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Le foglie cadute
Le foglie cadute
Le foglie cadute
E-book520 pagine7 ore

Le foglie cadute

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Info su questo ebook

Traduzione di Daniela Paladini
Edizione integrale

Wilkie Collins mette in scena, attraverso un intreccio sapiente e personaggi indimenticabili, le questioni sociali che affliggono l’epoca vittoriana, e lo fa superando i limiti dei generi romanzeschi che lui stesso ha contribuito a creare, ibridando il sensation novel con il romanzo di denuncia sociale, il feuilleton con il poliziesco, e dando vita a un romanzo d’intrattenimento ricco di colpi di scena, drammi sociali e amorosi, contrasti politici ed economici, che tengono il lettore incollato alle intricate vicende fino al loro scioglimento. Il giovane Claude Amelius Goldenheart, a causa di una relazione con una donna più grande di lui, disapprovata dalla comunità, viene allontanato e spedito dall’Illinois alla sua terra d’origine, l’Inghilterra, a fare esperienza del Vecchio Mondo. L’incontro con Mr. Farnaby, un ricco e ambiguo uomo d’affari, lo avvierà alla conoscenza di regole e pratiche sociali agli antipodi dalla sua onestà, dalla sua profonda empatia nei confronti dei deboli e degli ultimi, dal suo atteggiamento sincero e fiducioso verso l’umanità intera.
Wilkie Collins
(1824-1889), figlio di un pittore paesaggista, studiò Legge senza mai praticare la professione, attingendo alle conoscenze del crimine così maturate per le sue opere. La fortuna arrivò dopo l’incontro con Dickens, che pubblicò gli scritti di Collins sulle sue riviste, inaugurando un rapporto di lavoro e di amicizia che durò dieci anni. Fu un autore molto prolifico, scrisse venticinque romanzi, più di cinquanta racconti e numerose opere teatrali. La Newton Compton ha pubblicato La donna in bianco, Senza nome, L’albergo stregato, La Pietra di Luna, Armadale, La legge e la signora, Le foglie cadute e la raccolta I grandi romanzi.
LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2018
ISBN9788822706881
Le foglie cadute
Autore

Wilkie Collins

Wilkie Collins (January 8, 1824-September 23, 1889) was the author of thirty novels, more than sixty short stories, fourteen plays (including an adaptation of The Moonstone), and more than one hundred nonfiction pieces. His best-known works are The Woman in White, The Moonstone, Armadale, and No Name.

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    Anteprima del libro

    Le foglie cadute - Wilkie Collins

    Libro primo

    Amelius tra i Socialisti

    i

    Sedici anni dopo il giorno della tragica scoperta di Mr Ronald a Ramsgate – vale a dire nel 1872 – il piroscafo Aquila lasciava il porto di New York diretto a Liverpool.

    Era settembre. La lista dei passeggeri dell’Aquila contava un numero relativamente esiguo di nomi. Nella stagione autunnale la traversata dall’America all’Inghilterra, non fosse stato per il valore del carico, nell’insieme si sarebbe dimostrata svantaggiosa per gli armatori. Il flusso dei passeggeri, in quel periodo dell’anno, intraprende sistematicamente il viaggio nella direzione opposta. Dall’Europa, gli americani fanno ritorno al loro paese. I turisti hanno rimandato il viaggio finché la torrida calura d’agosto degli Stati Uniti non si sia attenuata e la deliziosa estate indiana sia pronta ad accoglierli. Forniti di vitto e alloggio, i passeggeri dell’Aquila nel loro viaggio verso casa hanno a disposizione parecchio spazio, e pietanze della miglior qualità sulla tavola imbandita a dovere.

