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I peccati del papa. Le maschere della morte
I peccati del papa. Le maschere della morte
I peccati del papa. Le maschere della morte
E-book93 pagine1 ora

I peccati del papa. Le maschere della morte

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Info su questo ebook

Il quarto episodio del romanzo a puntate di Fabio Delizzos

Le indagini di Bellerofonte Castaldi, investigatore veneziano al servizio del papa

Roma, 1756. Nella città eterna si sta festeggiando uno dei carnevali più rinomati al mondo, insieme a quello di Venezia. È arrivato il momento tanto atteso dei palii, delle sfilate grandiose, dei fuochi d’artificio, dei balli e dei costumi sontuosi. Ma dietro l’allegria che invade le strade si nasconde l’angoscia del popolo. Dietro ogni costume potrebbe celarsi un criminale senza pietà. Bellerofonte Castaldi prosegue la sua indagine sotto lo sguardo vigile di papa Benedetto XIV. Dagli austeri ambienti ecclesiastici, dove i segreti sono inconfessabili, alle feste in costume, dove anche un segreto di Pulcinella può essere fatale, Bellerofonte dovrà dare il meglio di sé, non solo per catturare i criminali a cui sta dando la caccia, ma anche per salvare la sua stessa pelle. Perché un assassino dal volto coperto è più insidioso e letale…

Fabio Delizzos

È nato a Torino nel 1969 e vive a Roma. Laureato in filosofia, copywriter freelance, per la Newton Compton ha già pubblicato con grande successo i romanzi La setta degli alchimisti, La cattedrale dell’Anticristo e La loggia nera dei veggenti.
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2013
ISBN9788854158573
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    Anteprima del libro

    I peccati del papa. Le maschere della morte - Fabio Delizzos

    11

    Prima edizione ebook: ottobre 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-5857-3

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli

    Foto: © Shutterstock.com

    Fabio Delizzos

    I PECCATI DEL PAPA

    4: Le maschere della morte

    XLVII

    (Continua mercoledì 25 febbraio)

    «Bevete».

    «Che cos’è?»

    «Ho detto bevete».

    La mano di Antonio Della Croce si chiuse attorno al bicchiere come un ragno morente. Tremava. «Veleno?», domandò. «Vi ho visto mentre vi versavate qualcosa dentro».

    Bellerofonte gli fece vedere la boccetta con il sonnifero e gli disse: «Questo è veleno. Quella che avete in mano è soltanto acqua».

    «Non ho sete», disse Della Croce restituendo il bicchiere.

    «Ho detto bevete», gli intimò ancora Bellerofonte.

    E Della Croce eseguì, prima un sorso con diffidenza, poi, sentendo che l’acqua non aveva alcun sapore, scolò l’intero bicchiere, il gozzo flaccido che sussultava, facendosene cadere la metà sul collo e sul petto.

    «Molto bene», disse Bellerofonte, «avete appena assunto un veleno mortale. Se mi direte tutto quello che voglio sapere da voi, vi somministrerò un antidoto, altrimenti vi lascerò spirare nel dolore più atroce che si possa immaginare».

    Non era vero, ma altre volte aveva funzionato.

    «Lo sapevo», lamentò Della Croce, «voi siete un vigliacco».

    «Io?». Lo invitò a osservare bene la scuola che aveva creato insieme a sua moglie, i quadri osceni alle pareti, i pavimenti immondi, gli spartiti sui leggii, unti e afflosciati, le catene con cui legava i suoi allievi, le fruste appese al muro. «Il vigliacco sarei io? Voi, però, siete anche molto crudele».

    «La nostra è una scuola molto severa».

    «A chi vendete i vostri allievi?»

    «Abbiamo molte richieste».

    «A chi?»

    «Ricchi signori, per lo più».

    «Nomi».

    «Abbiamo sempre avuto molti clienti… Come posso ricordarmeli? E poi non chiedo mai i nomi, non li voglio sapere. Mi basta vedere il denaro. Io non lo faccio per beneficenza. Preparo i cantanti migliori per le orecchie migliori, questo è quanto. Potete stare certo che gli allievi che escono dalla mia scuola avranno un futuro, a differenza di molti altri, perché sono eccellenti. Voi la chiamate crudeltà, io la chiamo garanzia di successo».

