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Insonnia d'amore
Insonnia d'amore
Insonnia d'amore
E-book335 pagine4 ore

Insonnia d'amore

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Info su questo ebook

Il libro più scandaloso che leggerete quest’anno

Matt e Hannah si sono conosciuti online.
Ma la loro passione è dannatamente reale.

Matt Sky ha ventotto anni e una vita perfetta. Ha appena ricevuto un’eredità favolosa, esce con una bellissima ragazza e i suoi quattro libri sono diventati bestseller. Su di loro non c’è il vero nome di Matt, ma sono firmati con uno pseudonimo, M. Pierce. Le cose vanno in modo molto diverso per Hannah Catalano. Il suo ragazzo è un disastro e il lavoro la stressa, senza appassionarla. Ma tutto cambia quando Matt e Hannah si conoscono online. Stanno entrambi cercando qualcuno con cui scrivere un romanzo a quattro mani, con poche semplici regole: niente nomi, niente foto. In fondo, che male c’è? La loro relazione è sicura, protetta dall’anonimato e assolutamente innocente… Le cose potrebbero continuare così per sempre, ma quando Matt vede per caso una foto di Hannah, rimane folgorato. E più il tempo passa e meno riesce a togliersela dalla testa. Ogni notte il pensiero di lei lo assale. Quando il destino deciderà di farli finalmente incontrare, la passione riuscirà a vincere paure e inibizioni?

Puoi desiderare qualcuno che non hai mai incontrato?

«Scritto con cura, complesso e vibrante, con una sensualità oscura che vi farà arrossire e desiderare di andare avanti allo stesso tempo.» 
Christina Lauren, autrice bestseller di New York Times e USA Today

M. Pierce
è lo pseudonimo di un autore bestseller che vive in Colorado.
LinguaItaliano
Data di uscita12 mar 2019
ISBN9788822731845
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    Anteprima del libro

    Insonnia d'amore - M. Pierce

    Capitolo 1

    Matt

    Mentii a Hannah sulla foto.

    Le mentii su un sacco di cose.

    Nessuna relazione dovrebbe fondarsi sulla menzogna, ma del resto non avevo alcuna relazione − almeno non con Hannah. Lei era una che avevo trovato su internet. Bethany era la mia ragazza, colei con cui condividevo l’appartamento, il letto e la vita.

    A Hannah spettavano solo le briciole.

    Niente foto, avevo detto a Hannah su Skype. Niente dettagli, niente cognome, niente numero di telefono. Niente. Non voglio conoscerti, e non voglio che tu mi conosca. Scriviamo insieme online, tutto qui. Non sto cercando nuove amicizie. Cerco un partner di scrittura.

    Capito, mi aveva risposto.

    Ricordo di aver fissato il messaggio sul portatile, chiedendomi se si fosse offesa. Impossibile dirlo, le parole erano rimaste lì sospese senza alcuna intonazione.

    Nel giro di un mese, Hannah riuscì a infrangere due delle mie regole inviandomi una mail dal suo indirizzo di posta personale, hannah.catalano@xmail.com. Accanto alla mail c’era l’immagine del suo account. Una foto che la ritraeva.

    Detti uno sguardo all’immaginetta quadrata, poi al suo cognome, poi di nuovo alla foto. Avrei dovuto accedere a Skype e redarguirla seduta stante, ma non lo feci. Cliccai sull’immagine, che mi condusse al suo profilo di Google+ e a una versione più grande della sua foto.

    Indossava un top color crema senza spalline con una frangia di pizzo nero sullo scollo. Un solco profondo spariva oltre il pizzo. La pelle era incredibilmente pallida, perfetta, e i capelli le ricadevano in fitti ricci bruni intorno al viso. Portava un paio di occhiali dalla montatura nera e rettangolare con piccole gemme su ciascun lato. Mandava un bacio all’obiettivo. A me.

    Avrei dovuto chiudere immediatamente la finestra.

    Invece mi misi a fissare la foto di Hannah – e continuai a farlo − finché non mi diventò duro nei pantaloni. Cercai di far finta di nulla, ma più guardavo la foto di Hannah, più mi diventava duro. Era bella. Ed ero furioso con lei, per avermi rifilato foto e cognome.

