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Una bionda tutto pepe: eLit
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E-book152 pagine2 ore

Una bionda tutto pepe: eLit

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Info su questo ebook

Certo che la mia è proprio sfortuna! Quante persone nel mondo collezionano animali esotici? Dieci, forse. E quante di queste sono donne? Una! E, ovviamente, doveva scegliere di venire ad abitare con tutto lo zoo proprio vicino al mio ranch! Non mi interessa quanto sia bella, Jessica Porter se ne deve andare! Le mie mucche sono terrorizzate, e le pecore sono sull'orlo di una crisi di nervi. Giuro che io, Devlin Callahan, la farò scappare a gambe levate! Anche se quando mi sorride... mi sembra che tutto diventi possibile.

LinguaItaliano
Data di uscita30 dic 2014
ISBN9788858932957
Una bionda tutto pepe: eLit

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    Anteprima del libro

    Una bionda tutto pepe - Carol Finch

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Fit To Be Tied

    Harlequin Duets

    © 2000 Connie Feddersen

    Traduzione di Sonia Tsevrenis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-295-7

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Quella megera ha passato il segno!

    Devlin Callahan schiumava di rabbia mentre con il suo furgone percorreva a tutta birra il viottolo sterrato, sollevando dietro di sé una nuvola di polvere. Non aveva nessuna intenzione di tollerare quella stupida situazione ed era deciso ad affrontare il problema nel suo solito modo, cioè buttandosi contro l’ostacolo a testa bassa. E l’idea di vedersela con quella vecchia svitata che aveva comprato il terreno che limitava a ovest il suo ranch non lo spaventava affatto.

    Lo zoo, così Devlin definiva il serraglio di animali selvatici sistemato accanto alle mandrie di buoi e alle greggi di pecore del suo ranch, era una continua fonte di disturbo. La responsabile l’avrebbe sentito, eccome, Devlin ne aveva fin sopra i capelli! Con suo fratello aveva fatto il giro del Rocking C Ranch, la loro pro prietà, per rassicurare il bestiame spaventato e per riparare il recinto che gli animali in fuga avevano sfondato in più punti. Maledizione, con tutto il daffare che c’era gli mancava solo di dover pensare anche alle ronde per difendere la sua azienda agricola.

    Devlin non aveva ancora avuto il piacere di conoscere la nuova vicina, ma già gli stava antipatica, lei con il suo zoo. La vecchiaccia, per ovviare al vuoto di una vita inutile, si era circondata di bestie che non c’entravano niente con quella zona di allevamento intensivo.

    Con una frenata brutale, Devlin svoltò a sinistra derapando sulla ghiaia e si trovò davanti un vecchio casolare a due piani. La casa necessitava di una bella rinfrescata e il cortile di una drastica ripulita. Devlin tuttavia riconobbe di malavoglia che i fiori nei vasi di coccio sulla veranda e nella striscia di giardino lungo le fondamenta conferivano all’insieme un gradevole tocco di colore, ma i muri scrostati richiedevano una seria opera di restauro per tornare all’antico splendore. La padrona di casa, era chiaro, non aveva né il tempo né il denaro per occuparsi della casa, impegnata com’era a coccolare le sue belve in gabbia dietro l’edificio. Vecchia pazza!

    Ancora una volta, Devlin si diede dello stupido per non avere comprato la proprietà quando l’avevano messa in vendita otto mesi prima. A quell’epoca, lui e suo fratello avevano ritenuto il prezzo troppo elevato, ma la... Come si chiamava? Ah, sì, la signora Jessica Porter, all’oscuro o incurante del valore reale del terreno in quella zona agricola dell’Oklahoma, aveva sganciato senza batter ciglio una somma spropositata pur di beccarsi casa e terreno. Ora Devlin si ritrovava una vicina scomoda e un’accozzaglia di belve che ruggiva, grugniva, strideva e ululava, facendo impazzire il suo povero bestiame.

