Dolce visione
Di Sara Craven
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Info su questo ebook
Abituato a ottenere sempre ciò che vuole, Jago è deciso a scoprire l'identità della misteriosa tentatrice dai capelli rosso fiamma che si è intrufolata nella sua proprietà e a soddisfare l'ardente desiderio che ha acceso in lui. Sedurre Tavy si rivela però più difficile del previsto, e l'unica soluzione per riuscirci è alzare la posta in gioco.
Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Anteprima del libro
Dolce visione - Sara Craven
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Seduction Never Lies
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2014 Sara Craven
Traduzione di Cristina Ingiardi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-881-9
Frontespizio. «Dolce visione» di Craven Sara1
Octavia Denison imbucò l’ultima busta nell’ultima cassetta della posta di una fila di villini e, con un sospiro di sollievo, tornò a inforcare la bicicletta per affrontare la lunga e torrida pedalata che l’avrebbe riportata alla canonica.
C’erano occasioni – e questa era una di quelle – in cui avrebbe tanto voluto che il reverendo Lloyd Denison spedisse il bollettino parrocchiale via e-mail.
«Dopotutto, ormai chiunque in paese possiede un computer» aveva commentato Patrick più di una volta.
Ma suo padre preferiva il tocco personale e, quando le capitava di incrociare qualcuno come l’anziana signora Lewis che moriva dalla voglia di fare due chiacchiere – e che di sicuro non aveva un computer – Tavy si rendeva conto che purtroppo il reverendo aveva ragione.
Tuttavia, quella non era proprio la giornata ideale per farsi un giro del paese sulla sua vecchia bici scalcagnata.
Per una volta, la fine di maggio era stata baciata da una miniondata di afa con cielo perfettamente limpido e temperature altissime, che oltretutto era andata a coincidere con le vacanze di metà quadrimestre della Greenbrook School.
Buon per i ragazzi, pensò Tavy pedalando.
Per lei, però, niente ferie. La sua datrice di lavoro, Eunice Wilding, pagava quel che lei considerava una cifra adeguata per una giovane segretaria scolastica priva di qualifiche, e in cambio pretendeva un impegno a dir poco assiduo.
Eppure, quando l’aveva accettato, quel lavoro le era parso un’ancora di salvezza, un piccolo raggio di luce nell’oscurità soffocante che aveva avvolto lei e il padre alla morte improvvisa della mamma.
Quando gli aveva comunicato la propria intenzione di lasciare l’università per tornare a casa e prendersi cura di lui e della canonica, il reverendo aveva protestato, ovvio, ma Octavia gli aveva letto il sollievo negli occhi e aveva soffocato ogni rimpianto. Con molto tatto, si era via via fatta carico delle incombenze parrocchiali di cui la madre si era sempre occupata con un sorriso e tanta disponibilità, mentre, nel frattempo, scopriva che nel dizionario privato della signora Wilding segretaria era sinonimo di tuttofare.
Nonostante i lati negativi, comunque, quel lavoro le consentiva di mantenere una certa indipendenza, oltre a permetterle di dare un piccolo contributo al budget famigliare.
In cambio, doveva coprire le normali ore d’ufficio per cinque giorni e mezzo alla settimana, e poteva usufruire di soli quindici giorni di ferie. Tutt’altra cosa rispetto alle lunghe vacanze di cui godevano gli insegnanti.
Ed era escluso anche lo stacco di metà quadrimestre, ragion per cui quel particolare pomeriggio era una concessione, dovuta al fatto che la signora Wilding si trovava altrimenti impegnata.
Era merito della signora Wilding se la Greenbrook School risultava molto ambita nonostante le tasse scolastiche particolarmente elevate. Lei non insegnava, ma era bravissima nello scegliere i docenti, al punto che anche gli studenti meno dotati riuscivano a brillare.
Quando alla fine sarebbe andata in pensione, la scuola sarebbe passata sotto la guida di Patrick. Il suo unico figlio era tornato da Londra l’anno precedente e aveva assunto il ruolo di economo della scuola.
E sua moglie, quando ne avrà una, ricoprirà a sua volta un ruolo nell’istituto, pensò Tavy sentendosi colmare da una gioia calda che non aveva niente a che fare con il sole.
