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Una candidata per l'erede: Harmony Collezione
Una candidata per l'erede: Harmony Collezione
Una candidata per l'erede: Harmony Collezione
E-book151 pagine2 ore

Una candidata per l'erede: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Sebastian Conway è ricco, ha un lavoro gratificante a Londra e una vita assolutamente glamour. Per quale motivo, quindi, dovrebbe decidere di accasarsi? Forse perché è anche l'erede dei Conway, ed è arrivato per lui il momento di prendersi cura delle proprietà di famiglia. Ed è proprio durante un weekend a Pengarroth Hall che conosce la bella Fleur Richardson, rimanendone affascinato fin dal primo istante. Se solo lui riuscisse a superare la propria allergia alle relazioni stabili, Fleur sarebbe la sua candidata ideale.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2018
ISBN9788858986547
Una candidata per l'erede: Harmony Collezione
Autore

Susanne James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una candidata per l'erede - Susanne James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Playboy of Pengarroth Hall

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Susanne James

    Traduzione di Carla Maria De Bello

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-654-7

    1

    Quello doveva davvero essere il paradiso, meditò Fleur mentre avanzava attraverso gli immensi terreni di Pengarroth Hall, i passi scricchiolanti sul sentiero ghiaioso. Il pallido sole dicembrino, che filtrava tra i rami ormai spogli degli alberi, non era ancora riuscito a sciogliere le delicate tracce di brina che scintillavano ovunque, ma, se già questo era meraviglioso, come sarebbe stato in primavera e in estate, quando la natura avrebbe sfoggiato il suo tripudio di foglie e colori?

    Avendo trovato chiuso il primo cancello davanti al quale era arrivata, la ragazza aveva deciso di proseguire a piedi. In realtà, si era accorta quasi subito che quello che stava percorrendo probabilmente non era il sentiero giusto, ma il luogo si rivelò talmente incantevole che non poté resistere alla tentazione di fare due passi e respirare l’aria fresca e salubre della campagna. Ancora qualche minuto e sarebbe tornata alla macchina, promise a se stessa.

    Mia, l’amica che l’aveva invitata a trascorrere con lei il Natale nella tenuta di famiglia, come al solito era stata piuttosto approssimativa nelle proprie indicazioni. «Guida fino al primo cancello che trovi. Non puoi sbagliare» le aveva assicurato.

    A un tratto, dal nulla e facendola sobbalzare, una voce autoritaria e possente interruppe il flusso dei suoi pensieri.

    «Buon pomeriggio. Posso aiutarla?» La domanda risuonò brusca, e Fleur si ritrovò a sollevare lo sguardo, i piedi inchiodati al suolo. Di fronte a lei si ergeva un uomo alto con indosso una giacca cerata imbrattata di fango e sul viso decisamente affascinante un’espressione quasi ostile. Portava un fucile da caccia sulla spalla. I suoi occhi rilucevano cupamente penetranti e Fleur non poté sopprimere un brivido di apprensione mentre ne ricambiava lo sguardo. Poi gli sorrise. Probabilmente si trattava di un guardiacaccia o di qualche dipendente di Pengarroth Hall.

    «Non ho bisogno di nessun aiuto, grazie» rispose con tono vivace. «Mi stavo solo godendo una passeggiata in questi meravigliosi boschi, ecco tutto.»

    Per un attimo l’uomo non rispose, incapace di distogliere lo sguardo dai lineamenti più deliziosi che avesse visto negli ultimi tempi. «Be’, comunque questa è una proprietà privata. Non è consentito l’accesso agli escursionisti. Il sentiero pubblico si trova molto più indietro» ribatté con schiettezza. «L’avviso è marcato in modo evidente.»

    Di fronte a tanta presunzione, Fleur si irrigidì. Non c’era bisogno di dimostrarsi così ostile, e comunque non era quello il caso, dal momento che era stata invitata.

    Tentò di abbozzare un sorriso, nonostante fosse ormai irritata e non avesse comunque nessuna intenzione di rivelare di essere una vecchia amica della proprietaria.

    «Oh, davvero? Allora dovrò stare bene attenta a dove metto i piedi.» Poi lanciò un’occhiata al fucile. «Mi dica, le serve per sparare agli intrusi?»

    Di fronte all’ironia di quella domanda, le labbra dell’uomo non poterono non incurvarsi. «Sarà meglio che le mostri come tornare indietro, prima che si perda» disse, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte. «Ci sono molti sentieri diversi.»