    Feci scivolare la mano in mezzo alle gambe e chiusi gli occhi.

    Era la seconda volta che venivo pensando a Hannah.

    La prima volta era stata una settimana prima. Bethany era appena partita per un viaggio in Brasile. Sarei potuto andare con lei, ma non avevo voglia di visitare l’America del Sud con i suoi genitori al seguito.

    Mi ero ritrovato a chattare con Hannah ogni giorno.

    Era tardi, circa le due del mattino. Il fidanzato di Hannah era andato a dormire. Ciò significava che Hannah era da sola nel suo studio nel seminterrato. Quanto a me, mi trovavo nella stanza degli ospiti del mio appartamento a Denver con il portatile.

    Ti ho inviato alcuni paragrafi, digitai, ma non disturbarti a rispondermi stasera. Non sei stanca?.

    Little.Bird: Non ancora. Non riesco a dormire bene.

    Little.Bird era il soprannome di Hannah su Skype. Il mio era Night.Owl.

    Night.Owl: Prendi qualcosa. Che so, della melatonina?

    Little.Bird: Con me non funziona.

    Night.Owl: Be’, accidenti.

    Ci addentravamo in un terreno sconosciuto con quella conversazione.

    Di solito, parlavamo del nostro racconto a quattro mani e nient’altro.

    Il nostro era un fantasy in pieno svolgimento. Era un continuo inviarsi pezzi di storia via mail. Questo è il come e il perché ci siamo conosciuti: su un forum per scrittori di narrativa, in cerca di un partner di scrittura.

    Il personaggio di Hannah era un’umana con poteri soprannaturali, e il mio era un demone.

    Lei era Lana. Io Cal.

    Little.Bird: A volte fumo un po’ d’erba di Mick per conciliare il sonno.

    Night.Owl: Fai bene.

    Little.Bird: Già. *Spalluccia* Mick fuma 24/7 e beve pure tutti i giorni. Io non sono come lui. Comunque, qua è legale.

    Mi si strinse lo stomaco. Il Colorado aveva legalizzato di recente la marijuana per uso ricreativo. Lo stesso aveva fatto lo Stato di Washington. Cristo, Hannah viveva nel mio stesso Stato? Come mai a quella possibilità il mio stomaco aveva cominciato a tentennare?

    Night.Owl: Già, è legale anche qua. Io vivo in Colorado.

    Little.Bird: D’accordo, Mister agente segreto niente dettagli.

    Mi scappò un sorrisetto. Ah, e così Hannah non stava per spifferarmi dove abitava. Me lo meritavo.

    Night.Owl: Ho il permesso di infrangere le mie regole.

    Little.Bird: Allora chiedi.

    Night.Owl: Cosa? Chiedere cosa?

    Little.Bird: Oh, per favore, Matt. Stai aspettando che io ti dica dove vivo.

    Night.Owl: Allora dimmelo.

    Little.Bird: Seattle.

    Provai una strana sensazione allo stomaco. Washington, non il Colorado.

    Night.Owl: Ah. Non sono mai stato da quelle parti.

    Little.Bird: Una volta dovresti venire. Ottimo cibo, ottima atmosfera.

    Night.Owl: Il tuo fidanzato deve essere un vero ammaliatore.

    Little.Bird: Ah ah ah. Certo. Poco importa, non starò con lui ancora per molto. Torno subito.

    Hannah si assentò per dieci minuti. Merda, l’avevo turbata?

    Little.Bird: Eccomi.

    Night.Owl: Bentornata. Tutto bene?

    Little.Bird: Sì, tutto bene. Volevo mettermi qualcosa di più comodo.

    Fissai il monitor per un minuto buono prima di costringere le dita a digitare quello che mi stava gridando il cervello. Dopo averlo digitato, fissai le parole per un altro minuto prima di premere Invio.

    Dovevo aver perso la testa. O essermi trasformato in un maniaco. O entrambe le cose.

    Night.Owl: Quindi cosa indossi?

