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Una sorprendente proposta: Harmony Collezione
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E-book159 pagine2 ore

Una sorprendente proposta: Harmony Collezione

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Cryssie Rowe conosce perfettamente i tipi alla Jed Hunter: ricchi, spietati, e totalmente abituati a vedere le donne cadere ai loro piedi. Ma quando Jed rileva l'attività nella quale lei è impiegata, e le offre il posto di sua assistente personale, Cryssie non può fare a meno di accettare quella proposta allettante e pericolosa al tempo stesso. Lavorare a stretto contatto con Jed si rivela essere molto più piacevole del previsto: dietro la facciata dello spietato uomo d'affari, infatti, si nasconde un uomo dolce e appassionato, che saprà sorprendere Cryssie con una seconda, e ancor più sconvolgente proposta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2016
ISBN9788858947012
Una sorprendente proposta: Harmony Collezione
Autore

Susanne James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una sorprendente proposta - Susanne James

    successivo.

    1

    Cryssie salì l'ultima rampa di scale che conduceva al reparto giocattoli situato al sesto piano del centro commerciale. Aveva visto la lunga fila di persone che aspettavano l'ascensore così, facendo affidamento sulle scarpe dal tacco basso che calzava sempre e sull'agilità del suo fisico, aveva deciso di aggirare l'ostacolo, usare le gambe e arrivare per prima.

    La vigilia di Natale e la solita, conseguente frenetica corsa agli ultimi acquisti, pensò. Anche lei era lì per completare le sue spese e, soprattutto, per comprare il regalo più importante di tutti. Aveva telefonato in mattinata per accertarsi che al negozio fossero ancora disponibili esemplari delle Runaway Rascal, le bambole ispirate ai personaggi di una famosa serie di cartoni televisivi, quelle che Milo, il suo nipotino di quattro anni, adorava. Il piccolo non aveva perso una sola puntata del programma, e desiderava disperatamente avere una di quelle bambole. E lei avrebbe fatto del suo meglio per procurargliela.

    Facendosi strada fra la piccola folla di compratori dell'ultimo minuto, arrivò al reparto che le interessava. Un veloce sguardo agli scaffali la indusse a sospirare per il sollievo. Eccole lì, quattro Rascal, in bella mostra nelle loro scatole.

    Ce l'aveva fatta!

    Con un po' di agilità riuscì a superare due o tre clienti intenti a esaminare alcuni giocattoli, e proprio mentre era sul punto di formulare la sua richiesta fu interrotta da un'imperiosa voce maschile.

    «Sì, grazie... Ne prendo quattro.» E poi, dopo una pausa: «Le metta sul mio conto.»

    «Certo, signor Hunter» replicò la commessa, sbattendo le ciglia con fare civettuolo.

    A bocca aperta, Cryssie guardò desolata la donna rimuovere le bambole dallo scaffale e sistemarle sul bancone, proprio davanti a lei. Nella fretta non aveva notato l'uomo, che doveva essere già lì quando lei era arrivata. Fissò il proprietario di quella voce possente, costretta a reclinare il capo per farlo entrare per intero nel proprio campo visivo, tanto era alto. Ovviamente era un uomo d'affari, dedusse osservando la giacca scura che indossava al di sopra di una camicia immacolata e di una cravatta a righe. Portava i capelli neri un po' più lunghi della media, i lineamenti del viso parlavano di fermezza e decisione, e gli occhi... Neri e scintillanti, splendidi, ma pericolosi, decise Cryssie.

    Si schiarì la voce e si rivolse alla commessa, cercando di infondere nel suo tono tutta l'autorità di cui era capace. «Spero che non siano le uniche Runaway Rascal che avete. A me ne serve solo una» precisò, quasi a implicare che chiunque ne volesse addirittura quattro doveva essere un avido senza alcuna considerazione per gli altri.

    La donna le lanciò un'occhiata di sfuggita prima di infilare le scatole in due grandi buste di carta. «Purtroppo sì, sono andate letteralmente a ruba...»

    «Ma questa mattina io ho telefonato» la interruppe Cryssie, «e lei mi ha assicurato che ce n'erano tante!»

    «In effetti era così, ma sono state vendute tutte. Il direttore ha deciso di non accettare prenotazioni telefoniche» precisò l'impiegata mentre spingeva le due buste sul bancone. «Riceveremo una nuova consegna alla fine di gennaio» aggiunse, nel tentativo comunque di dimostrarsi utile. «Può lasciare il suo recapito, così noi la avvertiremo quando le bambole saranno di nuovo disponibili, anche se mi rendo conto che non risolverà il suo problema.»