Non solo lo conosceva da una vita, com’era logico in quel paesino, ma Patrick era stato l’oggetto della sua prima cotta adolescenziale. Anche se, per quanto la notava, Tavy avrebbe benissimo potuto essere una delle lune di Giove.
Dopo l’università, Patrick era andato a lavorare a Londra e, per un certo periodo, addirittura all’estero, rientrando in paese solo per visite fugaci. L’ultima cosa che si sarebbe aspettata era di vederlo tornare a stabilirsi lì. E invece, sei mesi prima, era successo proprio l’impensabile.
Mentre si trovava nel bugigattolo che le faceva da ufficio, la signora Wilding l’aveva accompagnato dentro e si era lanciata in rigide presentazioni. «Patrick, non so se ti ricordi Octavia Denison...»
«Certo che sì! Siamo vecchi amici.» Il sorriso dell’uomo era parso protendersi verso di lei ad accarezzarla, come Tavy aveva visto succedere tante volte in passato, ma sempre a qualcun’altra. Con lei, non era mai accaduto. «Sei in gran forma, Tavy!» aveva aggiunto Patrick.
Mentre rispondeva sforzandosi di mantenere la voce ferma, Octavia si era sentita avvampare. «È bello rivederti, Patrick.» Non hai idea quanto!
Dopo quell’occasione, Patrick sembrava essersi assunto l’impegno di fare un salto a salutarla ogni volta che si trovava nella scuola. Appollaiato sull’angolo della scrivania, chiacchierava amabilmente come se la loro passata amicizia fosse esistita davvero e lei non fosse stata «quella ragazzetta rossa tutta pelle e ossa della canonica», come l’aveva descritta una compagna, a voce abbastanza alta da farsi sentire anche da lei.
Tavy era rimasta sulle sue, educata ma non incoraggiante. L’istinto le suggeriva che la signora Wilding non sarebbe stata granché incline ad approvare tanta fraternizzazione.
Perciò, quando alla fine lui l’aveva invitata fuori a cena, la sua prima reazione era stato un rifiuto, immediato e senza possibilità di replica. «Patrick, lavoro per tua madre. Non sarebbe appropriato che tu portassi fuori una dipendente.»
L’uomo aveva sbuffato. «Per l’amor del cielo, in che secolo viviamo? E comunque mamma ne sarebbe contenta, te lo garantisco.»
Ciononostante, Tavy era stata irremovibile. L’unico problema era che lo era stato anche lui e, alla fine, la terza volta che se l’era sentito chiedere, Octavia aveva accettato, a dispetto di tutti i dubbi che continuava a nutrire.
Mentre si preparava, frugando nell’armadio in cerca dell’unico abito decente che possedeva e pregando che le andasse ancora bene, si era resa conto di non essere più uscita con nessuno dopo i primissimi mesi all’università, quando aveva frequentato per un periodo breve, ma molto piacevole, Jack, un compagno di studi.
Da allora, niente. E nessuno.
Tanto per cominciare, nei paraggi c’erano pochi single disponibili. Poi, come se non bastasse, gestire il lavoro, le faccende di casa e la cucina alla canonica, oltre ad aiutare nelle incombenze parrocchiali, la lasciava talmente stanca che manco sarebbe riuscita a guardarsi intorno, se anche ne avesse avuto il tempo o la voglia.
Quella prima sera, Patrick l’aveva portata in un ristorantino francese a Market Tranton, dove si erano goduti pietanze incredibili annaffiate da un ottimo Bergerac. Da allora avevano cominciato a uscire con una certa regolarità, anche se quando si incrociavano sul lavoro il loro atteggiamento era sempre strettamente professionale.
E anche se, fin lì, l’uomo non aveva fatto alcun tentativo di portarsela a letto, come invece lei si sarebbe aspettata. E come avrebbe desiderato, non avendo alcuna voglia di rimanere l’unica ventiduenne al mondo ancora vergine.
Non solo, ma tutti i loro incontri continuavano ad avvenire lontani dal paese. Quando alla fine l’aveva messo alle strette, lui aveva confessato di voler mantenere segreta la faccenda. La madre aveva parecchie preoccupazioni, e voleva aspettare il momento giusto per metterla al corrente.
Ammesso che il momento giusto prima o poi arrivi!
La signora Wilding coltivava la gentilezza come l’altra gente coltiva i fiori sul davanzale: per farli vedere agli altri. Come avrebbe reagito scoprendo che la sua segretaria un giorno si sarebbe potuta trasformare in nuora?