    Little.Bird: Ah ah ah! Crollano tutti i muri stasera…

    Night.Owl: Ah ah. Dio, scusa. Non ho idea del perché te l’ho scritto. Ignoralo. Mi sento un viscido in questo momento.

    Little.Bird: No, era divertente, tutto qua. Non sei un viscido, fidati. Giocavo su internet una volta. So riconoscere un viscido.

    Night.Owl: Be’, se lo dici tu.

    Mi sentivo la faccia accaldata. Hannah e io stavamo avendo la nostra prima vera conversazione, e io le avevo chiesto cosa indossava.

    Io, un uomo di ventotto anni felicemente impegnato, mi ero trasformato nell’equivalente di un quattordicenne arrapato. Complimenti.

    Little.Bird: Matt, ti ho detto fidati. Tu. Non. Sei. Un. Viscido. Sei l’esatto contrario. È per questo che ho riso. Perché di punto in bianco Mister non cerco amicizie quindi non rompermi con dettagli sulla tua vita vuole sapere cosa indosso. Vuoi ancora saperlo?

    Il rossore per l’imbarazzo si stava trasformando in fretta in vampate di collera.

    Night.Owl: Sì, Cristo, voglio ancora saperlo. Te l’ho chiesto apposta, quindi o me lo dici o lascia perdere. Non c’è bisogno che tu mi faccia sentire un coglione per avertelo chiesto.

    Little.Bird: D’accordo! Mi dispiace. Non ti arrabbiare. Ho un accappatoio blu.

    Night.Owl: Un accappatoio…?

    Little.Bird: Sì. È un morbido accappatoio blu. Mi arriva a metà coscia.

    Night.Owl: Solo quello?

    Little.Bird: Sì.

    Sentii pulsare tra le gambe. All’epoca, non avevo idea di che aspetto avesse Hannah, ma la cosa non sembrava avere importanza per il mio uccello. Feci scivolare il portatile dalle cosce e poi sul materasso. Premetti la mano sul mio sesso. E aspettai. Come sarebbe andata a finire?

    Little.Bird: Posso… chiederti cosa indossi tu?

    Night.Owl: Pantaloni della tuta.

    Little.Bird: Solo questo?

    Night.Owl: Sì.

    Little.Bird: Gnam gnam…

    Night.Owl: Hannah. Dovresti aprirti l’accappatoio.

    Little.Bird: Va bene.

    Rimasi a bocca aperta. L’erezione premeva contro il palmo della mia mano. Va bene? Eseguì il mio ordine con calma e senza esitare. Lo stava facendo davvero?

    Mi immaginai una ragazza seduta alla scrivania, l’accappatoio striminzito aperto e il seno completamente nudo davanti allo schermo. Mi abbassai i pantaloni sui fianchi e liberai l’asta. Il corpo mi formicolava tutto.

    Dovevo dire a Hannah di smetterla e che non ero single e che avremmo rovinato la nostra piacevole amicizia in pieno anonimato su internet.

    Night.Owl: Descrivimi il tuo corpo. Allarga le gambe. Dio, come mi martella il cuore.

    Little.Bird: Anche a me. Le ho allargate. Dirtelo mi fa bagnare tutta.

    Night.Owl: Dio, Hannah.

    Presi a masturbarmi con una mano, soffermandomi a titillare la punta con il pollice. Sentivo tirare i muscoli delle cosce e delle braccia − tendersi per l’eccitazione o la volontà di finirla lì. Dovevo fermarmi.

    Little.Bird: Il seno è… grande. Una quinta. È naturale e bello alto. I capezzoli sono rosa scuro. Sono molto sensibili. Ho le curve. Credo un fisico a clessidra.

    Ero lì lì per venire. Di già. Mi lasciai sfuggire un gemito nel silenzio dell’appartamento e dimenai il bacino contro la mano. Oddio, oddio, oddio. Cercai a tentoni la tastiera del portatile.

    Night.Owl: Aiutami a venire.

    Little.Bird: Mi sono depilata le gambe fin lassù. Ce l’ho molto stretta. E umida. È così bagnata. Sto facendo un disastro.

