Un segreto per lo sceicco: Harmony Collezione
Di Maggie Cox
5/5
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Info su questo ebook
Abbiamo un figlio insieme, questo dimostra che sei ancora la mia donna... Un tempo Darcy Carrick avrebbe tremato di eccitazione udendo le parole di Zafir, ma è più grande e più saggia, adesso, e non si sottometterà facilmente alla volontà dello sceicco. Zafir avrà bisogno di ben altro per riconquistarla, e lei intende dargli qualche suggerimento.
Maggie Cox
Quando non è impegnata a scrivere o a badare ai figli, ama guardare film romantici mangiando cioccolato.
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Un segreto per lo sceicco - Maggie Cox
successivo.
1
La caduta dalla sommità del muro di granito avvenne in un istante, eppure stranamente il tempo sembrò rallentare mentre Darcy guardava se stessa precipitare in basso. Era un po' come vivere una di quelle esperienze extra corporee: la sua mente riceveva dei flash, in una sorta di sogno, come di una cosa che stava accadendo ma non succedendo davvero.
Il problema era che aveva perso la concentrazione a causa dei nervi, la mente agitata all'idea di vedere il proprietario della villa principesca, almeno per dirgli che la loro relazione appassionata del passato aveva dato origine a una vita...
Ora però, la fitta lancinante che partì dalla caviglia quando cadde a terra le diede qualcosa di più reale di cui preoccuparsi. Soffocando un'imprecazione, si allungò a toccarsi il piede, una smorfia che le contraeva le labbra.
Come diavolo avrebbe fatto ora?
La caviglia si stava già gonfiando, troppo in fretta per i suoi gusti. Non aveva alcuna speranza di passare inosservata come aveva creduto di fare. Infatti un uomo imponente con un completo nero stava già correndo verso di lei attraverso il meraviglioso giardino.
Non le ci volle molto a capire che era una guardia della sicurezza. Si impose di stare calma, a dispetto di ciò che sarebbe accaduto, e prese un respiro profondo per controllare il dolore pungente che la tormentava.
Quando l'uomo la raggiunse, notò che la sua pelle olivastra era imperlata di piccole gocce di sudore, nonostante il respiro affannoso si condensasse nell'aria fredda dell'ottobre londinese.
«Avrebbe potuto risparmiarsi la corsa, dal momento che è chiaro che in questa condizione non sarei potuta scappare da nessuna parte. Temo di essermi lussata la caviglia» gli disse querula.
«È stata davvero sciocca a rischiare una simile follia. Posso dirle fin d'ora che lo sceicco non sarà molto contento.»
Rendendosi conto che si stava riferendo all'uomo che aveva cercato disperatamente di incontrare, Darcy si sentì come se fosse sprofondata dentro il muro, invece di essere caduta dalla sommità.
«Lei ha violato la proprietà privata di Sua Altezza, e l'avverto che la cosa non sarà presa alla leggera» la minacciò l'uomo, anche se nella sua espressione traspariva quasi una nota di pena.
«Già... non credo che lo farà.»
Ma, in qualunque modo avesse reagito il suo ex amante nel vederla, non avrebbe potuto farla sentire peggio di così.
Anzi, sì.
Darcy era già stata così nervosa prima dell'incidente, figurarsi adesso, con l'evidenza dell'intrusione.
«Senta, quello che è accaduto è accaduto. E per poter spiegare a Sua Altezza le ragioni per cui sono qui ho bisogno del suo aiuto per alzarmi in piedi.»
«Non credo che sia una buona idea. Deve farsi vedere da un medico prima, sforzare la caviglia potrebbe peggiorare il danno.»
Alzando lo sguardo sull'uomo, notò un lampo di preoccupazione nei suoi occhi color cioccolato. Poi lo vide prendere il telefono dalla tasca e parlare con qualcuno in una lingua che le era fin troppo familiare dai tempi in cui lavorava alla banca di proprietà dello sceicco.
A peggiorare la situazione, fu inondata da improvvisi, sgraditi ricordi. E tutto perché aveva avuto la malaugurata idea di scalare le mura di cinta di una proprietà privata, cadendo come una stupida. Ma che altro poteva fare, dal momento che vedere il suo ex amante era diventato tanto urgente?
Le sue più tremende paure si erano realizzate: lui si era fidanzato ed era prossimo al matrimonio. E per quanto cercasse di convincersi di quel fatto, il suo cuore rifiutava l'idea come un veleno.
