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A Venezia con il capo: Harmony Jolly
A Venezia con il capo: Harmony Jolly
A Venezia con il capo: Harmony Jolly
E-book149 pagine2 ore

A Venezia con il capo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!
Ho bisogno di una tata, e subito! Max Martin non ha tempo da perdere: deve immediatamente trovare qualcuno che badi a sua nipote sino a quando sua sorella non tornerà a casa. Lui non ha tempo di giocare con le bambole, ha cose ben più importanti a cui pensare e appena l'avrà trovata andranno dritti a Venezia. Ruby Lange non sa più dove sbattere la testa. Ha bisogno di un lavoro che la porti lontano da Londra per un tempo illimitato. Suo padre sta per tornare e lei non ha alcuna intenzione di incontrarlo. L'agenzia per tate che le ha consigliato la sua amica potrebbe fare al caso suo. Vuoi che non ci sia un milionario che abbia bisogno di una babysitter?
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788830502536
A Venezia con il capo: Harmony Jolly
Autore

Fiona Harper

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    A Venezia con il capo - Fiona Harper

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Taming Her Italian Boss

    Harlequin Mills & Boon Modern Heat

    © 2014 Fiona Harper

    Traduzione di Daniela Alidori

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-253-6

    1

    «Mi sta chiedendo un lavoro?»

    La donna che fissava Ruby attraverso la scrivania sembrava perplessa mentre la squadrava da capo a piedi, la giacca di velluto a coste, la minigonna coi leggings colorati che spuntavano da sotto, le scarpe di tela che erano quasi dello stesso porpora delle striature nei capelli corti e scuri.

    «Sì» annuì Ruby notando l’abito nero impeccabile e i capelli dal taglio raffinato della famosa Thalia Benson della Benson Agency di Londra.

    «E Layla Babbington le ha suggerito di provare qui?»

    Ruby annuì ancora. Layla era una delle sue migliori amiche. Quando aveva saputo che stava cercando un impiego che la portasse all’estero il prima possibile, le aveva consigliato l’agenzia di bambinaie più importante della città. «Non farti ingannare dalla vecchia Benson» le aveva detto. «Sotto l’aspetto severo, Thalia è un pasticcino e le piacciono le persone con un po’ d’iniziativa. Voi due andrete d’accordo, ne sono certa.»

    Adesso che le era seduta di fronte, vivisezionata come un insetto sotto una lente d’ingrandimento, Ruby aveva qualche dubbio.

    «Allora...» continuò la signora Benson mentre rovistava tra i fogli. «Che qualifiche ha?»

    «Per fare la bambinaia?» domandò Ruby soffocando un moto di nervosismo.

    Thalia non rispose, ma sollevò le sopracciglia in un gesto che indicava meraviglia.

    Ruby trasse un profondo respiro e si decise a rispondere. «Vediamo... sono sempre stata brava coi bambini, sono pratica e creativa...»

    L’altra la interruppe alzando una mano. «Intendo titoli professionali. Diploma di Educatrice, metodo Montessori?»

    «Non proprio.»

    Thalia Benson le rivolse un’occhiata gelida. «O si hanno le qualifiche, o non si hanno.»

    Ruby deglutì. «So di non avere degli attestati tradizionali, in compenso ho altre doti, flessibilità, buonsenso e capacità organizzative.»

    Le orecchie della Benson vibrarono nell’udire buonsenso. Evidentemente amava quel termine. Ruby decise di approfittarne. «E sin da bambina ho viaggiato tanto. Parlo quattro lingue, francese, spagnolo, italiano e un po’ di malgascio.»

    La signora Benson piegò la testa. «È stata in Madagascar?» domandò incredula, convinta che Ruby avesse esagerato un po’ nell’imbottire il suo curriculum.

    «Io e i miei genitori abbiamo vissuto là per tre anni quand’ero piccola.»

    La Benson strinse gli occhi. «Salama ve?» declamò a bruciapelo cogliendo di sorpresa Ruby.

    La risposta arrivò automatica. Come stava? «Salama tsara.»

    La donna spalancò gli occhi e per la prima volta da quando Ruby aveva varcato la soglia dell’ufficio, sembrò incuriosita. Prese il formulario vuoto e cominciò a scrivere. «Ruby Long, giusto?»