    Night.Owl: Dio, sei una porca Hannah.

    Little.Bird: Sì che lo sono. Ho le gambe talmente spalancate che mi fanno male. Vorrei tanto che tu fossi qua a sbattermi.

    L’orgasmo mi colse di sorpresa, il piacere che si propagava tutto in una volta.

    Rantolai e mi misi seduto di colpo. Venni nella mano con un gemito.

    Sto facendo un disastro.

    Vorrei tanto che tu fossi qua a sbattermi.

    Collassai sui cuscini. Il petto che si sollevava. Un rivolo di sudore che gocciolava dai capelli biondo scuro sulla mascella.

    Cos’era successo? Mi misi a fissare il portatile e aspettai. Non potevo disconnettermi; dovevo dire qualcosa. Grazie? Scusa?

    Night.Owl: È meglio che vada.

    Little.Bird: Aspetta. Andava tutto bene, Matt. Se te ne vai perché ti senti in imbarazzo, non farlo. Non dobbiamo parlarne.

    Trovare le parole È meglio che vada era stato già abbastanza difficile. Non avevo altro da dire. Avevo bisogno di pensare, o di non pensare. Ma più di tutto avevo decisamente bisogno di allontanarmi da Hannah.

    Little.Bird: Ascolta. Di solito non faccio queste cose. Non voglio che tu pensi che sono una di quelle.

    Night.Owl: No. Nemmeno io.

    Prima che Hannah potesse digitare una risposta, chiusi Skype e spensi il portatile.

    Non mi ero più connesso per una settimana.

    E che settimana. La testa era sempre invasa di pensieri su Hannah. Mi svegliavo pensando a lei, spesso con l’erezione, e andavo a dormire pensando a lei. Pensavo a lei nella doccia. Pensavo a lei quando cercavo di lavorare, il mio ultimo progetto aperto sullo schermo del computer e la mente intrappolata in un sogno a occhi aperti.

    Hannah, Hannah, Hannah.

    Rimuginavo continuamente sui pochi dettagli che mi aveva fornito. Seno grande, corpo tutto curve, fica stretta.

    Durante il fine settimana uscii a pranzo con un amico.

    «Cosa sai di Seattle?», cercai di chiedere con nonchalance.

    «Seattle? Perché?»

    «Mi serve per una storia. Ho pensato di chiederlo a te. Io non ci sono mai stato, non la conosco minimamente».

    «Be’, sono stato nel nord-ovest del Pacifico un po’ di volte». Il mio amico masticava e mi guardava perplesso. Fissai il piatto. Avevo a malapena toccato il cibo, ma sotto il suo sguardo attento mi ficcai una forchettata di risotto in bocca.

    «Una marea di hipster», mi disse. «Tutte quelle orribili barbe. E ti dirò, il tempo laggiù è deprimente da fare schifo. È grigio. Voglio dire, se a te piace, è l’ideale. Ma è umido, Matt, fondamentalmente è sempre umido».

    Sbattei giù la forchetta. Per poco non soffocavo.

    Umida. E così bagnata. Sto facendo un disastro.

    Dopo due giorni Hannah mi inviò tramite mail un pezzo del racconto. Di solito rispondeva nel giro di qualche ora. Magari aveva avuto dei ripensamenti su di me.

    Accidenti, ce li avrei avuti anch’io dei ripensamenti.

    Tuttavia, il suo modo di scrivere era del tutto normale.

    I nostri personaggi erano in viaggio verso una città portuale in cerca di informazioni per aiutare Lana a incanalare i suoi poteri. Durante la scrittura della storia, percepivo che il mio personaggio si stava innamorando di Lana. Avevo cercato di evitarlo, ma Hannah tratteggiava la ragazza in un modo così intelligente e accattivante. Il suo personaggio era eccentrico e forte, amante delle risate, certe volte maschiaccio e altre femminile in maniera disarmante.

    Hannah. Lana.

    Iniziavo a collegare le due cose.