La guardia terminò la telefonata e Darcy si rese conto che non aveva intenzione di aiutarla a mettersi in piedi. Anzi prese un fazzoletto dalla tasca e si asciugò la fronte.
«Il medico sta arrivando. E ho chiesto che le portino dell'acqua.»
«Non ho bisogno di acqua. Voglio solo un aiuto per alzarmi in piedi!» Conscia che era inutile insistere, abbassò la testa, le ciocche di capelli biondi che sfuggivano dal nodo lento sulla sommità del capo e le ricadevano sul viso.
Sperò che almeno servissero a occultare lo shock e la paura che l'attanagliavano. Arrendersi alla debolezza era un anatema per lei. L'ultima volta che l'aveva fatto le era costato caro.
«Chi sarebbe questo dottore? E cosa farà, chiamerà un'ambulanza?»
«Non le serve un'ambulanza. Il dottore è il medico personale dello sceicco, è molto qualificato e ha un appartamento nella villa.»
«Allora presumo di non avere altra scelta che aspettarlo» si arrese lei di malagrazia. «Spero almeno che abbia qualche analgesico per il dolore.»
«Se deve prendere delle pillole, allora avrà bisogno anche dell'acqua. Vuole che chiami qualcuno per informarlo che ha avuto un incidente?»
Il suo cuore accelerò. Sua madre non avrebbe certo preso la novità con calma, dato che aveva una tendenza a trasformare ogni piccolo problema in un dramma. E l'ultima cosa che lei voleva era che sua madre mettesse in agitazione il suo bambino.
«No, io non... non ne ho bisogno. Ma grazie comunque.» Fece un sorriso speranzoso alla guardia, ma sospettava che l'uomo non credesse alla sua calma.
Accecata dalla luce del sole, non aveva notato le due figure che stavano correndo verso di loro provenienti dalla casa. Quando le vide, il suo cuore smise di battere in fretta, e cominciò a correre furibondo.
Distogliendo lo sguardo, fece una smorfia rivolta alla caviglia gonfia. Si chiese se l'avrebbero accusata di violazione di domicilio, e che cosa sarebbe accaduto poi.
Come intuendo i suoi pensieri, l'uomo accanto a lei si chinò e le batté sul braccio in un gesto incoraggiante, facendole sgranare gli occhi blu per la sorpresa. Per quanto ne sapeva lei, una guardia non si comportava in quel modo, di solito. Tuttavia era talmente spaventata che apprezzò quella gentilezza.
«Il medico si occuperà della sua caviglia. Non si preoccupi.»
«Non mi preoccupo. Sono solo seccata per la situazione, e per aver scavalcato quel muro. Non volevo fare nulla di male, intendevo solo dare un'occhiata alla residenza, nella speranza di... vedere lo sceicco, poiché ho bisogno di parlargli. Ho letto che sarebbe stato qui per qualche giorno... Lavoravo per lui, sa?» domandò con un tremito nella voce.
«Allora, se voleva parlargli avrebbe dovuto chiamare il suo ufficio.» L'uomo sembrò sinceramente interessato, questa volta.
«L'ho fatto» sbottò lei, vittima di un'ondata di autocommiserazione. «Ho parlato un sacco di volte con la segretaria, che mi ha detto che doveva chiedere prima allo sceicco. Ma non mi ha mai risposto, per quanto abbia continuato a chiamare. Dubito persino che lui abbia mai avuto la mia richiesta e i miei messaggi» concluse torva.
«Sono sicuro di sì. Forse Sua Altezza ha le sue ragioni per non volerle parlare?»
«Rashid.»
La voce bassa dietro di loro li fece girare contemporaneamente.
Darcy si sentì pervadere dallo shock quando scorse l'imponente arabo proprietario della voce. I suoi lineamenti perfetti erano un ricordo vivido inciso nella sua mente, ma l'ultima volta che li aveva visti il loro incontro era terminato con il suo cuore ridotto in mille pezzi. L'impulso traditore, però, fu di accoglierlo con familiarità.
Zafir...
Si fermò in tempo. I suoi occhi scuri la stavano fissando con durezza, se non ostilità. Pur rabbrividendo, lei lo divorò con gli occhi, notando che, anche se era un poco più vecchio, era ancora bello come il peccato, capace di rubare il cuore di una donna.
I capelli erano più lunghi. Gli ricadevano sulle spalle in lucide onde scure. L'indiscreto ricordo della sensazione della seta sotto le dita le fece venir voglia di passarvi le mani attraverso, percorrendone lentamente la lunghezza.
