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Lezioni di cuore: Harmony Collezione
Lezioni di cuore: Harmony Collezione
Lezioni di cuore: Harmony Collezione
E-book164 pagine2 ore

Lezioni di cuore: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

È arrivata lì per dimenticare il passato e ripartire da zero.



Non appena varcata l'imponente soglia di Highbridge Manor, antica e rinomata scuola nel cuore della campagna inglese, Ria non può trattenersi dal toccare il cielo con un dito: il posto da insegnante che l'attende è esattamente quello di cui ha bisogno per dare una svolta alla propria vita. Ma nell'istante stesso in cui viene accolta da Jasper Trent, affascinante preside dell'istituto e suo nuovo capo, Ria capisce di essere in grave pericolo. Essendo nel bel mezzo delle vacanze estive, non ci sono studenti nei corridoi della scuola, né lezioni da tenere, e la vicinanza forzata fra lei e Jasper non può che portare a galla quello che entrambi cercano di nascondere. L'incredibile attrazione che provano l'uno per l'altra.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975398
Lezioni di cuore: Harmony Collezione
Autore

Susanne James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Lezioni di cuore - Susanne James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Master of Highbridge Manor

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Susanne James

    Traduzione di Marta Draghi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-539-8

    1

    Ria imboccò lentamente il vialetto che conduceva all’imponente collegio vittoriano, le ruote della sua vecchia auto che stridevano sulla ghiaia, e l’ombra di un sorriso le apparve sul viso... Era la tipica scuola inglese, pensò, immaginando i bambini intimoriti che arrivavano lì per la prima volta, con lo stomaco chiuso e la gola secca. Anche lei c’era passata.

    Il lungo edificio a più piani era diviso in due ali da una torre campanaria e, pur essendo stato costruito da più di cento anni nella remota campagna dell’Hampshire, aveva ancora un aspetto ben curato. I prati accanto al vialetto erano puliti e ordinati, con sassi bianchi a impedire il parcheggio dove non autorizzato, mentre a sinistra c’erano quattro campi da tennis, pronti ad accogliere i quattrocento ragazzi previsti per l’inizio del trimestre.

    Ria fu travolta da un’ondata di familiarità mentre scendeva dall’auto. Aveva trascorso gran parte della sua infanzia in una scuola del genere e, pur non avendo ancora messo piede a Highbridge Manor, sapeva di non doversi aspettare nulla di diverso. Riusciva già quasi a sentire l’odore dei prodotti usati per le pulizie e della cera per il legno, quello polveroso dei libri e, da qualche parte in lontananza, l’inconfondibile aroma delle verdure bollite. Ma forse quel giorno le cucine non erano attive, pensò allungandosi a bussare al portone, visto che gli studenti non sarebbero tornati prima di una settimana.

    Un attimo dopo si ritrovò a fissare gli occhi azzurri di una donna elegante, con gli occhiali da vista sollevati sopra una chioma castana punteggiata di bianco. Doveva avere circa cinquant’anni e le sue maniere sicure mostravano una certa familiarità con quel luogo.

    «Ria Davidson?» Il sorriso della donna era stranamente diffidente.

    «Sì. Ho un appuntamento con il signor Trent alle dieci e mezza» si affrettò a rispondere Ria.

    «La stavamo aspettando. Prego, entri» disse la donna. «Io sono Helen Brown, la segretaria della scuola.»

    L’avevo capito, pensò Ria. Secondo la sua esperienza, le segretarie erano una razza a sé – competenti, possessive e... spaventose. La seguì lungo il corridoio fino a una stanzetta affacciata sui campi da tennis.

    «Questo è il mio ufficio» disse la donna. «Si accomodi. Informerò il signor Trent del suo arrivo» aggiunse, prendendo il telefono. «Miss Davidson è arrivata» mormorò. «Vuole che la accompagni subito?» Poi: «D’accordo, saremo da lei fra dieci minuti».

    Con una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete, Ria notò che erano solo le dieci e venti. Era arrivata un po’ in anticipo. Ma, chiaramente, per il signor Trent le dieci e mezza erano le dieci e mezza, non le dieci e venti! Soffocò un sospiro. Doveva essere un tipo puntiglioso.

    Helen riattaccò. «Al momento è impegnato con il custode» le disse. «Ma si libererà presto.»

    Ria si appoggiò allo schienale, grata per l’opportunità di scoprire qualche ulteriore dettaglio sull’incarico. «L’agenzia mi ha contattata soltanto ieri per questo lavoro» esordì, ma Helen la interruppe subito.

    «Lo so, è stato un momento difficile» disse. «Una delle nostre insegnanti di inglese se ne è andata in modo inaspettato prima della fine dell’ultimo trimestre. È stato piuttosto spiacevole, ma francamente...» aggiunse sottovoce, «... alla fine è stato meglio così.» Sospirò. «Abbiamo già incontrato tre candidate, ma nessuna andava bene, e il tempo stringe ormai.»