    Saltò giù dal furgone e si avviò deciso verso la veranda. Notò la macchina sportiva parcheggiata lì di fronte: tipica auto da città, considerò, non avrebbe retto un anno su quelle strade di campagna. Chiunque avesse un briciolo di buonsenso avrebbe evitato un simile mezzo di trasporto, ma che cosa ci si poteva aspettare da una zucca vuota come quella della signora Porter? Devlin bussò con forza alla porta d’ingresso, aspettando due secondi, poiché questo era il limite massimo della sua pazienza, poi cominciò a tempestare di pugni il battente di legno. «Porter!» urlò. «So che è in casa! Venga fuori subito, devo parlarle!»

    La sua voce portentosa sollevò un coro di ululati e grugniti che aumentarono il suo senso di frustrazione. Alcuni secondi passarono con quello sgradevole rumore di fondo. Devlin alzò i pugni di nuovo e si preparò a picchiare il battente. Beccò invece la fronte della signora Jessica Porter che, proprio in quel momento, si era decisa ad aprire malauguratamente la sua porta.

    L’immagine che lui si era fatta di lei - una vecchia arcigna dal naso appuntito e dagli occhietti diffidenti - si dissolse quando sulla soglia apparve una donna così attraente da sembrare un’illusione ottica. Due occhi verdi come una lussureggiante foresta tropicale lo fissavano sorpresi, una massa di capelli dorati inquadrava un viso delizioso. Devlin, con un solo sguardo, notò il fisico snello, le gambe lunghe e le giuste rotondità.

    Incontrare Jessica Porter in carne e ossa costituì uno shock: era dunque questa la sua vicina, la vecchia svitata, la megera, la proprietaria dello zoo? Non era possibile, c’era qualcosa che non quadrava.

    «È lei Jessica Porter?» chiese perplesso.

    «Sì, sono io. Che cos’ha da sbraitare così, signore?»

    Il tono altezzoso e lo sguardo furibondo indicavano che quella bellissima donna non si lasciava impressionare. Lo squadrava baldanzosamente da capo a piedi e se ne stava ritta sull’uscio senza dimostrare timore, osservando con disapprovazione la maglietta sporca, i jeans polverosi e gli stivali infangati del suo visitatore.

    Che cosa disprezzava in lui, si chiese Devlin, il fatto che avesse sbraitato come diceva lei, che avesse bussa to con violenza o che le avesse assestato, del tutto inavvertitamente, un pugno sulla fronte? A meno che la sua tenuta da cowboy sudato e non proprio profumato di pulito dopo un giorno intero di cavalcata non le risultasse ripugnante. Era una snob di città, una signora sofisticata, concluse mentre prendeva nota del costoso com pleto di seta cremisi che indossava. Era chiaro che, dopo uno sguardo al cowboy dimesso che le si parava davanti, aveva deciso che non valeva la pena di prenderlo in considerazione. Benissimo, si disse Devlin piccato, non le piacevano gli onesti lavoratori della terra, ma a lui non piacevano le dilettanti piene di sé. Erano dunque pari.

    «Mi chiamo Callahan, Devlin Callahan, e sono il suo vicino più prossimo» dichiarò.

    «Ah, sì? Che sfortuna!» rispose lei con sarcasmo.

    «Lo è doppiamente per me, bionda» ribatté lui, fissandola con astio.

    Lei sostenne lo sguardo senza batter ciglio.

    «Sono qui perché gli animali del suo zoo hanno spaventato il mio bestiame per la quarta volta in due mesi. Lei deve portare via le sue belve e liberarle in qualche riserva naturale. Forse non ha capito che questa è zona di allevamento.»

    Lei rialzò il mento in segno di sfida e, nonostante la statura decisamente modesta, gli diede l’impressione di guardarlo dall’alto in basso. Come faceva? «La informo, Culligan...»

    «Callahan» la corresse lui inviperito.

    «Non importa» replicò lei, ignorandolo come se fosse una nullità. «La informo dunque che ho una licenza in regola per tenere degli animali esotici in casa. Ciascuno di loro ha la propria personalità e dei bisogni particolari. Io comunico con loro, li capisco.»

