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Dubbi e peccati
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E-book162 pagine2 ore

Dubbi e peccati

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Info su questo ebook

Un meraviglioso errore.
Sopraffatto dal senso di colpa per aver ceduto alla passione con l'unica donna con la quale tutto quello non sarebbe dovuto accadere, Paolo Donatelli ha chiuso per sempre le porte del proprio cuore a Lauren Bradley. Molto, troppo presto però tutti verranno a sapere del loro segreto, così Paolo decide che c'è una sola strada possibile per evitare ogni scandalo. Il matrimonio. Per Lauren, però, quella parola è fonte di paura e angoscia: sa bene cosa abbia significato per lei pronunciare quel fatidico Lo voglio già una volta, potrà fidarsi di Paolo al punto da confidargli tutta la verità?
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525191
Dubbi e peccati
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Dubbi e peccati - Dani Collins

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Proof of Their Sin

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Dani Collins

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-519-1

    1

    Non per la prima volta, nelle ultime settimane, Lauren Bradley si chiese dove avrebbe dovuto porre un limite tra seguire la propria aspirazione e diventare la donna coraggiosa e indipendente che aveva sempre desiderato essere, e comportarsi come un’arrogante sfrontata, piena di pretese. Camminare su quella sottile linea di confine sempre più spesso le faceva risuonare nella mente aggettivi come licenziosa, spudorata e imbarazzante.

    Non c’era da sorprendersi che, a pronunciare quelle parole nella mente, fosse sempre la voce sottile e ansiosa della madre.

    Gettandosi la lunga treccia sulla spalla, Lauren l’ammonì silenziosamente di tenere la bocca chiusa, mentre si avvicinava all’impiegata dietro il banco dell’albergo esclusivo. La donna le aveva appena rivolto, nel modo più educato possibile, la classica occhiata che le suggeriva di togliersi di torno, e l’abitudine di una vita la esortava a scivolare via a testa china.

    Ma in quei giorni il cuore batteva per due, bussando alle costole, ed era impossibile non ascoltare il messaggio. Devo proprio?, si chiese con un brivido di apprensione.

    Sapeva di avere l’aspetto di una turista venuta a New York alla ricerca di un taglio trendy, da portare a casa come un souvenir, ma per lei significava molto di più. Stava per assumere il controllo della propria vita, e per farlo doveva passare sopra alla vecchia Lauren che, con il sorriso sulle labbra, si faceva sempre da parte. Se questa volta non avesse puntato i piedi e trovato il coraggio, avrebbe potuto riprendersi il bagaglio e ritirarsi nelle camere deserte della proprietà della nonna, dove avrebbe allevato il suo bambino, trasmettendogli tutti i timori di attrarre l’attenzione su di sé di cui aveva sofferto per l’intera vita.

    No. Lauren s’impose di andare avanti.

    Aspettò che la centralinista terminasse la telefonata, della quale si era servita per cercare di farla desistere. C’era abituata, ma in quel caso aveva avuto bisogno di alcuni minuti per trovare il coraggio di esibire un sorriso alla donna che, mentre riagganciava, le rivolse un’occhiata che implicava: ancora qui?

    «Temo che ci sia un malinteso» esordì Lauren con il tono più deciso che riuscì a racimolare. «Questa sera parteciperò al Ballo di Beneficenza Donatelli.»

    La donna, un poco più giovane di Lauren, che aveva venticinque anni, sbarrò gli occhi. Giusto. Sentendo il nome di Paolo Donatelli, tutte le donne cercavano di apparire più alte e trattenevano il respiro.

    Lauren provò una punta di disagio. Stava facendo sfoggio delle proprie conoscenze, cosa che non aveva mai fatto. Al di sopra del gemito inorridito di sua madre, udì la nonna che mormorava: Brava ragazza! Serrando le dita sul manico della borsa, aggiunse decisa. «È sicura che non ci sia niente per Bradley? Per la signora Bradley?»

    Sua madre sarebbe svenuta a tale audacia, invece Lauren coraggiosamente mantenne la posizione, pronunciando il nome con estrema precisione perché che senso aveva essere la signora Bradley e non usare quella prerogativa quando le sarebbe servito?

    «Signora Bradley...?» La giovane, la fronte aggrottata, cercò nel registro. «Ho sentito questo nome...»

    All’improvviso apparve un uomo snello, perfetto dai capelli alla punta delle scarpe, e salutò Lauren con la cordialità di un vecchio amico, anche se lei non l’aveva mai visto.

