Il tesoro perduto dei templari. L’isola fantasma
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Il tesoro perduto dei templari. L’isola fantasma - G. L. Barone
15
Prima edizione ebook: febbraio 2014
© 2014 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-6016-3
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli
Foto: © Shutterstock.com
G. L. Barone
Il tesoro perduto dei templari
L’isola fantasma
Parte quinta
L’ISOLA FANTASMA
Capitolo 79
Dubai, 5 gennaio. 22:28.
«Quindi le coordinate in cui abbiamo scavato non sono corrette!», esclamò Al Husayn dall’alto della sua sedia. «O per lo meno… corrispondono al punto di ingresso alla foresta e non a quello da cui Dante ascende al Paradiso».
La sala riunioni al centosettesimo piano del Burj Khalifa si era improvvisamente animata. Con l’inaspettato ritorno di Manuel Cassini e la mobilitazione di tutti i tecnici del laboratorio, sembrava la redazione di un quotidiano pronto ad andare in stampa.
Attorno al tavolo, accanto allo sceicco, sedevano il principe Ibrahim con un’espressione smarrita in volto, Julia e Timothy Dempsey di fronte a lui, e Cassini a capotavola. Tutt’intorno, c’erano addetti che maneggiavano grosse mappe, lucidi e squadre. C’era chi parlava animatamente con il vicino e chi esaminava i passi della Divina Commedia che il professore aveva segnalato al suo arrivo.
«Andiamo con ordine», cominciò lo sceicco, eccitato e felice molto più di quanto il tono afono del sintetizzatore vocale lasciasse immaginare. «La prima fase è definire l’unità di misura. Se con la parola passi
Dante vuole fornirci dei riferimenti nelle distanze, la cosa più importante è capire a quanto corrisponde un passo!».
«Ma i passi non sono le uniche indicazioni!», lo corresse Cassini.
Il fervore per quella strana caccia al tesoro, che d’un tratto appariva così concreta, gli aveva fatto dimenticare in un solo istante tutti i patimenti inflittigli da quell’uomo; come gli era accaduto a Roma, quando i triangoli astronomici avevano cominciato a prendere forma sotto il tratto della sua penna, anche in quel caso gli indizi erano divenuti chiari nella sua mente. L’adrenalina, l’eccitazione, la smania di saperne di più avevano fatto tutto il resto: si era costretto a dimenticare le vicissitudini degli ultimi giorni e aveva richiamato l’unico uomo che sembrava in grado di poterlo aiutare in quella ricerca, per la quale aveva speso cinque anni della sua vita.
«In più punti si parla della posizione del sole che indica lo spostamento dei personaggi», gli fece notare ancora. «E nel canto
XXXII
vengono menzionati tre voli
…».
«Potremmo isolare le parti del testo in cui i personaggi si muovono e confrontarli con la mappa», propose Timothy Dempsey, seduto poco distante da Cassini e con il portatile davanti al naso. «Forse così potremo capire a quanto corrisponde un piccolo passo
o un lento passo
».
Il professore si alzò in piedi e afferrò una delle mappe sparse sul tavolo. Si vedeva il corso dei due fiumi sulla sinistra. In riva al Jökulfall era stata tracciata una
X
, il punto d’entrata nella divina foresta. «Ha ragione! Partiamo con il canto ventottesimo, dopo l’ingresso nel Giardino dell’Eden. Il primo riferimento è al verso quattro, in cui si dice che Dante lascia la riva per andare verso est». Cassini disegnò con una penna una freccia che partiva dal luogo in cui avevano scavato sei mesi prima e si spostava verso oriente.
«Dante cammina nella foresta e poi si trova davanti un fiume che gli sbarra la strada», continuò Al Husayn, immaginando il metodo che il professore intendeva seguire.
«Esatto!», concordò Cassini. Quindi arriva fino a qui. Nel punto della mappa in cui il fiume intersecava la freccia, scrisse un numero: 1
. «Questo è il primo punto di riferimento».
«Dalla
X
fino a lì sono ottocentosettanta metri», aggiunse Dempsey, calcolando la distanza con l’aiuto di Google Maps.
«Ok, proseguiamo», incalzò Cassini, sedendosi e cominciando a sfogliare il testo del Purgatorio. «Dopo che Dante si ferma, dalla parte opposta del fiume gli appare una donna».