    «Parla con le sue bestie?» si meravigliò lui, poi sbottò: «La cosa non mi sorprende affatto!».

    «Se volesse degnarsi di fare un giro nella mia riserva persino uno come lei si convincerebbe che i miei animali sono sistemati con la massima sicurezza e cura e non costituiscono una minaccia per nessuno.»

    Uno come lui? Dal tono della voce, Devlin lo interpretò come un chiaro insulto. «Guardi, madama, che non me ne frega niente di come tiene le sue bestiacce, so solo che danno fastidio alle mie mandrie, quindi deve farle sloggiare, e lei con loro!»

    La bionda si arrabbiò sul serio, perché si mise i pugni sui fianchi rotondi, si piantò a gambe divaricate davanti a lui e a muso duro lo apostrofò: «Ehi, se non le va di stare accanto a me, prenda le sue mucche e se le porti altrove. Io non ho nessuna intenzione di muovermi da qui, perché il posto piace a me e ai miei animali. Inoltre, se ha delle lamentele da fare, si rivolga allo sceriffo di Buzzard’s Grove, anche se non otterrà niente di niente!».

    «Guardi madama che...»

    «Mi chiamo Jessica Porter, per lei signorina Porter, se lo ficchi in testa, Culligan.» Il tono compunto della sua voce gli diede sui nervi.

    «Appunto, madama. Deve sapere che io e mio fratello possediamo un ranch importante, con numeroso bestiame e...»

    «Crede di impressionarmi?» Gli scoccò un altro sguardo condiscendente. «Mi spiace deluderla, Culligan, ma di cowboy, da queste parti, ce ne sono a bizzeffe.»

    «Impressionarla è l’ultimo dei miei pensieri» ribatté Devlin, «il fatto è che questo zoo avrà un senso per lei, riempirà le ore inutili e vuote della sua vita, ma noi con il bestiame ci campiamo. I suoi animali fanno un baccano d’inferno e mettono le mie mucche in agitazione. Ho passato tutta la giornata a correre in giro per radunarle e tenerle lontane dal recinto a causa del suo maledetto zoo. Il problema sparisce se lei si libera di queste pericolose presenze.»

    Lei lo guardò con sdegno fiammeggiante. «Che colpa ne ho io se le sue stupide vacche e le sue pecore fifone scappano e si agitano al primo rumore inconsueto? I miei animali non si buttano contro il recinto per due muggiti e tre belati. Il mio recinto, le mie gabbie reggono alla perfezione, segno che i suoi steccati sono stati costruiti male.»

    Non c’era verso di farla ragionare, rifletté Devlin, lei se ne infischiava di quella giornata persa a rinforzare le staccionate e a rincorrere bestie in preda al panico. «D’accordo!» esclamò esasperato. «Allora lei mi pagherà i danni e le giornate che perdo per causa sua. In questo caso, smetterò di lamentarmi.»

    Lei lo guardò, trattenendo a stento una risata di scherno.

    «Le sue mandrie impazziscono, i suoi steccati crollano e dovrei essere io a pagarle i danni? I miei animali sono chiusi in gabbie solidissime, intorno ci ho messo una palizzata alta tre metri e chiusa da doppie catene. Il problema non è mio, è suo, Culligan.»

    «No, sei tu, il problema!» sbottò Devlin, ormai a corto di pazienza. «Tornatene in città, smorfiosa che non sei altro, è quello il tuo posto, e anche quello del tuo maledetto zoo!»

    Lei si strinse nelle spalle e serrò i pugni. «Il mio posto è qui. Ho tutta l’intenzione di restare, quindi è meglio che si abitui all’idea.»

    Si sfidarono con lo sguardo e Devlin si preparava a risponderle per le rime quando lei gli sbatté la porta in faccia. Dal cortile, un’oca puntò minacciosamente verso di lui pronta a beccarlo, mentre in lontananza si sentiva il grugnito di un orso accompagnato da rumori per niente rassicuranti. Accidenti, si disse Devlin guardando lo stagno sulla sua sinistra, pronto a schivare un ipotetico coccodrillo voglioso di mordergli le

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