    Il vento era a favore, il tempo magnifico. Allegria e buon umore dimoravano nella nave da poppa a prua. Nella sua cabina, l’amabile capitano faceva gli onori di casa con l’aria di un aristocratico che riceve amici nella propria dimora. L’affascinante dottore passeggiava sul ponte sottobraccio alle signore in rapida ripresa dopo le nausee iniziali provocate dal mal di mare. L’illustre ingegnere capo, che nel tempo libero si dedicava anima e corpo alla musica, suonava il violino in cabina accompagnato al flauto dal secondo ufficiale, giovane Apollo del commercio atlantico. Soltanto durante il terzo giorno di navigazione, l’armonia che regnava a bordo dell’Aquila fu turbata da un momento di disaccordo, dovuto all’inatteso arrivo tra i ranghi dei passeggeri di un infiltrato, sotto forma di un uccello smarrito!

    Non era che un uccellino di terra sfinito (portato fuori rotta dal vento, come supposero gli esperti del campo), e si era appollaiato su un pennone per riposare e riprendersi dopo un lungo volo.

    Nel momento in cui la creatura fu avvistata, l’insaziabile piacere che gli anglosassoni provano nell’uccidere uccelli – dalla regale aquila all’indegno passero – si manifestò in modo frenetico. L’equipaggio si precipitò sui ponti, i passeggeri si affrettarono a rientrare nelle cabine, smaniosi di afferrare il fucile per aggiudicarsi il primo colpo. Un vecchio timoniere dell’Aquila fu l’uomo invidiabile che per primo si ritrovò fra le mani il mezzo di distruzione carico. Imbracciò il fucile, appoggiò il dito sul grilletto… quando all’improvviso fu assalito da uno dei passeggeri – un giovanotto magro, dinamico e scottato dal sole – che gli strappò di mano l’arma, se ne liberò scagliandola al di là del parapetto dell’imbarcazione, e si rivolse su tutte le furie al timoniere. «Disgraziato! Uccidereste il povero uccellino sfinito che conta sulla nostra ospitalità, e non ci chiede altro che concedergli un po’ di riposo? Quell’animaletto indifeso è una creatura di Dio tanto quanto voi. Mi vergogno di voi – mi fate inorridire – portate stampato in faccia il marchio di assassino di uccelli. Detesto anche solo guardarvi!».

    Il timoniere – un uomo rozzo, grande e grosso, lento tanto nel corpo che nella mente – ascoltò questa bizzarra protesta con lo sguardo sbigottito e la bocca spalancata da cui scorrevano piccoli rivoli marroni di succo di tabacco. Quando il giovane e impetuoso gentiluomo s’interruppe (non per mancanza di parole ma per mancanza di fiato), il timoniere si girò e lo indicò alla platea che si era radunata. «Signori», disse con latina brevità, «questo giovanottello è pazzo».

    La voce del capitano arginò la contagiosa esplosione di risate: «Può bastare, timoniere. Diamo per scontato che nessuno debba sparare al volatile. Ma permettetemi un suggerimento, signore: avreste potuto esternare con la stessa efficacia i vostri sentimenti usando un linguaggio meno violento».

    Affrontato in questi termini, l’impetuoso giovane reagì di nuovo con fervore. «Avete pienamente ragione, signore! Merito ogni parola che mi avete detto: so di aver fatto una pessima figura». Corse dietro al timoniere e lo afferrò con tutte e due le mani. «Vi chiedo scusa; vi chiedo scusa dal profondo del cuore. Mi avreste dato ciò che merito se mi aveste gettato in mare, considerato il linguaggio che ho usato con voi. Vi prego di scusare la mia tempra irruente. Vi prego, perdonatemi. Come dite? Mettiamoci una pietra sopra. È un punto di vista eccellente. Siete davvero un tipo come si deve. Se potrò mai esservi utile per qualsiasi cosa (ecco qui il mio biglietto e l’indirizzo di Londra), fatemelo sapere; vi scongiuro, fatemelo sapere». Poi si precipitò di nuovo dal capitano. «Pace fatta col timoniere, signore. Mi perdona, non serba alcun rancore. Lasciate che mi rallegri con voi per il fatto che avete un così buon cristiano sulla vostra nave. Vorrei essere come lui! Scusatemi tutti, signore e signori, per il disturbo che vi ho procurato. Non accadrà mai più, vi do la mia parola».