    «Già, avevo intuito una certa fretta» sorrise Ria.

    «Si tratta di una posizione temporanea fino alla fine dell’anno, come sicuramente lei già sa» continuò Helen. «Troveremo qualcuno di fisso a settembre.»

    «E lei è qui da molto?» chiese Ria.

    La donna sorrise, studiandosi le unghie per un istante. «Quasi quindici anni» rispose.

    «Mi sembra di capire che questa è sempre stata una scuola privata» disse Ria.

    «Esatto, posseduta e diretta con grande successo dalla famiglia Trent. Lo ritengo una specie di record, non pensa anche lei?» Dopo qualche istante si alzò. «Possiamo andare ora» disse, guardando l’orologio. Erano le dieci e ventotto.

    Camminarono lungo un corridoio impeccabile, in fondo al quale c’era una porta con l’insegna PRESIDE. Helen bussò timidamente e attese che una voce forte rispondesse: «Avanti».

    Mentre seguiva Helen nella stanza, Ria dovette ripararsi gli occhi dalla luce che entrava dalle finestre ma, non appena si riprese, rimase a bocca aperta nel vedere per la prima volta il signor Jasper Trent.

    Era inaspettatamente giovane, forse non aveva nemmeno quarant’anni. Alto almeno un metro e novanta, spalle larghe e un bel fisico, era vestito in giacca e cravatta scure. I capelli erano tagliati alla moda e i forti lineamenti del viso erano dominati dai più penetranti occhi scuri che Ria avesse mai visto. La disciplina non doveva essere un problema in quella scuola, pensò. Chi avrebbe osato discutere con il signor Trent? E, quando parlò, la sua voce forte e autorevole ne fu la conferma.

    «Signorina Davidson? La prego si accomodi» disse l’uomo, spezzando la solennità dei propri lineamenti con un breve sorriso mentre le si avvicinava per stringerle la mano.

    Sforzandosi di placare l’ansioso battito del cuore, Ria si accomodò sulla poltrona girevole, mentre il signor Trent tornava dietro la scrivania, di fronte a lei, e studiava l’ennesima candidata alla posizione offerta, sostenendone lo sguardo incantato.

    Due pensieri lo colpirono all’istante: quella donna era innegabilmente affascinante, ma non era affatto come se l’aspettava.

    Si accigliò. «Mi perdoni se parlo subito della sua età, signorina Davidson» disse freddo, «ma avevo capito che lei avesse una cinquantina d’anni.» Fece una pausa. «Il che, chiaramente, non corrisponde al vero.»

    Ria non poté fare a meno di sorridere. Entrambi si erano fatti un’idea sbagliata dell’altro. «No» concordò, «ne ho venticinque.»

    «Bene, la prima questione l’abbiamo chiarita» disse in tono neutro il signor Trent.

    Ria, notando un’espressione piuttosto scoraggiante su quel bel volto, d’istinto si aggrappò ai braccioli della sedia per non tremare. Aveva sempre detestato i colloqui, e quello non faceva eccezione. Avrebbero dovuto avvisarla di cosa – o meglio, di chi – l’aspettava! Perché mai aveva creduto di incontrare un uomo gentile e paterno, coi capelli grigi, gli occhiali e un corpo che mostrava i segni del tempo?

    «Dunque» continuò lui, «lei ha venticinque anni e, secondo questo curriculum, è laureata in inglese e ha tre anni di esperienza di insegnamento, supplenza e tutoraggio privato... giusto?»

    «Esatto» confermò Ria.

    «Ed è a conoscenza del fatto che, se dovessimo trovare un accordo, la posizione sarebbe solo fino alla fine dell’anno scolastico?» proseguì il signor Trent, andando come suo solito al futuro con i pensieri. In realtà l’incarico sarebbe potuto diventare a tempo indeterminato, se lei si fosse dimostrata all’altezza, ma il suo istinto gli diceva di non prendere nemmeno in considerazione una tale eventualità.

    Ria Davidson non era solo giovane, ma anche deliziosa. Indossava un immacolato completo di lino e i suoi folti capelli ramati erano raccolti da un fermaglio in osso. La pelle bianca era perfettamente levigata e i grandi occhi color nocciola risaltavano come sulla neve. Proprio il genere di donna che non voleva in quel posto, si disse. Per tutta una serie di ragioni. E, tra sé, inveì contro l’incompetenza dell’agenzia che gli aveva fornito delle informazioni sbagliate.

    «Lo so» disse Ria in risposta alla sua domanda. «E la cosa si sposa perfettamente con i miei piani... se mai trovassimo un accordo» concluse solenne.

    Lui inarcò un sopracciglio. «E posso chiederle quali sono i suoi piani?» domandò.