    Fleur lo fissò freddamente. Se la sarebbe cavata benissimo da sola, e di certo non voleva favori da un individuo tanto scontroso. «Non si disturbi. Non ho bisogno di una guida, grazie.»

    «Come vuole, ma farà meglio a sbrigarsi» ribatté lui. «La luce del sole durerà ancora poco.» La guardò fisso negli occhi, poi continuò: «Questa parte della tenuta è in fase di ristrutturazione. L’avvizzimento di alcuni alberi ha reso necessario un considerevole rimpiantamento, e non vogliamo che i nuovi alberelli possano essere rovinati da gente che si inerpica dove non dovrebbe». Così dicendo annuì, voltò le spalle e si allontanò senza aggiungere altro.

    Bene, pensò Fleur, vedendolo scomparire nella semioscurità, di certo quell’uomo sapeva farsi rispettare. L’aveva messa al suo posto. Di’ quello che pensi, e fai quello che dici. Un uomo che sarebbe piaciuto a suo padre, questo era certo! Scosse il capo brevemente mentre ripensava ai propri genitori - Helen e Philip - che, insolitamente, quell’anno avrebbero trascorso il Natale a Boston. Fleur non ricordava una sola volta in cui non avessero passato le feste tutti e tre insieme a casa. Eppure il professor Richardson, un famoso docente universitario di matematica, aveva colto l’occasione di unire lavoro e piacere stravolgendo così per una volta i progetti della famiglia.

    Tornò sui propri passi, assicurandosi di aver imboccato la giusta direzione. Era colpa sua se si era persa e, a essere sinceri, aveva anche intuito immediatamente di aver sbagliato strada. Eppure l’idea di una passeggiata nei boschi era stata allettante - peccato che l’incontro con quel burbero guardiacaccia l’avesse guastata.

    Quando raggiunse la macchina, era ormai buio. Non c’era da stupirsi che il cancello fosse stato chiuso - era già un miracolo che non avessero recintato tutto con il filo spinato per tenere lontani i curiosi!

    Mezzo chilometro più avanti, finalmente Pengarroth Hall apparve alla vista, preceduta dall’immenso cancello che Mia le aveva assicurato non potesse confondere. Percorrendo il viale che conduceva all’entrata principale, Fleur si scoprì nuovamente entusiasta all’idea di trascorrere un po’ di tempo in un posto diverso e circondata da facce diverse. L’amica le aveva infatti annunciato di aver invitato diverse altre persone alla tenuta.

    «L’unica che hai già conosciuto è Mandy» le aveva detto al telefono. «Te la ricordi? È un vero spasso.»

    Sì, certo che se la ricordava... una mangiatrice di uomini, ma nel complesso decisamente simpatica.

    «Tutti gli altri sono colleghi d’ufficio, ma prometto di evitare qualunque argomento inerente il lavoro.»

    Mia lavorava per una ditta di Pubbliche Relazioni di Londra, tutta un’altra cosa rispetto al posto di ricercatrice in ospedale di Fleur. Eppure, nonostante le loro vite avessero preso strade così diverse dai tempi della scuola, le due ragazze si erano sempre tenute in contatto, a dispetto anche delle numerose fitte di gelosia che la vita spensierata di Mia - per nulla condizionata dai desideri di due genitori esigenti - aveva spesso suscitato in Fleur. Philip Richardson, infatti, aveva progetti precisi per la sua unica figlia e non gli era mai passato per la testa che lei potesse avere altre ambizioni. Tuttavia, diligentemente, Fleur aveva ottenuto la laurea in biologia soddisfacendo così le aspettative del padre, ed era anche stata attenta a non presentare troppi fidanzati ai genitori. Non che la madre avrebbe obiettato, ma, esattamente come Fleur, la donna si era ritrovata schiava dell’intelletto e dell’influenza del marito, ed entrambe avevano sempre fatto il possibile per non contraddirlo.

    Suonò il campanello e immediatamente la porta si aprì per mano di un’alta signora sulla cinquantina e dall’ampio e cortese sorriso.

    «Oh, buongiorno! Io sono Pat, la governante» si presentò la donna.

    «Buongiorno, io sono Fleur Richardson.» Fleur ricambiò il sorriso.

    «Sì, mi era stato detto che oggi sarebbe arrivata. Ma prego, si accomodi.» Si scostò di un passo, permettendole di entrare. «Mia si sta lavando i capelli» aggiunse. «Vado ad avvertirla che è arrivata.»