«La signorina è caduta dal muro di cinta, Vostra Altezza.» Il tono della guardia suonò inesplicabilmente protettivo. «E si è fatta male...»
«Fare del male è ciò che sa fare meglio.»
Darcy aprì la bocca per protestare. Lui era quello bravo a far male, non lei! L'aveva forse dimenticato?
«Che cosa fai qui, e perché hai violato la mia proprietà?» la interrogò lui secco.
«Oh, te lo dirò il perché...! Non hai mai risposto alle mie chiamate o ai miei messaggi, né mi hai concesso un appuntamento perché potessi parlarti. Dio solo sa quante volte ho provato. Questa era l'ultima risorsa. Onestamente, avrei preferito starti alla larga... ma... dovevo vederti.»
Lo sguardo sospettoso, lui scosse il capo.
«Non ho mai ricevuto nessuna richiesta o messaggio da parte tua.»
La bocca le si seccò.
«Stai scherzando? Come mai non ti è stato riferito? Ho detto alla tua segretaria che era urgente e confidenziale. Per quale motivo non mi ha creduto? Ho chiamato un'infinità di volte!»
«Non importa in questo momento. Se quello che dici è vero, indagherò al riguardo. Ma perché mai volevi parlarmi? Avevo chiarito che non volevo mai più posare gli occhi su di te, rammenti? Non credo che potessi aspettarti qualcosa di buono dal nostro incontro.» Si chinò in avanti e, pur respirando l'aroma esotico del suo profumo, lei notò l'espressione di accusa sul suo viso.
«Da quanto tempo sai che mi trovavo qui?»
«L'ho letto di recente su un giornale.»
«E hai pensato di venire da me per ottenere qualcosa per via di ciò che è accaduto in passato?»
Il sangue le si gelò per un attimo.
«No! Non è per questo che volevo parlarti. Credi che volessi ricattarti in qualche modo? Non potresti sbagliarti di più!» Le lacrime le riempirono gli occhi. Cercando di respingerle con tutte le sue forze, si sforzò di continuare. «L'articolo diceva che ti sei fidanzato e ti sposerai.»
«E senza dubbio volevi congratularti con me.»
«Non prenderti gioco della mia pena in questo modo.» Come faceva sempre quando si trovava dinanzi a un'ingiustizia, incrociò le braccia sul petto con indignazione. Ma il movimento brusco le spedì una fitta alla caviglia, e non riuscì a trattenere un gemito di dolore.
Immediatamente gli occhi neri si velarono di preoccupazione mentre Zafir si volgeva verso l'uomo vestito di bianco che era rimasto a rispettosa distanza.
«Dottor Eden, per cortesia, dia un po' d'acqua alla signorina e controlli subito la caviglia. Potrebbe essere fratturata.»
Inorridita a quella possibilità, Darcy si ravviò indietro i capelli e lo guardò.
«Ne saresti contento, vero, Zafir?» domandò mentre prendeva il calice d'argento che le veniva porto e ingollava una sorsata di acqua gelata.
Lo sceicco si rialzò in tutta la sua altezza, l'espressione contrariata.
«Sebbene ti meriti una punizione per ciò che mi hai fatto, non mi procura alcuna gioia il fatto che ti sia infortunata. E un'altra cosa...» aggiunse con un lampo di avvertimento negli occhi, mentre il medico si piegava per esaminare la caviglia. «Non chiamarmi Zafir. L'uso del mio nome è permesso solo a una ristretta cerchia di familiari e amici e tu, signorina Carrick, dovresti mostrare deferenza per la mia posizione. Sei una mia subordinata.»
Lei sussultò nel sentire il proprio cognome, ma le diede una piccola soddisfazione notare l'enfasi che aveva messo nelle parole che la indicavano come subordinata. Cosa che, d'altra parte, non era più. La furia nei suoi occhi però le fece contrarre ancora di più il cuore. Non aveva ceduto alle lacrime prima, ma adesso vi era davvero vicina.
Una volta aveva amato quell'uomo più della sua stessa vita. Eppure ora sembrava che lui la odiasse, e tutto perché aveva creduto alle bugie vendicative di suo fratello...
«Sebbene non possa affermarlo con certezza prima di aver fatto una radiografia, credo che si tratti di una brutta distorsione, signorina Carrick» dichiarò il dottore mentre sondava gentilmente con le dita la caviglia gonfia.
La sua dichiarazione calma e professionale le fece ravviare una fiammella di speranza. Emise un sospiro, ma poi si accigliò.
Chi vuoi prendere in giro?
Le cose erano comunque disastrose.