    «Ho visto che quasi tutti gli alunni sono rasati». Si toccò la testa. «Perché?»

    «Serve per i pidocchi».

    «Perché alcuni non lo sono?»

    «Vuol dire che hanno già un acquirente».

    «E Zan? Perché ha i capelli lunghi ed è trattato meglio degli altri? Qual è il significato di quell’anellino?»

    «Zan è per il nostro cliente più esigente. Quella dell’anello e dei capelli, così come tutte le altre caratteristiche, sono richieste precise; noi eseguiamo senza fare domande».

    Bellerofonte lo fissò, incredulo. «L’acquirente vi ha chiesto di mettergli l’anello?»

    «No, manda un esperto di canto a trovare i suoi bambini. Viene periodicamente a controllare lo stato dell’apprendimento. È stato lui a regalargli l’anellino. Lo ha fatto anche con tutti gli altri. Non so se sia una sua iniziativa o una richiesta specifica di chi lo manda qui da noi, e non so perché lo faccia. Immagino che voglia accattivarsi la simpatia dei ragazzi. È una forma di generosità, non vedo cosa ci sia di male».

    «Chi è l’acquirente?»

    «Non lo so, e non voglio saperlo».

    «Dove sono gli altri bambini biondi e con l’anellino rosso?»

    «Attualmente ne abbiamo uno soltanto».

    «Gli altri li avete già venduti?»

    «Sì».

    «A chi?».

    Della Croce scosse il capo, un movimento oscillatorio che diventò ampio e irrefrenabile. «Non lo so, non lo so, non lo so», urlò. «Uccidetemi pure, io non ho la più pallida idea di chi sia».

    «Vedete…». Bellerofonte prese a passeggiargli davanti e a guardarsi le unghie saggiandone la liscezza con il polpastrello del pollice. «Vedete, mio caro maestro, io non vi ucciderò: vi lascerò soffrire le pene dell’inferno mentre sprofondate nelle tenebre della morte. Avete ancora una manciata di minuti, poi sopraggiungerà un ardore alla gola e a quel punto sarà tardi per l’antidoto. Scegliete voi».

    «Ma io non lo so davvero».

    «Dunque, ricominciamo: Zan Battista non è il primo che preparate per questo acquirente».

    «No, ne ha già comprati diversi».

    «Quanti?»

    «Non lo ricordo, ma credo più di venti, forse anche trenta, in tanti anni».

    «Quanti?»

    «Una decina, all’incirca».

    «Dunque siete riuscito a fornirgli ben tre giovanissimi cantori all’anno».

    Antonio della Croce annuì. «Prima era più semplice trovare bambini con le caratteristiche richieste, era più facile trovarne in generale. Da un paio d’anni a questa parte le cose sono cambiate. Non riusciamo più a soddisfare le richieste di clienti tanto esigenti».

    «Come mai?»

    «So solo che è diventato molto difficile acquistare bambini che abbiano tutte le caratteristiche desiderate. Più facilmente riusciamo a trovare bambini intorno agli otto o nove anni, ma così giovani…».

    «Come mai questo acquirente li vuole così piccoli?».

    Della Croce si chiuse nelle spalle. «Immagino che gli piacciano così».

    «Perché gliene servono così tanti?»

    «E io cosa ne so. Magari li rivende a sua volta».

    «Anche se non conoscete il nome, a qualcuno li dovrete pur consegnare. Chi viene a ritirarli?»

    «Mandano un uomo».

    «Conoscete il nome?»

    «Nossignore».

    «È la stessa persona che viene a controllare i bambini e che ha regalato loro gli anellini?»

    «No, ma perché vi interessate tanto a un anellino?»

    «Si dà il tragico caso, maestro, che ne abbiamo trovato uno identico al dito di un bambino che si trovava sottoterra, morto».

    «Oh, mio Dio».

    «Deve essere sfuggito di mano

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