    Delusa, Cryssie sospirò. Guardò di nuovo l'uomo, che le restituì lo sguardo senza un apparente interesse. Come se lei non esistesse... Come se non gli importasse nulla di ciò che gli altri volevano! Avrebbe almeno potuto scusarsi, decise.

    Poi, con una mano forte e abbronzata, l'individuo si impossessò delle buste e si girò per andarsene. Non aveva firmato una ricevuta della carta di credito, e nemmeno pagato in contanti, notò Cryssie, la qual cosa in qualche modo sembrò peggiorare la situazione, perché le bambole erano terribilmente costose. Lei, che era l'unica a guadagnare in famiglia, aveva imparato a limitare i regali a occasioni come compleanni e Natale, e non avrebbe mai osato aprire un conto da Latimer's, o in altri negozi, per la precisione.

    Le avevano insegnato che pagare in contanti era il modo più sicuro per evitare di accumulare debiti.

    Mentre entrambi si allontanavano dal bancone, l'uomo finalmente si decise a guardarla in modo appropriato, cioè come se la vedesse davvero. «È stata una vera disdetta» esordì. «Ovviamente l'ufficio vendite ha commesso un errore, non valutando esattamente il successo che avrebbe avuto questa bambola, non crede? Oppure tutti noi avremmo potuto comprare i nostri regali con un po' d'anticipo» puntualizzò. Poi, con un impercettibile e arrogante cenno del capo, riprese a camminare, lasciandola senza parole e in preda alla mortificazione. Lei... aveva sbagliato aspettando fino all'ultimo minuto, giusto? D'accordo, ma d'altra parte il tizio aveva fatto lo stesso. Tranne per il fatto che era arrivato al negozio qualche secondo prima di lei.

    Incerta sul da farsi si guardò intorno, sicura solo che Milo sarebbe rimasto molto contrariato non trovando il prezioso dono al suo risveglio. Era anche vero che ci sarebbero stati molti altri regali da scartare, ma era quella bambola che desiderava davvero, chiedendola ormai da mesi.

    Prese da uno scaffale un paio di scarpette da calcio e ne controllò la misura. Milo era un patito di quello sport e non possedeva ancora un abbigliamento adatto. Forse quelle, insieme a un nuovo pallone, avrebbero attenuato la sua delusione.

    Cryssie si appoggiò a un bancone, stanca e irritata. A venticinque anni, a volte le responsabilità che la vita le aveva affibbiato le sembravano un fardello troppo pesante da sopportare. Dalla morte dei suoi genitori avvenuta un decennio prima in un incidente d'auto, lei e sua sorella minore Polly avevano vissuto con la prozia Josie fin quando anche questa non era deceduta, fortunatamente prima di sapere che Polly era incinta di Milo e che il padre del bambino era convenientemente sparito dalla circolazione.

    Così adesso loro tre avevano preso in affitto una piccola villetta a schiera in città, e la sola fonte di guadagno era il suo salario...

    «Si sente bene?» Una gentile voce di donna la strappò al filo del suo ragionamento. «Ha l'aria sconvolta.»

    «Oh, sto bene» si affrettò a rispondere Cryssie alla domanda della commessa. «Sono solo un po' stanca...»

    «Non lo dica a me!» L'altra donna fece una pausa. «Mi dispiace per quanto è accaduto, ma davvero non c'era nulla che io potessi fare» riprese. «Guardi, mi dia il suo numero, l'avverto non appena arriverà una nuova fornitura.»

    «D'accordo» confermò Cryssie. «Ma non è stata colpa sua» la rassicurò, dopo averle dato i suoi recapiti. «Spero almeno che i figli di quell'uomo apprezzeranno la loro fortuna.»

    «Non ha figli. Non è sposato...» La commessa abbassò la voce. «Non lo ha riconosciuto?»

    Scrollò le spalle. «No. Avrei dovuto?»

    «Oh, davo per scontato che tutti dovessero sapere chi è Jeremy, o meglio, Jed Hunter» spiegò la donna. «Il proprietario di questo posto» precisò, con l'enfasi di chi si stava riferendo a un capo di stato.

    In realtà, sapeva che Latimer's era di proprietà della famiglia Hunter, ma non conosceva nessuno di loro, pensò Cryssie, e non li aveva mai incontrati di persona. Sicuramente non aveva mai incontrato il giovane rampollo... In caso contrario, lo avrebbe ricordato.

    «Fino più o meno a un anno fa, non lo vedevamo mai» continuò l'impiegata. «Ora però i suoi genitori gli hanno affidato il comando. Alcuni dipendenti lo temono, sa essere molto duro se le cose non vanno esattamente come desidera. Io ovviamente non ho paura di lui» sottolineò. «È sempre cortese, seppur esigente. Comunque suppongo che un uomo così bello e ricco possa permettersi un carattere bizzarro.»

