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La scelta dello sceicco: Harmony Collezione
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La scelta dello sceicco: Harmony Collezione
E-book165 pagine2 ore

La scelta dello sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Indomabile come il deserto, il principe Kareef è adorato da tutto il suo popolo.



Kareef e Jasmine si sono amati alla follia. Lei è la sola che lui abbia mai davvero desiderato, ma la forza dei loro sentimenti li ha portati sull'orlo della distruzione. Ora Jasmine non è più la ragazza di un tempo, è diventata una donna... ma lui non può più averla. Non è adatta a diventare la moglie di un re, così Kareef si trova di fronte a un bivio: dimenticarla, e seguire il proprio destino reale, oppure farla sua, rinunciando a tutto il resto.
LinguaItaliano
Data di uscita8 set 2017
ISBN9788858972298
La scelta dello sceicco: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La scelta dello sceicco - Jennie Lucas

    1

    Sposare un uomo senza amarlo si stava rivelando un’impresa sorprendentemente facile, pensò Jasmine Kouri mentre appoggiava la sua coppa ormai vuota sul vassoio di un cameriere che passava lì accanto. Perché mai aveva sprecato tanto tempo lottando per farcela da sola?, si chiese scuotendo la testa. Avrebbe dovuto prendere quella decisione molti anni prima.

    Adesso la festa per il suo fidanzamento era nel pieno svolgimento. I più illustri esponenti della società del Qusay – tutte quelle persone che tredici anni prima l’avevano derisa, umiliata, disprezzata – affollavano il padiglione bianco eretto sulle sponde del mare, e alzavano i loro calici d’oro puro pieni di champagne francese per brindare alla riuscita dell’imminente matrimonio del secondo uomo più ricco del paese.

    Il suo fidanzato non aveva badato a spese. Il diamante da quindici carati che portava al dito ne era la prova. La pietra rifletteva i raggi del sole creando giochi di colore e piccoli arcobaleni ogni volta che muoveva la mano sinistra, e la gonna del vestito di seta verde chiaro, che Umar aveva personalmente commissionato al più noto sarto francese, l’avvolgeva come una nuvola mossa dal vento caldo del deserto. Sulle torri in pietra rossa della sua pacchiana residenza – costruita sull’improbabile modello di un castello medioevale – sventolavano bandiere sulle quali era dipinto lo stemma della famiglia Hajjar. Umar non risparmiava mai su niente. Tutti i suoi possedimenti, dalle scuderie di purosangue da corsa alle lussuose case sparse in tutto il mondo, dichiaravano la sua immensa ricchezza. L’aveva corteggiata per un anno, a New York, e solo il giorno prima lei aveva accettato la sua proposta. Lo sfarzoso ricevimento che si stava svolgendo al momento era il primo passo per indurre gli abitanti del Qusay a dimenticare lo scandalo che l’aveva vista protagonista quando era stata solo un’adolescente. Umar l’avrebbe trasformata nella moglie perfetta così come trasformava un puledro promettente in un vincitore. Senza – appunto – badare a spese.

    Ma non erano queste considerazioni che le facevano martellare il cuore nel petto mentre osservava con fare ansioso gli ospiti riuniti sotto il padiglione. A lei non importava nulla del denaro, ormai ne aveva a sufficienza. Era qualcosa di molto più prezioso che desiderava.

    Alcune signore cariche di gioielli si avvicinarono per porgerle le loro congratulazioni, le stesse che avevano infierito su di lei con i loro cattivi pettegolezzi nel momento in cui era stata giovane e ingenua, e completamente indifesa. Ma sarebbe stato scortese da parte sua sottolineare quel punto in un’occasione simile, così Jasmine incollò un falso sorriso alle labbra e replicò graziosamente ai loro auguri.

    Poi trattenne il respiro quando scorse le persone che stava aspettando.

    I suoi familiari.

    Li aveva visti l’ultima volta quando, a sedici anni, era stata cacciata, senza un centesimo in tasca, da un padre inasprito e sofferente, e da una madre in grado solo di piangere e lamentarsi. Ma adesso, grazie al suo futuro matrimonio, nessuno avrebbe più potuto farle del male, pensò Jasmine, o farlo ai suoi genitori.

    Con un grido di gioia, tese le braccia, e le sue sorelle corsero ad abbracciarla.

    «Sono orgoglioso di te, figlia mia» disse suo padre, battendole una mano su una spalla. «Almeno tu hai avuto successo.»

    «Oh, mia preziosa bambina!» Sua madre la strinse al petto. «Sei stata lontana troppo a lungo.»

    Il tempo aveva lasciato un segno sui suoi genitori, considerò Jasmine guardandoli. Il suo orgoglioso padre adesso aveva la schiena curva, e i capelli di sua madre erano completamente grigi. Le sue sorelle, quelle che lei ricordava come ragazzine ossute e filiformi, adesso erano floride matrone accompagnate da figli e mariti.