    Descriveva Lana come prosperosa, piccola e tutta curve. Un corpo a forma di clessidra. Stava forse mettendo in scena una malcelata versione di se stessa? E, d’altronde, non lo stavo facendo anch’io? Proprio come me, Cal era alto e biondo, cinico all’ennesima potenza, e nevroticamente riservato.

    Avviai il portatile una settimana dopo l’incidente dell’accappatoio con l’intento di proseguire il nostro racconto. O forse con quello di collegarmi a Skype per chattare con Hannah. Mi mancava.

    Fu allora che vidi l’e-mail di hannah.catalano@xmail.com.

    Quella con la sua foto.

    La foto che me lo fece diventare duro.

    Oggetto: Fatti sentire...

    Mittente: Hannah Catalano

    Data: Martedì, 25 giugno 2013

    Ora: 23:15

    Matt, ehi. Spero che tu legga questa mail. Non hai risposto al mio messaggio. Ho nostalgia del racconto. E mi manca parlare con te.

    Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo.

    Mick lo conobbi su WoW (ho un passato da nerd) e facemmo sesso virtuale un paio di volte tramite messaggi privati. È veramente un pessimo scrittore. Era veramente pessimo. Poi iniziammo una relazione a distanza e facevo delle cose in video con lui. Ecco tutto.

    Non so perché te lo sto raccontando, ma voglio che tu sappia che quello che è successo tra noi non è normale per me. Mi è piaciuto, però. Sapere che stavi per venire mi ha fatto eccitare.

    A proposito di Mick, lo sto per lasciare. Mia sorella verrà in aereo giovedì per aiutarmi a fare i bagagli e torneremo in macchina insieme. Starò dai miei per un po’. Fantastico a 27 anni, vero?

    Insomma, il fatto è che staremo in viaggio per due o tre giorni e sarò rintracciabile solo sul cellulare.

    Hannah

    Dopo essermi fatto una sega sulla foto di Hannah come un ragazzino disperato, credo di aver riletto l’e-mail tre volte. Registrai mentalmente le nuove informazioni.

    Hannah ha una sorella.

    Hannah ha ventisette anni.

    Hannah sta per lasciare il fidanzato.

    A Hannah è piaciuto aiutarmi a venire; non riesce a smettere di pensarci, e la cosa l’ha fatta eccitare.

    E adesso aveva una faccia e un nome, cose che tra l’altro avevo espressamente richiesto di non voler sapere.

    Hannah Catalano.

    Dunque era italiana. Questo spiegava il fisico da urlo e i capelli scuri e folti.

    Entrai su Skype.

    Night.Owl: Ehi.

    Little.Bird: Ehi! Che velocità, ah ah ah. Ti ho inviato una mail una quindicina di minuti fa.

    Night.Owl: Lo so bene.

    Little.Bird: Ah ah...

    Night.Owl: Chiariamo subito una cosa, Hannah. Non so cosa credi che significhi il fatto di avermi aiutato a venire con le tue rudimentali doti descrittive, quindi lascia che ti spieghi. Non significa nulla. Di certo non significa che sei autorizzata a vomitarmi addosso la storia della tua vita.

    Little.Bird: Wow. Wow...

    Night.Owl: Dillo con parole tue.

    Little.Bird: Tu... sei proprio uno stronzo in questo momento.

    Night.Owl: Come se fosse una novità.

    Little.Bird: È una novità per me. Dio, mi dispiace tanto aver deciso di dirti che sarei stata via per qualche giorno. stavamo scrivendo una storia insieme praticamente ogni giorno, ma dato che non hai risposto al mio ultimo messaggio, immagino sia tutto finito.

    Night.Owl: Non è tutto finito. Non essere esagerata, Hannah. Comunque, soffermiamoci a valutare la differenza tra: 1) dirmi che starai via per qualche giorno e 2) impormi il tuo nome E la tua foto.

    Little.Bird: ...cosa?

    Night.Owl: Già, scioccante ma vero. La nostra piccola sconsideratezza non annulla all’improvviso il mio desiderio di preservare la nostra privacy. Niente nomi e cognomi, niente foto, ecc.

    Little.Bird: Ma che cazzo. Io non ti ho inviato la mia foto. Né ti ho detto il mio nome.