    I viaggiatori di sesso maschile si guardavano l’un l’altro e sembravano per lo più d’accordo con l’opinione del timoniere a sul loro compagno di viaggio. Le donne, toccate dall’innegabile sincerità del giovanotto e incantate da quel viso affascinante che avvampava di passione, riconobbero tutte che aveva ragione da vendere nel salvare il povero uccellino, e che tutto sarebbe andato decisamente meglio per la metà più debole del mondo se ci fossero stati altri uomini simili a lui. Mentre era ancora in corso lo scambio delle diverse opinioni, il trillo della campanella del pranzo svuotò il ponte dei passeggeri, con due eccezioni: il giovane irruente, e un viaggiatore di mezz’età, con la barba brizzolata e gli occhi penetranti, che aveva osservato gli eventi senza dire una parola, e che adesso coglieva l’occasione per presentarsi all’eroe del momento.

    «Non andate a pranzo?», gli domandò.

    «No, signore. Tra le persone con cui ho vissuto non si consumano pasti ogni tre o quattro ore, durante la giornata».

    «Mi scuserete», continuò l’altro, «se confesso che mi piacerebbe sapere con quali persone avete vissuto. Il mio nome è Hethcote. Ho fatto parte, per un certo tempo, di un istituto che si occupava della formazione dei giovani. Da quel che ho visto e sentito stamattina, immagino che non siate stato educato secondo nessuno dei sistemi attualmente riconosciuti e diffusi. Dico bene?».

    Il giovane irruente si trasformò di colpo nel ritratto della rassegnazione, e rispose con una tiritera, come se stesse ripetendo una lezione.

    «Sono Claude Amelius Goldenheart. Età, ventun anni. Figlio, e unico figlio, dell’ultimo Claude Goldenheart, di Shedfield Heath, nel Buckinghamshire, Inghilterra. Sono stato tirato su dai Socialisti cristiani delle origini, nella Comunità di Tadmor, Illinois. Ho ereditato una rendita di cinquecento sterline l’anno. E adesso, con il consenso della Comunità, mi sto recando a Londra per conoscere la vita».

    Mr Hethcote accolse questo abbondante flusso di informazioni, col dubbio di essere stato oggetto di una grossolana presa in giro, o di aver ascoltato una semplice quanto bizzarra esposizione di fatti.

    Claude Amelius Goldenheart si accorse di aver suscitato un’impressione sfavorevole e si affrettò ad aggiustare il tiro.

    «Scusatemi, signore», disse, «non mi sto burlando di voi, come sembrate supporre. Ci hanno insegnato a essere cordiali con tutti, nella nostra Comunità. Il fatto è che pare ci sia qualcosa di strano in me (io però non so con certezza cosa), che rende le persone che incontro in viaggio curiose di conoscere la mia identità. Se vorrete fare mente locale, ricorderete che tra l’Illinois e New York c’è parecchia strada, e non mancano certo gli sconosciuti curiosi durante il viaggio. Quando uno è costretto a dire più e più volte la stessa cosa, usare una formula evita un bel po’ di seccature. Io ho creato la formula adatta a me, ed è rispettosamente a disposizione di coloro che mi fanno l’onore di volermi conoscere. È tutto chiaro adesso, signore? Ottimo, allora; vogliate stringermi la mano come segno della vostra soddisfazione».

    Mr Hethcote gli strinse la mano, più che soddisfatto. Trovò impossibile resistere a quegli occhi scuri, luminosi e sinceri, ai modi spontanei, amichevoli e accattivanti del giovane compagno di viaggio, alla sua bizzarra formula e al suo strano nome.

    «Venite, Mr Goldenheart», disse conducendolo verso un luogo dove sedersi sul ponte. «Mettiamoci comodi, e facciamo due chiacchiere».

    «Tutto ciò che volete, signore, ma non chiamatemi Mr Goldenheart».

    «Perché no?»

