detto, sono stato inviato dal pontefice in persona.

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