    Ria alzò le spalle. «Niente di originale» rispose. «Diciamo che sono rimasta chiusa in una scuola da quando avevo quattro anni e sento l’improvviso bisogno di fuggire» esitò un istante. «A settembre intendo partire per un viaggio che mi porti a conoscere il mondo. Ho risparmiato a sufficienza per mantenermi per circa un anno, ma sono certa che riuscirei a trovare qualche occasione di lavoro lungo la strada, nel caso mi trovassi in difficoltà.» Fece un’altra pausa. «Non posso rimandare oltre, o mi verrà un esaurimento.»

    «E intende viaggiare da sola?» chiese il signor Trent, spiandole di sfuggita le lunghe gambe accavallate elegantemente.

    «Sì. Nessuna delle mie amiche ha tanto tempo a disposizione» rispose. «Dovrò farmi coraggio.»

    Passarono alcuni istanti, durante i quali lui parve assorto nei suoi pensieri. «Stiamo cercando qualcuno che insegni ai ragazzi più giovani» disse poi, «e che porti a termine il corso già iniziato. Il capo del dipartimento scolastico, Tim Robbinson, è pronto a darle tutto il supporto necessario.»

    Guardandolo negli occhi con fermezza, Ria ebbe l’impressione che, se lo avesse voluto, il posto sarebbe stato suo. E non poteva certo negare di volerlo!

    «Suppongo che, se la retribuzione non le fosse sembrata adeguata, non sarebbe nemmeno venuta qui oggi» continuò lui, sistemando le carte sul tavolo.

    «No... Cioè, sì... Le vostre condizioni sono accettabili» si affrettò a rispondere lei, colpita da quelle mani forti e abbronzate.

    Un’altra lunga pausa. «Allora sono lieto di offrirle il posto, signorina Davidson» disse piano, posando la penna che teneva in mano da un po’ e appoggiandosi allo schienale. «Se intende accettare, sono pronto a rispondere a tutte le sue domande.»

    Ria sentì un’ondata di euforia. Ce l’aveva fatta! Era riuscita a convincere il preside della scuola che meritava quel posto e quello stipendio. Per la prima volta dall’inizio del colloquio, Ria riuscì a rilassarsi, regalandogli uno dei suoi sorrisi smaglianti. «Grazie! Accetto con piacere» rispose. «L’agenzia mi ha dato la vostra brochure, quindi per il momento non credo di avere domande» aggiunse.

    Lui si alzò, evidentemente sollevato per aver risolto la questione. «Le mostrerò il suo alloggio» disse. «La signora delle pulizie lo ha già preparato.»

    Ciò che più l’aveva attirata di quel lavoro era la sistemazione per gli insegnanti, perché al momento non aveva un posto dove stare. Infatti la sua amica Sara, con la quale condivideva l’appartamento, era sul punto di sposarsi. L’unico vero indirizzo che ancora possedeva era quello della dimora di famiglia a Londra ma, pur sapendo di poterla utilizzare in caso di bisogno, non ci avrebbe mai fatto ritorno. Aveva vissuto lì per poco tempo e non si era mai sentita a casa, figuriamoci se ci avrebbe rimesso piede adesso che c’era Diana, la seconda moglie di suo padre, a fare da padrona.

    Il signor Trent le aprì la porta e camminò accanto a lei lungo il corridoio, colpito dal modo in cui i raggi del sole donavano una luce dorata ai suoi capelli. «Ora è tranquillo, perché non ci sono gli studenti» disse, cercando di ignorare le sensazioni fisiche provocate dalla vicinanza di quella donna. «Ma qui di solito c’è molta confusione. La settimana prossima, a quest’ora, sarà tutto diverso.»

    In fondo al corridoio svoltarono l’angolo e salirono un’ampia scala di pietra.

    «Credo che chiunque abbia insegnato anche solo per cinque minuti sia abituato alla confusione» gli rispose Ria. Poi fece una pausa. «Ma non ho mai lavorato in un collegio maschile prima d’ora, quindi potrei aver bisogno di qualche consiglio di tanto in tanto.» Alzò lo sguardo, incontrando quello di lui che la fissava pensieroso, e immediatamente arrossì. Sperava di non essergli sembrata patetica. «Ma sono certa che mi ambienterò in fretta...» aggiunse.

    Lui annuì brevemente. «Tutti hanno bisogno di un consiglio ogni tanto» disse.

    Dopo pochi istanti, giunsero alla porta di quella che sarebbe stata la sua stanza. Entrandovi e guardandosi intorno Ria non credeva alla propria fortuna. Quella non era una semplice stanza, era un vero e proprio mini appartamento! Seguì il signor Trent nel piccolo salotto, arredato con due poltrone e un tavolino da caffè, una scrivania, una libreria e una tv. Leggermente nascosta in un angolo c’era una piccola cucina, completa di lavello, frigorifero, bollitore, tostapane e microonde. Perfetto per una persona, pensò, prevedendo che si sarebbe sentita a casa in quel rifugio.

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