    «Be’, suona troppo formale. Inoltre siete abbastanza vecchio da poter essere mio padre; è mio dovere chiamare voi signor…, oppure semplicemente signore, così come ci rivolgiamo ai nostri anziani a Tadmor. Ho lasciato alle spalle tutti i miei amici della Comunità, e mi sento solo su questo vasto mare, in mezzo a sconosciuti. Fatemi una gentilezza, signore, chiamatemi col mio nome di battesimo; e datemi amichevole una pacca sulle spalle se vi sembrerà che durante la giornata il nostro rapporto proceda senza intoppi».

    «Con quale dei vostri nomi?», chiese Mr Hethcote, assecondando il curioso ragazzo. «Claude?»

    «No. Non Claude. Secondo i Cristiani delle origini, Claude è un nome francese troppo ricercato. Chiamatemi Amelius, e comincerò a sentirmi di nuovo a casa. Se avete fretta, tagliate via quattro lettere (come usavano a Tadmor) e chiamatemi Mel».

    «Ottimo», disse Mr Hethcote, «e adesso, amico Amelius (o Mel) vengo a parlarvi con franchezza, come avete fatto voi. I Socialisti cristiani delle origini, evidentemente, hanno grande fiducia nel loro sistema educativo per mandarvi libero nel mondo senza un compagno che si occupi di voi».

    «Avete centrato il punto, signore», rispose Amelius con distacco, «hanno una fiducia illimitata nel loro sistema educativo. E io ne sono la dimostrazione».

    «Suppongo che abbiate dei parenti a Londra», continuò Mr Hethcote.

    Per la prima volta, il viso di Amelius rivelò un accenno di tristezza.

    «Ho dei parenti», disse, «ma ho promesso di non chiedere mai la loro ospitalità. Sono disincantati e induriti dalle cose del mondo. Farebbero anche di te un uomo duro e disincantato. Questo disse mio padre sul letto di morte». Si scoprì il capo nel parlare del padre morto e d’improvviso fece una pausa, con la testa china, come immerso nei suoi pensieri. Ma dopo meno di un minuto, si rimise il cappello e alzò gli occhi col suo sorriso accattivante e luminoso.

    «Recitiamo una piccola preghiera per i cari che non ci sono più, quando parliamo di loro», spiegò, «ma non lo facciamo ad alta voce, per paura che la cosa sembri un’esibizione delle nostre convinzioni religiose. Detestiamo i discorsi ipocriti nella Comunità».

    «Sono sinceramente d’accordo con la Comunità, Amelius. Tuttavia, mio caro ragazzo, non troverete davvero nessun amico ad accogliervi quando avrete raggiunto Londra?».

    Amelius rispose in modo enigmatico. «Aspettate un momento!», disse, e sfilò una lettera dalla tasca interna del soprabito. Mr Hethcote, scrutandolo, si accorse che il ragazzo guardava l’indirizzo con autentico orgoglio.

    «Uno dei confratelli della Comunità mi ha fornito questa», annunciò, «è una lettera di presentazione, signore, per un uomo importante: un esempio per tutti noi. In ragione della sua onestà e perseveranza, dalla posizione di umile fattorino in un negozio è arrivato a essere, nell’ambito del commercio, una delle figure più rispettate della City di Londra».

    Con questa premessa, Amelius porse la lettera a Mr Hethcote. Riportava la seguente intestazione:

    Egregio Mr John Farnaby,

    Messers Ronald & Farnaby,

    Cartolai,

    Aldersgate Street, Londra.

    ii

    Mr Hethcote guardò l’indirizzo sulla lettera con un’espressione di sorpresa che non sfuggì all’occhio attento di Amelius. «Conoscete Mr Farnaby?», chiese.

    «Lo conosco appena», rispose con un certo imbarazzo.

    Amelius andò avanti impetuosamente con le domande. «Che tipo di uomo è? Credete che avrà dei pregiudizi nei miei confronti perché sono stato tirato su a Tadmor?»

    «Prima di dare una risposta, dovrei conoscere un po’ meglio, Amelius, sia voi che Tadmor. Potreste raccontarmi come siete diventato uno dei Socialisti, tanto per cominciare…».