    Night.Owl: D’accordo, hannah.catalano@xmail.com

    Little.Bird: Oh Gesù.

    Alzai gli occhi al cielo e mi appoggiai allo schienale della sedia. Forse ero stato più duro del necessario, ma ero andato dritto al sodo. Ero arrabbiato. Ero arrabbiato con Hannah per aver tormentato i miei pensieri, e ancora più arrabbiato per il fatto che fosse bellissima e che mi avesse costretto a saperlo.

    In un modo o nell’altro, la mia vita sarebbe stata più semplice se avessi potuto immaginare Hannah come una sconosciuta grassa e brufolosa, o magari una sconosciuta senza un volto. Tutto fuorché quella bellezza dai capelli bruni intenta a lanciarmi un bacio con la sua boccuccia rosa.

    Passarono cinque minuti e Hannah non diceva niente.

    Armeggiai con il calendario da tavolo.

    Night.Owl: Hai qualcosa da aggiungere a quella commovente espressione?

    Niente.

    Aprii l’account di posta, poi l’e-mail di Hannah. La foto del suo profilo era cambiata. Il minuscolo ritratto di Hannah Catalano era sparito, rimpiazzato da un vortice purpureo di galassie e stelle.

    Raggelai dal panico.

    Era sparita. La sua foto era sparita.

    Cliccai sulla galassia e si aprì un’immagine più grande... della galassia.

    Non ricordavo già più i dettagli del volto di Hannah.

    Night.Owl: Ma cazzo. Hai cambiato la foto dell’account? Ma ti rendi conto che ormai l’ho vista?

    Little.Bird: Matt, mi dispiace, mi dispiace tanto. So che non mi crederai mai, ma è la verità. Ti ho involontariamente spedito una mail dal mio account principale. Ora sono molto imbarazzata, vorrei seppellirmi. Non violerei mai i paletti che hai fissato in questo modo. Dio, ultimamente è tutto così assurdo nella mia vita. Ero preoccupata di averti allontanato. Mi sono messa a scriverti una mail e trac.

    Night.Owl: Ah...

    Little.Bird: Già, sono... sono mortificata. Mi dispiace tanto...

    Night.Owl: Io... credevo l’avessi fatto di proposito. Ovviamente. Wow.

    Little.Bird: No, non lo farei mai. Te lo giuro. Adoro scrivere insieme a te. Rispetto la tua privacy. O almeno ci provo...

    Aggrottai le sopracciglia e meditai sulle parole sullo schermo. Era stato un incidente. E grazie alla mia reazione eccessiva a quell’incidente, avevo perso l’accesso all’unica foto di Hannah, la ragazza che faceva ardere costantemente i miei pensieri.

    Lanciai subito una ricerca su Google in cerca di foto di Hannah Catalano.

    Niente.

    Night.Owl: Non vuoi sapere cosa pensavo?

    Little.Bird: Cosa pensavi?

    Night.Owl: Del tuo aspetto.

    Little.Bird: Ah. Mmm. Non importa.

    Night.Owl: Non importa?

    Little.Bird: Sì. Non... fa niente. Sono talmente imbarazzata.

    Night.Owl: Be’, in tal caso, sarai contenta di sapere che l’ho guardata a malapena. Era una foto minuscola e, appena mi sono reso conto di cos’era, ho chiuso la finestra.

    Little.Bird: Ah... Okay...

    Night.Owl: Già. E grazie di averla cambiata subito. Lo apprezzo.

    Little.Bird: Certo. Quindi... è meglio... se torno a fare i bagagli.

    Night.Owl: Mmm. Buona fortuna. Risponderò presto al tuo messaggio.

    Little.Bird: Gentile. Io ti rispondo appena potrò.

    Night.Owl: Non ti preoccupare. So che sei molto indaffarata, e che sarai stanca dopo il trasloco. In quale Stato vivono i tuoi?

    Little.Bird: Ah... Non te l’ho detto? Ah ah. Caspita. Che serata super imbarazzante.

    Night.Owl: Eh?

    Little.Bird: Niente. Vivono ancora nella casa dove sono cresciuta. In Colorado...