    «Lange» la corresse Ruby. «Con una e

    La Benson alzò lo sguardo dal foglio. «Come Patrick Lange?»

    Ruby annuì. «Esatto.» Normalmente non menzionava il legame col regista dei più bei documentari sulla natura della televisione inglese, ma vide un tale barlume d’interesse negli occhi di Thalia Benson e lei voleva davvero andare all’estero prima che il buon vecchio padre tornasse dalle Isole di Cook, da lì a un paio di giorni, che decise di avvalersene. «È mio padre.»

    La donna smise di scrivere e incrociò le mani sul foglio. «Bene, signorina Lange, di solito non assumo bambinaie senza qualifiche professionali neppure per un impiego a breve termine, ma forse posso trovarle qualcosa da fare durante l’estate. La nostra segretaria è appena partita per le ferie.»

    Ruby sbatté le palpebre. Come sempre, quando udivano il nome Lange, lei diventava invisibile. Quando avrebbe imparato?

    «È molto generoso da parte sua, signora Benson, ma non cercavo un lavoro da impiegata.»

    Thalia annuì, ma dal sorriso sul suo viso era chiaro che si stava domandando quanti punti avrebbe guadagnato sulla sua clientela se fosse riuscita a trascinare Ruby al party annuale, e forse anche a convincere Patrick Lange, il beniamino della Tv nazionale, a fare una scappata.

    Ruby non aspirava a quello. Le erano stati offerti decine di impieghi super pagati grazie allo status di suo padre e li aveva rifiutati tutti. Lei voleva solo che qualcuno vedesse le sue potenzialità, che avesse bisogno di lei per se stessa, per quello che poteva dare e non per i rapporti con la sua famiglia. Sicuramente non era chiedere troppo. Purtroppo, sospettava che Thalia Benson non la pensasse allo stesso modo. La donna si alzò dalla sedia, aprì la porta dell’ufficio e indicò a Ruby che doveva tornare nella sala d’aspetto. «Perché non si accomoda là fuori mentre io vedo cosa posso fare?»

    Ruby obbedì. Avrebbe concesso a Thalia Benson un quarto d’ora, e se a quel punto non si fosse presentata con una proposta valida, sarebbe andata via. La vita era troppo breve per sprecarla ad aspettare. Avanti dritto, era il suo motto.

    L’arredamento nella zona d’attesa era sui toni del melanzana e ostentava un’eleganza misurata. L’unico dettaglio stonato in quell’ambiente sofisticato era un vaso di matite colorate e dei blocchi da disegno sul tavolino basso tra i divani. Armandosi di pazienza, Ruby prese un foglio bianco e una matita rossa. Aveva sempre amato disegnare, sin da bambina.

    Passò i primi cinque minuti a fare la caricatura di Thalia Benson, vestita come la Strega del film Hansel & Gretel, in cui chiudeva in gabbia un bambino spaventato.

    Mentre i minuti scorrevano, però, si convinse che stesse perdendo il proprio tempo. Stava tentando di decidere se arrotolare il foglio o lasciarlo lì in bella vista, quando la porta si spalancò ed entrò un uomo alto e dall’espressione determinata, tallonato da vicino da una bimbetta dai capelli scuri che piangeva tenendo gli occhi chiusi.

    La ragazza alla reception gli andò incontro per fermarlo e dirgli che doveva prendere un appuntamento, ma lui non cambiò la sua traiettoria. Ruby posò la caricatura sul tavolino e osservò la scena con interesse.

    «Devo vedere la persona incaricata, subito» tuonò il tizio, impassibile di fronte all’espressione terrorizzata della segretaria.

    «Se vuole darmi un secondo, signor... ehm... vedrò se la signora Benson è disponibile.»

    L’uomo si fermò di fronte al bancone mentre la piccola smetteva per un attimo di strillare e prendeva fiato.

    «Signor Martin» si presentò il tizio avanzando di un passo.

    La ragazza riuscì a batterlo in velocità e bussò alla porta di Thalia un secondo prima che lui raggiungesse la maniglia, e salvò la faccia annunciando il suo nome ad alta voce. A quel punto, il tipo marciò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle, incurante della bambina che si era lasciato dietro.