    «Be’, Mr Hethcote, non ero che un ragazzino, all’epoca».

    «Ottimo. Anche i ragazzini hanno dei ricordi. Se non avete nulla in contrario, potreste dirmi quello che riuscite a ricordare?».

    Amelius rispose piuttosto malinconico, con gli occhi bassi sul ponte. «Ricordo che accadde qualcosa che gettò un’ombra sulla nostra famiglia in Inghilterra. Captai che la questione riguardava mia madre. Una volta cresciuto un po’, non ho mai neanche ipotizzato di chiedere a mio padre di cosa si trattasse, né lui mi ha proposto di raccontarmelo. So soltanto che lui le aveva perdonato un torto, che le aveva permesso di continuare a vivere nella nostra casa, e che amici e parenti, dopo averlo criticato, da quel momento lo evitarono. Dopo qualche tempo, mentre ero a scuola, mia madre morì. Fui mandato a chiamare perché partecipassi ai suoi funerali con mio padre. Quando tornammo a casa, e ci trovammo noi due da soli, lui mi prese sulle ginocchia e mi baciò. Cosa vuoi fare, Amelius, disse, rimanere in Inghilterra con lo zio e la zia, o affrontare con me il lungo viaggio per l’America, e non tornare mai più in Inghilterra? Prenditi il tempo necessario per rifletterci. Non ebbi bisogno di farlo. Dissi: Voglio venire con te, papà. Mi spaventò scoppiando a piangere: non mi era mai successo di vederlo in lacrime. Adesso posso capirlo. Aveva una ferita al cuore e l’aveva sopportata come un martire; il suo ragazzo era il solo amico che gli era rimasto. Ebbene, prima della fine della settimana eravamo a bordo della nave; e lì conoscemmo un gentiluomo generoso, con una lunga barba grigia, che diede il benvenuto a mio padre e mi fece dono di un dolcetto. Nella mia ignoranza, pensai si trattasse del capitano. Niente del genere. Era il primo Socialista che vedevo, ed era stato lui a indurre mio padre a lasciare l’Inghilterra».

    L’opinione di Mr Hethcote sui Socialisti prese a manifestarsi (con una certa asprezza) nel suo sorriso. «E come sono andate avanti le cose con questo gentiluomo?», domandò. «Dopo aver convertito vostro padre, ha convertito voi con quel dolcetto?».

    Amelius sorrise. «Rendetegli giustizia, signore; non era sul dolcetto che contava. Aspettò finché non fummo in vista della costa americana, e quando arrivammo, rivolse soltanto a me un breve sermone».

    «Un sermone?», ripeté Mr Hethcote. «Sospetto che vi fosse assai poco quanto a temi religiosi».

    «Infatti, signore, davvero poco», rispose Amelius, «solo ciò che di religioso c’è nel Nuovo Testamento. Non ero ancora grande abbastanza per comprenderlo fino in fondo, così buttò giù il discorso su una pagina volante del libro di favole che avevo con me, e me lo consegnò perché lo leggessi una volta che mi fossi stancato delle favole. Le fiabe scarseggiavano in quei giorni, e quando ho esaurito la mia piccola scorta, piuttosto che non leggere nulla, lessi il sermone scritto per me. Lo lessi così spesso, che anche adesso credo di poter di ricordare ogni sua parola. Mio caro fanciullo, la religione cristiana, così come Cristo l’ha insegnata, ha smesso da tempo di essere la religione del mondo cristiano. Una messinscena egoistica e crudele ha preso il suo posto. Proprio tuo padre è un esempio di quanta verità ci sia in quello che dico. Lui ha assolto il primo e più importante dovere di un vero cristiano: il dovere di perdonare un’offesa. Per questo motivo è caduto in disgrazia presso tutti i suoi amici, che lo hanno sconfessato e abbandonato. Lui li ha perdonati, e ha cercato la pace e una buona compagnia nel Nuovo Mondo, tra cristiani come lui. Tu non rimpiangerai di aver lasciato la tua casa insieme a lui; tu sarai membro di una famiglia piena d’amore e, quando sarai abbastanza grande, sarai libero di decidere da solo come dovrà essere la tua vita futura. Questo era tutto ciò che sapevo sui Socialisti, quando approdammo a Tadmor dopo il nostro lungo viaggio».