    Capitolo 2

    Hannah

    Lasciare quel dito in culo di Mick era stata la decisione migliore che avessi preso negli ultimi cinque anni.

    Lasciare il mio lavoro di sportellista alla Bank West era stata la seconda scelta migliore.

    Sia lui che il lavoro non mi rendevano giustizia – e non mi meritavano.

    Per quanto pregassi o minacciassi, Mick si rifiutava di smettere di fumare e bere. Aveva l’irritante abitudine di palpeggiarmi in pubblico, e ultimamente il sesso era, be’, non era sesso. Era giusto quei tre colpi e via!

    Quando guardavo Mick, dovevo costringermi a ricordare che un tempo lo amavo. Che trovavo il suo umorismo da nerd divertente. Il suo volto appuntito, la mascella poco pronunciata e la sciatta stempiatura attraenti.

    Più o meno.

    Quanto alla banca, avevo lavorato come sportellista per tre anni mentre, nel frattempo, il mio capo preferito era stato silurato, i miei amici a poco a poco se ne erano andati, e io mi ero vista scartare più e più volte per una promozione.

    Che liberazione.

    E benvenuto a un viaggio di tre giorni a cinquantacinque all’ora con un rimorchio della U-Haul agganciato alla mia Civic, con la testa fra le nuvole e i pensieri rivolti a Matt.

    «Ciaooo?». Mia sorella mi sventolò l’iPod in faccia.

    «Eh? Cosa?»

    «Per la... terza volta». Abbassò il volume della mia playlist di Lana Del Rey. «Ti prego, posso cambiare musica?»

    «Ah, sì. Figurati».

    Fissavo la strada davanti a me.

    Sentivo lo sguardo di Chrissy addosso mentre collegava il suo iPod.

    «Allooora». Appoggiò con un tonfo i piedi sul cruscotto e una musica hip-hop venne sparata dagli altoparlanti.

    «Allora cosa?». Le lanciai un’occhiata. Come al solito, ero stupita dalla bellezza di mia sorella. Ha ventun anni e un fisico minuto e tonico da ballerina. Con grande rammarico dei miei genitori, stava mettendo da parte i soldi per un appartamento e pagando le lezioni di danza lavorando in uno strip club. Diceva che le piaceva, ma io non ne ero tanto convinta.

    «Allora, chi è il nuovo ragazzo?». Inarcò un sopracciglio perfettamente disegnato.

    Nostro padre ha soprannominato entrambe come rubacuori, ma Chrissy e io siamo praticamente agli antipodi. Il mio stile è naturale. Io mi lascio crescere i capelli, preferisco gli occhiali alle lenti a contatto, metto pochissimo trucco, e faccio esercizio fisico quel tanto che basta per definire le mie morbide curve.

    Mia sorella è una punk. Ha i tatuaggi, una mezza dozzina di piercing, vive di eyeliner e si tinge il caschetto di nero e biondo.

    E nei miei confronti è sempre stata incredibilmente intuitiva.

    «Nuovo ragazzo? Non c’è nessun nuovo ragazzo», dissi. «Puoi abbassare questa merda? O almeno trovare una canzone che non mi faccia sanguinare le orecchie?»

    «Ehi, bella, sarà meglio che ti ci abitui». Chrissy ballava sul sedile, sollevando le braccia. I braccialetti le sferragliavano lungo i polsi. «È ciò che ascolteremo quando ti insegnerò a twerkare».

    «Scusami?»

    «Ho visto come balli, Han. Hai bisogno di un aiutino. Così poi potrai esibirti davanti al tuo nuovo ragazzo. Lo farai uscire di testa. Abita in Colorado?»

    Sì. Sì, abita lì.

    «Cosa? No! Cioè, no, non c’è nessun ragazzo. Non fare la sciocca».

    «Vaaa bene», rise Chrissy. «Tutto quel che so è che non avresti mai mollato il tuo lavoro e il fidanzato senza un motivo. Scusa, Han, ma non hai le palle così grandi».

    Deglutii e mi concentrai sulle linee gialle che scorrevano davanti a me nella

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