    Mentre abbracciava tutti, folate di vento sollevarono l’ampia gonna del vestito, avvolgendoli in metri di seta color del mare.

    Ne è valsa la pena, pensò Jasmine, lacrime di emozione che le offuscavano la vista. Per stare di nuovo con la sua famiglia, per tornare nella sua patria e avere un ruolo definito in società, avrebbe rinunciato a qualsiasi carriera professionale a New York. Avrebbe sposato Umar centinaia di volte.

    «Ho sentito così tanto la vostra mancanza» mormorò. Ma gli ospiti reclamavano la sua attenzione, e così fu costretta ad allontanarsi troppo presto dai suoi cari.

    Poi sentì la pressione della mano di Umar sul suo braccio.

    «Felice, tesoro?» le chiese lui.

    «Sì» replicò Jasmine, passandosi le dita sugli occhi per cancellare le tracce delle lacrime. Il suo fidanzato detestava vederla in disordine. «Ma i nostri invitati sono impazienti di mettersi a tavola» aggiunse. «Chi è il tuo misterioso ospite d’onore, e perché non è ancora arrivato?»

    «Aspetta e vedrai» replicò Umar, chinandosi per baciarle una guancia. Alto e magro, quasi cinquantenne, era il tipo di uomo che indossava giacca e cravatta anche nelle scuderie. Grazie alla costante applicazione delle creme solari non c’erano rughe sul suo viso, e i capelli neri spruzzati di argento erano pettinati con cura all’indietro. Chinò la testa da un lato. «Ascolta» la esortò, mentre in lontananza risuonava un rumore sordo, come di un tuono.

    Jasmine, la fronte solcata da una ruga, alzò lo sguardo ma, come sempre nel deserto, il cielo era completamente privo di nubi, una distesa blu che andava a unirsi, all’orizzonte, con quella infinita del mare. «Che cos’è?» domandò interdetta.

    «Il nostro ospite.» Un ampio sorriso incurvò le labbra di Umar. «Il re.»

    Jasmine trattenne il fiato. «Il... Re?» balbettò, in preda a un improvviso panico. «Quale re?»

    Lui rise. «C’è solo un re, mia cara» precisò.

    Lentamente, Jasmine si girò verso il prato che circondava la residenza Hajjar. Tre cavalieri avevano appena varcato i pesanti cancelli di ferro, e gli uomini di guardia si erano profusi in profondi inchini, il naso quasi a sfiorare la terra, quando il capo dei tre li aveva oltrepassati, seguito da due guardie del corpo ammantate in tuniche nere.

    Erano tutti armati e avevano un aspetto che incuteva timore, ma il capo era più alto e massiccio degli altri. Il pugnale d’oro tempestato di smeraldi che gli pendeva al fianco testimoniava il suo status sociale, mentre la luce gelida che illuminava i suoi occhi blu era sintomo della sua determinazione. Con un movimento atletico, smontò di sella, la tunica bianca che indossava che contrastava con il colorito olivastro della pelle.

    Scossa da un tremito di paura, Jasmine lo guardò, e pregò con tutto il cuore di sbagliarsi. Non poteva essere lui... Non poteva!

    Ma quando scorse il suo viso, bellissimo e dall’espressione cinica, non poté negare la realtà. Per tredici anni quel viso era apparso nei suoi sogni.

    Il viso di Kareef Al’Ramiz, il principe barbaro del deserto.

    Gli invitati lo riconobbero e le loro esclamazioni di sorpresa riecheggiarono il gemito che le era sfuggito dalle labbra.

    Kareef, l’uomo che l’aveva sedotta, condannandola alla vergogna e all’esilio. L’uomo che era stato la causa del dolore e della solitudine che l’avevano accompagnata per metà della sua vita. L’uomo che le aveva fatto pagare così duramente il crimine che aveva commesso innamorandosi di lui.

    Ancora qualche giorno, e Kareef Al’Ramiz sarebbe stato incoronato re del Qusay.

    Odio puro le scorse nelle vene, una sensazione così violenta da farla vacillare. Jasmine si aggrappò al braccio di Umar. «Perché è qui?»

    «Il re è mio amico» spiegò Umar sorridendo. «La sua presenza è parte del mio piano. Vieni.»

    La prese per mano e si incamminò per andare ad accogliere il suo ospite. Jasmine cercò di opporsi, ma Umar non mollò la presa. Continuò ad avanzare, ma le sembrò che tutto si oscurasse intorno a lei, e che l’aria rifiutasse di arrivarle ai polmoni. Tentò di respirare a fondo, di riguadagnare il controllo. Come in cerca di una rassicurazione, toccò l’anello di fidanzamento. L’enorme diamante era freddo e pesante sulla sua mano.