«Matelda», aggiunse lo sceicco in quello strano gioco di ruoli.
«E quando lei lo raggiunge, i due cominciano a risalire il fiume».
«Risalire il fiume significa che lo percorrono nella direzione opposta a quello dello scorrimento», disse Julia, che osservava attentamente un’altra mappa. Era stata in quella zona ed era certa che lì, il Jökulfall scorresse verso nord. «Quindi vanno a sud!».
«Concordo, il verso ventisettesimo è chiarissimo: le onde del fiume piegano a sinistra i fili d’erba, quindi il fiume scorre verso nord», intervenne ancora il professore. «Dante e Matelda proseguono a sud fino a che il corso d’acqua non svolta verso est. Qui!». Cassini tracciò un altro segno sulla mappa: 2
.
Il principe Ibrahim ascoltava con distacco quei discorsi. Per lui stavano solo perdendo tempo: quella caccia al tesoro era una solenne idiozia. Sbuffò e osservò Dempsey di sottecchi.
«Secondo il mio testo, adesso compare ancora una volta la parola passi
», chiarì il professore, che faceva balzare gli occhi da una stampa del Purgatorio allo schermo del computer.
«Non eran cento tra’ suoi passi e’ miei», recitò a memoria Cassini. «Fecero meno di cento passi in due».
«Ottimo!», esultò l’americano. «Questo è un ottimo punto di riferimento».
Sullo schermo
OLED
appeso alla parete apparve l’immagine della mappa su cui il giovane stava lavorando. Si vedeva una linea blu che collegava il punto 1
e il punto 2
e in mezzo l’indicazione di una misurazione.
«Sono seicentosessantacinque metri», calcolò. «Quindi possiamo dedurre che cento passi equivalgono a seicentosessantacinque metri».
«No», intervenne lo sceicco perplesso. Per un secondo rimase in silenzio, rileggendo anche lui il verso che il professore aveva recitato a memoria. «Cento passi in due: significa cinquanta passi a testa».
«Ha ragione», concordò Cassini. «Seicentosessantacinque metri equivalgono a cinquanta piccoli passi
».
«Ok, quindi un passo è tredici metri virgola qualcosa… Poi cosa succede?»
«Canto
XXIX
, versi dodici e tredici», gli rispose Cassini dopo aver sfogliato velocemente il piccolo tomo del Purgatorio. «Dante e Matelda continuano a camminare verso oriente, per un tragitto più o meno uguale al precedente».
«Quindi per altri seicentosessantacinque metri», replicò l’americano, tracciando sullo schermo un’altra linea. «E così raggiungiamo il punto numero tre».
Cassini lo osservò e poi disegnò, anche sulla sua mappa, una freccia che andava verso est e un numero 3
.
«Ormai nella divina foresta è giorno, sta nascendo il sole!», aggiunse lo sceicco.
«Interessante…», mugugnò tra sé il principe.
«Sì, questa è un’osservazione interessante», lo interruppe il professore che lo squadrò con un’espressione dura. Non lo aveva mai visto, ma l’atteggiamento visibilmente scettico del giovane lo indispettiva. «Al verso centododici, Dante dice di vedere la sua ombra a sinistra sul fiume».
«Siamo in Islanda, quindi il sole più che a est nasce a sud-est», aggiunse Julia lanciando un’occhiata d’intesa a Cassini. «Quindi, se lui vede la sua ombra a sinistra, significa che sta andando a nord. Anzi a nord-est».
«Di qua!», Cassini disegnò un’altra freccia verso nord. «Ma per quanto cammina prima di fermarsi ancora? Se non sbaglio i punti di riferimento finiscono!».
Ci fu un secondo di silenzio. Fu Dempsey a romperlo: «Se le coordinate del punto di ingresso erano indicate con il numero del verso, canto ventisette, verso sessantaquattro… forse dobbiamo verificare anche in questo caso il numero del verso».
Il professore si accarezzò la barba incolta e scosse il capo. «Possiamo provarci. Dante si ferma di nuovo quando dalla parte opposta del fiume vede comparire un carro trainato da un grifone».
«Di che verso si tratta?», domandò l’americano con il dito indice puntato su una pagina del canto
XXIX.
Cassini consultò il suo testo. «È qui: "Per veder meglio ai passi diedi sosta"