    I pregiudizi di Mr Hethcote si ripresentarono. «Un posto desolato», affermò, «a giudicare dal nome».

    «Desolato? Come potete pensarlo? Un posto più bello io non l’avevo mai visto, e non mi aspetto di vederlo mai più. Un fiume limpido e sinuoso che si tuffa in un laghetto azzurro. L’ampio versante di una collina, tutto suddiviso in giardini fioriti e riparato da splendidi alberi. Sulla cima della collina, gli edifici della Comunità, di mattoni o di legno, così ben ricoperti di rampicanti e così ben circondati da verande porticati, che neanche oggi sono in grado di dirvi in che stile fossero stati costruiti. Dietro le case altri alberi e, sul fianco opposto della collina, campi di mais, niente altro che campi di mais che si dispiegavano a perdita d’occhio in vaste, gialle distese, fino a raggiungere la luce dorata del cielo al tramonto. Fu questa la prima immagine di Tadmor, quando la diligenza ci lasciò in città».

    Mr Hethcote ancora non cedeva. «E delle persone che vivono in quel paradiso terrestre, cosa mi dite?», chiese. «Tutti santi, uomini e donne, eh?»

    «Oddio no, signore! L’esatto opposto dei santi. Mangiano e bevono come i loro simili. In nessun caso pensano di coprirsi con del lurido crine di cavallo quando possono disporre di lenzuola pulite. E se sono tentati da comportamenti scorretti, trovano un modo migliore per uscirne che annodare una corda e flagellarsi la schiena. Santi! Vennero tutti insieme di corsa ad accoglierci come una scolaresca di ragazzini; la prima cosa che fecero fu darci un bacio, la seconda offrirci un boccale di vino prodotto da loro. Santi! Oh, Mr Hethcote, di cosa ci accuserà ancora? Mi sembra che i vostri sospetti sui poveri Socialisti continuino a sbucare da ogni dove per quanto io tenti subito di reprimerli. Posso, senza offesa, avanzare una supposizione, signore? Da un paio di cose che ho notato, ho la netta impressione che siate un pastore anglicano».

    Finalmente Mr Hethcote si lasciò conquistare, scoppiando in una sonora risata. «Mi avete smascherato», disse, «con tutto che viaggio con una cravatta colorata e una giacca da caccia! Confesso che mi piacerebbe molto sapere come».

    «La spiegazione è semplice, signore. A Tadmor, ogni sorta di viaggiatore è il benvenuto. Durante i periodi di vacanza ne vediamo parecchi. Arrivano tutti con i loro personali pregiudizi nei nostri confronti, celati negli occhi. Vedono tutto quello che abbiamo da mostrare, mangiano e bevono alla nostra tavola, si uniscono ai nostri divertimenti e si comportano col massimo della gentilezza e della cordialità. Poi arriva l’ora dei saluti, e allora si svelano. Se un ospite che ha riso e si è divertito per tutto il giorno, al momento di congedarsi si fa serio e mostra ancora il demonietto del pregiudizio nascosto negli occhi, le possibilità sono dieci a uno che si tratti di un uomo di chiesa. Senza offesa, Mr Hethcote! Riconosco con gioia che i vostri occhi sono di nuovo limpidi. In fin dei conti voi non siete un pastore molto clericale, signore. Ancora non dispero di convertirvi!».

    «Andate avanti con la vostra storia, Amelius. Siete il tipo più bizzarro in cui mi sono imbattuto da molto tempo in qua».

    «Sono un po’ incerto se proseguire o meno, signore. Vi ho raccontato come ho raggiunto Tadmor, come si presenta e che genere di persone abitano in quel posto. Per fare un passo avanti, devo saltare ai giorni in cui ebbi l’età giusta per imparare le Regole della

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