    «Signora Bradley, certo che abbiamo tempo per lei. È bello vederla, anche se è un momento difficile. Posso esprimerle, a nome mio e del personale, il nostro sincero rincrescimento per la sua grave perdita? Il capitano Bradley era un vero eroe. Se c’è qualcosa che possiamo fare per alleviarle la sofferenza, siamo al suo servizio.»

    In quel momento, Lauren si sentì come il venditore più privo di scrupoli che esistesse sulla faccia della terra, permettendo a quell’uomo di accompagnarla nel salone di bellezza e farla accomodare.

    Il rimorso le causò una tensione alle spalle: c’era ancora tempo per tornare indietro. Non aveva da fare altro che voltarsi e andarsene. La gente l’avrebbe osservata, ma in una manciata di secondi lei sarebbe sparita.

    Deglutì a fatica mentre mani abili le scioglievano la treccia.

    «Questo è il suo colore naturale, vero? Che meraviglia. Suo marito deve aver adorato questa tonalità.»

    Lauren aveva creduto che avesse adorato lei. «Non tagliarteli mai, promettimelo» le aveva ripetuto cento volte. Tutti le avevano consigliato di tenere i capelli lunghi e lei, da brava ragazza, si era adeguata.

    «Non vorrà raccoglierli? Cosa indosserà questa sera?» Il parrucchiere soppesò la treccia.

    «Un abito vintage di Lanvin. E no, non intendo raccoglierli. Voglio tagliarli. Corti.»

    Una nuova vita. Una nuova Lauren.

    L’uomo trattenne il respiro, fissando i suoi occhi nello specchio con un’incredulità che sfociò in sgomento. «Mia cara, se non fossi gay, le chiederei di sposarmi.»

    Lauren sorrise, come se tutti gli uomini le dimostrassero ammirazione, cosa ben lontana dalla realtà. «Sa cosa le dico? Se intendessi sposarmi di nuovo, accetterei.»

    Tre ore dopo, Enrique era il miglior amico che Lauren avesse mai avuto. Insistette per salire in camera sua con uno stilista del salone, per aiutarla a vestirsi e a dare gli ultimi tocchi all’acconciatura e al trucco.

    «Non vedo l’ora di raccontare che ho vestito la nipote di Frances Hammond. Ma si guardi! Sembra fatto apposta per lei.»

    Considerando che era l’ultimo abito cucito per sua nonna che, all’epoca, era anche lei incinta di tre mesi, Lauren non si sorprese che le andasse così bene. Il corpetto con le stecche, che metteva in risalto il seno, era un po’ fastidioso, ma faceva meraviglie per le sue curve modeste. Nascose la smorfia e calzò le scarpe coordinate.

    Con cura, Enrique le posò la stola viola sulle spalle nude e scosse la testa per la meraviglia. «Osservi questo dettaglio. Che epoca meravigliosa.» Le sistemò le pieghe della gonna e parve non notare la gravidanza che celava.

    Bene. Il proposito era di far sapere al padre del bambino della sua esistenza prima che il mondo lo scoprisse.

    Realizzando che avrebbe di nuovo visto Paolo, l’eccitazione le produsse una vampata di calore. Lo notò anche nello specchio al quale si era guardata per un controllo finale, e provò una stretta allo stomaco all’idea di non poter frenare quella reazione. Reagiva sempre nello stesso modo a quell’uomo, ed era sbagliato. Pensando a lui, rivisse la loro notte a Charleston, e le guance s’imporporarono ancora di più per la vergogna.

    Si sforzò di rientrare in quella sorta di rifiuto in cui si era rifugiata fin dal mattino dopo, ma l’abito più stretto glielo impediva. Il loro rapporto non sarebbe dovuto succedere, ma era successo. E c’erano delle conseguenze che doveva affrontare.

    E questo implicava affrontare Paolo.

    Studiò di nuovo il proprio aspetto.

    Cos’avrebbe pensato Paolo? Dei capelli e della notizia?

    Non sapeva cosa aspettarsi da lui. La prima volta che l’aveva visto, cinque anni prima in un bar, proprio lì a New York, era stato affettuoso e simpatico. La seconda volta, sei mesi dopo, al suo matrimonio con Ryan, le cose erano andate storte e non c’era stato altro che qualche gelida occhiata.

    Si era convinta che la odiasse e, al party per il trentesimo compleanno di Ryan, l’aveva accolto con freddezza.