    «Sire!» esclamò Umar. «Accettando il mio invito, mi ha fatto un grande onore!»

    «Meglio per te che si tratti di qualcosa di davvero importante» borbottò l’altro uomo. «Per venire qui, ho interrotto la mia galoppata nel deserto.»

    Sentendo la voce di Kareef – quella voce profonda e bassa che un tempo era stata una melodia per le sue orecchie – un capogiro la colse. Ma se avesse perso i sensi in quel momento, pensò Jasmine, sarebbe stato un vero disastro. Come avrebbe reagito Umar?

    Sposami, Jasmine... Le parole che Kareef le aveva sussurrato tanti anni prima risuonarono nella sua mente. Le aveva accarezzato una gota, gli occhi pieni di desiderio fissi sul suo viso. Sposami...

    No! Non poteva affrontare Kareef. Né in quel momento, né mai. Il cuore prese a martellarle furiosamente nel petto. «Devo andare» disse, cercando di nuovo di sottrarre la mano a quella del suo fidanzato. «Scusami, ma devo andare...»

    Colto di sorpresa, Umar lasciò la presa facendole perdere l’equilibrio. Jasmine barcollò e poi cadde in un’esplosione di seta verde pallido.

    Sentì un’esclamazione soffocata. Due mani l’afferrarono, e la rimisero in piedi.

    Un brivido le percorse il corpo al tocco di quelle mani forti, quasi rudi, così virili, così diverse da quelle fredde e snelle di Umar. Jasmine sollevò lo sguardo.

    Kareef, il sole alle sue spalle, entrò nella sua visuale. La luce quasi accecante gli creava intorno una sorta di alone brillante. Continuò a stringerle le mani, gli occhi fissi nei suoi.

    «Jasmine» mormorò lui.

    Le mancò la forza per replicare. Quasi non riusciva a respirare. Tutto quello che riusciva a sentire, si rese conto Jasmine, erano le grida dei gabbiani che volteggiavano sul mare, e il ronzio degli insetti, quasi completamente dimentica dei duecento illustri ospiti che osservava la scena dal padiglione.

    Per un attimo, il tempo si fermò. Erano loro due soltanto. Percepì acutamente le dita di lui sulla pelle, quella vicinanza che aveva sognato ogni notte degli ultimi tredici anni, notti che aveva trascorso sola nel suo attico a New York.

    Umar avanzò per frapporsi a loro. «Sire» disse, «mi permetta di presentarle Jasmine Kouri, la mia sposa.»

    Kareef fissò il bel viso dall’espressione sconvolta di Jasmine. Non avrebbe mai creduto di incontrarla ancora, e vederla così all’improvviso, toccarla, era stato uno shock anche per lui. Contro la sua stessa volontà continuò a guardarla, notando le ciglia lunghe e folte, le labbra rosse perfettamente disegnate. I capelli che una volta erano stati lisci e lunghi fino alla vita, adesso le sfioravano le spalle in una nuvola di riccioli neri. Il vestito che indossava sembrava appartenere a una star di Hollywood degli anni Trenta. Il corpetto evidenziava il seno generoso e la vita sottile, le braccia snelle e armoniose si intravedevano appena dalle maniche larghe.

    L’abito era dei più castigati, lasciava scoperti solo il collo e le mani, ma l’effetto era devastante. Era bella, bellissima. Così bella da sembrare una visione. Avrebbe voluto stringerla, baciarla, assicurandosi così che fosse vera. Qualcosa di molto simile a una scossa elettrica risalì lungo il suo braccio.

    E poi, all’improvviso, colse il senso di ciò che Umar aveva detto.

    Jasmine... La sposa di Hajjar?

    Con un movimento brusco, la lasciò andare. Si guardò le mani, quasi sorpreso che le dita non fossero effettivamente bruciate. Tirò un profondo respiro e sollevò lo sguardo. «Voi siete sposati?» domandò.

    Jasmine lo guardò negli occhi. Si inumidì le labbra con la punta della lingua, e non rispose.

    «Non ancora.» Umar le appoggiò un braccio sulle spalle con fare protettivo. «Ma lo saremo presto. Subito dopo la Coppa del Qais.»

    Kareef continuò a guardare Jasmine, e Jasmine continuò a tacere. Tanto tempo prima, quando erano ancora insieme, lei aveva l’abitudine di chiacchierare a ruota libera, riuscendo sempre a strappargli una risata. La sua semplice conversazione era stata un balsamo per i suoi nervi, forse perché così spontanea, così vera. Dapprima Jasmine aveva mantenuto un atteggiamento circospetto, una ragazza sicuramente più a suo agio fra i libri che in compagnia del

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