    «Lo suppongo anch'io» confermò Cryssie con noncuranza, perché al momento non aveva nessuna voglia di aggiungere la sua al coro di voci che tesseva le lodi del signor Jed Hunter. Sicuramente però doveva ammettere che era un uomo che aveva tutto, inclusa l'unica cosa che Milo voleva.

    «Stia tranquilla, le telefonerò non appena le bambole saranno consegnate» concluse la commessa.

    «Grazie. Comunque, se non ha figli, per quale motivo le ha comprate?» non riuscì a impedirsi di chiedere Cryssie, mentre sollevava le scarpette da calcio.

    «Non saprei.» La donna si voltò con l'intenzione di tornare al suo reparto, poi esitò. «Ha altri bambini cui fare un regalo?» chiese.

    «No, in realtà non ne ho nessuno» rispose lei. «Siamo solo in tre, io, mia sorella e suo figlio. Mio nipote. Ma sono io che devo pensare a tutto» aggiunse, chinando le spalle. «Sa, mia sorella non sta bene...» disse, chiedendosi però perché avvertiva l'esigenza di confidare i propri problemi a una sconosciuta.

    «Oh, mi dispiace» commentò l'altra donna. «Dunque sua sorella non è in grado di lavorare?»

    «Occasionalmente, solo qualche piccolo impegno part-time. È un'estetista.»

    «Capisco.»

    Ma dall'occhiata che la commessa le lanciò era chiaro che si stava chiedendo perché, allora, non si rivolgeva alla sorella per migliorare il suo aspetto, ipotizzò Cryssie. Sapeva di avere un viso banale e di non essere esattamente una donna che attirava l'attenzione degli uomini. Era Polly la bellezza della famiglia, con il suo corpo snello, la gran massa di capelli ramati e i grandi occhi grigi.

    «Lei invece ha un impiego fisso?» si informò la commessa, evidentemente lieta di fare quattro chiacchiere.

    Cryssie annuì. «Lavoro da Hydebound da tre anni.»

    Il viso dell'impiegata si illuminò. «Splendido negozio, lo conosco. Mi hanno regalato una borsa acquistata lì... Roba un po' costosa, ma ne vale la pena.»

    «Siamo una piccola fabbrica indipendente, dove si fa una grande attenzione ai dettagli» spiegò Cryssie. «Nulla a che vedere con un centro commerciale come questo.»

    Aspettò il suo turno per pagare le scarpette da calcio e il pallone, ed era già in procinto di raggiungere le scale quando percepì l'aroma del caffè appena fatto aleggiare dalla vicina area ristoro. Ricordando che aveva mangiato solo un sandwich a pranzo, esitò. Al negozio non avevano avuto il tempo nemmeno per bere una tazza di tè. Il desiderio di un'abbondante dose di caffeina divenne irresistibile. Guardò l'orologio. Forse, se si tratteneva ancora un poco al centro commerciale, avrebbe evitato il traffico dell'ora di punta, ipotizzò.

    C'erano ancora molti avventori nel locale. Appoggiò le borse degli acquisti su un tavolo d'angolo, poi, armata di vassoio, si avvicinò al bancone. Cedette alla tentazione costituita da una ciambella alla crema, riempì una tazza di caffè, l'appoggiò sul vassoio e si avviò verso la cassa. E dal nulla risuonò una profonda voce. Quella profonda voce.

    «Mi permetta.»

    «Scusi?» Confusa, Cryssie si girò per fissare il volto dell'uomo che ora sapeva essere il proprietario del centro commerciale.

    «Mi permetta di offrirle il caffè» continuò lui. «È il meno che possa fare.»

    Certa di avere il viso in fiamme, e provando un gran fastidio per quello, Cryssie scosse la testa. «Non si senta obbligato a fare proprio nulla» replicò, il tono gelido nonostante l'improvviso innalzamento della temperatura del suo corpo.

    «Oh, non mi sento obbligato» sottolineò lui con uguale noncuranza, «ma mi farebbe piacere pagare il suo conto.»

    «Be', non ne immagino il perché...»

    «Per quello che è successo prima» la interruppe lui, trafiggendola con il suo sguardo di acciaio. «Mi spiace che lei non sia riuscita ad acquistare ciò che le interessava.»

    «Oh... Non importa» balbettò lei, anche se, al contrario, importava. E molto. Ma al momento non le interessava chi pagava per il caffè, le bastava poterlo bere. Indicò il tavolo che aveva scelto e l'uomo, dopo aver appoggiato la sua tazza sul vassoio, la seguì attraverso la sala.

    Una volta preso posto, provò una strana sensazione nell'essere seduta vicino a un uomo così attraente... Tanto vicino che le loro ginocchia si sfioravano al di sotto

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