    Nel momento in cui, tre mesi prima, Ryan era scomparso aveva fatto una telefonata a Paolo, che si era subito materializzato da lei. Aveva rivelato un lato incredibilmente tenero quando, con sincero dolore, le aveva dato la tragica notizia su Ryan, ed era stato così protettivo, che si era lasciata condurre nel suo attico.

    Dove aveva fatto l’amore con lei con insospettabile passione.

    Quindi, avrebbe considerato questo bimbo meraviglioso? O avrebbe avuto un comportamento glaciale? L’avrebbe biasimata?

    Oh, Dio, era questo che stava facendo?

    Cercare di diventare qualcosa che poteva insinuarsi nel suo mondo?

    All’improvviso si vide per quella che era: una campagnola vestita a festa, che fuggiva dal proprio mondo con l’intenzione di affrontare un futuro complicato senza averne le capacità.

    «Non abbia quell’espressione terrorizzata» la ammonì Enrique. «Ha tutti i buoni motivi per tenere la testa alta.»

    Lauren non riusciva a pensare a una sola persona che fosse d’accordo. Non sua madre, e certamente non sua suocera. Da quella sera, Paolo non le aveva più parlato. E questo non prometteva bene.

    Lo stomaco si strinse per l’ansia e, automaticamente, si posò una mano protettiva sul ventre.

    Lo sguardo di Enrique seguì il movimento.

    Troppo rivelatore. Stava cadendo a pezzi.

    «Non ho mangiato» si giustificò, il che era vero. Il bambino meritava più attenzioni. Avrebbe dovuto togliersi di dosso quell’abito, cenare e andare a letto presto.

    «Al ballo c’è un buffet. Ma, nel frattempo, prenda questo.» Le offrì un confetto.

    Con mani tremanti, Lauren lo prese e lo mise in bocca. Subito l’immagine di Mamie si materializzò nella camera.

    Fallo, tesoro. Corri il rischio. Vivi la tua vita.

    Lauren trasse un profondo respiro e riprese coraggio. Non poteva deludere Mamie.

    Mise gli orecchini e la collana di diamanti della nonna, poi, con la terrificante dignità di Maria Antonietta che sale alla ghigliottina, si diresse al salone da ballo.

    Paolo Donatelli gestiva le opere di carità di cui si era occupata la madre da quando ancora il padre era vivo. L’evento clou era un ballo annuale, atto a raccogliere fondi, con orchestra, champagne a fiumi e cena di mezzanotte.

    In qualsiasi paese si trovassero in dicembre, questo sarebbe stato la sede del prestigioso evento.

    In quei giorni ormai la madre raramente lasciava la residenza abituale, ma Paolo si era impegnato a portare avanti la tradizione all’estero. L’unico neo, a suo giudizio, era la mancanza di una moglie adatta come padrona di casa, non che qualcuno si permettesse di farlo notare. Se suo cugino Vittorio aveva un’opinione in merito, saggiamente si asteneva dall’esprimerla. Nel frattempo Paolo, cercando di supplire a questa mancanza, quella sera avrebbe avuto al fianco Isabella Nutini, una padrona di casa perfetta.

    Annuì quando Isabella si scusò per recarsi alla toilette, riflettendo che era proprio la donna adatta. Era italiana, non una di quelle sangue misto americane com’era stata la sua prima moglie. Isabelle era cattolica praticante e considerava il matrimonio con il rispetto dovuto, e pareva anche leale e devota alla famiglia, qualità che ben poche donne di questi giorni avevano.

    Ma, soprattutto, a parte un certo livello di attrazione fisica e un modico interesse intellettuale, provava ben pochi sentimenti per lei. Le emozioni profonde non erano per lui, e controllarle era una lotta giornaliera. Meglio avere una moglie che non l’avrebbe precipitato in un caos emotivo. Purché gli procurasse i bambini di cui aveva bisogno, e non gli facesse fare brutte figure con la famiglia, Isabella era l’ideale.

    «La tua compagna se n’è andata e adesso me ne vado anch’io» esclamò Vittorio con allegra insolenza. «Scusami, cugino, vado a sedurre la mia futura moglie.»

    Le origini italiane e la virile curiosità spinsero Paolo a dare un’occhiata alla donna che aveva attratto l’attenzione del cugino. Voltò il capo e...

    Un’urgenza sessuale soffocata, che aveva sepolto nel subconscio, ritornò alla vita ed esplose, rischiando di privarlo delle

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