    Nel momento stesso in cui aveva messo piede nella tenuta, Fleur aveva compreso come Pengarroth Hall fosse una casa nel vero senso della parola. Sapeva che l’edificio aveva più di duecento anni e apparteneva alla famiglia di Mia da generazioni, eppure appariva incredibilmente calda, intima e accogliente. Nell’atrio, proprio ai piedi dell’enorme scalone, troneggiava un gigantesco albero di Natale scintillante di fili argentati, ninnoli e luci. In un angolo c’erano un grosso pendolo, due divani e un tavolino coperto di giornali mentre, dalla parte opposta, un vecchio labrador russava disteso sui cuscini di velluto di un altro divano. Quando si accorse di essere osservato, l’animale sollevò una palpebra e fece un profondo respiro per poi tornare a dormire come se nulla fosse. Fleur non poté non sorridere. Com’era diverso tutto ciò dalla casa dei suoi genitori nel Surrey, per non parlare del suo appartamento a Londra! Eppure l’atmosfera di quel luogo sembrava avvolgerla come fosse incantato, e la ragazza comprese in un istante che avrebbe apprezzato ogni singolo attimo della vacanza che stava per vivere.

    Fu proprio allora che Mia comparve in cima alle scale. «Ben arrivata, Fleur! Forza, vieni, non essere timida!»

    La ragazza la raggiunse e, una volta in camera, si sedette sul letto di Mia e la osservò mentre si strofinava energicamente i capelli.

    La sua chioma ondeggiava scura e lucente oltre le spalle, facendo sembrare la ragazza ancora più alta di quanto già non fosse.

    «I tuoi capelli sono diventati lunghissimi. Non te li ho mai visti così!»

    «È colpa di Mat. A lui piacciono molto.»

    Fleur sollevò un sopracciglio. «Oh! Questo Mat sembra decisamente importante... L’uomo del momento?»

    «In un certo senso» ribatté l’amica con un sorriso. «Usciamo insieme da qualche tempo - niente di troppo impegnativo, però. Per questo ho pensato di confonderlo fra gli altri per Natale... prima che la cosa si faccia troppo seria!» Fece una pausa. «Ma cosa mi dici di te? Qualcuno di speciale sulla scena?»

    «No, nessuno» replicò Fleur con tono piatto. E probabilmente non ci sarebbe stato nessuno nemmeno in futuro, avrebbe voluto aggiungere, eppure non lo fece.

    Mia le rivolse uno sguardo carico di comprensione. Sapeva come il padre di Fleur l’avesse sempre scoraggiata dall’intraprendere delle relazioni. Non sprecare la tua intelligenza e la tua educazione annullandoti nel matrimonio e nei figli, era solito ammonirla. Avrai tempo per questo.

    «Be’, lascia però che ti ricordi che l’anno prossimo avremo entrambe ventisette anni» le disse l’amica, quasi rassegnata. «Non che il nostro orologio biologico stia esattamente correndo, ma non possiamo neppure permetterci di perdere troppo tempo, non trovi?» Poi sospirò. «Amo l’idea del matrimonio e della famiglia, ma trovare la persona giusta sembra davvero una missione impossibile. Non appena incontro qualcuno e lo conosco a fondo, è come se perdessi l’interesse. È ovvio che sia colpa mia...» Attese un secondo prima di continuare. «C’è stato qualcuno di importante dopo che tu e Leo vi siete lasciati?»

    Fleur scrollò le spalle. «Non esattamente. Esco regolarmente con alcuni colleghi di lavoro per bere qualcosa, poi torno sempre a casa da sola, come la brava ragazza che sono.» Di fronte al suo stesso commento, le labbra di Fleur si incurvarono leggermente. Se ripensava al tempo trascorso con Leo, quando entrambi significavano così tanto l’uno per l’altra, non poteva credere di aver permesso a suo padre di intromettersi nella loro storia. Eppure, a distanza di tre anni, era quasi riuscita a convincersi che fosse stato un bene. Perché forse lei non era portata per il matrimonio. Non poteva rischiare di assumere il ruolo che sua madre aveva sopportato per tutta una vita - essere servile, dover sottostare a ogni desiderio del marito. Nonostante Fleur sapesse che in fondo era un brav’uomo, suo padre aveva pesantemente condizionato moglie e figlia perché convinto che a contare fosse una sola opinione: la propria. E non avrebbe mai accettato di poter essere in errore.

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