    La piccola tirò su col naso e si voltò verso Ruby che con un sorriso le offrì una matita colorata.

    Max guardò la donna dietro la scrivania che lo fissava a bocca aperta. «Ho bisogno subito di una delle sue bambinaie disposte a viaggiare.»

    La donna chiuse la mascella e con un veloce e quasi impercettibile cenno di apprezzamento, valutò l’abito fatto a mano e le scarpe italiane, e decise di essere gentile.

    «Certo, signor Martin.» Gli sorrise. «Mi serviranno un paio di informazioni e studierò la mia lista delle persone disponibili. Dovremmo essere in grado di cominciare subito i colloqui.» Prese un’agenda sulla scrivania e cominciò a sfogliarla. «Cosa ne dice di giovedì?» domandò alzando gli occhi a guardarlo.

    Max la fissò. Pensava di essere stato piuttosto chiaro. Aveva detto subito. «Mi serve qualcuno oggi stesso.»

    «Oggi?» esclamò lei e il suo sguardo corse all’orologio sul muro.

    Max sapeva che ore erano, le tre e mezza.

    La giornata era cominciata in modo normale, ma poi, alle dieci, si era presentata in ufficio sua sorella e, come accadeva sovente quando si trattava delle donne della sua famiglia, la situazione era precipitata.

    «Preferibilmente entro la prossima mezz’ora» specificò. «Devo essere all’aeroporto per le cinque.»

    «M-ma quanti anni ha la bambina? Per quanto tempo le serve l’aiuto? Che genere di esperienza richiede?»

    Lui ignorò quelle domande ed estrasse dalla tasca dell’abito un foglio stampato dal computer. «Sono venuto da lei perché nel suo sito web dice che procura bambinaie per ogni occasione. Ho bisogno di sapere se è vero.»

    Lei raddrizzò la schiena e lo guardò dritto negli occhi. «Ascolti, signor Martin, non so che genere di agenzia pensa che io diriga, ma...»

    Lui alzò una mano per zittirla. Sapeva che stava trascurando qualunque nozione di galanteria, ma non aveva scelta. «La migliore agenzia di bambinaie di Londra, mi hanno detto. Ha qualcuno da propormi? In caso contrario, mi rivolgerò altrove.»

    La donna si morse il labbro, ma l’espressione si ammorbidì. Lui non aveva voluto lusingarla, non era nel suo stile, ma ogni tanto, una dose di verità detta al momento giusto giovava alla causa. «Sì, posso aiutarla» dichiarò con un sospiro, ma era evidente che stava calcolando quanto potesse chiedergli di parcella. «Almeno, mi dica l’età e il sesso.»

    Max si strinse nelle spalle. «Femmina. Sui due o tre anni. Altro non so. Perché non le dà un’occhiata lei stessa?»

    Gli occhi della donna quasi schizzarono fuori dalle orbite. «È qui?»

    Max annuì. Dove diavolo pensava che fosse?

    «E l’ha lasciata fuori? Da sola?»

    Lui aggrottò la fronte. Non ci aveva nemmeno pensato. Comunque, non l’aveva lasciata completamente sola. C’era la ragazza alla reception...

    La signora Benson balzò in piedi, aprì la porta di scatto e corse nella sala d’attesa. Max notò immediatamente che c’era qualcosa di diverso: il pianto era cessato. Quell’orribile sirena che l’aveva perseguitato per tutto il giorno si era spenta e Sofia stava colorando in silenzio.

    «Prova il rosso per il fiore» le stava dicendo una giovane in ginocchio porgendole una matita che la bambina accettò con calma. Dopo qualche istante, entrambe alzarono la testa a guardare i due adulti che torreggiavano su di loro.

    Max si girò verso la proprietaria dell’agenzia. «Voglio lei» disse indicando l’estranea che aveva delle strane ciocche colorate nei capelli.

    La Benson scoppiò in una risatina nervosa. «Mi spiace, ma non lavora qui.»

    Max inarcò le sopracciglia.

    «Sono sicura che preferirebbe una delle nostre bambinaie...»

    Lui guardò quella strana ragazza e poi la bambina. Per la prima volta, dopo ore, Sofia era tranquilla e si comportava come un essere umano e non una

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