Be’, me ne preoccuperò quando sarà il momento, pensò Tavy asciugandosi il sudore che le sgocciolava negli occhi.
Il primo sospetto di avere un’auto alle calcagna venne insinuato da un colpo di clacson assordante. Con un gemito, Octavia barcollò per un istante prima di riuscire a riacquistare il controllo della bicicletta giusto in tempo per non finire nel fosso.
Il veicolo che l’aveva spaventata, una lucida decappottabile, la sorpassò e accostò pochi metri più avanti.
«Ciao, Octavia!» Voltandosi verso di lei, la guidatrice spinse con fare languido gli occhiali da sole sui morbidi capelli biondi. «Vai ancora in giro su quel pezzo da museo?»
Lottando per riguadagnare la compostezza, insieme all’equilibrio, Tavy grugnì dentro di sé.
Ed ecco a voi Fiona Culham, pensò rassegnata. Avrebbe riconosciuto quel tono secco e gelido in qualsiasi istante, solo non si aspettava di risentirlo. E decisamente avrebbe preferito che non accadesse.
Con riluttanza, smontò dalla sella e raggiunse l’auto portando la bici a mano. «Buongiorno, signora Latimer» replicò con voce cortese mentre rifletteva sul fatto che, nonostante Fiona avesse solo due anni più di lei, il tu non era mai stato reciproco. «Come sta?»
«Io bene, ma tu a quanto pare non sei aggiornata. Sono tornata a usare il cognome da ragazza, ora che sto divorziando, non lo sapevi?»
Ma porca paletta, ti sei sposata solo diciotto mesi fa! «No, non lo sapevo. Mi dispiace molto.»
Fiona fece spallucce. «Oh, non preoccuparti. È stato un terribile errore, ma non si può sempre vincere, giusto?»
Il terribile errore – un matrimonio in pompa magna a Londra, che aveva visto persino la presenza di alcuni membri minori della casa reale – era stato sbandierato su tutti i quotidiani, con tanto di articoloni sulle più celebri riviste patinate. La sposa, descritta come «radiosa», evidentemente era stata fotografata prima di rendersi conto dell’errore...
«Eh, capisco che la chiesetta di Holy Trinity non sarebbe andata bene per una cerimonia del genere» aveva commentato il reverendo la mattina in cui l’annuncio era apparso sul giornale.
E per fortuna, pensò Tavy in quel momento, sapendo quanto il padre prendeva sul serio il matrimonio, e quanto lo addolorava che un legame iniziato sotto i migliori auspici andasse in crisi. «Dev’essere molto stressante, per lei. È qui in vacanza?» domandò, schiarendosi la gola.
«Tutt’altro! Sono tornata per restare» replicò Fiona, squadrandola dall’alto in basso e facendola sentire quanto mai consapevole delle ciocche rosso rame che le pendevano sul viso in nastri umidicci e degli abiti acquistati ai grandi magazzini.
Naturalmente, Fiona era a dir poco impeccabile.
«Allora, in quale faccenda ultramisericordiosa sei impegnata, oggi? Visitare i malati, recare conforto ai poveri?»
«Distribuire il bollettino parrocchiale» replicò Tavy senza muovere un muscolo.
«Che figlia coscienziosa! Be’, ci vediamo. Ma davvero, Octavia, se fossi in te non passerei altro tempo sotto questo sole cocente. Hai tutta l’aria di aver già oltrepassato il punto di fusione.» Inserendo la frizione, Fiona ingranò la marcia.
Tavy rimase a guardare mentre l’auto scompariva dietro una curva e si augurò che fosse entrata in una di quelle curvature spaziotemporali in cui la gente spariva in modo misterioso, per poi riapparire più gentile e saggia anni e anni dopo. Anche se, a pensarci bene, nessuna curvatura del tempo avrebbe mai potuto migliorare Fiona, viziata figlia unica di genitori straricchi. Era stata proprio lei a uscirsene con quel commentino sulla rossa scheletrica, mentre Tavy dava una mano durante una festa in giardino a White Gables, la tenuta-maneggio dei suoi genitori.
Nonostante tutti i suoi soldi, però, il padre di Fiona non era molto popolare. I più gentili dicevano che era un uomo d’affari senza scrupoli.